L’accoglienza dei migranti tra gare e co-progettazione

I due sistemi non sono uguali


Alceste Santuari | 19 Aprile 2023

L’accoglienza dei migranti costituisce un’attività che, necessariamente, implica l’organizzazione, la realizzazione e la gestione di servizi e interventi di natura socio-assistenziale e sociosanitaria. In questa prospettiva, sui sistemi nazionali di protezione sociale grava l’onere di approntare soluzioni e azioni integrate e multilivello, che sappiano garantire e coordinare una pluralità di attori, istituzionali e privati non lucrativi.

In quest’ottica, l’organizzazione, gestione ed erogazione dei servizi e delle prestazioni a favore dei migranti può realizzarsi attraverso due diverse modalità, segnatamente, ricorrendo alle procedure ad evidenza pubblica di natura competitiva, regolate dal Codice dei contratti pubblici ovvero agli istituti giuridici di matrice cooperativa disciplinati dal Codice del Terzo settore.

Le due modalità, tuttavia, non possono considerarsi sullo stesso piano, atteso che esse perseguono due finalità diverse. Da un lato, infatti, le procedure concorrenziali permettono agli enti pubblici (Prefetture, enti locali e aziende sanitarie) di selezionare l’operatore economico al quale affidare la gestione di uno o più servizi e attività di accoglienza. Dall’altro, gli istituti giuridici della co-programmazione e della co-progettazione, disciplinati dall’art. 55 del d. lgs. n. 117/2017, permettono di coinvolgere attivamente gli enti del terzo settore nella definizione, individuazione e co-gestione degli interventi e delle attività rivolte ai migranti, rendendo queste ultime maggiormente flessibili e adattabili rispetto a quelle individuate nelle procedure di natura concorrenziale1.

Analizziamo di seguito, seppure brevemente, le principali caratteristiche che differenziano le due procedure in argomento.

Il d. lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), in coerenza con le Direttive europee del 2014, riconosce la specificità dei servizi sanitari2 e dei servizi sociali, in cui deve essere ricompresa anche l’attività di accoglienza dei migranti, nonché quella dei soggetti giuridici ritenuti preferibili nell’organizzazione, gestione ed erogazione delle attività in parola3. A quest’ultima può, dunque, essere applicata, anche se in forma semplificata, la disciplina giuridica contenuta nel Codice dei contratti pubblici. Nello specifico, gli enti pubblici committenti, proprio in ragione dell’elevata sensibilità e dell’elevato grado di complessità che contraddistinguono l’attività di accoglienza dei migranti, sono sollecitati ad individuare nei bandi di gara le garanzie e le tutele adeguate e funzionali alla realizzazione delle finalità di pubblica utilità che caratterizza l’attività di accoglienza dei migranti e al coinvolgimento nella stessa degli enti non profit e delle imprese sociali.

Tra le tutele sopra richiamate, in molti casi, le stazioni appaltanti hanno individuato nei bandi il requisito del “radicamento territoriale”, inteso quale elemento di garanzia della capacità del potenziale affidatario del servizio di conoscere e, quindi, sapersi integrare in modo adeguato nel particolare contesto di zona, anche al fine, tra l’altro, di favorire e potenziare un migliore accesso ai servizi. Tuttavia, le stazioni appaltanti sono chiamate a prestare molta attenzione all’inserimento nei bandi di clausole che siano, allo stesso tempo, rispettose dei canoni generali di concorrenza e parità di trattamento e capaci di affinare la selezione degli operatori economici, al fine di individuarne quelle caratteristiche che la specifica tipologia di servizio ovvero di attività richiede. Da ciò consegue che la conoscenza e l’integrazione territoriale non possono più considerarsi alla stregua di elementi discriminanti per la scelta del soggetto affidatario delle attività di accoglienza dei migranti, che risulterà essere selezionato sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Di qui la necessità per gli enti pubblici committenti di trovare e sperimentare procedure diverse, maggiormente capaci, a parità di condizioni, di valorizzare il contributo di soggetti privati non lucrativi che sappiano garantire un’adeguata conoscenza del contesto locale ovvero territoriale, ma che siano, eventualmente, anche in grado di attivare reti associative con altri soggetti non profit, così da potenziare l’offerta progettuale.

