La nostra buona salute: carburante per l’economia o valore fondamentale?


A cura di Chiara Crepaldi | 18 Febbraio 2021

Il 14 gennaio la rivista on line Social Europe ha pubblicato un interessante articolo  firmato da Vytenis Povilas Andriukaitis, inviato speciale dell’OMS per la regione europea, e da Gediminas Cerniauskas e Birute Tumiene esperti dell’Istituto europeo per la salute e lo sviluppo sostenibile, che qui presentiamo tradotto in Italiano, sul tema della solidarietà nella salute oggi assolutamente urgente ed imperativo1.

Gli autori vedono profilarsi all’orizzonte una Unione Europea della Sanità (EHU), un concetto coniato nel momento più caldo della prima fase della pandemia la scorsa primavera, e pochi mesi dopo portato al livello della politica dell’Unione europea dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

 

Per anni i sondaggi Eurobarometro hanno evidenziato l’esistenza di una domanda pubblica di maggiore presenza dell’Europa nel settore della salute. In un’indagine realizzata nel 2019 è emerso che secondo i giovani europei tra le cinque priorità per l’Unione Europea per gli anni a venire vi era il miglioramento della salute e del benessere (44% dei rispondenti). Le altre citate sono state la protezione dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici (67%), il miglioramento dell’istruzione e della formazione (56%), la lotta alla povertà e alle disuguaglianze economiche e sociali (56%), l’aumento dell’occupazione (49%). Solo lo shock indotto dal Covid-19 sembra però aver risvegliato la volontà politica di agire.

 

Al Forum Europeo sulla Salute  di Gastein  2020, Tamsin Rose (Senior Fellow di  Friends of Europe), una grande sostenitrice della sanità pubblica a livello europeo, ha affermato amaramente che “la salute è stata la Cenerentola delle politiche pubbliche per molto tempo, nessuno ci ascoltava e non siamo mai riusciti a partecipare al ballo. Ora siamo l’equivalente della principessa al ballo e tutti vogliono ballare con noi.” Purtroppo ci sono ancora molte ragioni per dubitare che questa storia di Cenerentola possa avere un lieto fine.

La sanità non è mai stata inclusa tra i principali settori politici dell’UE nell’ambito della solidarietà e della cooperazione: non è nemmeno elencata tra gli obiettivi individuati nell’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea (TUE, versione consolidata). Appare invece nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE): l’articolo 4 include “i problemi comuni di sicurezza in questioni di salute pubblica” tra le competenze condivise con gli Stati membri e l’articolo 168 è dedicato alla salute pubblica. Ma il ruolo dell’UE è in gran parte limitato, come è evidente dall’articolo 2, all’”azione volta a sostenere, coordinare o completare le azioni degli Stati membri”.

 

Paradossalmente, è nella tradizione giuridica ancorare le normative europee che presentano importanti conseguenze per la salute all’articolo 114 del TFUE, che tratta dello sviluppo del mercato unico (articolo 26), come se la salute fosse da inquadrare come il carburante per le economie dell’Unione Europea. Le azioni congiunte per la salute (nazionali ed europee) di per sé si limitano a casi estremi: un Regolamento del Parlamento e del Consiglio dell’UE, approvato in risposta alla pandemia dello scorso marzo afferma che “l’UE dovrebbe intervenire solo nei casi in cui uno Stato membro ritiene di non essere più in grado di far fronte a una crisi da solo e necessita di assistenza”. Questa inerzia prevale sulla possibilità concessa nell’articolo 5 del TUE di promuovere la sussidiarietà dell’azione dell’UE nel campo delle competenze condivise “a causa delle dimensioni o degli effetti dell’azione proposta”. Storicamente questa previsione è stata supportata nel bilancio dell’UE fino a tempi recenti da stanziamenti per la salute molto limitati: fino ad ora gli impegni per la salute non hanno mai superato l’1 per cento degli importi previsti per la politica agricola comune.

 

Si tratta di un tema importante per i cittadini europei? Sebbene il tema sia trattato con cautela per il rischio che ciò possa comportare sul carico fiscale, i cittadini europei chiedono servizi sanitari di qualità più elevata e sono pronti a pagare di più tramite i contributi dell’assicurazione sanitaria o la tassazione generale. Per decenni la domanda di servizi sanitari è cresciuta più velocemente dell’economia totale, spingendo verso l’alto la quota del prodotto interno lordo dedicata alla sanità. I dati Eurostat più recenti disponibili (2018) mostrano che l’occupazione nel settore sanitario supera i 9,9 milioni di posti di lavoro nella zona euro ed è quasi il doppio rispetto all’agricoltura, alla silvicoltura, alla pesca, all’estrazione mineraria e all’estrazione di metalli di base, i settori dominanti all’inizio dell’integrazione europea, che insieme arrivano a soli 5,9 milioni.

Il valore della salute, tuttavia, non può essere definito solo in termini monetari: esso costituisce una delle colonne portanti della cultura e della civiltà europea e uno dei pilastri del benessere europeo. E in un’Europa molto più interconnessa dopo il trattato di Lisbona, gli europei godono della libertà di movimento per vivere, lavorare e viaggiare e utilizzare le risorse sanitarie disponibili nei paesi membri. La solidarietà europea in materia di salute non è mai stata così urgente e imperativa (a tale proposito si consiglia la lettura dell’articolo di Costa-Font apparso il 30 marzo dello scorso anno su Social Europe2) visti i fallimenti degli Stati membri nel gestire le pandemie. Ma la necessità era evidente da anni per poter affrontare sfide comuni in materia di vaccinazione, resistenza antimicrobica e per mobilitare le scarse risorse necessarie per trattamenti complessi, assicurando al contempo che nessuno sia lasciato indietro nell’accesso a un’assistenza sanitaria di qualità.  (Si veda in proposito l’articolo di Alberto Quadrio Curzio e Francesco Saraceno comparso su Social Europe l’11 giugno dello scorso anno).

Anche la negoziazione comune sui prezzi dei farmaci e delle tecnologie costose è considerata necessaria. E mentre tutti noi vorremmo trarre vantaggio dalle innovazioni mediche – medicina personalizzata o cure personalizzate rese possibili dall’intelligenza artificiale e dalle applicazioni per la salute digitale – la competitività dell’Europa nella ricerca e sviluppo è sempre più in ritardo, anche a causa di finanziamenti collaborativi insufficienti e inefficienti.

 

È dunque arrivato il momento di agire. Nel Manifesto for a European Health Union gli autori affermano che il momento di agire è adesso, o forse sarebbe stato meglio ieri. La salute pubblica è tra le “Sfide sociali” che devono essere affrontate dalla Conferenza sul futuro dell’Europa. L’accordo dei leader europei su una European Health Union sarebbe il risultato perfetto della stagione politica 2020-21 e un primo passo molto importante verso politiche sanitarie europee basate sui veri valori comuni europei.

Gli autori propongono tre possibili scenari:

  1. utilizzare gli strumenti legali, finanziari e gestionali esistenti, potenziando le norme che già oggi funzionano e migliorando l’attuazione delle politiche concordate;
  2. perfezionare gli strumenti esistenti, legati alla legislazione secondaria ed introdurre nuove norme che possono aggiungere valore alla salute europea;
  3. emendare il TUE per prevedere un’Unione Europea della Salute, dando all’UE competenze concrete in politica sanitaria, preservando la sussidiarietà.

 

Nella riunione di dicembre il Consiglio dei Ministri della Salute ha espresso un forte sostegno allo sviluppo di una European Health Union, nella prospettiva del primo scenario integrato con elementi del secondo. Questo è senz’altro un progresso rispetto alla visione prevalente di appena un anno fa, ma è fondamentale che il processo non si fermi dopo aver posto questi primi mattoni. Secondo gli autori la scelta migliore per gli europei sarebbe quella di adottare il terzo scenario, il più ambizioso, fornendo ai cittadini l’opportunità di raccogliere tutti i vantaggi derivanti da una più profonda cooperazione in materia di salute. A tal fine propongono quindi di modificare il paragrafo 3 dell’articolo 3 del TUE, che recita: “L’Unione instaura un mercato interno” aggiungendo che essa “Promuove la copertura sanitaria universale istituendo un’unione sanitaria”.

  1. Vytenis Povilas Andriukaitis è l’inviato speciale dell’Organizzazione mondiale della sanità per la regione europea. In precedenza è stato commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare. Gediminas Cerniauskas è un partner e Birute Tumiene è un esperto senior dell’Istituto europeo per la salute e lo sviluppo sostenibile
  2. Europe’s failure to address Covid-19 shows the need for a European “health citizenship”