Le compartecipazioni nell’assistenza residenziale agli anziani tra ricorsi e LEA
I nodi da risolvere
Laura Pelliccia | 6 Novembre 2024
La cronaca
Negli ultimi mesi, la questione delle pronunce giurisprudenziali relative alla compartecipazione ai costi dell’assistenza residenziale per gli anziani non autosufficienti, in particolare quelli affetti da Alzheimer, ha ricevuto notevole attenzione mediatica. Si tratta di una questione su cui, nell’ultimo decennio, si sono alternati diversi orientamenti giurisprudenziali. Alcune recenti decisioni giudiziarie, partendo dal presupposto che l’ospite in RSA riceve prestazioni sanitarie, hanno imposto al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) la copertura totale dei costi relativi.
Le suddette pronunce, pur producendo effetti concreti solo per i soggetti ricorrenti, hanno indirettamente scatenato una serie di rivendicazioni e conseguenze sull’intero il sistema. Si è creato clima di incertezza giuridica e un incremento del contenzioso a livello nazionale. Sempre più assistiti, facendo conto su tali sentenze, stanno sospendendo il pagamento delle compartecipazioni dovute alle RSA, con conseguenti ripercussioni sull’equilibrio economico-finanziario delle strutture. Tale criticità sta propagandosi anche ad altri ambiti, come quello ospedaliero: pazienti non autosufficienti, dopo la fase acuta, rifiutano le dimissioni e richiedono l’inserimento in RSA, con costi interamente a carico del SSN. Questo provoca rallentamenti nei processi di turn-over ospedaliero.
Cosa prevede l’attuale regolazione dell’assistenza residenziale per gli anziani non autosufficienti?
L’assistenza residenziale alle persone non autosufficienti rientra nei LEA. Per garantire l’applicazione di principi comuni in tutte le regioni, il Dpcm 12/1/2017 ha stabilito la definizione e l’articolazione dell’assistenza residenziale in sottocategorie, delineandone i contenuti e le regole di riparto dei costi tra sanità e settore sociale (famiglie e comuni), secondo quanto riepilogato nella tabella allegata. Nel rispetto di questi principi cornice, alle regioni è demandata l’organizzazione del servizio. Il recente Dlgs 29/2024 in materia di riforma all’assistenza agli anziani ha confermato per l’assistenza residenziale agli anziani non autosufficienti1 le regole di compartecipazione dell’art. 30 del Dpcm 12/1/2017, prevedendo l’invarianza dei relativi finanziamenti.
L’attuale assetto normativo distingue due diversi tipi di assistenza residenziale per gli anziani non autosufficienti:
- i trattamenti estensivi che hanno l’obiettivo di assicurare cura e recupero funzionale per gestire esigenze temporanee (“di norma non superiori a 60 gg”2) da erogare in strutture/moduli standard con adeguata intensità sanitaria (“richiedono elevata tutela sanitaria con continuità assistenziale e presenza infermieristica sulle 24 ore”).
- I trattamenti che hanno l’obiettivo di assicurare lungoassistenza, recupero e mantenimento funzionale, ivi compresi interventi di sollievo per chi assicura le cure, a persone non autosufficienti.
La distinzione tra questi trattamenti è sostanziale: gli inserimenti temporanei estensivi sono totalmente a carico del SSN, mentre per quelli di lungoassistenza il SSN copre il 50% dei costi, con la restante quota a carico dell’utente, salvo l’intervento del comune.
Dove si collocano le RSA in questa classificazione? Premesso che il termine RSA non è previsto nei LEA e nemmeno nel Dlgs 29/2024 e che le regioni hanno coniato svariati modi di denominare le proprie strutture residenziali per anziani, nell’accezione diffusa di RSA possono rientrare sia i trattamenti estensivi che quelli di lungoassistenza. Le regioni possono aver definito per questi due diversi servizi distinte tipologie di strutture o, nell’ambito della stessa tipologia di struttura, distinte tipologie di moduli/nuclei. Anche i nuclei per le demenze/nuclei Alzheimer possono, a seconda delle scelte delle regioni, appartenere alla prima o alla seconda tipologia (dovrebbero appartenere alla prima tipologia solo hanno un obiettivo di cura temporaneo e se viene assicurata assistenza infermieristica sulle 24 ore). Infine non bisogna confondere l’assistenza generica in RSA con l’“Assistenza residenziale extraospedaliera ad elevato impegno sanitario”, quella riservata a persone con gravissime disabilità/dipendenza nelle funzioni vitali in nuclei specializzati; per essere considerato tale questo servizio deve comportare un’organizzazione più intensiva di quella solitamente assicurata nelle RSA tradizionali (pronta disponibilità medica e presenza infermieristica sulle 24 ore).
