Politiche per la disabilità: le sfide davanti a noi


Che tipo di aiuti, sostegni e assistenza ricevono le persone con disabilità nel nostro paese? Qual è il grado di inclusione nella vita attiva, nella scuola, nel lavoro, nelle opportunità di socialità che i territori offrono? In Italia le differenze territoriali marcano la stessa possibilità di accesso e fruizione dei servizi, dove ancora tanta parte del bisogno sfugge alle “maglie” del sistema dei servizi e finisce per auto-prodursi le risposte.

Abbiamo fatto il punto su questi temi a Bari lo scorso 27 settembre, con materiali che stiamo caricando ora su questo sito sotto forma di slides, e con interventi e video che andranno a comporre un prossimo “Punto di welforum” sulle politiche per la disabilità.

Vediamo i temi trattati.

 

Disabilità e lavoro: alcuni nodi

  • Rimane forte il disallineamento tra le competenze delle persone coinvolte nel collocamento mirato e le richieste delle imprese. Occorre lavorare su un matching più adeguato tra domanda e offerta di qualifiche e questo richiede un impegno di molti soggetti: i datori di lavoro, le associazioni, i sindacati, gli enti di formazione.
  • Diffusa è anche la propensione delle aziende a pagare sanzioni e/o esoneri parziali piuttosto che ad assumere le persone con disabilità o ad utilizzare convenzioni con le cooperative sociali, proprio a causa del mis-match di cui sopra.
  • Questo richiede – anche – un rafforzamento dei Centri per l’impiego, nelle dimensioni del personale e nei relativi profili di competenza, che richiede anche la capacità di gestire relazioni e “costruire reti” a livello territoriale.
  • Manca una Banca dati nazionale (prevista dal Jobs Act), completa e aggiornata, che monitori e valuti gli interventi del collocamento mirato. Una Banca dati che aiuterebbe a capire i livelli di turn over, finora elevati, delle assunzioni, che avvengono spesso con contratti a tempo determinato.

Durante noi, dopo di noi

La legge 112/2016 è innovativa da molti punti di vista. E’ il risultato di un compromesso politico avendo riunito delle proposte di legge pensate originariamente per un target allargato di beneficiari. A distanza di oltre 2 anni dall’emanazione della norma possiamo registrare i primi progetti individuali (co)finanziati con le risorse del Fondo nazionale ripartito alle Regioni.

Nel seminario è stata rimarcata l’importanza di presidiare e promuovere il tema della salute, cercando di dare risposte e accompagnamento alle persone e alle famiglie, ai loro reali bisogni e necessità.

Occorre approfondire il tema della valutazione e andare a studiare “per cosa” e “come” la misura è stata utilizzata, ripercorrendo gli obiettivi e la filosofia di intervento documentati nei lavori parlamentari preparatori.

Le sfide da fronteggiare sono diverse: dare continuità agli interventi – ragionando su temi e modi con i quali i Servizi possono tenere “a carico” i beneficiari; garantire sostenibilità finanziaria ai budget di progetto; illustrare in modo comprensibile i vari strumenti attivabili (es. i trust); costruire fiducia e trasparenza, elementi imprescindibili affinché si possa coprogettare con le persone, le famiglie, le istituzioni e le organizzazioni attive sul territorio.

Un rischio da tenere sotto controllo è riferito alla complessità e farraginosità dei percorsi imposti alle persone con disabilità. Di fatto, possono costituire una barriera all’accesso alla misura, a fronte di esperienze nate autonomamente dalle stesse famiglie a prescindere e ben prima della legge 112.

I progetti di vita

I progetti di vita devono uscire dalla nicchia delle sperimentazioni e questo richiede soprattutto lo sforzo di costruire alleanze a livello territoriale, nuove forme di governance (e di finanziamento) che facciano sistema tra le risorse delle famiglie, dell’ente pubblico, del terzo settore.

Nel contesto di bisogni che sovrastano le possibilità di risposta, si è spesso tentati di “rispondere con quel che c’è”. La rete dei servizi fatica a tenere il passo con condizioni di vita che cambiano rapidamente. E così centri diurni, assistenza a domicilio, residenze sono ancora il perno di ciò che si è in grado di proporre, mentre servirebbe molto altro e di diverso. L’innovazione nei servizi per le persone con disabilità – che hanno il diritto di costruire un proprio progetto di vita – e per le famiglie, le molte sperimentazioni di vita indipendente e di budget di progetto si fondano sul valore della autodeterminazione, della personalizzazione, della non-standardizzazione, sanciti dalla Convenzione ONU.

Serve una rete dei servizi meno autoreferenziale, “porosa” nei confronti dei progetti di vita, una centratura sui percorsi anziché sulle strutture, e soprattutto dispositivi di riconversione delle risorse esistenti, perché i costi complessivi di ricovero in una struttura residenziale, per esempio, sono ben più alti di quelli in abitazioni e alloggi radicati nelle comunità, per non parlare delle possibilità di inclusione reale1.

 

E il ministero?

Sulla disabilità abbiamo un nuovo ministero, ma latitano nuove decisioni. Il Contratto di governo prevede il rafforzamento dei fondi nazionali, l’inclusione scolastica, l’inclusione lavorativa. Si prevede anche “una completa revisione delle leggi esistenti” alla luce della convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. E un Codice delle disabilità è stato annunciato anche dal ministro Fontana: “con l’obiettivo di riordinare tutta la disciplina inerente ai temi della disabilità nelle loro diverse articolazioni. Quello che ho in mente non è un semplice testo ricognitivo – spiega Fontana – ma una vera riforma del sistema di tutela ispirata alla semplificazione”.

Il rischio vero è che un obiettivo così alto metta in secondo piano i molti obiettivi da raggiungere, attraverso percorsi attuativi, del “Secondo Programma di Azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità”.

  1. Si veda l’indagine “La segregazione delle persone con disabilità”, a cura di Giovanni Merlo e Ciro Tarantino, Maggioli, 2018.