Intelligenza Artificiale e accesso al mondo del lavoro per le persone con disabilità
Greta Sofia Lampis | 9 Maggio 2024
I rapidi progressi nel campo dell’Intelligenza Artificiale (IA) stanno ridisegnando il panorama del mercato del lavoro, influenzando sia le competenze richieste che le modalità di apprendimento.
La letteratura economica ha evidenziato in passato un “effetto spiazzamento”, in cui le macchine sostituiscono mansioni precedentemente svolte dai lavoratori, e un “effetto produttività” per cui la tecnologia, aumentando la produttività delle aziende, contribuisce alla domanda di lavoro in compiti non automatizzati. A ciò si aggiunge un terzo effetto cosiddetto di “reintegrazione”: le tecnologie creano nuove mansioni in cui in cui il lavoro umano trova nuovo impiego e valorizzazione. Questo genera non solo un ulteriore effetto sulla produttività ma trasforma anche il tipo di attività svolto dai lavoratori (Acemoglu & Restrepo, 2019).
Nascono quindi nuovi lavori e cambia la natura del lavoro stesso, richiedendo una continua evoluzione delle competenze lavorative e dei metodi di apprendimento. L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando infatti anche il settore dell’istruzione, offrendo sempre più possibilità di apprendimento personalizzato (van der Vorst & Jelicic, 2019).
Questa trasformazione riveste particolare importanza per le persone con disabilità, per le quali l’IA non solo può aprire nuove opportunità lavorative ma anche personalizzare l’esperienza di apprendimento e adattarsi alle loro specifiche esigenze per acquisire le competenze richieste dalle aziende. In questo contesto, l’integrazione tra le capacità umane e le potenzialità dell’IA emerge come un fattore chiave per favorire un accesso più equo al mondo del lavoro.
Il 24 novembre 2023, l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha pubblicato il rapporto “Using Artificial Intelligence (AI) to support people with disability in the labour market“, che analizza la duplice natura dell’Intelligenza Artificiale come potenziale facilitatore e ostacolo all’occupazione delle persone con disabilità, intervistando oltre 70 esperti e stakeholder.
Il documento dell’OCSE riporta per il 2019 una differenza negativa di 27 punti percentuali nei tassi di occupazione delle persone con disabilità nei Paesi OCSE e sottolinea come il divario occupazionale non sia migliorato negli ultimi 10 anni. Se non gestita correttamente, l’IA ha il potenziale di esacerbare queste disuguaglianze, ma dall’altro lato potrebbe offrire l’opportunità di creare un ambiente di lavoro più inclusivo e di abbattere molte barriere.
Benefici
Il rapporto identifica 142 soluzioni basate sull’IA, che affrontano disabilità visive, motorie, dell’udito, cognitive, disturbi del linguaggio e aspetti legati alla salute mentale. Gli strumenti identificati possono essere suddivisi in quattro categorie:
- Soluzioni incentrate sulla disabilità che offrono assistenza diretta
- Soluzioni che modificano l’ambiente di lavoro rendendolo più accessibile
- Applicazioni di IA che facilitano o potenziano soluzioni già esistenti volte a migliorare l’accessibilità
- Strumenti che aprono nuove strade occupazionali precedentemente inaccessibili alle persone con disabilità.
Un esempio significativo sono gli algoritmi di live captioning, che trascrivono in tempo reale il parlato in testo e rendono più accessibili le comunicazioni aziendali a persone con disabilità uditive o del linguaggio. Altri esempi sono strumenti di lettura per non vedenti che possono descrivere ad alta voce testi e ambienti circostanti o altre applicazioni che trasformano il testo scritto in linguaggio comprensibile a utenti con diverse forme di disabilità cognitive.
L’IA può fornire supporto anche alle persone con disabilità fisiche, per esempio grazie allo sviluppo di protesi intelligenti e dispositivi di mobilità che utilizzano algoritmi di apprendimento automatico per adattarsi alle esigenze motorie degli utenti, migliorando la loro sicurezza e autonomia. Le interfacce utente avanzate, che possono essere controllate con movimenti minimi come quelli facciali o oculari, sono particolarmente utili per le persone con gravi limitazioni fisiche e consentono loro di navigare in internet e utilizzare dispositivi digitali con più facilità.
