Dopo la pubblicazione del Piano Nazionale della Cronicità (PNC) le singole regioni sono state chiamate a coniugare concretamente i principi del PNC nella propria realtà organizzativa e socioeconomica (si veda nel Post Scriptum le linee guida generali a cui si dovrebbero attenere le regioni nell’elaborazione degli interventi locali). Il presente contributo offre una rassegna, senza alcuna pretesa di completezza, di alcuni modelli regionali già implementati, come quello Ligure e Lombardo, ed altri ancora sulla carta o in via di concreta applicazione. L’analisi è parziale, qualitativa, orientata alla messa a fuoco degli aspetti organizzativi, dedotti dalle Delibere approvate dalle Regioni, e del ruolo delle cure primarie, in particolare della Medicina Generale (MG), nella gestione della Presa in Carico (PiC) della cronicità.
Liguria
La prima regione ad applicare il Piano Nazionale della Cronicità, precedendo di qualche mese la Lombardia, è stata la Liguria, che ha firmato un Accordo Integrativo regionale in tal senso con i sindacati della MG nell’autunno 2017; l’intesa prevedeva il coinvolgimento prioritario dei generalisti nella PiC dei propri pazienti cronici, senza la mediazione di altri Enti, secondo un calendario pluriennale.
Gli obiettivi generali erano:
- Diagnosi precoce delle malattie croniche e prevenzione complicanze,
- Ottimizzazione dell’accesso agli ambulatori specialistici
- Empowerment dei pazienti per favorirne la partecipazione attiva e l’educazione terapeutica
Alle Società Scientifiche della MG è affidata
- l’emanazione di Linee Guida regionali e l’aggiornamento degli indicatori dei Percorsi Diagnostico-Terapeutici-Assistenziali o PDTA
- la progettazione e realizzazione di eventi formativi
La Liguria appare in controtendenza rispetto alla PiC Lombarda per la priorità data alla MG. In particolare le differenze più significative riguardano:
- la partecipazione esclusiva della MG, con la sottoscrizione di un accordo che assegna al MMG il ruolo di principale attore dell’operazione, primo referente e titolare della PiC;
- l’assenza di un Gestore della cronicità estraneo al territorio, punto chiave delle delibere lombarde, ed esterno alle cure primarie;
- l’arruolamento graduale dei pazienti a partire dalla stagione autunnale, invece che all’inizio dell’anno come in Lombardia, con il seguente cronoprogramma: 2017 diabetici e bronco-pneumopatia-cronica-ostruttiva (BPCO), 2018 ipertesi e i nefropatici, 2019 malattie del connettivo e infiammatorie intestinali, 2020 asma, allergie e Morbo di Parkinson.
Nonostante l’iniziativa ligure di PiC della cronicità sia partita all’inizio del 2018 non sono ancora disponibili dati sull’adesione dei MMG e sull’arruolamento dei pazienti.
Lombardia
Il modello lombardo di PiC ha preso le mosse dalla stratificazione epidemiologica della popolazione, suddivisa in 5 livelli, tre dei quali comprendenti assistiti portatori di condizioni di cronicità (monopatologia, polipatologie croniche e complessità/fragilità). Complessivamente nel biennio 2017-2018 sono state approvate 7 Delibere sulla PiC dei cronici in Lombardia, in ottemperanza al PNC (si vedano più avanti i principi generali a cui si devono attenere le regioni).
Il principio ispiratore della PiC è lo stesso che ha guidato nell’ultimo ventennio la politica sanitaria lombarda: vale a dire il concetto di “quasi mercato” sanitario interno, basato sulla separazione tra erogatori di prestazioni/servizi sanitari, pubblici e privati in concorrenza tra loro, ed ente pubblico acquirente, programmatore e regolatore del “quasi mercato”. Su queste basi con le prime Delibere la PiC è stata “esternalizzata” ed appaltata ai cosiddetti Gestori accreditati in competizione per offrire ai pazienti i migliori servizi, coordinati da un Clinical Manager (CM).
Tutti potevano candidarsi al ruolo di Gestori della cronicità, dalle AO pubbliche alla variegata platea di Enti privati no-profit o for-profit, con l’eccezione delle ATS (ex ASL) che svolge le funzioni “super partes” di supervisore, programmatore e controllore dell’intero processo organizzativo e amministrativo.
Anche i generalisti possono aderire alla PiC ma solo per il tramite delle Cooperative, costituite ad hoc per assumere il ruolo di Gestore, al pari degli altri soggetti organizzativi (unica eccezione sono i MMG co-gestori, aggregati ad un Gestore organizzativo diverso dalle Coop di medici di medicina generale.
A partire dalla primavera del 2018 prende il via l’arruolamento dei pazienti, che consta nella compilazione del PAI da parte del Clinical Manager del Gestore e nella sottoscrizione del Patto di Cura da parte del cittadino aderente alla PiC. A seguito dall’esito non brillante dell’arruolamento dei cronici nel corso del 2018 viene ammessa la partecipazione anche dei MMG singoli non iscritti ad una Coop, con una delibera del novembre che recepisce l’intesa con gli Ordini dei Medici.
