Scelte diverse sull’accoglienza e la riforma del terzo settore


Sergio Pasquinelli | 12 Marzo 2019

In collaborazione con Redattore Sociale

 

Accoglienza migranti, da 35 a 21 euro: il Tar Lazio dà ragione al Viminale

Esce vincitore il Ministero dell’Interno dal primo round contro le cooperative che si occupano di accoglienza di migranti e richiedenti asilo. Il Tar del Lazio ha deciso di non sospendere il nuovo schema di capitolato d’appalto del Viminale e le gare pubblicate lo scorso 22 gennaio dalla prefettura di Udine, per i servizi di accoglienza e assistenza di 1.100 cittadini richiedenti protezione internazionale, dentro unità abitative con capacità massima di 50 posti. Gare e capitolato che dimezzano servizi e cifre economiche dell’accoglienza, passando dai famosi 35 euro giornalieri a 21 euro. Tre grosse realtà dell’accoglienza friulana – Centro Caritas dell’Arcidiocesi di Udine, Codess Friuli Venezia Giulia e Consorzio “Il Mosaico” – hanno portato Ministero e Prefettura di Udine davanti ai giudici amministrativi romani, per violazioni del codice degli appalti e contestando le basi d’asta considerate non congrue rispetto ai servizi richiesti.

Il 26 febbraio, la prima sezione del Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha rigettato l’istanza di sospensione cautelare che avrebbe “congelato” le gare della prefettura di Udine fino alla decisione di merito. Il motivo? I tre ricorrenti già oggi stanno gestendo un servizio di accoglienza alle stesse condizioni. Hanno infatti partecipato di recente a una procedura negoziata pubblicata sul sito web della Prefettura di Udine e basata sullo stesso capitolato d’appalto che oggi contestano. Il riferimento è al progetto di accoglienza straordinaria “Aura” (Accoglienza a Udine di Richiedenti Asilo), coordinato dalla Prefettura, dove per esempio a Caritas è stato chiesto di contribuire in seguito ai numerosi ingressi in Friuli di profughi provenienti via terra dalla rotta balcanica.

La cooperazione sociale si divide tra “leave” o “remain” nel sistema di accoglienza

A Catanzaro, per esempio, si è scelto di partecipare: “avanti per senso di responsabilità”. La cooperativa Nuovi Orizzonti: “Importi risicati, impossibili molti servizi ma troveremo altre forme di aiuto”. Leone (Progetto Sud): “Garantiremo con altri fondi alle donne del Cas di Falerna la tutela psicologica, legale e di alfabetizzazione”.

Giovanni Carino è il referente del centro di accoglienza straordinaria di Gizzeria, vicino a Lamezia Terme, nel catanzarese, struttura gestita dalla cooperativa sociale “Nuovi Orizzonti” che al momento accoglie cento migranti: alla base delle sue previsioni le conseguenze che a suo dire derivano dagli “importi risicati” messi in campo con la procedura di gara avviata il 21 dicembre scorso dalla prefettura di Catanzaro per il servizio di accoglienza e assistenza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale. Una procedura di gara ormai alle battute finali – si è infatti alla fase di valutazione delle offerte dei sette soggetti ammessi – “a cui noi abbiamo comunque partecipato perché quello dell’accoglienza è il nostro compito. E dunque cercheremo di trovare altre forme di aiuto al di là di quelle previste dal bando”.

Diversa la scelta di “Antoniano”, che si ritira dai bandi Cas. “Non rispondono ai valori di buona accoglienza”. In 3 anni di collaborazione con la Prefettura di Bologna, la onlus ha dato casa e un servizio sociale a oltre 15 famiglie e 40 singoli. A fine febbraio la decisione di non partecipare alle nuove gare per motivi etici e professionali e per la volontà di accogliere solo attraverso il sistema Sprar, quello della seconda accoglienza.

Riforma del terzo settore: un passo avanti

Si è insediata il 7 marzo la Cabina di Regia sul Terzo settore (vedi anche l’articolo di Gianfranco Marocchi). Hanno partecipato alla prima riunione il viceministro al MEF Massimo Garavaglia; il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon; il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini; il presidente Upi Michele De Pascale, il vicepresidente Anci e sindaco di Livorno Filippo Nogarin; il presidente della fondazione ‘Italia Sociale’ Vincenzo Manes; la portavoce del Forum Terzo settore Claudia Fiaschi.

Dopo mesi di attesa, è stato discusso nella Cabina di regia uno dei decreti attuativi più delicati tra quelli che danno corpo alla riforma del terzo settore. Si tratta del decreto ministeriale che individua i criteri e i limiti che gli Enti del terzo settore (Ets) devono seguire nell’esercizio delle “attività diverse da quelle di interesse generale”. Le attività di interesse generale sono quelle definite dall’articolo 5 del Codice del terzo settore: un elenco (aggiornabile in futuro) di ben 26 tipologie che spaziano dalla sanità all’assistenza, dall’istruzione all’ambiente, dall’housing all’agricoltura sociale e al commercio equo; e che costituiscono una caratteristica essenziale dell’“essere” terzo settore.

Il decreto si riferisce invece alle attività “secondarie e strumentali” rispetto a quelle di interesse generale ma che, indipendentemente dal loro oggetto, gli Ets possono esercitare “per la realizzazione, in via esclusiva, delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite”. Non è, quindi, il tipo di attività a fare la differenza ma solo la loro funzione, che mira a sostenere, supportare, promuovere e agevolare il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente di terzo settore.

Si tratta di un provvedimento importante anche in vista delle modifiche statutarie che molti Ets dovranno compiere entro il prossimo 3 agosto. È utile infatti ricordare che le attività secondarie e quelle di interesse generale devono essere definite nello statuto. Da rilevare inoltre che la pubblicazione del decreto avviene dopo la firma del protocollo d’intesa tra il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e Infocamere, la società telematica delle Camere di commercio, per la gestione del Registro unico nazionale del terzo settore. L’accordo prevede un termine massimo di 18 mesi per rendere operativo il registro.

Affinché le attività diverse siano ritenute secondarie devono ricorrere almeno una delle seguenti due condizioni, entrambe relative ai ricavi dell’attività determinati in ciascun esercizio:

  1. non devono superare il 30% delle entrate complessive dell’Ets;
  2. non devono superare il 66% dei costi complessivi dell’Ets.