L’impatto sociale dell’amministrazione di sostegno

Principali elementi emersi da un’analisi valutativa


Paolo Tomasin | 8 Maggio 2020

Le gocce ricominciano a contare quando non è più possibile contarle

(Elias Canetti, Massa e potere)

 

L’istituto dell’amministrazione di sostegno, introdotto nell’ordinamento giuridico italiano con la legge 9 gennaio 2004 n°6, può essere considerato non solo un “passaggio di civiltà” nella disciplina delle misure di protezione (Manzon, 2011), ma uno degli strumenti di welfare più innovativi oggi a disposizione per promuovere e sostenere le persone in condizione di fragilità. Purtroppo la normativa è stata attuata in modo estremamente diversificato nei diversi contesti territoriali del Paese. Alla frammentarietà ha contribuito anche una produzione legislativa che ha interessato solo alcune realtà regionali  (Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Veneto, Sardegna) e le due Province Autonome di Trento e Bolzano. A distanza di quindici anni dalla sua introduzione, è ancora del tutto assente una valutazione in grado di tracciare un profilo nazionale di questo istituto giuridico: non si dispone di una quantificazione puntuale e sistematica della diffusione dei provvedimenti1 e nemmeno di una ricognizione delle differenti modalità attuative. Ciò di cui si dispone è la descrizione di sempre più numerose ed interessanti esperienze locali (Manzon, 2011; Sammarco, Caseri, 2008), alcune ospitate anche su questa testata (Castegnaro, 2018; Genova et al, 2019), ma che faticano a diventare prassi condivise su ampia scala.

Il presente contributo si propone di continuare la riflessione avviata sull’argomento riportando i principali esiti emersi da un’analisi di impatto sociale, condotta dall’IRSSeS (Istituto Regionale per gli Studi di Servizio Sociale) per conto dell’AIASS (Associazione Italiana Amministratori di Sostegno Solidali), sull’implementazione dell’istituto giuridico nei circondari di Pordenone e Gorizia, afferenti alla Corte d’Appello di Trieste (IRSSeS, 2019).

 

L’illustrazione degli esiti è anticipata da alcuni cenni sulle scelte metodologiche effettuate, in quanto si ritiene utile alimentare anche un confronto sulla strumentazione disponibile per realizzare valutazioni di impatto. In fase conclusiva l’attenzione è rivolta alla necessità di affrontare ulteriori sfide valutative al fine di conseguire una ricognizione puntuale, empiricamente fondata, sulla capacità trasformativa del welfare locale di questo innovativo istituto giuridico.

 

L’approccio valutativo impiegato

Negli ultimi anni si è assistito ad un proliferare di indirizzi normativi, linee guida, modelli, indicatori predisposti per effettuare delle valutazioni di impatto sociale (Zamagni, Venturi, Rago, 2018). Facendo tesoro di questa letteratura metodologica, si è costruito uno schema valutativo in grado di cogliere in particolare due aspetti che caratterizzano le esperienze di amministrazione di sostegno:

  • la presenza di un numero, più o meno ampio e diversificato, di attori che intervengono nel procedimento e nell’attuazione dell’istituto e che talvolta danno vita ad una effettiva rete di sussidiarietà: Tribunali ordinari (nello specifico: Giudici tutelari e cancellieri), Servizi sociali dei Comuni, Aziende Sanitarie Locali, enti del Terzo settore, Ordini professionali (e soprattutto quello degli Avvocati), amministratori di sostegno, famiglie di cittadini fragili, amministrati beneficiari dell’istituto; tra l’altro l’insieme degli stakeholder (ridefinibili anche come community-holder) di questo istituto è ancora più ampio arrivando ad interessare anche banche, agenzie immobiliari, imprese, ecc..
  • la multidimensionalità dell’impatto di questo istituto che non può essere colto se non in una visione sistemica. Nell’analisi sono state considerate cinque diverse dimensioni: culturale (diffusione del riconoscimento dei diritti dei più fragili); istituzionale-organizzativa (attivazione di nuovi servizi o nuove unità operative, costituzione di nuove realtà associative, rafforzamento del rapporto tra enti pubblici e tra questi e quelli privati, introduzione di modalità operative); sociale (capacità di intercettare nuovi bisogni, di fornire adeguate risposte di protezione e assistenza alle persone fragili, costruzione di legami sociali e generazione di benessere); economica (mantenimento dei patrimoni dell’amministrato, sviluppo di inedite forme di compartecipazione alle spese e persino di contenimento delle risorse pubbliche, produzione di opportunità lavorative); ambientale (benché possa considerarsi marginale, si è pure tentata una ricognizione dell’impronta ecologica di questi interventi di welfare).

