Sistemi di orientamento regionali e diseguaglianze
La ricerca di ActionAid
Luca Fanelli | 4 Settembre 2024
Orientamento e diseguaglianze
ActionAid ritiene che l’orientamento scuola-scuola e scuola-lavoro abbia un ruolo importante nel perpetrare o interrompere la trasmissione intergenerazionale delle diseguaglianze. Esso, infatti, influisce sia sulle diseguaglianze educative, sia su quelle che si generano nella transizione tra scuola e lavoro.
In relazione alle prime influisce:
- Sulla durata del percorso di studi e sull’indirizzo di studi scelto dal/la ragazza/o, che, a loro volta, sono due dei fattori che maggiormente determinano le diseguaglianze educative
- Sulla dispersione scolastica, in quanto più la scelta non è appropriata e maggiore è la probabilità che il percorso di studi sia accidentato. La dispersione scolastica, a sua volta, è un fattore determinante nelle diseguaglianze educative
Tali effetti sono particolarmente potenti nel caso italiano, ove la scelta della secondaria di secondo grado è fatta precocemente e ha forti effetti sui percorsi lavorativi e di vita delle persone.
Quanto alla transizione scuola – lavoro, la funzione di orientamento, in questo caso come parte delle politiche attive del lavoro, è cruciale per fornire informazioni e supporto qualificato, nel quadro di un mercato del lavoro che, per quanto in generale ostico, in particolare per i più giovani, presenta anche delle reali difficoltà di “lettura”, dovute alla sua crescente complessità.
Trasversale alle due transizioni (scuola – scuola e scuola – lavoro) è l’effetto dell’orientamento sulle diseguaglianze di genere: sebbene infatti le bambine e le ragazze abbiano da tempo superato i loro compagni in termini di risultati scolastici, tale vantaggio non si riflette in termini di esiti professionali e di remunerazione, in particolare perché le ragazze scelgono meno i percorsi che portano a carriere più prestigiose e meglio remunerate.
Sebbene non esistano misure specifiche degli esiti delle azioni di orientamento in essere, possiamo intendere come indicatori dell’insufficienza di tali azioni il dato sugli abbandoni precoci della scuola superiore (9,8% di ragazzi/e 18-24 anni senza diploma1) e quello sui NEET (16,1% di giovani che non studiano e non lavorano tra i 19 e i 29 anni2), ma anche dati più specifici, come il 43,3% di studenti che non segue il consiglio orientativo dato nella secondaria di primo grado3 e il forte disallineamento tra le competenze base (lettura, matematica, lingua) degli studenti e il tipo di scuola secondaria di secondo grado scelta.
Tabella dati chiave utili a comprendere l’orientamento scolastico in alcune regioni italiane (Anno 2022)
Fonte: ISTAT, Tabelle Secondaria I grado – scuole, classi e alunni e Secondaria II grado – scuole, classi e alunni, consultato il 14/06/2024; Ministero dell’Istruzione, La dispersione scolastica nell’anno scolastico 2020/21 e 2021/22, Roma, 2023.
Uno sguardo strutturale all’orientamento
Al fine di migliorare l’efficacia delle azioni di orientamento è utile osservarlo da un punto di vista strutturale. Vediamo così che in tale ambito insistono un gran numero di attori. Le due filiere principali fanno capo rispettivamente al Ministero dell’Istruzione e del Merito e alle regioni, configurando così due forme di governance differenti. L’orientamento scolastico, infatti, vede due poli estremi: quello del Ministero, fortemente centralizzato e quello della miriade di scuole, che agiscono in regime di autonomia scolastica. Quanto alle regioni, esse intervengono sull’orientamento sulla base di quanto previsto nell’Art. 117 della Costituzione: hanno responsabilità prevalente per quanto concerne l’orientamento scuola – lavoro e lavoro – lavoro – azione che ricade nel più vasto contenitore delle politiche attive del lavoro – e per quanto concerne la formazione professionale – intesa di fatto, seppur forse impropriamente, come parte integrante dell’orientamento. È facoltà delle regioni intervenire anche in relazione all’orientamento scolastico e più in generale sull’orientamento lungo tutto il ciclo della vita in quanto, essendo questa materia a legislazione concorrente, nulla impedisce loro di farlo. Oltre a questi due principali attori, ne abbiamo altri due che giocano una significativa partita in merito: da un lato i comuni, specialmente quelli di grandi dimensioni e dall’altra le università. Infine, abbiamo tutta un’altra serie di soggetti, molto più frammentati, che portano avanti, più o meno in collegamento con quelli sopra indicati, azioni di orientamento: le associazioni di categoria, i sindacati, le aziende, gli enti del terzo settore.
