Legami familiari e cura degli anziani in Europa
Aggiornamenti da SHARE
Elenka Brenna | 27 Ottobre 2020
Il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione che da diversi decenni interessa l’Europa e in particolare l’Italia, comporta una crescente pressione dal lato delle cure, che coinvolgono spesso la sfera familiare. Ciò è particolarmente valido per i Paesi mediterranei, fra cui l’Italia, che hanno affrontato le esigenze di una popolazione che invecchia in ritardo rispetto ai Paesi del Nord Europa.
Ma quali sono le variabili che impattano maggiormente sulla scelta di fornire cure informali da parte di un familiare e, soprattutto, esiste ancora una polarizzazione Nord-Sud Europa rispetto a questa scelta?
L’analisi dei dati SHARE, una banca dati che contiene informazioni sulle condizioni economiche, familiari, sociali e di salute degli individui con un’età maggiore di 50 anni provenienti da diversi Paesi europei, può aiutare a trovare una risposta. Il presente contributo1 si focalizza su variabili che caratterizzano i legami familiari e individua le differenze fra Paesi che fondano le proprie radici rispettivamente su società familistiche (tipicamente nell’Europa del Sud) e società non-familistiche (tipicamente nell’Europa del Nord). L’anno di riferimento è il 2017, anche se alcuni approfondimenti offrono una visione di trend a partire dal 2004.
Chi presta cura in Europa
Alla domanda “da quale familiare (vicino di casa o amico) ha ricevuto assistenza nei 12 mesi precedenti l’intervista?” nel 57% dei casi il rispondente over 65, indica i figli. Questa categoria include anche generi/nuore e figli del partner, anche se le ultime tre tipologie incidono per una percentuale minima (4,5% in totale). A seguire vicini di casa (11,4%) e amici (8,7%), mentre gli sposi/partner sono rappresentati per circa il 5%.
All’aumentare dell’età dei rispondenti, come prevedibile, i figli assumono un peso via via crescente nella cura dei genitori, mentre si assottiglia la percentuale delle altre possibili fonti di supporto. La figura 1 riporta le percentuali relative alle categorie di caregiver all’aumentare dell’età dei rispondenti, che varia da over 65 a over 80 con lag temporali di 5 anni. Per i figli si passa da 57,3% a 67% a dimostrazione del fatto che questi rappresentano la principale figura di riferimento per la popolazione che invecchia.
Figura 1 – Categorie di caregiver maggiormente rappresentate all’aumentare dell’età dei rispondenti anziani – valori % – campione intero – anno 2017
Fonte: elaborazione dati SHARE, wave 7
*figli (broad) include figli, generi, nuore, figli del partner
Se si confrontano i Paesi europei posti a diverse latitudini, emerge un gradiente geografico. I Paesi dell’Europa meridionale come Spagna e Italia si distinguono per percentuali relativamente alte di figli che forniscono supporto ai genitori, a conferma della visione familista dei Paesi mediterranei (Brenna e Di Novi, 2016; Pavolini e Ranci, 2014). I Paesi del Centro e Nord Europa, invece, presentano percentuali minori per la categoria dei figli, compensate da valori più alti di amici e vicini di casa. Questi ultimi si distinguono soprattutto in Danimarca (23%) e Francia (17%), nazioni dove i figli caregiver sono meno rappresentati rispetto agli altri Paesi.
Tabella 1 – Chi presta cura agli over 65- paragone fra Paesi Europei – valori % – anno 2017
Figli (broad)* | Vicini | Amici | |
Italia | 61,89 | 8,07 | 5,83 |
Spagna | 67,80 | 4,02 | 2,51 |
Belgio | 50,25 | 10,15 | 8,06 |
Francia | 40,98 | 17,29 | 15,41 |
Svezia | 54,27 | 14,80 | 10,76 |
Danimarca | 47,73 | 22,88 | 14,41 |
Fonte: elaborazione dati SHARE, wave 7
*figli (broad) include figli, generi, nuore, figli del partner
Il legame genitori-figli nei diversi Paesi europei
L’eterogeneità nel legame fra genitori e figli che emerge fra diversi Paesi europei è in qualche modo confermata da un’altra domanda che compare nel questionario SHARE: si tratta della frequenza con cui i figli hanno un contatto (telefonico o personale) con i propri genitori.
La tabella 2 mostra che in Italia i figli contattano la propria madre molto più frequentemente che in altri Paesi. Ad esempio in Italia il contatto è giornaliero in 6 casi su 10, in Danimarca poco più che in 1 caso su 10. Man mano che si procede dal Sud al Nord Europa si nota che la frequenza giornaliera di contatti diminuisce, a rappresentazione di un legame più debole che unisce i figli ai propri genitori anziani nell’Europa settentrionale.