 

La pluralità degli attori coinvolti e la multidimensionalità dell’analisi sono state analizzate impiegando più strumenti investigativi e differenti fonti informative (quantitative e qualitative)2 tentando di ricomporre il sistema nel suo complesso (IRSSeS, 2019).

 

Alcuni risultati emersi

L’analisi valutativa ha preso avvio dall’identificazione delle principali basi informative in grado di ricostruire la  diffusione quantitativa dei provvedimenti di amministrazione di sostegno. Secondo i dati della Giustizia civile si tratta di un istituto che negli anni si è notevolmente propagato raggiungendo una platea sempre più ampia di amministrati, anche se con forti differenze territoriali.

Nel distretto della Corte d’Appello di Trieste si registra il valore più alto misurato a livello nazionale nell’incidenza dei provvedimenti sulla popolazione residente (1,77 contro lo 0,80, nell’anno 2016). A giugno 2018, gli amministrati risultavano essere oltre 11.000. Un terzo circa di questi amministrati è anche utente dei Servizi sociali, più o meno altrettanti sono ospiti di strutture residenziali o di servizi sanitari e sociosanitari; mentre la terza parte sembra non beneficiare di alcun servizio di welfare istituzionale pubblico. L’analisi condotta non ha permesso di stabilire con precisione se e quanto questa protezione stia sostituendo le forme più restrittive di interdizione e inabilitazione, come auspicato dallo stesso legislatore (Cendon, 2018). Appare invece chiaro che l’istituto è impiegato in situazioni in cui precedentemente la responsabilità era lasciata informalmente ai familiari o alla stessa persona in difficoltà.

 

Dal punto di vista culturale, l’amministrazione di sostegno sta effettivamente affermando una nuova concezione delle persone fragili, riconoscendo loro maggior dignità e più diritti, fondata su una giustizia di prossimità. Numerosi interventi informativi e percorsi formativi stanno lentamente disseminando questa concezione proponendosi, allo stesso tempo, di intercettare la solidarietà dei cittadini. Trattasi di una innovazione culturale che incontra però anche forme di resistenza, alimentata da una grande discrezionalità dei Giudici tutelari che possono adottare interpretazioni prudenziali e dunque restrittive della normativa. I riflessi di queste interpretazioni sono ben riscontrabili, anche nei due circondari analizzati, nelle nomine degli amministratori di sostegno, nell’interlocuzione con i Servizi sociali e con gli attori del Terzo settore.

 

Sulla dimensione istituzionale e organizzativa sono diversi gli impatti rilevati: un riassetto degli uffici giudiziari del Tribunale, l’attivazione di sportelli dedicati a fornire informazione e ad assistere in tutte le fasi le famiglie e gli stessi amministratori, operando in stretta collaborazione con le cancellerie e con i Servizi sociali. Questi sportelli, la cui gestione è affidata ad Enti del Terzo settore, nei territori analizzati sono diventati parte integrante e ormai imprescindibile del sistema di interventi e servizi sociali locali. Si sono altresì costituite associazioni con lo specifico scopo statutario della promozione dell’amministratore di sostegno e, in uno dei due circondari analizzati, fra di esse si è dato vita a reti collaborative, a partenariati progettuali che includono soggetti pubblici e privati, in un’ottica effettiva di sussidiarietà orizzontale e circolare. Infine, appare interessante segnalare l’avvio della sperimentazione del Consigliere delegato all’amministrazione di sostegno nei consigli comunali.

 

Per quanto concerne la dimensione sociale, l’istituto ha di fatto prodotto una nuova figura di care-giver, rendendo possibile l’attivazione di una gamma di risposte precedentemente disattese o solo marginalmente fornite nel sistema di welfare. Una figura di care-giver che può essere assunta da diversi soggetti: familiari, volontari, professionisti, amministratori locali. Nel caso che è stato maggiormente esplorato, quello dei volontari (talvolta in tale categoria sono da ricomprendervi anche professionisti che assumono il ruolo in modo totalmente gratuito) si è rilevato come esso rinvii ad un’emergente forma di volontariato di prossimità: legittimato da una nomina del Giudice tutelare, delineato nelle funzioni, responsabilizzato, con competenze multiple, potenzialmente non vincolato ad appartenenze organizzative.

 

La valutazione dell’impatto economico dell’amministrazione di sostegno è stata appena abbozzata in quanto è risultato piuttosto difficile identificare un unico valore di bottom line (l’ultima riga di un bilancio che segna se il risultato finale è una perdita, un utile o un pareggio) in un sistema di enti e interventi piuttosto articolato. Ad ogni modo, è indubbio che questo istituto abbia rappresentato inizialmente un incremento dei costi per la pubblica amministrazione, sia per quanto concerne il settore giudiziario (misurabile in particolare nell’aggravio di impegno lavorativo per i giudici e il personale della cancelleria), sia per quanto concerne la spesa sociale (misurabile nelle risorse destinate alla promozione e all’attuazione dell’istituto da parte di Regione, Enti Locali, Aziende sanitarie). Contemporaneamente, lo sviluppo delle responsabilità familiari e solidaristiche di tipo comunitario ha favorito un risparmio della spesa assistenziale e il mantenimento dei patrimoni degli amministrati, quando non un recupero di risorse aggiuntive. Ha altresì dischiuso un mercato per avvocati e commercialisti e ha offerto spazi occupazionali per gli Enti del Terzo settore.

