L’avvio dei centri per la vita indipendente nella Provincia di Monza e Brianza
Un supporto concreto a garanzia del progetto di vita
Elena Monetti | 14 Marzo 2025
La creazione dei Centri per la Vita Indipendente (CVI) segna un passo significativo nel cammino verso l’autonomia delle persone con disabilità, un percorso che affonda le sue radici in un lungo e complesso processo di evoluzione sociale e legislativa che vale la pena richiamare.
Il dibattito sul tema della vita indipendente ha origini remote, sia dal punto di vista temporale che geografico: dobbiamo infatti tornare negli anni Sessanta e spostarci oltreoceano, più precisamente nell’università di Berkeley, in California; qui nascono i primi movimenti studenteschi di persone con disabilità che, nel 1972, andranno a costituire il CIL, Center for Independent Living. Se provassimo a rintracciare le idee che hanno ispirato questi pionieri, ci accorgeremmo di quanto siano tuttora attuali; il principio secondo cui le persone con disabilità sono le prime a conoscere i propri bisogni e la necessità di garantire la loro l’integrazione nella comunità rappresentano gli archetipi del pensiero moderno. Certo, si tratta di principi che nel tempo sono stati ampliati e affinati, ma sono comunque importantissimi perché segnano un netto spartiacque rispetto al passato, portando alla nascita di servizi specializzati e personalizzati che di fatto hanno garantito a quegli studenti un’estensione dei diritti godibili.
L’evoluzione culturale e normativa: dalla convenzione ONU alla legislazione regionale
L’evoluzione di queste idee trova la sua massima espressione nella convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata a New York nel 2006 e ratificata in Italia nel 2009. Questa convenzione, e in particolare l’articolo 19 che sancisce il diritto delle persone con disabilità a vivere nella società con la stessa libertà di scelta degli altri, ha rappresentato un punto di svolta per la costruzione di politiche inclusive e per la promozione della vita indipendente.
L’adozione della normativa ha dato impulso anche a iniziative locali: in Regione Lombardia a partire dal 2009 prendono piede una serie di interlocuzioni che coinvolgono Enti Pubblici e Terzo Settore e che portano alle prime sperimentazioni di modelli di intervento sul tema della vita indipendente (CTVAI, centri territoriali per la vita autonoma e indipendente). Tra questi, il CRAIS (Centro Risorse per le Autonomie e l’Inclusione Sociale), riconosciuto da Regione Lombardia nel 2013 e nato grazie alla collaborazione tra l’associazione So.La.Re. e la cooperativa sociale Arcoiris. Il CRAIS ha svolto, e continua a svolgere, il ruolo di promotore della cultura della vita indipendente sia nella provincia di Monza e Brianza che su altri territori.
Il lavoro dei CTVAI è proseguito anche oltre la sperimentazione che ne ha permesso la nascita ed è stato via via riconosciuto dal legislatore e dalle amministrazioni locali: a titolo di esempio, le linee guida pubblicate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per la presentazione di progetti sperimentali in materia di vita indipendente e inclusione nella società delle persone con disabilità (Pro.VI), riconoscono esplicitamente ai CTVAI e alle agenzie per la vita indipendente il compito di fornire supporto alla stesura dei progetti di vita indipendente oltre che di svolgere attività di formazione, sensibilizzazione e promozione.
Il CRAIS e gli altri CTVAI/Agenzie per la vita indipendente hanno contribuito a spronare gli attori del sistema di welfare affinché i principi sanciti nella convenzione ONU non rimanessero semplici dichiarazioni di intenti.
In questo senso, la Legge Regionale del 6 dicembre 2022, n. 25 e i successivi provvedimenti della Giunta regionale1, segnano un ulteriore progresso perché prevedono l’avvio di almeno trentatré centri per la vita indipendente. Questi centri garantiranno una maggior capillarità sul territorio lombardo (sebbene tale copertura sia ancora carente), conferendo alle persone con disabilità e alle loro reti la possibilità di accedere a un servizio innovativo e specializzato, finalizzato a fornire il necessario supporto nella costruzione del loro personale progetto di vita2.
Nello specifico, la normativa prevede che i CVI diventino servizi dei comuni, inseriti funzionalmente negli ambiti territoriali dei piani di zona prevedendo che debbano essere costituiti mediante intese tra: un Ambito territoriale aderente al Pro.VI, almeno due Ambiti territoriali non aderenti al Pro.VI, almeno due Associazioni di persone con disabilità attive sul territorio e, laddove esistenti, con il supporto dei CTVAI/Agenzie per la vita indipendente.
