L’impegno del Naga nell’inclusione degli stranieri nel territorio milanese


A cura di Eleonora Gnan | 21 Settembre 2021

In occasione del ventennale del Centro Naga Har, impegnato nel territorio milanese nell’accoglienza di richiedenti asilo, rifugiati e vittime di tortura, e della pubblicazione Un luogo del possibile di celebrazione dell’anniversario, abbiamo intervistato Pinuccia Silicati, dal 2001 volontaria dell’Associazione, che ringraziamo per la disponibilità e le preziose informazioni fornite.

 

Quando, come e perché nascono il Naga e il Naga Har? In che modo coesistono le due realtà?

L’Associazione Naga nasce nel 1987 grazie a Italo Siena, un medico che all’epoca operava vicino a un campo nomadi all’estrema periferia nord-ovest di Milano. È dall’incontro con un paziente rom, affetto da cecità ed afasia, che nasce l’idea di aprire un ambulatorio medico gratuito rivolto a tutti i cittadini stranieri irregolari presenti sul territorio. Alla figura del fondatore si sono via via associati altri medici e volontari, il cui numero è andato progressivamente aumentando. Accanto alle attività di assistenza medica di base e specialistica con relativa dispensa di farmaci, il Naga inizia ad occuparsi anche dei problemi dei cittadini stranieri in carcere, di etnopsichiatria e di questioni legali, passando quindi dalla semplice assistenza sanitaria alla tutela dei diritti dei cittadini stranieri. L’idea alla base era – ed è tuttora – quella di considerare tutti gli esseri umani come portatori di diritti, indipendentemente dal luogo di provenienza.

Continuando ad incontrare e visitare cittadini stranieri in difficoltà, il fondatore si è reso conto dell’elevata presenza di persone con segni evidenti di tortura. Ed è proprio con l’obiettivo di accogliere rifugiati, richiedenti asilo e vittime di tortura che nasce, nel 2001 in via Grigna, il Centro Naga Har. Lo scopo del Centro è stato quello non di medicalizzare i soggetti beneficiari, ma di costruire un luogo dove rifugiati e vittime di tortura potessero avere la possibilità di riappropriarsi della propria vita e ricreare relazioni “sane” attraverso la socializzazione e la condivisione.

Tra Naga e Naga Har, anche grazie alla presenza di un professionista legale con ruolo di “figura ponte”, c’è un rapporto di continuo e reciproco scambio ed influenza. La differenza maggiore riguarda il fatto che mentre la sede centrale del Naga, oggi in via Zamenhof, presenta servizi ambulatoriali, ufficio immigrazione e legale, il Naga Har si prefigge lo scopo di coltivare e mantenere una specifica situazione relazionale. Il nostro obiettivo non è quello di sostituirci alle istituzioni, ma di coprire temporaneamente alcune lacune e stimolare gli enti pubblici nel perseguire i loro doveri, sensibilizzando l’opinione pubblica circa l’importanza di accogliere tutte le persone portatrici di diritti.

 

Quali sono le principali attività svolte?

L’impegno del Naga si articola su 4 aree di intervento che garantiscono assistenza, ascolto, cura e tutela dei cittadini stranieri, ma anche formazione, documentazione, sensibilizzazione e denuncia. Ognuna delle 4 aree si è incentrata su target e bisogni specifici. Alla base vi è l’idea che i diritti debbano essere riconosciuti ai cittadini stranieri a parità di condizioni dei cittadini italiani. È in particolare il diritto alla salute, garantito dal SSN, ad essere irrinunciabile e imprescindibile dal possesso o meno del permesso di soggiorno.