Tabella 2 – Frequenza con cui i figli hanno contatti con la madre – valori % – anno 2017
Paesi | ogni giorno | più v/sett | 1v/sett | meno freq |
Italia | 59,49 | 25,03 | 11,29 | 4,19 |
Spagna | 43,38 | 31,03 | 15,44 | 10,15 |
Belgio | 22,85 | 33,25 | 24,77 | 19,13 |
Francia | 21,64 | 28,99 | 23,86 | 25,51 |
Svezia | 14,18 | 34,18 | 29,37 | 22,27 |
Danimarca | 11,02 | 32,77 | 27,97 | 28,24 |
Fonte: elaborazione dati SHARE, wave 7
Un’altra variabile determinante dei diversi legami che intercorrono fra genitori anziani e figli è data dalla distanza tra le abitazioni dei figli e quelle dei genitori. Spesso la scarsa autonomia dei genitori anziani e/o o la ricerca di un aiuto nella cura dei bambini da parte dei figli che hanno ancora un ruolo genitoriale attivo, spinge una delle due parti ad avvicinarsi all’altra (Kolk, 2016), ma anche questa attitudine varia al variare dei Paesi Europei, con una probabilità maggiore che questo evento si verifichi nei Paesi del Sud Europa.
Tabella 3 – Distanza delle abitazioni figli/madre per alcuni Paesi europei – valori % – anno 2017
Distanza | intero campione | Italia | Francia | Svezia |
stessa famiglia | 5,92 | 8,96 | 3,46 | 0,51 |
stesso palazzo | 4,73 | 12,11 | 1,52 | 0,76 |
meno di 1 KM | 13,74 | 16,76 | 10,11 | 8,86 |
tra 1 e 5 Km | 19,96 | 26,78 | 14,68 | 18,48 |
tra 5 e 25 Km | 24,73 | 22,00 | 23,27 | 20,76 |
tra 25 e 100 KM | 15,13 | 5,94 | 16,07 | 18,73 |
tra 100 e 500 Km | 10,33 | 3,61 | 16,76 | 16,20 |
Più di 500 Km | 5,31 | 3,84 | 14,13 | 15,70 |
Fonte: elaborazione dati SHARE, wave 7
Prendendo come riferimento genitoriale la figura materna, in Italia il 38% dei figli ultracinquantenni vive in abitazioni che distano meno di un km dal domicilio materno, tragitto percorribile facilmente a piedi; se guardiamo all’intero campione questa percentuale si abbassa al 24%. In particolare in Italia più di 2 figli over 50 su 10 vivono nello stesso palazzo o nello stesso nucleo familiare della madre. Se si guarda il dato di Svezia o di Francia il valore si abbassa rispettivamente a 0,13 e 0,5 ogni 10 individui. Si conferma la visione familista dell’Italia, dove da secoli la famiglia si fa carico sia dei bisogni assistenziali dei soggetti più fragili, che dei bisogni abitativi/economici dei figli adulti, che frequentemente vengono aiutati dai genitori per l’acquisto della propria abitazione, oppure scelgono la vicinanza dei genitori per consentire un aiuto reciproco (EOP 2010; Billari, 2004).
Tipologia di cura e frequenza nel ricevere cure
SHARE fornisce la possibilità di chiedere direttamente a coloro che vengono assistiti in via informale, sia la frequenza con cui ricevono le cure sia la tipologia di cura (cure personali, aiuti nelle faccende domestiche, aiuti nelle pratiche burocratiche) ricevuta dal caregiver principale, che può essere partner, figlio, parente, vicino di casa o altro. Iniziando dalle cure personali, sul campione di anziani over-65 questa tipologia di aiuto viene fornita ogni giorno nel 59% dei casi e su base settimanale nel 29%. Il dato per l’Italia diventa 73% per le cure giornaliere e 18% per la frequenza settimanale, invece per Francia e Svezia il dato giornaliero si abbassa rispettivamente a 48% e 25%. Ciò fa presumere che in questi Paesi gli anziani che hanno maggior bisogno di cure siano ricoverati oppure ricevano un servizio di assistenza domiciliare. Diverse evidenze empiriche mostrano che l’aiuto nell’assistenza personale, se fornito in via informale, ovvero gratuitamente da parenti o amici, può – nel lungo periodo – impattare negativamente sulla salute fisica e mentale del caregiver (Brenna, 2018). Perciò la posizione dell’Italia rispetto agli altri Paesi europei suggerisce la necessità di misure che vadano incontro alle esigenze di cura della popolazione che invecchia e che viene tuttora assistita in via predominante dai familiari (soprattutto dai figli).
