Ma un assegno non fermerà la denatalità


Sergio Pasquinelli | 21 Marzo 2022

Ho fatto un piccolo sondaggio tra i miei figli ventenni e i loro amici. Ho chiesto se un contributo di circa 150 euro al mese avrebbe favorito la decisione di fare un figlio, o almeno avrebbe innescato un pensiero in proposito. Nessuno ha risposto di sì, e sono giovani di diversa estrazione. Certo un campione non rappresentativo, ma il no unanime mi ha colpito. In realtà tutti vivono una incertezza di fondo, che una base monetaria relativamente ristretta non scalfisce: l’incertezza sul lavoro, la casa, le relazioni. L’incertezza sul domani.

 

Col mese di marzo arriva finalmente il nuovo Assegno unico universale per i figli. Come ha sintetizzato Daniele Pacifico su Lavoce.info “l’assegno unico modernizza il nostro sistema di welfare rendendolo più semplice, trasparente e inclusivo”1. Ma sul fatto che riuscirà a raddrizzare la curva tragicamente discendente delle nascite in Italia è lecito avanzare qualche dubbio.

Intanto perché sono poche le famiglie che l’hanno richiesto, finora: meno della metà degli aventi diritto, ed è possibile che il “take-up rate”, la quota dei richiedenti rimanga contenuta (per disinformazione, scarsa dimestichezza digitale, bassa propensione a richiedere l’Isee e altro ancora). In secondo luogo, la nuova misura riassorbe prestazioni precedenti, frammentate tra loro, e per chi beneficiava di quelle l’effetto aggiuntivo netto del nuovo assegno è relativo. Infine, la misura è progressiva sulla base delle condizioni economiche familiari: premia le famiglie più povere e si riduce in modo rilevante dai 25.000 euro di Isee in su. Anche se c’è chi critica l’assegno per essere troppo poco redistributivo2, c’è chi, viceversa, sottolinea la debole componente universalistica e l’impatto ridotto che avrà per vaste quote del ceto medio3.

 

La scommessa sembra quella di far lavorare il “combinato disposto” del cosiddetto Family Act: assegno universale, riforma dei congedi parentali, sostegno al lavoro femminile, aumento dei permessi retribuiti, assieme alle misure previste dal PNRR: più di duecentomila nuovi posti nei servizi per l’infanzia, agevolazioni fiscali per la locazione dell’abitazione alle giovani coppie, detrazioni per le spese sostenute per acquistare libri universitari e così via.

Fare in modo che tutto questo sia reso operativo in tempi brevi, con modalità di accesso trasparenti e semplici, aiuterà a non rendere vano il tentativo di ridurre la denatalità. Occorrono diverse cose fatte in simultanea: una campagna di informazione che spieghi, luoghi riconoscibili dove fare domanda, piattaforme digitali dedicate e così via. Insomma uno Stato che si fa prossimo al cittadino, una cosa su cui non siamo mai stati forti. In fondo, in Germania ci sono riusciti proprio così, a rialzare i tassi di fecondità: ma lì l’assegno è più generoso (219 euro al mese per il primo e secondo figlio, 225 per il terzo, 250 per il quarto) e prescinde dalle condizioni economiche familiari.

 

Ma forse, per porre fine a una denatalità che porta con sé un mare di squilibri sociali ed economici, non basterà nemmeno tutto questo. L’unica, difficile e lunga strada è quella di riconoscere certezze, spazio, valore a un’età, quella dei giovani adulti, che l’Italia ha da tempo lasciato ai margini.

  1. D. Pacifico, Assegno unico per i figli: molti guadagnano, pochi perdono”, in Lavoce.info del 2/12/2021.
  2. Si veda F. Figari e C Fiorio, Assegno unico per i figli: qualche dubbio sull’equità, in Lavoce.info del 23/11/2021.
  3. [3]Si veda A. Rosina, Assegno unico. Modello giusto ma va alzata la quota uguale per tutti, in “Il Sole 24 Ore”, 29/11/2021.

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