L’area sociosanitaria del Naga, oltre a monitorare l’applicazione del diritto alla salute e a denunciare ogni tipo di violazione, offre servizi di medicina di base e specialistica, consulenze psicologiche, psichiatriche e di orientamento ai servizi. Nei 4 ambulatori sono attivi 60 medici che effettuato visite e che, in collaborazione con più di 30 volontari, praticano accoglienza e distribuzione di farmaci. Sono inoltre attivi 10 psicologi che seguono in modo continuativo 30 pazienti e realizzano, ogni anno, più di 200 primi colloqui. Inoltre, per far fronte alla specificità delle richieste d’intervento da parte delle donne straniere, abbiamo attivato, grazie all’impegno di 10 volontarie e alla stretta collaborazione con i servizi pubblici del territorio, uno sportello con l’obiettivo di fornire risposte relative a prevenzione, contraccezione e maternità.

La seconda area di intervento è quella legale e sociale, che si sviluppa mediante 3 servizi: lo sportello immigrazione, il servizio legale e il servizio carcere. Lo sportello immigrazione, grazie al coinvolgimento di 20 volontari, fornisce agli stranieri supporto nell’espletamento di pratiche amministrative e burocratiche (ricongiungimenti familiari, rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno, richiesta di cittadinanza, etc). Il servizio legale, attivo con 50 volontari supportati esternamente da 25 avvocati, fornisce assistenza legale gratuita ai cittadini che hanno ricevuto provvedimenti di espulsione, trattenimento, diniego del permesso di soggiorno e dell’asilo. Infine, il servizio carcere offre, mediante il coinvolgimento di 20 volontari attivi nelle carceri di San Vittore, Bollate e Opera, attività di segretariato sociale, educazione sanitaria e giuridica, incontri interculturali, supporto psicologico e legale.

La terza area di intervento, a cui è strettamente connessa l’azione del Centro Naga Har, è quella relativa a rifugiati, richiedenti asilo e vittime di tortura. Il Centro, aperto in orario pomeridiano, offre attività educative e ricreative funzionali a ricostruire relazioni umane. Particolarmente importante è la scuola, a cui sono iscritti in numero variabile rifugiati e vittime di tortura, pensata come luogo dove si impara l’italiano attraverso la proposta di azioni quotidiane vicine alla vita dei rifugiati quale primo passo per uscire dalla situazione di difficoltà, per ricostruire e coltivare relazioni. Attraverso il Naga Har vogliamo, da un lato, dare assistenza legale e supporto nelle procedure di riconoscimento dello status di rifugiato e, dall’altro, promuovere un processo di cura delle ferite invisibili lasciate dalla tortura e dalle persecuzioni, anche attraverso il semplice ascolto e il dialogo. Fa parte di questa area anche l’Osservatorio sull’accoglienza che, attraverso indagini, visite sul campo e raccolta di dati, monitora, analizza e denuncia il sistema di accoglienza per richiedenti asilo nel territorio milanese1.

 

Quali sono i numeri complessivi relativi alle vostre attività e agli operatori coinvolti? Quali sono le principali tipologie di beneficiari intercettati?

Il Naga e il Naga Har vivono entrambi di lavoro volontario: a fronte del 99% di personale volontario coinvolto, in numeri assoluti pari a circa 400 persone, l’1% è costituito da personale dipendente. Le attività della nostra Associazione sono finanziate in larga parte da fondazioni e organizzazioni internazionali (56%), da donazioni di privati cittadini (29%), nonché dai fondi del 5×1000 (14%).

Nell’ultimo anno il Naga ha svolto 10.000 visite mediche ambulatoriali rivolte a persone provenienti da oltre 62 paesi esteri e fornito gratuitamente oltre 3.500 confezioni di farmaci. Il Naga Har, fino all’avvento della pandemia, assisteva circa 1.500 richiedenti asilo, rifugiati e vittime di tortura all’anno attraverso attività di assistenza legale e sociale. Con il Covid-19, il Centro ha subìto un periodo di chiusura (marzo-settembre 2020), ma dalla riapertura dello scorso settembre (ridotta sia in termini di giorni che di accessi) a oggi abbiamo incontrato circa 500 persone. Il Naga dispone inoltre di 2 unità mobili sul territorio che, mediante due uscite notturne settimanali, offrono visite mediche a oltre 600 persone che vivono in insediamenti informali e servizi di prevenzione e riduzione del danno a 700 persone che si prostituiscono. Nello stesso periodo di riferimento abbiamo poi supportato oltre 3.000 cittadini stranieri attraverso attività di assistenza legale ed amministrativa gratuita e 1.500 detenuti presso le 3 sopracitate carceri cittadine.