Veneto
Il modello regionale di PiC e gestione della cronicità più simile a quello lombardo è certamente quello veneto, pur nel differente assetto del SSR nel suo complesso. Come la Lombardia anche il Veneto ha deciso di affidare la gestione della PiC ad una pluralità di soggetti in concorrenza tra loro, secondo il principio del quasi mercato interno.
Rispetto alla Lombardia il modello organizzativo Veneto è più radicato sul territorio, in quanto non prevede Gestori organizzati come gli ospedali, e si basa su una diversa stratificazione della popolazione, articolata in quattro categorie epidemiologiche: assistiti con una singola patologia o condizione non complicata (19,9%), patologie multiple non complesse (19%), cronicità complessa (3,3%), cronicità avanzata (1%).
Le prime due categorie, definite cronicità “semplice”, saranno seguite dai Team Multiprofessionali di Asssistenza Primaria, mentre la cronicità complessa e avanzata viene assegnata ai Team Multiprofessionali dedicati alla complessità.
La gestione della cronicità semplice è affidata a tre tipologie di Team Multiprofessionali di Assistenza Primaria in base alla libera scelta dei pazienti:
- aggregazioni di medici convenzionati (medicine di gruppo integrate);
- team composti da medici dipendenti del SSN con compiti di assistenza medico-generica;
- team di assistenza primaria gestiti da un soggetto privato accreditato in rapporto ad uno specifico bacino territoriale.
La differenza più rilevante rispetto al “quasi mercato” lombardo è la discesa in campo dei medici dipendenti del SSR in diretta concorrenza con la MG, che si concretizza sia nel “distacco” sul territorio dei medici ospedalieri nei Team Multiprofessionali di Assistenza Primaria sia nella costituzione dei Team Multiprofessionali dedicati alla complessità. In entrambi i casi si configura una potenziale emarginazione della medicina generale dalla gestione della cronicità, subordinata alla scelta dei pazienti cronici di “ricusare” il proprio MMG per affidarsi alle cure dei vari competitor pubblici e privati sul territorio.
Puglia
Al polo opposto dello spettro, rispetto alla Lombardia e al Veneto, troviamo le regioni che hanno adottato un modello coerente con il proprio assetto istituzionale di integrazione organizzativa tra ospedale e territorio, assetto alternativo rispetto al quasi mercato interno al SSR, Piemonte, Puglia e più recentemente anche la Toscana.
Anche la Regione Puglia, con la delibera dell’ottobre 2018, ha scelto di puntare sulle cure primarie, con una particolare enfasi sulle forme organizzative della PiC territoriale, affidando ai MMG aderenti al “Progetto care” alcuni compiti peculiari:
- valutazione del bisogno di ciascun assistito, offerta di servizi da parte dei Medici di MG che hanno in carico il paziente e definizione del percorso individuale sulla base delle linee guida nazionale e internazionali,
- attuazione dei PDTA delle patologie croniche, con personalizzazione in rapporto ai Piani di Assistenza Individuale (PAI) dei pazienti affetti da ipertensione arteriosa, diabete mellito tipo II, BPCO e scompenso cardiaco;
- inquadramento delle esigenze del paziente sul piano clinico e sociale e promozione delle adesioni.
I requisiti per la partecipazione dei MMG al progetto sono di natura prettamente organizzativa:
- viene data priorità ai MMG con collaboratori di studio e infermiere professionale
- all’infermiere di studio sono affidate le funzioni di case manager dei casi complessi
- al collaboratore di studio vengono attribuiti compiti organizzativi: prenotazioni delle prestazioni specialistiche, informazione del paziente sulle scadenze a richiami in caso di mancata aderenza.
Toscana
Nel dicembre 2018 anche la regione Toscana, all’interno delle linee strategiche per il 2019, ha previsto uno specifico capitolo alla PiC della cronicità, in linea con le regioni Liguria e Puglia.
Il Piano si articola in alcune Azioni da compiere:
- Stratificazione e targeting della popolazione
- Promozione della salute, prevenzione e diagnosi precoce
- Presa in carico e gestione del paziente (PDTAS)
- Erogazione di interventi personalizzati
- Valutazione della qualità delle cure erogate
Un punto qualificante della PiC toscana è il PDTAS, ovvero il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale Sociale, in cui il tradizionale PDTA viene arricchito e completato dalla dimensione relazionale e comunicativa, per favorire una maggiore aderenza dell’intervento alla singolarità della persona malata.
Il Piano enfatizza la necessità di “lavorare in Rete” per:
- ottimizzare la gestione del percorso del paziente;
- rendere più estesamente fruibili gli ambiti iper-specialistici;
- rispondere alla complessità crescente dei processi clinico assistenziali ed alla necessità di condividere ed integrare, con modalità codificate, le conoscenze e le competenze;
- migliorare l’utilizzo delle risorse complessivamente disponibili e contenere gli sprechi;
- ottimizzare la governance clinica centrata su equipe multiprofessionali
Nel piano si giudica “come né appropriata né sostenibile” la gestione della cronicità esclusivamente nell’ambito di strutture specialistiche ospedaliere, mentre si rileva che “non possa neanche essere una competenza esclusiva dell’assistenza territoriale. Ne consegue che il livello specialistico e quello del setting ambulatoriale ospedaliero dovranno partecipare, sulla base delle differenti fasi di evoluzione delle specifiche malattie, a percorsi di presa in carico come i PDTAS e integrarsi nella rete clinica territoriale”.
