“Non basta nascere”: la campagna europea “First Years, First Priority”


A cura di Alessandra Pernetti | 23 Maggio 2024

La campagna europea “First Years, First Priority” mira a promuovere un maggiore investimento nei primi anni di vita a livello delle Istituzioni Europee e degli Stati Membri. Nonostante la comunità scientifica abbia dimostrato l’importanza dei “primi 1000 giorni” per lo sviluppo cognitivo e fisico del bambino, le politiche dedicate al tema sono ancora carenti. Ne parliamo con il dott. Giorgio Tamburlini, Presidente del Centro per la Salute del Bambino (CSB), partner italiano della campagna.

Come nasce la campagna e quali sono i suoi obiettivi?

La campagna First Years, First Priority nasce da due reti attive in campo europeo: EuroChild, con sede a Bruxelles, e l’International Step by Step Association, (ISSA), con sede in Olanda, i cui membri sono tutti costituiti da organizzazioni non governative. La campagna ha come obiettivo porre l’attenzione sui primissimi anni di vita del bambino, dato che la comunità scientifica internazionale – economisti, psicologi dello sviluppo, pediatri, ecc. – concorda sull’importanza di un investimento rilevante su questo periodo. Sono gli anni in cui il cervello è in formazione e quindi può essere più influenzato, sia positivamente che negativamente – da quello che accade nell’ambiente. Sono 5 i pilastri di questa strategia, che prende il nome di Nurturing Care Framework for Early Child Development: un buono stato di salute; un’alimentazione adeguata; protezione e sicurezza; opportunità di apprendimento precoce e genitorialità responsiva. Questi elementi vanno assicurati a tutti i bambini, senza esclusioni, senza discriminazioni e permettendo un funzionamento adeguato dei servizi dedicati – quindi in primis quelli sanitari, sociali ed educativi. L’idea è agire attraverso una prevenzione precoce dei vari tipi di esclusione e delle conseguenze che possono avere sullo sviluppo e sulla salute psichica e fisica del bambino.

La campagna ha come interlocutori principali le Istituzioni europee, quindi la Commissione e il Parlamento, ma anche i singoli governi rappresentano degli interlocutori. In questo momento i governi interessati sono 11: Francia, Spagna, Bulgaria, Romania, Portogallo, Irlanda, Italia, Ungheria, Finlandia, Serbia e Slovacchia. Come CSB siamo membri di ISSA da qualche anno e quindi abbiamo aderito anche noi alla campagna, in rappresentanza dell’Italia. La campagna si articola e prende forme diverse, perché in vari paesi ci possono essere politiche più o meno avanzate, per cui possono essere differenti gli aspetti su cui è necessario porre l’attenzione in ciascun paese. A livello europeo in questo momento siamo entrati nella campagna elettorale e in Italia abbiamo fatto avere il nostro manifesto ai vari partiti. Alcuni ci hanno dato evidenza di ricezione, altri no, ma non mancheremo di farci vivi durante questo mese che resta prima delle elezioni e soprattutto dopo con i nuovi eletti. Il Centro per la Salute del Bambino collabora con due reti italiane molto importanti: la prima è il Gruppo CRC, cioè il Gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza; l’altra rete è rappresentata dall’Alleanza per l’Infanzia. Con entrambe il CSB conta di lavorare per affermare gli obiettivi della campagna. 

Qual è il valore aggiunto di questa campagna?

Poter dire che c’è una campagna europea che si svolge in diversi paesi su questi temi è un importante strumento per dare forza alla voce di chi agisce nei singoli paesi, perché così non è una voce singola, ma rappresenta qualcosa di più grande. La portata europea è importante anche perché le politiche nazionali sono fortemente influenzate dalle indicazioni delle istituzioni europee. Ad esempio, sono stati fissati dall’Europa una serie di obiettivi quali ad esempio il famoso 33% della copertura dei servizi 0-3, recentemente innalzato al 45%. Queste indicazioni vanno poi approvate e recepite dai governi degli Stati, e questo è un elemento su cui lavorare: perché se esce la direttiva dell’Europa, poi, bisogna applicarla e anche velocemente. Quindi noi pensiamo che si debba ormai lavorare non solo su scala nazionale e locale, ma anche su scala europea. Proprio per questo motivo ho citato l’esempio dei servizi educativi, perché sono quelli su cui l’Europa si è fatta sentire maggiormente. All’interno di questa tematica dei primi anni voglio citare un secondo esempio, meno noto, che riguarda i servizi rivolti direttamente ai genitori, proprio perché hanno bisogno di essere accompagnati verso una genitorialità responsiva adeguata. A fronte di un’evidenza che ci dice che l’ambiente familiare è fondamentale nei primi anni di vita, non si fa nulla o quasi per questo aspetto e ci si occupa del bambino come se fosse un elemento separato dalla famiglia. Si tende ad occuparsi della famiglia solo quando emergono delle complicazioni. È un approccio insensato, perché in realtà c’è uno spazio enorme di prevenzione, laddove con una spesa di 100 euro si fa la prevenzione di quello che domani costerà 10.000. Su questo lavoriamo come CBS con il nostro programma “villaggi per crescere”, che sono spazi per i genitori dove, accompagnati da educatori, possono scoprire tutte le competenze del bambino e come svilupparle anche con pratiche molto semplici che si possono fare a casa, come ad esempio la lettura condivisa o il gioco.  