Le esperienze sulla provincia di Monza e Brianza: la coprogettazione come strumento di inclusione
Nella provincia di Monza e Brianza, sono attivi due CVI, quello sul territorio di Vimercate e quello di Carate-Desio-Seregno.
Gli Ambiti di Vimercate e Carate, Enti storicamente aderenti al Pro.VI e attivi rispetto al tema della vita indipendente, hanno colto l’occasione presentata dal legislatore e deciso di attivare questo nuovo servizio. Il lavoro di sensibilizzazione svolto dal CRAIS negli anni ha certamente facilitato e reso naturale questo processo di creazione dei nuovi CVI.
In entrambi i casi gli Ambiti hanno scelto la co-progettazione come istituto di collaborazione con gli ETS. Questa decisione evidenzia l’intenzione di sostenere un approccio fortemente partecipativo, così come voluto dalla normativa, nella realizzazione dei Centri.
Diversi enti del terzo settore hanno aderito alle manifestazioni di interesse e nonostante i tempi strettissimi previsti dai bandi sono stati in grado di partecipare in modo efficace al co-design dei progetti, nei quali uno degli elementi maggiormente meritevoli di attenzione è proprio la ricchezza e la diversificazione dei soggetti partecipanti e delle professionalità da essi messe in campo. Le equipe dei CVI sono state costruite scegliendo operatori provenienti da diverse realtà: professionisti più esperti e giovani leve collaborano e si contaminano con l’ulteriore obiettivo di contribuire alla diffusione della cultura del progetto di vita anche tra gli enti del terzo settore. Le professioni coinvolte sono molteplici: dall’assistente sociale, all’educatore fino allo psicologo, garantendo un’integrazione, oltre che generazionale, anche professionale, con la creazione di competenze trasversali e generalizzate sul tema della vita indipendente. Anche il mondo associativo ha partecipato attivamente al processo di co-progettazione, mettendo a disposizione di tutti i partecipanti la propria esperienza ed il proprio know-how, dando sostanza tangibile alla partecipazione delle persone con disabilità nel processo di progettazione e implementazione dei Centri per la Vita Indipendente. Si pensi per esempio al ruolo, previsto dalla legge regionale, dei consulenti alla pari spesso rappresentanti delle realtà associative; essi contribuiscono a creare un ambiente di fiducia e condivisione, mettendo a disposizione dell’altro conoscenze, esperienze e supporto.
Lo sguardo al futuro
Nell’apprestarci a dare avvio a questa nuova avventura, vogliamo provare a immaginare un futuro in cui la disabilità non sia più vista come un limite, ma come un punto di partenza da cui ogni persona può iniziare, avendo contezza della situazione concreta in cui si trova, accompagnata attraverso la consapevolezza necessaria all’elaborazione di un progetto di vita che si relaziona con i necessari accomodamenti ragionevoli. Un futuro in cui ogni persona, a prescindere dalla propria condizione di disabilità, possa prendere in mano le redini della propria vita e provare a seguire i propri desideri.
Non parliamo solo di un servizio, ma della possibilità di dare concretezza ai principi che stanno alla base della rivoluzione culturale di cui si è detto. I centri saranno luoghi di incontro, di scambio, di crescita, dove le persone con disabilità potranno finalmente essere protagoniste. Il loro percorso sarà supportato dalla stesura di un progetto di vita cucito su misura, un percorso unico e personalizzato che guiderà loro e le loro reti verso l’autonomia e la realizzazione personale.
Non solo. I centri saranno anche fucine di nuove opportunità, un’occasione per arricchire il tessuto sociale. L’auspicio è che l’impatto dei CVI si estenda anche oltre le mura delle strutture che li ospitano. Essi, infatti, diverranno promotori di una cultura dell’accessibilità e dell’inclusione, sensibilizzando la comunità e contribuendo a creare ambienti sempre più a misura di tutti. Saranno laboratori di idee e sperimentazioni, dove ricercare soluzioni innovative per migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità.
I centri per la vita indipendente rappresentano un investimento per il futuro di tutti. Un futuro in cui la diversità sia accolta e valorizzata, in cui ogni persona possa contribuire alla costruzione di una società più giusta e solidale.
- Si veda la segnalazione su welforum.it
- Il Decreto legislativo 3 maggio 2004, n. 62, propone la seguente definizione di “progetto di vita”: progetto individuale, personalizzato e partecipato della persona con disabilità che, partendo dai suoi desideri e dalle sue aspettative e preferenze, è diretto ad individuare, in una visione esistenziale unitaria, i sostegni, formali e informali, per consentire alla persona stessa di migliorare la qualità della propria vita, di sviluppare tutte le sue potenzialità, di poter scegliere i contesti di vita e partecipare in condizioni di pari opportunità rispetto agli altri.