Gli enti pubblici si ritrovano sovente nella condizione di definire approcci “tailor made”, al fine di valorizzare sia la soggettività non lucrativa dei soggetti giuridici gestori sia la loro capacità progettuale, nell’ambito di contesti di amministrazione condivisa. In questo senso, il Codice del Terzo settore ha contribuito a rafforzare il ruolo degli enti del terzo settore e delle imprese sociali nello svolgimento di attività e interventi di cooperazione allo sviluppo, che possono essere promossi anche attraverso la realizzazione di attività socio-assistenziali, sanitarie e sociosanitarie a favore dei migranti. In particolare, associazioni, fondazioni e cooperative sociali sono chiamate a sviluppare azioni di empowerment e di integrazione dei migranti, accanto all’attività più tradizionale di gestione delle strutture di accoglienza. Nello specifico, poi, le imprese sociali, grazie alle loro caratteristiche e alla specifica attività di inserimento lavorativo che ad esse è riconosciuta dall’ordinamento giuridico, possono invero finalizzare quest’ultima vocazione all’integrazione lavorativa dei migranti.

Enti pubblici, enti del terzo settore e imprese sociali dialogano, collaborano, condividono obiettivi, risorse e soluzioni organizzative e gestionali nell’ambito degli istituti giuridici di natura cooperativa disciplinati dal Codice del Terzo settore, in specie, in ragione del loro carattere sperimentale e innovativo. In quest’ottica, la co-progettazione costituisce una modalità a disposizione degli enti pubblici (locali e sanitari) per definire e realizzare specifici progetti e/o interventi a favore dei migranti. La co-progettazione, considerata la sua particolare natura e le modalità di svolgimento delle relative procedure, si configura come uno strumento che supera il tradizionale rapporto committente fornitore per divenire strumento di realizzazione di forme di collaborazione e partnership tra P.A. ed enti del Terzo settore per soddisfare bisogni definiti attraverso progetti specifici.

In questa prospettiva, si potrebbe affermare che gli istituti giuridici cooperativi di cui al Codice del Terzo settore si applichino ogni qualvolta la pubblica amministrazione e gli enti non profit condividano gli obiettivi, gli strumenti, le modalità e finanche le risorse da destinare alla realizzazione delle attività/progetti/interventi. Un simile approccio condiviso esclude che si sia in presenza di un processo di esternalizzazione dei servizi da parte degli enti locali. La co-progettazione, invero, si fonda sulla valorizzazione delle funzioni e delle attività di interesse generale svolte dagli enti non profit nell’ottica del principio di sussidiarietà, nell’ambito del quale, da un lato, gli enti pubblici non esercitano la funzione di committenza e, dall’altro, gli enti non lucrativi partecipano al procedimento amministrativo.

Le procedure ad evidenza pubblica di natura concorrenziale, per contro, sono definite ontologicamente da una diversa funzione, la quale pone in capo alle pubbliche amministrazioni la responsabilità di svolgere l’azione di stazioni appaltanti, finalizzata a selezionare l’operatore economico secondo le logiche di mercato competitivo4. In quest’ottica, gli operatori economici partecipano alla competizione assumendosi, tra gli altri, il rischio imprenditoriale dell’attività/progetto/intervento/servizio da realizzare, dovendosi conformare alla lex specialis dei bandi di gara5.

Forse, la distinzione tra prestazioni richieste dalle stazioni appaltanti e attività, interventi e progetti, oggetto delle procedure di co-progettazione è andata nel tempo sfumando, anche in considerazione del fatto che, nello specifico dei servizi socio-sanitari, prestazioni, servizi, interventi e progettualità sono spesso aggregabili e riconducibili ad un’unica gamma di attività che gli enti del terzo settore si impegnano a realizzare. Ciò, tuttavia, non fa venire meno la “dignità” dell’istituto giuridico della co-progettazione quale opzione politico-amministrativa a disposizione degli enti del terzo settore e delle pubbliche amministrazioni che intendono ricercare soluzioni fondate sulla fiducia reciproca e sulla condivisione di processi e obiettivi.

