L’assistente sociale 0-6 in una comunità cooperativa per la prima infanzia
Renato Briante | 6 Giugno 2024
Il 10 aprile ha preso avvio la seconda fase del percorso di formazione dedicato al profilo dell’assistente sociale 0-6, che opera cioè nel processo di costruzione di una comunità educante nella fascia 0-6 anni. Questa sperimentazione si inserisce all’interno del progetto “Il Buon Inizio – Crescere in una comunità educante che si prende cura”, selezionato dall’Impresa sociale Con i Bambini attraverso il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che vede impegnata la FNAS (Fondazione Nazionale Assistenti Sociali) in partenariato con il capofila Save the Children, con il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna e con numerosi attori, enti locali, Istituti comprensivi e ETS, in rappresentanza dei tre ambiti territoriali che beneficiano degli interventi, la Locride, Moncalieri e Tivoli. L’obiettivo strategico della Fondazione è quello di intervenire contemporaneamente nell’area delle competenze relative alla fascia 0-6 anni e nella funzione di coordinamento dei servizi territoriali, favorendo un collegamento virtuoso tra equipe multidisciplinari, Terzo Settore e altri attori, per facilitare la programmazione delle risorse e degli interventi e una modellizzazione delle procedure e del sistema di presa in cura.
La prima parte della formazione, strutturata in cinque moduli di quattro ore ciascuno, svolti in modalità online, si è tenuta nel 2023, tra i mesi di marzo e novembre. Il percorso ha seguito un itinerario volto alla riscoperta e alla ridefinizione sia del sé professionale dell’assistente sociale, con approfondimenti e confronti sulle caratteristiche, sulla costruzione e sulla trasformazione dell’identità professionale, che della funzione dell’assistente sociale nell’attività a favore delle famiglie e dei bambini. Si è partiti dalla comprensione dell’evoluzione della concezione del bambino, attraverso l’analisi della normativa italiana e internazionale a sostegno dell’infanzia, per proseguire con la visione del quadro delle politiche familiari, affidamento condiviso, responsabilità genitoriale e riforma Cartabia. Un intero modulo è stato dedicato alla conoscenza dei concetti fondamentali dell’approccio sistemico-relazionale1, per una visione della famiglia come sistema. Un’attenzione particolare è stata posta alla creazione di un rapporto di ascolto, dialogo e alleanza educativa con i genitori, intesi come interlocutori attivi e competenti. Successivamente, è stato dato spazio alla lettura di documenti sui servizi educativi per l’infanzia e alla riflessione sulla costruzione di una cultura educativa, che ha compreso i diversi temi della programmazione, progettazione, gestione di un sistema integrato di qualità 0-6 anni, allo scopo di calibrare organizzazione, pratiche e interventi educativi sulla necessità dei minorenni e sul saper fare nel lavoro sociale con i bambini e con le famiglie, in situazioni di vulnerabilità. A completamento del quadro dei contenuti, va posto in evidenza il riferimento all’assessment, inteso come strumento base per la valutazione dei bisogni prima della scelta degli interventi. La metodologia formativa ha utilizzato la duplice modalità di lezioni teoriche e lavori di gruppo, dando così spazio alla riflessione personale, al confronto professionale e alla ridefinizione in plenaria degli argomenti esposti. La partecipazione di professioniste, in gran parte già attive da anni nel settore della tutela dei minorenni, ha consentito di entrare più a fondo nelle tematiche trattate e di individuare le criticità che caratterizzano questo ambito di intervento.
Il progetto prevedeva il coinvolgimento di due assistenti sociali per ciascuno degli Ambiti individuati per la sperimentazione, ma il passaggio effettuato attraverso i CROAS (Consiglio Regionale Ordine Assistenti Sociali) delle regioni Calabria, Lazio e Piemonte, con la conseguente sensibilizzazione dei tavoli territoriali per la tutela dei minori, ha suggerito di aumentare il numero dei professionisti coinvolti, permettendo a tredici assistenti sociali di portare a termine l’intera prima fase. Nel successivo mese di dicembre è stato sottoposto a tutti i beneficiari un questionario anonimo, per raccogliere informazioni e suggerimenti in grado di migliorare la qualità e la fruibilità dei moduli previsti per la seconda fase. Sono emerse diverse considerazioni in merito ai contenuti, che hanno riguardato sia gli approfondimenti, sia l’introduzione di nuovi argomenti: una forte esigenza di rafforzare l’attivazione di programmi di capacitazione dei servizi sociali professionali, sia in merito al coordinamento delle reti territoriali con altri servizi, in particolare quelli educativi, che con le famiglie e i decisori, politici e tecnici. Non è mancata una diffusa richiesta di strumenti operativi, anche sottoforma di metodologie, buone pratiche, protocolli procedurali e linee di indirizzo.
È stato molto apprezzato il lavoro di gruppo, come anche lo scambio di informazioni e stimoli tra ambiti diversi. Il consolidamento di una rete, supportata da CROAS e FNAS, dovrebbe permettere a questo servizio di accompagnamento tecnico di strutturarsi in maniera permanente, favorendo la progressiva definizione di una comunità professionale 0-6.