Sistemi di coaching assistiti dall’IA possono aiutare gli individui neuro diversi a prepararsi meglio per i colloqui di lavoro, offrendo scenari simulati e consigli personalizzati per aumentare la fiducia nelle loro abilità e la capacità di affrontare situazioni stressanti.
Per facilitare il primo ingresso nel mercato del lavoro, gli algoritmi di job matching possono servire a prevenire e ridurre le discriminazioni basate sulla disabilità e a ottimizzare gli annunci di lavoro e i CV.
Inoltre, l’IA può aiutare a identificare il rischio di degenerazione di alcune malattie o monitorare lo stato di disabilità, permettendo ai sistemi di supporto di adattarsi meglio ai cambiamenti.
I progressi nell’IA hanno infine reso più accessibili opportunità di lavoro a distanza, abbattendo barriere che in precedenza potevano limitare significativamente le persone con disabilità.
L’IA si rivela quindi uno strumento prezioso perché permette di “spostare ulteriormente la frontiera della disabilità”. Grazie alla quantità di dati che può gestire e alle sue capacità di previsione, l’IA consente di fare un salto in termini di velocità e scala rispetto a tecnologie precedenti.
Ma non sono solo le applicazioni appositamente dedicate alle persone con disabilità a facilitarne l’inserimento nel mercato del lavoro, anche le tecnologie pensate per un pubblico più ampio come per esempio ChatGPT possono rappresentare un punto di svolta in termini di accessibilità, in quanto un singolo algoritmo riesce a soddisfare esigenze diverse e può essere utilizzato anche a sostegno di molteplici tipologie di disabilità. Allo stesso modo tecnologie pensate per un utilizzo diverso possono avere effetti di ricaduta positiva: ad esempio i progressi nel campo dei veicoli a guida autonoma possono servire a migliorare gli strumenti di navigazione per le persone non vedenti e ipovedenti.
Rischi e sfide
Nonostante le opportunità, l’impiego dell’IA solleva questioni importanti legate alla privacy, alle disuguaglianze e ai potenziali bias. La personalizzazione offerta dall’IA richiede un’attenzione particolare alla protezione dei dati sensibili degli utenti, per evitare che le informazioni relative alle disabilità possano essere utilizzate in modo improprio. Le persone con disabilità rischiano infatti di essere maggiormente esposte a violazioni della privacy, a causa di possibili peculiarità che le rendono più facilmente identificabili da algoritmi di riconoscimento vocale o facciale, o a discriminazioni dovute a sistemi non adeguatamente addestrati a riconoscere e interpretare la diversità. Se algoritmi addestrati con dati che riflettono i pregiudizi umani vengono utilizzati per esempio nei processi di assunzione per una prima selezione dei candidati, questi rischiano di perpetuare o aggravare il divario occupazionale.
Inoltre, la progettazione di tecnologie che siano veramente inclusive rimane una sfida. È necessario che sviluppatori e progettisti adottino un approccio centrato sull’utente, per garantire che queste rispondano effettivamente alle loro necessità.
Secondo il rapporto OCSE, la barriera più frequentemente citata dagli intervistati è proprio la mancanza di coinvolgimento delle persone con disabilità nello sviluppo di soluzioni basate sull’IA. Ciò si traduce nello sviluppo di soluzioni che non rispondono a bisogni reali o sono poco pratiche.
L’adozione di soluzioni di IA per le persone con disabilità è ostacolata anche dalla scarsa alfabetizzazione informatica dei destinatari o dalla mancanza di interoperabilità tra le nuove soluzioni basate sull’IA e l’hardware e i dispositivi di assistenza esistenti.