  1. In questo senso, si veda l’esperienza maturata nell’ambito dell’ASP Città di Bologna, che recentemente ha pubblicato l’”Avviso di indizione di istruttoria pubblica per la gestione dei servizi di accoglienza integrata in favore dei richiedenti e titolari di protezione internazionale e complementare e di minori stranieri non accompagnati da realizzarsi nell’ambito del Progetto SAI metropolitano” (cfr. qui).
  2. Si vedano, in particolare, gli artt. 140 e 142.
  3. Al riguardo, l’art. 143, commi 1 e 2, stabilisce una riserva di partecipazione a favore delle organizzazioni non profit, a condizione che gli affidamenti rispettino i seguenti requisiti: a) l’organizzazione deve avere come obiettivo statutario il perseguimento di una missione di servizio pubblico legata alla prestazione dei servizi di cui al comma 1; b) i profitti dell’organizzazione siano reinvestiti al fine di conseguire l’obiettivo dell’organizzazione. Se i profitti sono distribuiti o redistribuiti, ciò dovrebbe basarsi su considerazioni partecipative; c) le strutture di gestione o proprietà dell’organizzazione che esegue l’appalto siano basate su principi di azionariato dei dipendenti o partecipativi, ovvero richiedono la partecipazione attiva di dipendenti, utenti o soggetti interessati; d) l’amministrazione aggiudicatrice interessata non abbia aggiudicato all’organizzazione un appalto per i servizi in questione a norma del presente articolo negli ultimi tre anni. A questa previsione si aggiunge quella contemplata dall’art. 112 del medesimo decreto legislativo, che stabilisce che “fatte salve le disposizioni vigenti in materia di cooperative sociali e di imprese sociali”, le stazioni appaltanti possono riservare il diritto di partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica (appalto e concessione) o possono riservarne l’esecuzione ad operatori economici e a cooperative sociali e loro consorzi il cui scopo principale sia l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.”
  4. Invero, il “sistema appalti”, così come disegnato dalle Direttive europee del 2014 e, anche attraverso diverse modifiche e integrazioni, peraltro in progress, versate nel Codice dei contratti pubblici, dimostra un grado apprezzabile di duttilità e flessibilità, in specie in funzione di ricercare quelle soluzioni gestionali che siano in grado di rispondere in modo più efficace ed efficiente ai bisogni socio-sanitari dei cittadini. L’innovatività delle formule impiegate dalle pubbliche amministrazioni, in particolare, se orientate a favorire una maggiore coesione e inclusione sociale delle persone più fragili, risultano coerenti con l’impianto normativo eurounitario e nazionale, i cui obiettivi ultimi sono proprio quelli di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni e la loro effettiva esigibilità.
  5. È opportuno rimarcare che anche i servizi sociali rientrano in quelli per i quali l’ordinamento stabilisce l’applicazione della disciplina contrattualistica di matrice pubblica. In questo senso, si veda Tar Emilia-Romagna, sezione staccata di Parma, Sez. I, 18 ottobre 2022, n. 294. In quell’occasione, il Collegio ha osservato che “[…] il Comune di Parma ha correttamente applicato il Codice degli Appalti piuttosto che la normativa in materia di Terzo settore, atteso che i servizi sociali rientrano, per espressa previsione di legge, nell’ambito del Codice degli Appalti, come già stabilito da questo Tribunale nella sentenza n. 173/2021 (confermata da Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 2677/2022), in cui è stato affermato che “Ai sensi dell’art. 95, comma 3, del Codice dei Contratti, “sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo: … a) i contratti relativi ai servizi sociali”. Il servizio oggetto di affidamento rientra pertanto nell’ambito di applicazione della disciplina codicistica.”