Vale la pena in ogni caso ricordare che oggi i presidi residenziali per anziani che operano per conto del SSN erogano senz’altro prestazioni sanitarie ma, rispetto al complesso degli obiettivi assistenziali, l’assistenza sanitaria non è, di fatto, la componente che prevale in assoluto; lo dimostrano alcuni recenti evidente sul mix professionale delle strutture, da cui risulta che sono soprattutto le figure socio-assistenziali a dominare:
- dai risultati della più recente indagine Istat sui presidi residenziali, risulta che le figure di tipo sanitario3 rappresentano meno del 25% del personale retribuito addetto all’ospite nelle strutture residenziali4;
- altre analisi sui servizi residenziali per anziani hanno confermato la bassa incidenza delle figure sanitarie sul totale del mix professionale;
- alcune analisi sulla normativa delle regioni in materia di standard delle residenze per anziani segnalano la limitata incidenza delle figure sanitarie, es.degli infermieri, sul totale del mix professionale rispetto ad altre figure come quelle degli OSS5.
È questo presumibilmente uno dei motivi per cui, anche al fine del riparto degli oneri, nei LEA la lungoassistenza residenziale è stata considerata a rilevanza non esclusivamente sanitaria. L’attuale regolamentazione mira inoltre a un’equità di trattamento con l’assistenza domiciliare, setting in cui, nelle fasi di lungoassistenza, per le prestazioni di aiuto infermieristico e assistenza tutelare, il concorso del SSN è limitato al 50% .
Quali aspettative per il futuro di questa vicenda?
L’attuale divergenza tra interpretazioni giurisprudenziali e applicazione dei LEA da parte delle regioni rende urgente un chiarimento a livello nazionale per evitare che il diritto alla totale copertura del SSN venga riconosciuto solo a seguito di contenziosi che non tutti possono permettersi di intraprendere; spesso a fare ricorso sono gli eredi dopo la morte dell’assistito, con il risultato che sembrano più tutelate le persone defunte rispetto a quelle che chiedono l’inserimento oggi.
Va premesso, dato l’attuale contesto della finanza pubblica, che sarebbe irrealistico immaginare che il SSN possa farsi carico per tutti gli ospiti delle residenze del 100% degli oneri; peraltro una simile scelta non risulterebbe coerente con le politiche per ritardare le istituzionalizzazioni e per favorire – per quanto possibile – il mantenimento dell’anziano al domicilio. Per le situazioni in cui l’inserimento in struttura è necessario e inevitabile, però, bisognerebbe intervenire per assicurare il carattere universalistico di questo servizio. Oggi, invece, sono in aumento gli episodi di rinuncia per insostenibilità dei costi da parte delle famiglie o le situazioni per cui il ricorso alle strutture è causa di considerevole impoverimento dei nuclei interessati (non a caso crescono gli episodi di contenzioso con la P.A.)
Se dunque ci fosse la volontà del legislatore di estendere il concorso del SSN all’assistenza residenziale agli anziani rispetto alle attuali previsioni/applicazioni dei LEA (ampliando le situazioni in cui è previsto il totale concorso del SSN e definendo con certezza quali sono i requisiti di eleggibilità che in tutto il Paese danno diritto al totale finanziamento da parte della sanità), questa modifica dovrebbe essere accompagnata da opportuni finanziamenti del FSN, onde evitare il default dei SSR o l’eventuale rimedio delle regioni di ridurre il proprio numero di posti. Oggi le regioni spendono circa 3,6 mld per l’assistenza residenziale agli anziani, un livello di costi riferibile in prevalenza a situazioni in cui il SSN compartecipa al 50%6. Secondo l’Istat nello stesso anno la spesa a carico delle famiglie per strutture di assistenza residenziale di lunga durata7 era oltre 3,7 mld.
Quali sono allora le situazioni di assistenza residenziale che, rispetto alla situazione attuale, meritano un rafforzamento del sostegno pubblico? Una prima ipotesi evolutiva potrebbe essere quella di stabilire che il SSN sostiene il 100% degli oneri quando le persone raggiungono il più elevato livello di compromissione nelle funzionalità (nella fase terminale quando necessitano di interventi di ventilazione meccanica, ossigenoterapia continua, nutrizione enterale/parenterale). Se l’intenzione del legislatore fosse quella di potenziare i nuclei di assistenza residenziale extraospedaliera ad elevato impegno sanitario, sarebbero necessari finanziamenti dedicati per adeguare gli attuali standard di personale delle residenze alle previsioni dell’art. 29 del Dpcm 12/1/2017 e per consentire ai SSR di finanziare il 100% dei relativi costi. Questo tipo di scelta risponderebbe in toto ai bisogni delle famiglie? Spesso il ricorso da parte delle famiglie alle RSA avviene nelle fasi in cui l’anziano è ingestibile al domicilio a causa di problemi comportamentali e per il venir meno di alcune autonomie. Bisognerebbe evitare che sia quella la fase in cui il servizio residenziale risulta più oneroso per gli utenti e il paradosso che, solo dopo l’aggravamento, nelle condizioni cliniche estreme, il servizio diventi a totale carico del SSN. Una tale regola non incoraggerebbe peraltro gli sforzi delle strutture per il mantenimento delle funzioni dell’anziano e per rallentarne il decadimento.