La popolazione che ha avuto accesso al Naga Har nell’ultimo anno rispecchia l’andamento dei principali flussi migratori attuali: i primi Paesi di provenienza dei nostri ospiti sono la Nigeria, il Salvador e il Pakistan. In crescita nell’ultimo anno il numero di egiziani e tunisini, più o meno costanti le persone provenienti da Afghanistan, Perù, Mali e Gambia. L’età media dei nostri ospiti è di 31 anni, con una forte prevalenza maschile e una crescita significativa femminile rispetto agli anni precedenti. Rileviamo poi un alto numero di persone disoccupate (63%) o con un’occupazione saltuaria (19%). In questo periodo pandemico possiamo affermare senza ombra di dubbio che la situazione sia nettamente peggiorata, soprattutto rispetto all’indicatore dell’occupazione saltuaria. Infine emerge un panorama molto diversificato rispetto alle situazioni abitative: quasi la metà vive da amici o parenti, il 15% vive in un centro di accoglienza, altrettanti sono in affitto, mentre il restante 15% circa è senza dimora.

Circa il 30% di persone venute in Har per la prima volta voleva fare richiesta di asilo, chiedeva quindi un aiuto nel fare il primo accesso in Questura. Un’altra cifra che sicuramente colpisce è l’alto numero di dinieghi della Commissione Territoriale, il che si traduce in ricorsi di primo grado, valutazione della possibilità di procedere in Cassazione o di capire i presupposti per una nuova domanda di asilo. Troviamo anche persone che non hanno ancora fatto richiesta di Protezione Internazionale e che vengono da noi per chiarirsi le idee e capire cosa sia meglio fare per riuscire ad avere un documento. Le persone in fase di stallo sono purtroppo un numero altissimo.

Possiamo così riassumere le principali esigenze a cui cerchiamo di rispondere, non sempre con efficacia, data la scarsità di risorse sul territorio e le situazioni individuali spesso complicate e intricate:

  • preparazione all’iter di richiesta di asilo;
  • ricorso contro il diniego alla richiesta di asilo (in collaborazione con gli avvocati dello sportello legale);
  • certificazione delle violenze e torture subite (in collaborazione con l’ambulatorio medico del Naga e psicologi e/o psichiatri);
  • accompagnamento e invio presso servizi specialistici (es. richiesta di residenza per senza dimora al Comune di Milano).
  • ricerca posto letto/inserimento in sistema d’accoglienza.
Rispetto alle attività messe in campo, quali tipi di collaborazione il Naga ha con i soggetti del territorio?

Collaboriamo stabilmente con il territorio e con i soggetti pubblici, privati e del terzo settore. Lavoriamo molto con gli uffici del Comune di Milano, con la Questura e la Prefettura, con il Servizio Centrale ma anche con la Caritas e tutte quelle agenzie che si occupano di migranti e vittime di tratta. I rapporti con il territorio sono costanti: non potremmo esistere altrimenti. Partecipiamo attivamente ai tavoli di incontro sul tema e il Naga Har fa parte della rete delle scuole senza permesso, che raccoglie le scuole del territorio che lavorano con i migranti. Come anticipato, dal momento che non offriamo servizi residenziali e dormitoriali, cerchiamo di indirizzare i nostri beneficiari a quei soggetti del territorio che si occupano di accoglienza notturna, ma anche di politiche abitative e sostegno. Con loro lo scambio e l’invio è reciproco e continuo. Per esempio, recentemente abbiamo organizzato una formazione per i nostri volontari sui temi della tratta di esseri umani dalla Nigeria, invitando una relatrice di grande esperienza della Fondazione Somaschi.