Il trend demografico in atto suggerisce che ci saranno sempre meno figli a disposizione per curare i genitori anziani. In particolare la generazione dei baby boomers ha originato meno figli rispetto alle generazioni precedenti e ad una età più avanzata, pertanto il numero di figli che accudiranno i genitori baby boomers è destinato ad assottigliarsi e ad avere meno tempo a disposizione per assistere gli stessi, a causa delle responsabilità verso i propri figli non ancora autonomi. Tutto ciò suggerisce che le cure prestate dai caregiver informali italiani su base giornaliera potranno non esser più disponibili negli anni a venire.
Per quanto riguarda la frequenza sull’aiuto nelle faccende domestiche, anche in questo caso l’Italia si differenzia dagli altri Paesi in quanto l’aiuto su base giornaliera è del 34%, circa il doppio rispetto al dato dell’intero campione. Dal lato opposto, Francia e Svezia si distinguono per percentuali particolarmente elevate nella frequenza “meno di una volta al mese”, rispettivamente 42,4% e 54,4%, rispetto al 16,8% dell’Italia.
Infine, sempre per l’intero campione, l’aiuto nello sbrigare pratiche burocratiche viene fornito su base giornaliera nel 26% dei casi e su base settimanale nel 29% dei casi, ma se si guarda al dettaglio dei Paesi, ancora una volta l’Italia si distingue, in quanto chi riceve aiuto lo riceve su base giornaliera più spesso (36%) rispetto alla media europea. Francia e Svezia presentano valori rispettivamente del 19% e 6%.
Il quadro presentato evidenzia come in Italia i legami familiari comportino un forte aiuto reciproco che coinvolge diverse sfere della quotidianità, dall’aiuto nelle cure personali, all’aiuto nello sbrigare le pratiche burocratiche. Le variabili esaminate, come la vicinanza abitativa e la propensione a contatti intergenerazionali frequenti, appaiono funzionali alle esigenze assistenziali sopra delineate e corroborano una visione ancora familista della società italiana.
Italia – responsabilità familiari – trend in atto
Si è già visto come l’Italia si differenzi dalla media dei Paesi europei per una serie di variabili attinenti ai legami familiari: i contatti fra congiunti sono più assidui, le distanze più ravvicinate, le cure ai soggetti più fragili vengono più frequentemente fornite da familiari.
Tuttavia, leggendo i dati di trend degli ultimi anni, si possono individuare deboli segnali che fanno pensare ad un graduale cambiamento rispetto al modello familista che da sempre caratterizza la società italiana. Innanzitutto la percentuale di caregiver rispetto alla popolazione generale è andata diminuendo dal 2004, anno della prima rilevazione SHARE, al 2017. A partire dal 2007, la percentuale di intervistati che dichiara di essere caregiver diminuisce da circa 26% al 14%, una riduzione sicuramente importante (Figura 2). Controllando per la frequenza nelle cure non si osservano cambiamenti rilevanti, pertanto questa informazione suggerisce che le esigenze di cura all’interno della sfera familiare si sono fatte meno pressanti negli ultimi 10 anni. Dal momento che la domanda di assistenza è andata aumentando a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, il calo evidenziato suggerisce un possibile incremento di cure formali nei confronti delle persone anziane.
Figura 2 – Italia – percentuale di rispondenti che dichiarano di prestare cura ad un familiare/amico/vicino di casa, anni 2004-2017
Fonte: elaborazione dati SHARE, wave1-7
*wave 3 esclusa perché non riporta il dato
Questo graduale cambiamento viene approfondito attraverso la scelta di una variabile soggettiva che indaga i vincoli imposti dalle responsabilità familiari. La domanda in oggetto è: “con quale frequenza le responsabilità familiari ti impediscono di fare ciò che vuoi?”; con possibili risposte “spesso, qualche volta, raramente, mai”. I dati del 2017 evidenziano una posizione tuttora distaccata dell’Italia rispetto alla media europea. Le differenze più marcate si osservano agli estremi: circa il 15% degli italiani si sentono spesso limitati a causa delle responsabilità familiari, rispetto al dato europeo del 6,5%. All’estremo opposto, il 45% degli europei afferma di non sentirsi mai vincolato dalle responsabilità familiari, contro una frequenza del 27% per l’Italia. Queste informazioni suggeriscono che in Italia gli ultracinquantenni si sentono responsabilizzati verso la famiglia e probabilmente questo impegno viene percepito come limitante rispetto alle possibili attività quotidiane. Da osservare che la specifica domanda non definisce la tipologia di responsabilità familiare, che può pertanto corrispondere a diverse figure, come un sostegno verso i figli non ancora autonomi, l’assistenza ai genitori anziani, oppure un aiuto di tipo economico ad un familiare; si tratta di dimensioni che scoprono le carenze nel welfare nostrano rispetto ad altri Paesi europei.