Sarebbe dunque necessario che la programmazione nazionale ricerchi un miglioramento del sostegno pubblico non solo alle fasi di massima compromissione ma anche alle altre fasi intermedie della non autosufficienza, dove sono molto elevati i carichi assistenziali. Riconoscere che le RSA svolgono una funzione non esclusivamente sanitaria avendo anche obiettivi di sorveglianza, igiene, animazione e socializzazione non sminuisce di certo l’importanza di questo servizio. Anzi richiede necessità di sostenere adeguatamente, anche attraverso appositi finanziamenti, la componente socio-assistenziale dell’assistenza. Oggi a livello nazionale non ci sono finanziamenti dedicati (es. il FNNA non può essere utilizzato per la residenzialità) e anche il recente decreto anziani (art. 22 Dlgs 29/2024) nell’elencare i LEPS per le persone non autosufficienti non ha incluso l’assistenza residenziale tra le aree in cui saranno costruite garanzie comuni a livello Paese di tipo sociale. Ciò significa un sempre minore sostegno da parte dei comuni il cui intervento è limitato a pochissime situazioni di disagio estremo.
Occorre infine cautela quando, come sta accadendo oggi a livello mediatico, si etichetta questa vicenda come una questione che i interessa genericamente le persone affette da Alzheimer. L’Alzheimer è indubbiamente una patologia molto diffusa che, come tale, deve meritare le attenzioni delle politiche sanitarie integrate (non a caso diverse proposte di riforma avevano immaginato che per le demenze la compartecipazione passasse dal 50 al 70%), ma non l’unica causa di non autosufficienza (bisognerebbe evitare di creare discriminazioni di tipo eziologico). Peraltro l’Alzheimer presenta diversi stadi evolutivi rispetto ai quali occorre una regolazione specifica nella definizione dei relativi diritti.
Infine, proprio perché ci troviamo in una fase di riforma dell’assistenza agli anziani in cui si promuovono logiche di sistema per ricomporre sull’assistito gli interventi delle varie filiere istituzionali, sono necessarie alcune riflessioni sul rapporto tra le compartecipazioni ai costi delle RSA e gli altri programmi pubblici. Eventuali modifiche che dovessero consentire ad alcuni utenti (o ad alcune categorie di utenza) di passare da una situazione di obbligo alle compartecipazioni a un’altra di esonero dagli oneri, dovrebbero preoccuparsi di regolare anche i relativi effetti sull’indennità di accompagnamento. Si ricorda infatti che non si ha diritto all’indennità per i periodi di inserimento in strutture con oneri a totale carico della finanza pubblica. Finora le pronunce giurisprudenziali non sembrano aver tenuto conto di queste conseguenze indirette: si sono limitate a riconoscere all’ anziano il diritto al rimborso delle spese già sostenute per l’assistenza residenziale, senza considerare gli altri benefici a carico della finanza pubblica già fruiti dal soggetto (indennità di accompagnamento percepita, detrazioni fiscali delle quote di compartecipazione). Cosa succederà per il futuro? Ci dobbiamo aspettare un trasferimento di oneri dall’Inps al SSN?
- Art. 31 c. 1 Dlgs 29/2024
- La modalità di valutazione delle condizioni per esigere i trattamenti estensivi è demandata alle regioni. Tuttavia anche la previsione della possibilità di superare i 60 giorni dovrebbe avere carattere straordinario. Se i margini di discrezionalità operativa lasciati alle regioni fossero intesi fino alle esigenze di tipo long life, il principio sarebbe snaturato. In ogni caso è difficile immaginare che le potenzialità di cura e recupero funzionale possano protrarsi per anni.
- Medici, infermieri, psicologi, fisioterapisti, logopedisti, terapisti della riabilitazione
- Nell’indagine al 2021 non è disponibile il dettaglio per le sole strutture per anziani; in ogni caso gli anziani assorbono i ¾ dei posti per il complesso dei target di utenza.
- 5°Rapporto Osservatorio LTC Cergas Bocconi 2023, “Regione che vai RSA che trovi, la residenzialità per anziani in dodici regioni”.
- I costi sono stati ricostruiti dalla banca dati BDAP sull’ultimo aggiornamento al 2022. Non è possibile distinguere la quota per la lungo-assistenza da quella per l’assistenza estensiva ma è probabile che il modello più diffuso sia quello della lungo-assistenza tradizionale e che quindi, i costi, si riferiscano quasi esclusivamente a casistiche in cui il SSN compartecipa al 50%. In media, tenuto conto delle giornate per assistenza residenziale agli anziani rilevate dall’Annuario Statistico del SSN, la remunerazione die oggi sostenuta dai SSR è circa 58 eur, un valore che conferma la prevalenza della casistica della lungoassistenza.
- Dal “sistema dei conti della sanità” non è possibile isolare la quota degli anziani da quella dei disabili, anche se le rilevazioni Istat sull’offerta residenziale suggeriscono i posti per gli anziani sono la quota dominante.