Sempre rispetto al territorio agiamo poi con attività di sensibilizzazione e manifestazioni di denuncia. Recentemente abbiamo iniziato a monitorare il Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) di via Corelli, dove gli immigrati vengono inviati in attesa del respingimento e del rimpatrio, offrendo visite specialistiche gratuite, a conferma dell’assenza di un protocollo d’intesa tra la Prefettura e le strutture pubbliche sanitarie territoriali, che dovrebbero invece garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini.

 

Com’è cambiato il lavoro con gli stranieri durante la pandemia? Quali difficoltà si sono incontrate? Quali invece gli apprendimenti?

A livello ambulatoriale il Naga non ha mai chiuso: abbiamo adottato tutte le misure di prevenzione dettate dai decreti e abbiamo continuato a lavorare in presenza, seppur riducendo l’afflusso. Per il Naga Har le cose sono cambiate completamente in quanto le attività di socializzazione ne hanno risentito moltissimo. Siamo stati chiusi da febbraio a settembre 2020: un periodo estremamente difficile soprattutto per i beneficiari più fragili, che hanno sempre fatto affidamento sulle aperture pomeridiane del Centro e che dall’oggi al domani l’hanno trovato inaccessibile.

Durante il lockdown abbiamo aperto uno sportello da remoto dando vita a un servizio telefonico, utile a mantenere un filo di contatto con i nostri ospiti facendoli sentire meno soli. Abbiamo dovuto chiudere la scuola e sospendere i corsi di italiano, cercando di farla funzionare a distanza ma l’utenza si è notevolmente ridotta non per mancanza di volontà ma per la scarsa disponibilità di connessioni internet, tablet o PC per seguire le lezioni da remoto. A settembre 2020 il Naga Har ha riaperto i battenti: gli spazi sono stati riorganizzati seguendo i protocolli di sicurezza anti-Covid-19, ma le attività aggregative e di socialità sono stati ampiamente ridimensionate e messe in stand-by. In tal senso, un aspetto importante riguarda la mancata possibilità di accesso alla vaccinazione da parte degli stranieri privi di ogni tipo di documento, questione che inevitabilmente va ad inficiare una ripresa in sicurezza delle attività. Il Naga è intervenuto per ottenere l’accesso alle vaccinazioni per tutti e ad oggi, settembre 2021, la situazione vaccinale è quasi migliorata. Riapriremo, sempre con le dovute restrizioni, anche l’accesso alla scuola e ad alcune attività. Sarà nostra preoccupazione monitorare l’evoluzione della pandemia per agire sempre in sicurezza.

Da un certo punto di vista, l’aspetto positivo è che la presenza non è mai mancata: i bisogni continuano ad esserci e le persone continuano a percepire il Naga come un punto di riferimento. È sì mancata l’attività singola, ma non la presenza delle persone. Nella nostra ultima pubblicazione abbiamo intervistato molti utenti, che hanno trasmesso riconoscimento e riconoscenza al Naga Har come casa, luogo in cui sono state ricostruite delle relazioni positive: molti beneficiari sono diventati a loro volta volontari, risultando così ancora più di aiuto agli altri perché sono l’esempio concreto che è possibile rinascere, ricucire, reinserirsi e ridare un senso alla propria vita. La pandemia ci ha permesso di riscoprire il valore dell’andare avanti.

  1. A tal proposito ricordiamo l’articolo a cura di Emilia Bitossi, Osservatorio Naga: lo smantellamento dell’accoglienza, pubblicato su Welforum il 16 gennaio 2020 a partire dal Report del Naga Senza (s)campo – Lo smantellamento del sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati.