La legge n. 118/2022 sulla concorrenza e le nuove regole sull’accreditamento istituzionale
Quale impatto sui servizi sociosanitari e sugli ETS?
Alceste Santuari | 28 Dicembre 2023
L’accreditamento istituzionale consiste nel procedimento amministrativo unilaterale, discrezionale avente natura concessoria e non soltanto autorizzatoria, a carattere vincolato, attraverso il quale le Regioni “inseriscono” i soggetti privati, profit e non profit, nella rete di offerta pubblica dei servizi sociosanitari. In particolare, le Regioni, che agiscono in qualità di soggetti “accreditanti”, verificano che le prestazioni e servizi erogati dalle organizzazioni private accreditate risultino funzionali agli indirizzi di programmazione regionale, siano compatibili con le risorse finanziarie disponibili, nonché siano in grado di assicurare a tutti i cittadini-utenti-pazienti i livelli essenziali di assistenza.
Il tema dell’accreditamento è in questi mesi al centro dell’attenzione, in specie a seguito dell’approvazione dell’art. 15 della legge 5 agosto 2022, n. 118, “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021”. Tra le altre cose, l’articolo prevede che:
“I soggetti privati … [accreditati] sono individuati, ai fini della stipula degli accordi contrattuali, mediante procedure trasparenti, eque e non discriminatorie, previa pubblicazione da parte delle regioni di un avviso contenente criteri oggettivi di selezione, che valorizzino prioritariamente la qualità delle specifiche prestazioni sanitarie da erogare. La selezione di tali soggetti deve essere effettuata periodicamente, tenuto conto della programmazione sanitaria regionale e sulla base di verifiche delle eventuali esigenze di razionalizzazione della rete in convenzionamento…”.
Entro il 31 marzo 2024, termine già prorogato una volta su espressa richiesta della Conferenza Stato-Regioni, le Regioni dovranno darne attuazione nei rispettivi territori di competenza.
Si tratta di una norma che si colloca in situazioni di contesto, che spesso risultano cristallizzate da molto tempo e che coinvolgono, tra gli altri, una quota consistente di soggetti non a fini lucro, i quali gestiscono attività ospedaliere, di riabilitazione, di lungodegenza, ecc. e che appunto risultano accreditati dai diversi servizi sanitari regionali. La norma introduce un potenziale elemento di discontinuità rispetto al sistema previgente, in quanto non prevede una tacita perpetuazione dei rapporti giuridici oggetto di accreditamento, ma la necessità di periodiche selezioni. È pertanto verosimile ipotizzare che, se non nel breve periodo, nel corso del tempo, non mancheranno soggetti (anche) imprenditoriali determinati a scalzare dagli accordi contrattuali enti e società che da decenni – o, addirittura, secoli – operano nell’ambito della tutela della salute dei cittadini. Inoltre, alcune disposizioni della norma, quale quella che impone ai soggetti accreditati di “alimentare in maniera continuativa e tempestiva il fascicolo elettronico” potrebbero risultare impegnative per una parte dei soggetti tradizionalmente accreditati (o per nuovi soggetti di terzo settore di dimensioni limitate) e prestarsi di più alle caratteristiche di enti for profit dinamici e in grado di mobilitare investimenti consistenti.
Un ulteriore elemento di dibattito emerge qualora il disposto della legge 118/2022 investa, oltre agli ambiti marcatamente sanitari, anche a quelli sanitari non privi di connessioni con il sociale (dipendenze e salute mentale) e al sociosanitario, laddove come è noto operano numerosi Enti di Terzo settore (si pensi al tema della disabilità o dell’assistenza agli anziani) in virtù di relazioni diverse – dall’accreditamento, all’appalto, alla coprogettazione. Quale che sia l’origine di tali rapporti, anche in questo caso – e forse con ancora più pregnanza – si pone l’interrogativo circa il fatto che le disposizioni in oggetto costituiscano un salutare stimolo ad alzare la qualità e a favorire la competizione o una barriera preclusiva che depaupererà la comunità di risorse preziose.
Alla luce del quadro sopra descritto, l’impatto della norma si presta, come spesso accade, a letture diverse: favorevoli, da parte di chi la considera una strada corretta per superare rendite di posizione immotivate; preoccupate, laddove ciò sia visto come l’ennesimo atto volto a minare soluzioni comunitarie consolidate a favore di un ricorso – non privo di più di un aspetto discutibile, tanto nella sanità quanto nel welfare – alla competizione di mercato.