 

Infine, la dimensione ambientale, così trascurata nelle analisi di impatto relative ai servizi di welfare, è stata appena esplorata evidenziando quali possono essere alcuni significativi indicatori per un computo dei fattori di segno negativo (consumo di materie prime, emissione di CO2 prodotta dai trasporti, ecc.) e quelli di segno positivo (risparmi, riciclo, riduzione di emissioni inquinanti, ecc.). La digitalizzazione e la dematerializzazione di alcune fasi del procedimento giuridico (in particolare si segnalano le videoconferenze delle udienze), come ci sta facendo capire anche l’attuale periodo di emergenza dovuto al coronavirus, porterà inevitabilmente ad una riduzione dell’impronta ecologica pure dell’amministrazione di sostegno.

L’individuazione di alcune future sfide valutative

L’impatto prodotto da qualsiasi riforma legislativa, compresa quella dell’amministrazione di sostegno, è rilevabile solo nelle forme in cui essa viene attuata, nelle modalità di concreta traduzione operativa. L’indagine valutativa svolta nei due circondari di Pordenone e Gorizia ha rilevato la necessità di approfondire da più punti di vista – epistemologico, metodologico e operativo – che cosa si intende con impatto sociale di un intervento di welfare benché composito e articolato come quello dell’amministrazione di sostegno. Questo percorso di approfondimento dovrà ora estendersi e  incorporare un confronto con le pratiche significative attivate anche in altri contesti territoriali.

 

Le sfide che si stagliano dinanzi a coloro che si propongono di conoscere quanto l’istituto dell’amministrazione di sostegno stia trasformando i sistemi di welfare locali sono numerose. Per brevità qui ne elenchiamo quattro: innanzitutto la necessità di disporre di una produzione nazionale continua di dati affidabili e comparabili sulla diffusione dell’istituto e su alcune sue caratteristiche (quanti sono e chi sono gli amministrati e gli amministratori, quali le procedure attivate, i tempi e risultati). In secondo luogo, potrebbe essere estremamente utile realizzare una valutazione comparativa di taglio qualitativo su alcuni strumenti attuativi previsti dalle normative regionali e provinciali: elenchi delle persone disponibili ad assumere l’incarico, sportelli informativi e promozionali, percorsi formativi, assunzione di modalità digitali nel procedimento di ricorso, ecc.. – dei quali diventa indispensabile capire l’effettivo funzionamento e la capacità di raggiungere i risultati attesi. Nondimeno appare interessante rilevare le dinamiche di raccordo (o di governance) che si sono sviluppate nei vari contesti locali, quali attori sono attivi e con quali ruoli intervengono. Pare evidente che gli obiettivi della riforma normativa che ha introdotto l’amministrazione di sostegno non possono essere raggiunti se non attraverso una rete governata. Infine, la quarta sfida è il tema delle risorse attivate e convogliate per la gestione dell’amministrazione di sostegno, da considerarsi però nell’accezione più ampia possibile, che includa accanto alle risorse finanziarie anche quelle strutturali (o infrastrutturali), quelle umane e sociali, per sfuggire ad un’analisi d’impatto meramente contabile interessata a misurare solo la riduzione della spesa pubblica.

Per tutte queste sfide e per le altre che non abbiamo qui affrontato, la valutazione dell’impatto sociale dell’amministrazione di sostegno potrebbe rivelarsi un interessante campo di analisi per capire verso quale direzione si sta indirizzando il welfare locale.

  1. Una prima quantificazione comparativa tra le regioni è stata approntata dalla Fondazione Zancan sui dati estratti dal Datawarehouse della Giustizia Civile.
  2. Sono state esplorate diverse basi informative – SICID (Sistema Informativo Contenzioso Civile Distrettuale), Cartella Sociale Informatizzata dei Servizi sociali dei Comuni, e-Genesys e Val.Graf impiegate nelle strutture residenziali per anziani, registri ed elenchi vari, database in uso presso gli sportelli dell’Amministrazione di sostegno, ecc.. – e sono state condotte oltre 50 interviste a testimoni privilegiati, operatori degli Uffici giudiziari, dei Servizi sociali e Sanitari, sportellisti e referenti di associazioni, amministratori di sostegno.