Il report OCSE evidenzia inoltre sfide legate allo sviluppo e alla commercializzazione di questi strumenti di IA inclusivi, tra cui i finanziamenti limitati per la ricerca, la crescente difficoltà di università ed enti di ricerca pubblici nell’attrarre giovani ricercatori qualificati nel campo dell’IA e la mancanza di formazione per gli sviluppatori specifica sui temi dell’accessibilità e l’inclusione.
L’Artificial Intelligence Index Report dell’università di Stanford mostra come dal 2014 vi sia stato uno spostamento significativo dall’accademia all’industria nello sviluppo e nel rilascio dei modelli di IA. Le aziende private, che dispongono di capitali e infrastrutture maggiori rispetto al settore accademico, hanno assunto un ruolo di guida dell’innovazione nell’ambito dell’intelligenza artificiale e riescono conseguentemente ad attrarre più talenti. Il dominio dell’industria nel settore dell’IA può avere forti implicazioni per la direzione della ricerca, influenzata dalle priorità commerciali. Così tecnologie molto specifiche come quelle a sostegno della disabilità rischiano di essere viste dal mercato come non particolarmente lucrative e generare investimenti limitati. Sono essenziali perciò i finanziamenti pubblici e le collaborazioni pubblico-private.
Infine, la normativa sull’utilizzo dei dati come il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati dell’Unione Europea (GDPR) rappresenta un ulteriore ostacolo specialmente per le start-up o le PMI, che faticano ad avere le risorse e la struttura necessaria per rispondere efficacemente ai requisiti di conformità.
Il ruolo dei governi e delle politiche pubbliche
I governi e le politiche pubbliche assumono per questo un ruolo fondamentale nel promuovere lo sviluppo di tecnologie accessibili e proteggere i diritti delle persone con disabilità.
Gli ultimi anni hanno visto un crescente numero di strategie nazionali e iniziative come l’AI Act europeo, che mira a garantire uno sviluppo etico e responsabile delle tecnologie, vietando l’utilizzo di sistemi di IA che possano sfruttare le vulnerabilità delle persone, quali l’età o la disabilità.
Tuttavia, il report OCSE sottolinea che le politiche finora esistenti sull’IA e sui diritti delle persone con disabilità tendono ad essere troppo settorializzate: l’IA e l’accessibilità sono generalmente trattate come due argomenti distinti e raramente vengono considerate insieme nella loro interconnessione.
Un’altra limitazione che emerge dal report è la tendenza delle politiche attuali a focalizzarsi esclusivamente sui rischi: le iniziative legislative e le politiche pubbliche non dovrebbero solo mitigare i pericoli legati all’uso dell’IA, ma anche a stimolare l’innovazione. Gli sforzi dovrebbero concentrarsi sul sostegno alla ricerca e allo sviluppo di soluzioni di IA che migliorino concretamente la partecipazione al mercato del lavoro per le persone con disabilità, facilitando l’accesso ai dati necessari per l’addestramento delle IA e incentivando la collaborazione tra il settore pubblico, quello privato e le organizzazioni no-profit.
Un elemento chiave per il successo di queste politiche è la promozione di standard di accessibilità universali, che garantiscano l’integrazione delle tecnologie assistive nei dispositivi e nei software già in uso.
Conclusioni
L’intelligenza artificiale ha dunque il potenziale per trasformare il mondo del lavoro e renderlo più inclusivo, offrendo strumenti personalizzati per le diverse necessità. L’abbattimento di barriere fisiche, cognitive e linguistiche – compresa quella della lingua dei segni – rappresenta una prospettiva estremamente interessante per colmare il tema dell’accessibilità ai luoghi di lavoro, alle informazioni e all’operatività quotidiana delle aziende, ma anche alle opportunità di formazione e sviluppo personale, compreso l’accesso alle attività culturali e ai luoghi dell’arte.
Verso tali usi si può essere ottimisti, ma per realizzare appieno questo potenziale è essenziale un impegno coordinato tra sviluppatori, utenti, governi e organizzazioni del terzo settore. I governi e le politiche pubbliche giocano un ruolo cruciale per stimolare l’innovazione e indirizzare queste tecnologie affinché i benefici dell’IA siano accessibili a tutti.