Competizione, tuttavia, che trova nello stesso istituto giuridico dell’accreditamento un baluardo di difesa: le Regioni trattengono sempre e comunque un potere valutativo discrezionale, che si sostanzia nell’immissione di un numero di soggetti accreditati nel sistema pubblico di offerta dei servizi. Il ruolo programmatorio e la discrezionalità amministrativa riconosciuti in capo alle Regioni escludono, dunque, che l’accreditamento dei servizi e delle prestazioni socio-sanitarie possa essere ricondotto nell’ambito di un mercato concorrenziale. L’applicazione delle regole di mercato alle prestazioni e ai servizi sanitari trova un limite invalicabile anche nella previsione costituzionale finalizzata a garantire il diritto fondamentale alla salute, rispetto al quale un altro principio costituzionale, segnatamente, la libertà di iniziativa economica privata, appare cedevole.
Secondo questa prospettiva, pertanto, i soggetti privati non vantano un “diritto soggettivo” all’accreditamento: esso definisce invero un regime di “concorrenza amministrata” ovvero di “quasi-mercato”. Invero, ancorché i soggetti privati accreditati godano di una posizione privilegiata nell’ambito del sistema delle prestazioni e dei servizi in ambito sanitario, atteso che ad essi l’ordinamento giuridico “affida” un munus publicum, la loro specifica collocazione non può legittimare né un diritto perpetuo all’accreditamento né un loro consolidamento a scapito di altri potenziali soggetti erogatori.
L’art. 15 della legge n. 118/2022 conferma che l’accreditamento debba essere indissolubilmente ancorato alla programmazione regionale e, inoltre, sottoposto a “stress test” per quanto riguarda gli obiettivi di risultato raggiunti. A questi parametri il novellato art. 8-quater, comma 7 aggiunge altresì il conseguimento di obiettivi di sicurezza delle prestazioni sanitarie e un esito positivo dell’attività di controllo, vigilanza e monitoraggio sulle attività erogate in termini di qualità, sicurezza ed appropriatezza. Coerentemente con un impianto finalizzato a rendere l’accreditamento più “competitivo”, la legge in parola assegna alle Regioni il compito di individuare i soggetti privati da accreditare attraverso procedure trasparenti, eque e non discriminatorie, previa pubblicazione di avvisi che contengano criteri oggettivi di selezione, i quali, in particolare, valorizzino la qualità delle specifiche prestazioni sanitarie da erogare. La selezione deve avvenire periodicamente, considerando le specifiche organizzative e in coerenza con la programmazione regionale, delle eventuali esigenze di razionalizzazione della rete in convenzionamento, nonché dell’attività svolta per i soggetti già titolari di accordi contrattuali.
Da quanto sopra brevemente descritto, si può dunque evincere che il legislatore riformatore abbia inteso rendere il regime dell’accreditamento istituzionale maggiormente conforme e coerente con i principi di efficienza e di risultato. In questa prospettiva, il decreto del Ministero della Salute del dicembre 2022 precisa che l’attività di monitoraggio è conditio sine qua non per assicurare al nuovo regime dell’accreditamento istituzionale la propria funzionalità rispetto alla programmazione, organizzazione e qualità delle prestazioni da erogare. Dall’art. 15 non sembra, invece, desumibile un cambio di rotta dell’accreditamento istituzionale, ossia uno spostamento del medesimo verso le regole concorrenziali e di mercato. In questa prospettiva, è opportuno sottolineare l’importanza di considerare la specificità degli ETS nella definizione dei criteri di qualità per le selezioni finalizzate alla contrattualizzazione ex art. 8 quinquies, comma 1 bis, d. lgs. n. 502/1992.
Un ultimo profilo di interesse della nuova disciplina introdotta dalla legge sulla concorrenza del 2022 è quello relativo ai punti di contatto tra l’accreditamento istituzionale e l’accreditamento c.d. “libero” di cui all’art. 55 del Codice del Terzo settore. La dimensione valutativa e competitiva del “nuovo” regime dell’accreditamento istituzionale e quella autorizzatoria, che caratterizza l’accreditamento “libero” ex art. 55 del Codice del Terzo settore possono considerarsi i due principali punti di contatto tra le due discipline normative prese in considerazione. A questi due punti, tuttavia, è possibile aggiungerne un altro, che attiene più specificamente alla disciplina giuridica applicabile all’istituto in parola. È invero possibile affermare che entrambi gli accreditamenti non risultano assoggettati alle regole dei contratti pubblici. Mentre l’accreditamento “libero”, in quanto possibile esito della procedura di co-progettazione, rientra tra gli istituti giuridici cooperativi di cui al Codice del Terzo settore, considerati alternativi alle logiche mercantilistiche, l’accreditamento istituzionale è identificato quale fattispecie esclusa dal codice dei contratti pubblici nonostante la presenza dell’accordo contrattuale, che definisce la fase finale dell’accreditamento istituzionale. L’alternatività e l’esclusione dell’accreditamento rispetto alle regole mercantili costituiscono la conferma dell’assetto universalistico e non concorrenziale del sistema di welfare sociosanitario.
L’assimilazione tra i due tipi di accreditamento si riscontra, in particolare, nella funzione attribuita ai soggetti accreditati. Sia nell’accreditamento istituzionale sia nell’accreditamento libero, gli enti di terzo settore accreditati entrano a far parte del sistema pubblico territoriale di welfare socio-sanitario. In questa prospettiva, la funzione di programmazione e di pianificazione degli interventi sociosanitari non soltanto non esclude, anzi contempla, l’azione degli organismi non profit, atteso che anch’essi partecipano alla realizzazione dei medesimi fini di interesse generale cui sono preordinate le istituzioni pubbliche. E ciò in considerazione della richiamata caratterizzazione di servizio pubblico attribuito al sistema sanitario e a quello socio-assistenziale. L’assimilazione tra le due tipologie di accreditamento sembra superare anche la differente qualificazione del rapporto intercorrente tra aziende sanitarie locali e soggetti del terzo settore. In quest’ottica, invero, sebbene nell’accreditamento istituzionale prevalga la dimensione concessoria del rapporto giuridico pubblico-privato, mentre nell’accreditamento ex art. 55, comma 4 del Codice del Terzo settore sia maggiormente rinvenibile il profilo autorizzatorio, non può revocarsi in dubbio che in entrambi i casi l’accreditamento funge da prerequisito essenziale per l’accesso all’erogazione dei servizi sanitari e sociosanitari, in una logica di stretta correlazione tra programmazione degli interventi, in capo alle pubbliche amministrazioni, e realizzazione degli stessi, riconosciuti in capo agli enti del terzo settore. La selezione, da cui consegue l’iscrizione del soggetto privato non lucrativo nell’elenco dei soggetti accreditati, non risulta finalizzata ad individuare l’operatore affidatario in via esclusiva, così come si verifica nelle procedure concorrenziali, bensì i soggetti che possono realizzare il progetto, l’attività ovvero l’intervento, con oneri a carico dell’ente pubblico, anche su richiesta degli utenti.
In questa prospettiva, si può affermare che l’inserimento dei soggetti non lucrativi nel sistema pubblico di offerta dei servizi sanitari e socio-sanitari rappresenti una delle espressioni della regolazione pubblica. Quest’ultima è funzionale ad assicurare che, attraverso l’azione di quei soggetti selezionati, risultino garantiti i livelli essenziali delle prestazioni, dal che risulterebbe confermata la natura non concorrenziale del sistema di protezione sociale.
L’inserimento dei soggetti privati nel sistema di welfare è conditio sine qua non affinché essi possano operare “per conto” del servizio sanitario regionale, ancorché – come ricordato – essi non perdano, ad esito di questo munus, né la loro natura giuridica di diritto privato né la loro capacità organizzativa e gestionale. Nello specifico dell’accreditamento “libero”, si potrebbe sostenere che, mancando a monte un processo selettivo finalizzato all’attivazione di un rapporto giuridico di natura concessoria, è maggiormente riscontrabile la condivisione del perseguimento di obiettivi di rilevanza collettiva tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore. Invero, è proprio la finalità perseguita dai soggetti non lucrativi che giustifica, da un lato, la natura giuridica dei rapporti che si instaurano tra i medesimi soggetti e le aziende sanitarie locali e, dall’altro, la potenzialità in termini di innovazione, sia di processo sia di risultato, che l’accreditamento “libero” è in grado di sviluppare.
Nel quadro fin qui delineato, si può dunque affermare che l’accreditamento, in particolare, alla luce delle previsioni contenute nell’art. 15 della legge n. 118/2022 e nell’art. 55 del Codice del Terzo settore, costituisce un pilastro fondamentale nell’organizzazione e gestione dei servizi socio-sanitari a livello territoriale. Invero, l’accreditamento, pur riconoscendo un certo grado di contendibilità nell’offerta delle prestazioni, è orientato esclusivamente alla garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni.