Le Case della Comunità in Lombardia: un’indagine


Gli autori firmano l’articolo a nome del Gruppo di Lavoro Progetto Case della Comunità Lombardia*

Questo articolo è stato pubblicato anche su LombardiaSociale.it.

 

Nel luglio scorso si è conclusa la seconda fase del progetto sull’analisi dei modelli organizzativi delle Case della Comunità (CdC) in Lombardia, promosso dal Dipartimento di Politiche per la Salute dell’Istituto Mario Negri.

L’ultimo Piano Operativo della Regione Lombardia, approvato con delibera XII/2562 del 17.6.2024, ha previsto entro il 2026 l’attivazione di 195 CdC, la cui distribuzione sul territorio regionale è indicata nella Tabella 1.

Tabella 1 – Distribuzione nelle ASST e bacino di utenza delle Case della Comunità previste in Lombardia

ASST

Residenti

CdC Previste

Bacino di utenza medio

Bergamo Est

387.000

11

35.200

Bergamo Ovest

475.000

4

118.800

Brianza*

870.000

17

51.200

Crema

160.000

2

80.200

Cremona

191.000

2

95.600

Fatebenefratelli Sacco

755.000

11

68.600

Franciacorta

270.000

6

45.000

Garda

380.000

7

54.300

Lariana

578.000

11

52.500

Lecco

334.000

8

41.700

Lodi

233.000

5

46.600

Mantova

405.000

9

36.800

Melegnano e Martesana

654.000

10

65.400

Niguarda

184.000

3

61.500

Nord Milano

266.000

6

44.300

Ovest Milanese

467.000

9

51.900

Papa Giovanni XIII

245.000

5

40.900

Pavia**

546.000

11

49.600

Rhodense

486.000

9

54.000

Santi Paolo e Carlo

452.000

5

90.400

Sette Laghi

449.000

9

49.900

Spedali Civili di Brescia

508.000

10

50.800

Valcamonica

101.000

7

14.400

Valle Olona

440.000

11

40.000

Valtellina e Alto Lario

237.000

7

33.900

*Una delle CdC nel territorio dell’ASST Brianza sarà realizzata dall’IRCCS San Giovanni dei Tintori di Monza, ma gestita dalla ASST Brianza.

**Due delle CdC nel territorio dell’ASST di Pavia saranno realizzate dall’IRCCS San Matteo di Pavia, ma gestite dall’ASST di Pavia.

In assenza di un elenco aggiornato delle CdC operative, la consultazione regolare dei siti degli enti gestori, che in Lombardia sono le Aziende Socio-Sanitarie Locali (ASST), ha consentito entro il 5.7.2024 di identificarne come già funzionanti 132.

I dati per l’indagine sono stati raccolti, attraverso una scheda appositamente predisposta, utilizzando la documentazione fornita dalle ASST che hanno partecipato al progetto, effettuando anche visite alle singole strutture. Su 25 ASST lombarde non hanno aderito al progetto le ASST Valle Olona, Rhodense e Pavia, che servono un territorio di 1.472.000 abitanti, dove è prevista entro il 2026 la realizzazione di 31 CdC.

Le informazioni ottenute hanno permesso di avere dati completi su 105 CdC, 91 definite come Hub e 14 come Spoke.

I dati sono stati aggregati costruendo una serie di indicatori a partire dai requisiti indicati per le CdC dal Decreto Ministeriale 77 del 23.5 2022, recepito dalla Regione Lombardia con la delibera XI/6760 del 25.7.2022.

La Tabella 2 presenta i valori degli indicatori nelle 105 Case della Comunità.

Tabella 2 – Principali indicatori organizzativi delle Case della Comunità Hub e Spoke

Indicatore 

Valore nelle CdC analizzate

 

CdC Hub (N=91)

CdC Spoke (N=14)

 

N*

Valore**

N*

Valore**

Presenza Punto unico di accesso (PUA)

90

99%

12

86%

N° Giorni/settimana apertura PUA

87

5 (5-6); 4.7 (1.6)

9

5 (2.5-5); 4.1 (1.7)

N° Ore/settimana apertura PUA

87

33 (16-36); 30.1 (18.0)

9

33 (20-38); 31.6 (18.4)

N° Ore/die apertura PUA

87

6 (5-7); 6.1 (2.3)

9

7 (7-10); 7.7 (2.7)

Responsabile nominato

72

79.1%

9

64.3%

Funzioni di programmazione/coordinamento

91

87%

13

92% 

Incontri programmati

79

88%

8

87% 

Definizione territorio

79

91%

11

90%

Presenza MMG in CdC

91

33%

13

77% 

N° MMG presenti

30

2 (1-5); 3.1 (2.2)

10

4 (2-5); 3.6 (1.7)

N° ore/die presenza MMG

27

5 (3-10), 6.3 (3.5)

8

7 (4-8); 6.1 (2.8)

Preservato rapporto fiduciario

29

83%

10

100% 

Visite se medico curante non presente

27

33%

10

60% 

Mantenuto proprio ambulatorio esterno

27

44%

10

80% 

Presenza IFeC

91

100

13

100% 

N° IFeC presenti

87

9 (5-14); 10.3 (7.2)