Piemonte
Anche il Piemonte si è dotato di Linee di Indirizzo strategico per la PiC, approvate nella primavera del 2018, che fanno esplicito riferimento ai principi generali del PNC, senza però entrare specificatamente nel merito degli aspetti organizzativi e gestionali pratici, come invece è stato fatto nelle altre regioni.
P.S. (Post Scriptum)
Elementi comuni ai modelli regionali
Di seguito presentiamo una sintesi degli elementi maggiormente ricorrenti nei Piani regionali e degli obiettivi a cui con maggiore sforzo si tende.
1) La necessità di superare la frammentazione dell’assistenza sanitaria nel territorio. Da questo punto di vista, uno degli aspetti su cui ricercatori, operatori e decisori nel settore della sanità hanno posto molta attenzione nel corso degli ultimi anni è la continuità dell’assistenza, che permette una risposta adeguata, in termini di efficacia dell’assistenza, efficienza gestionale e appropriatezza.
2) L’adozione di modalità operative per favorire il passaggio da un’assistenza “reattiva” a un’assistenza
“proattiva” da parte della medicina generale, quale modalità operativa in cui le consuete attività cliniche ed assistenziali sono integrate e rafforzate da interventi programmati di follow-up sulla base del percorso previsto per una determinata patologia.3) Una assistenza basata sulla popolazione, sulla stratificazione del rischio e su differenti livelli di intensità assistenziale, riprendendo anche le indicazioni sulla caratterizzazione delle cure che sono alla base dei flussi dell’assistenza territoriale e, ove utilizzabili, dell’assistenza socio-assistenziale.
4) Il riconoscimento che l’assistenza primaria rappresenta il punto centrale (hub) dei processi assistenziali con forti collegamenti con il resto del sistema, con un ruolo cardine svolto dal distretto. Il distretto rappresenta l’ambito ove si valuta il fabbisogno e la domanda di salute della popolazione di riferimento rilevata dai professionisti, e riveste un ruolo di tutela e programmazione.
5) Una maggiore caratterizzazione e definizione delle funzioni delle diverse figure professionali, mediche e non, a partire dalla figura centrale del Medico di medicina generale (MMG).
6) La possibilità di definire sedi fisiche di prossimità sul territorio per l’accesso e l’erogazione dei servizi
sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali rivolti alla popolazione di pazienti cronici.7) La presenza di sistemi informativi evoluti in grado di leggere i percorsi diagnostico terapeutici
assistenziali (PDTA) al fine di monitorare e valutare l’assistenza erogata al paziente cronico.22 In particolare,
i sistemi informativi potrebbero svolgere tre importanti funzioni.8) L’utilizzo di linee guida in grado di tener conto della comorbilità e della complessità assistenziale. Risulta fondamentale, infatti: integrare le linee guida basate sull’evidenza con le attività cliniche quotidiane; condividere le linee guida basate sull’evidenza e le informazioni con i pazienti per incoraggiare la loro partecipazione; utilizzare metodi di insegnamento efficaci.
9) L’integrazione socio-sanitaria e team multiprofessionali che puntano al miglioramento continuo, mediante integrazione tra MMG, infermieri, specialisti, altre professioni sanitarie e sociali [….]. Ciò comporta una diversa organizzazione della medicina generale, basata su modelli che privilegiano l’attività in associazione (Aggregazioni Funzionali Territoriali – AFT – e Unità Complesse di Cure Primarie – UCCP – come previste dalla Legge n.189 del 2012 e dal Patto per la Salute 2014-2016);
10) L’investimento su auto-gestione ed empowerment in modo da aiutare i pazienti e le loro famiglie ad acquisire abilità e fiducia nella gestione della malattia, procurando gli strumenti necessari e valutando regolarmente i risultati e i problemi. Le evidenze scientifiche dimostrano che i malati cronici, quando ricevono un trattamento integrato e un supporto al self-management e al follow-up, migliorano e ricorrono meno all’assistenza ospedaliera.
11) L’uniformità ed equità di assistenza ai cittadini. Il punto è di particolare rilievo in quanto i diversi modelli organizzativi regionali dovrebbero tenere conto della difficoltà di accesso alle cure da parte dei cittadini. Si tratta di un sistema in evoluzione che richiede una forte integrazione tra i diversi setting assistenziali.
Buongiorno la vostra rassegna sulla presa in carico è molto interessante e opportuna.
Sarebbe utile un aggiornamento con nuovi dati
In Liguria per esempio sono cambiate alcune cose nel 2019 e disponiamo di qualche dato relativo al periodo 2017/18