Un lieve segnale positivo è dato tuttavia dal trend relativo agli ultimi sei anni, dal 2011 al 20172. La percentuale di italiani che si sentono spesso limitati nelle proprie scelte è in leggera, costante flessione con un valore che passa dal 17,3% nel 2011 al 14,8% nel 2017. Seppure il dato sia ancora molto distante dalla media europea, questo andamento fa pensare che i legami familiari stiano diventando meno pressanti per gli italiani.
Conclusioni
L’analisi effettuata fa emergere una serie di considerazioni sul tema dell’assistenza informale agli anziani in Europa e sull’importanza dei legami familiari come fonte di reciproco aiuto intergenerazionale nei Paesi dell’Europa mediterranea.
I dati SHARE mostrano che, per ogni dimensione osservata, l’Italia, insieme alla Spagna, si distanzia – spesso in maniera notevole – dai Paesi del Centro e del Nord Europa. In particolare, l’Italia mostra la percentuale maggiore di figli che assistono gli anziani genitori, insieme ad un impegno di cura più spesso giornaliero rispetto al resto d’Europa. A dimostrazione di questi legami forti, In Italia il 38% dei figli ultracinquantenni vive in abitazioni che distano meno di un km dal domicilio materno (media europea 24%) e più di 2 figli over 50 su 10 vivono nello stesso palazzo o nello stesso nucleo familiare della madre. Se si guarda il dato di Svezia o di Francia questo valore si abbassa rispettivamente a 0,13 e 0,5 ogni 10 individui.
Il legame personale genitori-figli è talmente forte che il 60% degli italiani ultracinquantenni dichiara di avere un contatto personale o telefonico con la propria madre ogni giorno, rispetto ad un dato svedese del 14%. Ancora, l’anziano che riceve assistenza da un familiare, rispettivamente nelle cure personali, nelle faccende domestiche o nelle pratiche burocratiche, ha una probabilità molto alta di riceverlo ogni giorno se risiede in Italia, mentre la frequenza diventa più spesso settimanale se il rispondente over 65 risiede in Francia o Svezia.
I dati esaminati indicano che l’Italia è ancora un Paese con una società familicentrica, che si basa sui legami familiari per far fronte sia alle esigenze di cura di una popolazione che invecchia, sia alle richieste di reciproco aiuto che si manifestano in via intergenerazionale. Riguardo a quest’ultimo aspetto, al nostro Paese spetta il primato europeo per percentuale di nonni (41% versus 15% dato medio) che ogni giorno dedicano il proprio tempo per assistere i nipoti (dati SHARE, 2017).
Tuttavia un, seppur lieve, cambiamento emerge osservando i dati di trend del nostro Paese: a partire dal 2007 cala la percentuale di rispondenti che dichiara di prestare aiuto ad un congiunto, fatto che suggerisce una deresponsabilizzazione negli impegni di cura a livello familiare. Questo dato viene corroborato da una variabile soggettiva: la percentuale di ultracinquantenni che si sentono spesso limitati nelle proprie scelte dalle responsabilità familiari è in lieve ma costante calo a partire dal 2011 e questa evidenza suggerisce che i legami familiari vengono percepiti come meno vincolanti rispetto agli anni passati. Si tratta di cambiamenti lievi, che tuttavia potrebbero indicare una maggiore presa in carico dei bisogni di cura da parte delle istituzioni.
Visto il trend demografico in corso, con la generazione di baby boomers che raggiungerà nei prossimi anni la soglia degli ottant’anni, si auspica che l’Italia si orienti al più presto verso un modello di welfare che preveda misure istituzionali forti per affrontare il tema dell’assistenza alla popolazione che invecchia. Ci si riferisce sia ad un incremento dei servizi socio-assistenziali (maggiore assistenza a domicilio, più posti letto in case di cura) sia a misure più concrete nell’aiuto ai caregiver familiari, soprattutto per quanto riguarda politiche di sostegno al lavoro (permessi temporanei, turni di lavoro flessibili), in modo che le fasce economiche più deboli vengano salvaguardate.