12

6 (3-7); 5.5 (3.1)

Infermieri e MMG lavorano in equipe

26

92%

10

 90%

Presenza in CdC servizio continuità assistenziale

65

84%

10

 90%

Assistenza domiciliare gestita da IFeC della CdC

90

88%

10

77% 

ADI gestita da enti esterni

90

60%

13

62% 

Presenza Unità di Valutazione Multidimensionale

72

85%

7

71%

Presenza Ambulatori Specialistici

91

95%

13

85% 

N° specialità presenti

86

12 (9-15); 11.5 (4.2)

11

5 (3-10); 5.8 (4.4)

Possibilità di prenotazioni prioritarie

76

32%

8

30%

Possibilità di consulti tra MMG e specialisti

76

41%

8

 50%

Presenza strumentazione diagnostica di base

86

77%

13

 77%

N° strumentazione diagnostica di base

70

4 (2-5); 3.6 (1.4)

10

2 (2-3); 2.2 (0.6)

Servizi Sociali Comunali presenti

91

21%

14

 29%

Volontariato e terzo settore nella CdC

91

21%

14

7% 

Sale riunioni disponibili per cittadini

88

64%

13

29% 

*numero di CdC in cui è stato possibile rilevare l’indicatore.

**percentuale di CdC in cui l’indicatore ha mostrato che il requisito era soddisfatto e in quale misura.

I dati relativi alle singole strutture sono stati messi a disposizione delle rispettive ASST, che potranno farne oggetto di analisi e dibattito pubblico.

I principali risultati sono stati presentati in due incontri, il primo con oltre cento dirigenti delle ASST e il successivo con la Direzione Generale Welfare di Regione Lombardia.

Il confronto con gli Enti Gestori e col personale direttamente coinvolto nella realizzazione delle strutture è stato costruttivo e ha favorito uno scambio di informazioni significativo.

Ciò testimonia l’importanza, percepita da amministratori e operatori, di mettere in atto strumenti che consentano di monitorare l’evoluzione di una riforma ambiziosa, che mira a trasformare profondamente i servizi socio-sanitari territoriali.

Principali risultati

Dall’analisi dei dati raccolti si è evidenziato un quadro eterogeneo in termini di organizzazione, qualità dei servizi e risorse umane. Alcune strutture mostrano una discreta capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini, mentre molte altre si trovano ancora in una fase iniziale.

La maggior parte delle Case della Comunità sono state collocate in strutture già esistenti, soprattutto poliambulatori, e sono spesso il frutto di una riorganizzazione di servizi già precedentemente disponibili.

Tra le criticità emerse, già rilevate nella prima fase conclusa nel settembre 20231, vi sono i tempi di apertura che consentono solo un’accessibilità limitata, la difficoltà di coinvolgere i medici di medicina generale, come spesso accade anche in altre regioni, la riproposizione dell vecchio modello dei poliambulatori, la scarsa integrazione tra i diversi servizi e operatori e la modesta partecipazione dei Comuni.

Tenendo conto di questi aspetti critici persistenti, la situazione attuale è migliorata rispetto alla prima rilevazione e sebbene nessuna delle CdC risponda pienamente ai requisiti previsti dagli standard regionali e nazionali, molte ne soddisfano almeno la maggior parte, tra cui l’attivazione del Punto Unico di Accesso, la presenza di nuove figure professionali come gli infermieri di famiglia e comunità, la disponibilità del servizio di continuità assistenziale, dell’assistenza domiciliare e degli ambulatori specialistici.

Tuttavia, i principali servizi forniti sono le prestazioni specialistiche gestite ed erogate con poche differenze rispetto a quello che già avveniva nei poliambulatori in precedenza operativi, che in genere sono stati dislocati fisicamente nelle Case della Comunità col personale e l’organizzazione del lavoro che avevano. Anche l’accesso alle visite è possibile il più delle volte solo attraverso i canali burocratici tradizionali.

Ancora molto sporadica e frammentata è la presenza dei medici di medicina generale. Non c’è evidenza di integrazione e interazione del medico di medicina generale del bacino di utenza col personale delle Case della Comunità, neanche con i medici specialisti. Mancano quasi totalmente i servizi per l’infanzia e la salute di genere. Fascicolo sanitario elettronico condiviso, telemedicina e teleassistenza sono ancora all’orizzonte.

Non risulta avviato se non in pochi casi il lavoro in équipe multidisciplinari e non risulta ci sia attenzione verso una formazione specifica del personale su questo argomento così importante per una svolta culturale innovativa.

Nella maggior parte dei casi persiste ancora la logica dei poliambulatori e della erogazione di singole prestazioni da parte di servizi e operatori spesso indipendenti tra loro. La presenza di diverse figure professionali sembra che non si traduca ancora in un approccio integrato, integrante e contaminante.

L’innovazione principale riguarda la dotazione di figure di nuova introduzione come gli infermieri di famiglia e comunità, che al momento sono l’asse portante di tutto il sistema e fanno in molti casi da nodo di raccordo e coordinamento tra diversi operatori e servizi. Tuttavia gli attuali vincoli normativi, che andrebbero superati, rendicontano le attività degli infermieri di famiglia e comunità frammentate in singole prestazioni.