Perché nonostante la comunità scientifica abbia dimostrato da diverso tempo l’importanza dei primi anni di vita del bambino, la politica affronta ancora in maniera insufficiente questo tema?

In questi giorni ci sono gli Stati generali della natalità e noi abbiamo fatto notare che “non basta nascere”. In parte c’è l’insensatezza di pensare che dobbiamo occuparci dei bambini solo perché devono pagare le nostre pensioni, che trovo una visione strumentale e inaccettabile. Ma anche partendo da questa logica, rimane fondamentale occuparsi della corretta crescita dei bambini, perché altrimenti non solo non pagheranno le pensioni delle vecchie generazioni, ma diventeranno un costo per la società. Lo stiamo già vedendo: oggi abbiamo una incidenza drammaticamente crescente di problemi di apprendimento, dello sviluppo, psicologici. Allora, se queste sono le premesse, è difficile pensare che tutti questi bambini e bambine e ragazzi e ragazze saranno in grado di dare un contributo alla società. C’è il rischio che diventino un costo ulteriore, perché sono necessari sempre più insegnanti di sostegno e psichiatri presso i servizi sociali, i tribunali e le carceri. Poi c’è un altro aspetto che pochi hanno sottolineato: che oltre i bambini che ogni anno nascono in meno, ci sono altrettanti giovani che lasciano l’Italia per sempre e che fanno i figli in altri paesi. Quindi c’è anche questo aspetto demografico da tenere in conto. Quindi bisogna innanzitutto far crescere bene i bambini, non solo farli nascere, e poi bisogna anche fare in modo che restino in Italia una volta cresciuti e formati.  

Poi a livello politico c’è una difficoltà ad occuparsi di questi temi anche perché c’è l’erronea idea che si tratti di tematiche che non paghino politicamente, mentre l’obiettivo del politico è quello di fare delle azioni visibili. Allora un nido viene considerato più visibile di uno spazio per genitori e bambini, per esempio. Probabilmente neanche questo è vero, perché dove questi spazi esistono le famiglie li apprezzano molto perché coprono quella “terra di nessuno” che sono i primi mesi dopo la nascita di un bambino, in cui madri e padri sono lasciati soli.

Quali ulteriori azioni sono in essere o saranno implementate nell’ambito della campagna?

Noi auspichiamo che siano servizi a supporto dei genitori. Noi stiamo lavorando anche con l’ANCI per fare in modo che gli amministratori locali abbiano consapevolezza dell’importanza di questo tema, e a volte ce l’hanno, ma è importante che siano anche consapevoli di come affrontare il problema. Abbiamo organizzato il 18 maggio con l’Istituto degli Innocenti un incontro nazionale proprio su questo tipo di servizi per genitori, che si possono organizzare nell’ambito di altri servizi, per cui non è necessario crearli ex novo, e questo abbatte i costi.

In generale cerchiamo di collaborare molto con le amministrazioni comunali, perché sono principalmente i Comuni, sia pure con sostegni da parte dello Stato, che si occupano della prima infanzia. Quindi sono i Comuni il perno intorno a cui gira anche il lavoro di altri enti, ad esempio le aziende sanitarie o le associazioni, e hanno quindi il compito di istituire dei “tavoli 0-6”, come li chiamiamo noi, o comunque di aumentare il collegamento fra i vari servizi. I servizi, quando sono in grado di lavorare assieme, possono infatti offrire alle famiglie informazioni coerenti e dei passaggi facilitati da un servizio all’altro, quando di questo c’è necessità. Quindi l’interlocutore principe, in questo momento, sono i Comuni o, se vogliamo, le aggregazioni territoriali sociali. Quindi questa campagna che parte dall’Europa dovrebbe arrivare nei consigli comunali, nelle amministrazioni comunali e trovare espressione e diventare concreta in azioni locali.