Tra le richieste innovative, è emersa la necessità di introdurre, all’interno della pratica laboratoriale, un modulo specifico per la progettazione e programmazione, da condividere con Save the Children e con l’Università di Bologna, in particolare per la componente educativa.
Alla luce degli elementi emersi dall’analisi del primo percorso, le successive trenta ore hanno lo scopo di accompagnare le diverse fasi di costruzione del set nel quale vengono definiti sia il kit strumentale che quello metodologico e viene completato il profilo professionale dell’assistente sociale che, nell’ATS diventa il referente dei servizi sociali dedicati alla prima infanzia e ai relativi nuclei familiari, assumendo altresì la capacità di favorire i collegamenti, da un parte con le Istituzioni educative e sanitarie e, dall’altra, con il Terzo Settore. Di conseguenza, il percorso prevede una declinazione della presa in cura sociale e del piano personalizzato che favorisca il dialogo con gli educatori e con gli operatori sanitari, in funzione di un accompagnamento integrato degli interventi, entrando successivamente nel merito di una programmazione dei servizi e delle attività legate alla progettazione, in grado di condividere le scelte operative e gli obiettivi da raggiungere.
La rilevanza strategica della sperimentazione avviata con il “Buon Inizio” non riguarda solo FNAS e il ruolo dell’assistente sociale nel processo di costruzione di una comunità educante nella fascia 0-6, ma vincola tutte le parti coinvolte a definire il proprio spazio di competenza all’interno di una relazione permanente con gli altri attori, con i quali condividere regole, metodologie, pratiche operative, risorse, apprendimenti e capacitazioni. Il percorso di definizione di questa “comunità cooperativa” per la prima infanzia propone, nella fase di accompagnamento integrato, alcune suggestioni sulle quali elaborare il modello di riferimento:
- non ci si può limitare alla costruzione di comunità educanti strutturate per settori specifici (quella degli educatori, pedagogisti e delle altre figure collegate, da una parte, degli assistenti sociali o dei diversi operatori sanitari, dall’altra), per poi ricercare gli strumenti o i tempi per favorire le comunicazioni e lo scambio di competenze;
- è auspicabile che le norme che definiscono i sistemi integrati regionali di educazione e istruzione prevedano non solo in premessa, ma nel concreto dell’articolato, gli spazi della collaborazione con il sistema sociale e sociosanitario e con i coordinamenti per l’inclusione e la lotta alla povertà degli ATS. E la stessa cosa dovrà essere prevista, nei piani sociali regionali, con i coordinamenti pedagogici territoriali e con gli altri organismi individuati dal sistema regionale per l’educazione e l’istruzione;
- nella valorizzazione delle buone pratiche, il Programma di Intervento per la Prevenzione dell’Istituzionalizzazione, “P.I.P.P.I.”, rappresenta un punto di riferimento per l’educativa familiare e l’intero ambito degli interventi con bambine e bambini in situazioni di vulnerabilità. Inoltre, in quanto livello essenziale dei servizi sociali che si occupano di tutela dei minori e sostegno alla genitorialità, introduce il tema della collaborazione tra Piano Sociale e Piano triennale dell’Offerta Formativa che, proprio in considerazione di un sistema specifico per lo 0-6, può anticipare alla prima infanzia l’attivazione di un modello che nasce con la consapevolezza di dover essere cooperativo;
- un’esperienza sulla quale si può lavorare è quella dei Centri per la Famiglia: sono spazi di integrazione diffusi su tutto il territorio che godono di finanziamenti costanti e articolati; promuovono reti tra servizi sociali, consultori, pediatri e scuole per l’infanzia; sostengono servizi sulle competenze genitoriali, lo sviluppo di comunità e relazioni inter-familiari e intergenerazionali; prevedono una gestione integrata con responsabilità condivise tra assistenti sociali, educatori e altre figure sociosanitarie;
- partecipare alla costruzione di comunità cooperanti nei settori del sociale, della salute, dell’educazione e della formazione richiede agli operatori competenze specifiche in ambiti d’intervento che necessitano di continui approfondimenti e aggiornamenti. In questo scenario, il profilo professionale dell’assistente sociale referente territoriale per l’area 0-6, comprende la duplice funzione di rappresentare un settore strategico all’interno del servizio sociale professionale e di garantire il dialogo con gli altri dipartimenti istituzionali e con il Terzo Settore. In particolare, con il Privato sociale la comunità cooperativa sociosanitaria ed educante può facilitare la declinazione di quell’amministrazione condivisa2 attraverso la quale si rende possibile la pratica della co-programmazione, in attuazione degli artt. 55 e 56 del decreto legislativo 117 del 2017 (Codice del Terzo Settore).
- Campanini, A. (2002). L’intervento sistemico: un modello operativo per il servizio sociale, Carocci Faber, Roma
- Sentenza 131 della Corte Costituzionale secondo la quale l’amministrazione condivisa “realizza per la prima volta in termini generali una vera e propria procedimentalizzazione dell’azione sussidiaria”, delineata dall’art. 118 della Costituzione.