Le differenze riscontrate tra le CdC possono essere attribuite a diversi fattori, tra cui le peculiarità territoriali, la realizzazione delle strutture a partire da servizi già esistenti diversi nei territori per risorse e organizzazione, i tempi stretti per un’adeguata programmazione a livello locale, la coesistenza di visioni diverse sull’applicazione delle linee guida previste a livello nazionale e regionale. Inoltre, il progetto è stato avviato in un momento di difficoltà per il Servizio Sanitario Nazionale, caratterizzato da una rilevante riduzione del personale, soprattutto a livello territoriale.

L’aspetto più incoraggiante è l’entusiasmo e l’impegno del personale finora coinvolto nella realizzazione di queste nuove strutture, il cui coinvolgimento dimostra la percezione di un nuovo ruolo che rappresenta il possibile sviluppo di una diversa professionalità.

Prospettive e Proposte operative

Durante gli incontri di presentazione e discussione dei risultati, i dirigenti degli Enti Gestori e molti operatori hanno riconosciuto l’utilità del progetto per ottenere una valutazione strutturata e critica sullo stato di avanzamento e sulle sfide incontrate nella realizzazione delle CdC.

È stata inoltre condivisa la necessità di passare dalla descrizione delle strutture all’analisi dei servizi erogati e del loro impatto sulla salute dei cittadini.

L’indagine ha anche favorito un dialogo tra gli Enti Gestori, gli operatori e i cittadini, con l’obiettivo di rendere le comunità parte attiva nella riforma dei servizi socio-sanitari. In questo contesto, si è sottolineata l’importanza di un maggiore coinvolgimento dei Comuni, delle associazioni di cittadinanza attiva e del terzo settore nell’organizzazione e nel monitoraggio delle CdC.

In prospettiva, per fare di questa sfida una vera riforma dell’assistenza territoriale bisogna costruire una visione di primary health care, rivolta ad un rinnovamento culturale, nel quale l’oggetto dell’azione non sia limitato solamente alle singole prestazioni e al trattamento delle singole patologie (disease-oriented), ma orientato alla salute e centrato sulle persone e sulle comunità (community-oriented), dove alla dimensione del trattamento si affianchino in modo inscindibile la promozione della salute, la prevenzione, la cura e la riabilitazione.

A partire dai risultati emersi da questa indagine formuliamo alcune proposte operative, non esaustive, ma coerenti con le funzioni innovative che ci si aspetta dalla realizzazione delle Case della Comunità:

  • Definizione chiara del bacino di utenza della Case della Comunità.
  • Integrazione col Distretto per poter effettuare regolarmente analisi dei bisogni di salute dei territori e delle comunità.
  • Integrazione del personale amministrativo con gli operatori sanitari.
  • Definizione formale dei margini di autonomia degli infermieri di famiglia e comunità in una prospettiva di lavoro su microaree territoriali.
  • Superamento degli attuali vincoli normativi che rendicontano le attività degli infermieri di famiglia e comunità nelle Case della Comunità come singole prestazioni.
  • Inserimento strutturale della figura dello psicologo di comunità nell’équipe di cure primarie.
  • Possibilità per i giovani medici di medicina generale di avviare la loro professione all’interno delle Case della Comunità con contratti anche di dipendenza.
  • Riorganizzazione degli ambulatori specialistici con una visione territoriale in integrazione con i medici di medicina generale.
  • Accesso diretto ai servizi principali delle Case della Comunità.
  • Integrazione dei consultori con le Case della Comunità per una maggiore attenzione e presa in carico dei problemi dell’infanzia e della salute di genere.
  • Proposta all’ANCI di organizzare una formazione specifica per i sindaci sui rapporti con la Case della Comunità.
  • Ridefinizione e valorizzazione del rapporto delle Case della Comunità con i comuni, i territori, le comunità locali e il terzo settore.
  • Inserimento della formazione al lavoro in équipe nei percorsi di formazione continua degli operatori delle Case della Comunità.

 

 

*Gruppo di Lavoro Progetto Case della Comunità Lombardia: Germana Agnetti, Fausto Banzi, Natale Battevi, Luca Bertagna, Alberto Bertolini, Paola Bovolato, Luigi Bracchitta, Rita Caldarelli, Marco Contessa, Annette Corraro, Simone Cosmai, Martina Doneda, Simone Finazzi, Alessia Galbussera, Valentina Gritti, Daniele Grossi, Ettore Lanzarone, Fulvio Lonati, Ambrogio Manenti, Daniela Mantovanelli, Claudia Medda, Concetta Monguzzi, Igor Monti, Antonio Muscolino, Celestino Panizza, Rosanna Poggio, Tommaso Rossi, Mario Todeschini, Cinzia Zaninoni, Barbara Zapparoli, Stefania Zazzi.

  1. Nobili, A. Barbato, A. Case della Comunità e riforma dell’assistenza territoriale in Lombardia: i primi risultati, Centro Studi di Politica e Programmazione Socio-Sanitaria del Mario Negri. Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, 2023.