La governance dell’orientamento
Partendo da questa lettura, ActionAid ha ritenuto che un livello rilevante di intervento per migliorare l’efficacia delle azioni di orientamento sia quello regionale, non solo per la dimensione delle stesse e per lo spirito della norma costituzionale, che consente alle regioni di avere funzione di indirizzo e programmazione sull’orientamento a trecentosessanta gradi, ma anche per la presenza degli uffici scolastici regionali che, per quanto organi amministrativi del Ministero, possono avere un ruolo specifico nella messa a sistema di azioni di orientamento a livello regionale. Da qui si sviluppa la ricerca sulle azioni di orientamento in cinque regioni italiane, scelte con il criterio della differenziazione geografica e della presenza di attività programmatiche in essere di ActionAid in relazione all’orientamento.
La ricerca
La ricerca si è svolta da dicembre 2023 a tutto aprile 20244. Le fonti sono state da un lato il punto di vista di coloro i quali ricoprono ruoli chiave in materia di orientamento e di diritto allo studio e, dall’altro lato, la letteratura grigia sulle politiche di orientamento. Alcune figure chiave sono state intervistate individualmente – in particolare i responsabili regionali e degli Uffici Scolastici Regionali – altre hanno partecipato a dei focus group; alcuni hanno preferito inviare, in sostituzione o in aggiunta all’adesione alle interviste e ai focus group, delle risposte scritte. Per le interviste e per i focus group sono state messe a punto tracce specifiche volte a indagare i temi di interesse per la ricerca. Tali tracce sono state inviate, prima di ciascun incontro, agli intervistati e alle intervistate. Ai e alle partecipanti è stata inviata la sintesi dell’intervista o del focus group per dare la possibilità di rettificare o integrare il proprio contributo. Complessivamente sono state ascoltate 41 persone con diversi ruoli e funzioni, di cui: 6 rappresentanti delle regioni, 5 degli USR, 7 di agenzie nazionali o locali, 7 del mondo della scuola, 5 rappresentanti degli studenti nelle consulte provinciali e 1 di un comune.
Alcune evidenze
A partire dalle fonti indicate, è stato possibile evidenziare le diverse declinazioni organizzative e progettuali presenti oggi nelle cinque regioni, nonostante l’autonomia organizzativa di ogni contesto, la diversità culturale e le specificità territoriali non consentano una vera e propria comparazione tra di esse.
Benché l’orientamento sia un tema citato nei piani regionali FSE+ di tutte le cinque regioni, non si riscontrano una programmazione e delle linee di indirizzo unitarie sull’orientamento lungo tutto il corso della vita. In tutte le regioni analizzate sono previste azioni di orientamento al lavoro; in nessuna, invece, la regione promuove azioni specifiche di orientamento scolastico, includendo invece tale questione in programmi più ampi, volti alla prevenzione della dispersione scolastica e alla promozione del successo formativo (ad es. il progetto Scuola Viva in Campania o il progetto ReCapp Cal in Calabria) o legandolo strettamente con il versante della formazione professionale (tale aspetto è particolarmente evidente in Lombardia, ma presente in parte in tutte le regioni). In una regione abbiamo individuato un programma specifico sull’orientamento scolastico, realizzato dall’USR (Campania).
Le cinque regioni analizzate hanno configurazioni diverse quanto alle attribuzioni delle politiche dell’istruzione, della formazione professionale e delle politiche attive del lavoro agli assessorati e alle direzioni generali; nello specifico, ci sono regioni con un unico assessorato e un’unica direzione generale che abbracciano tutti gli aspetti dell’orientamento (Lazio e Lombardia), altre dove gli assessorati di riferimento sono due, con differenti ripartizioni di competenze (in Calabria la delega sulla formazione professionale è insieme a quella del lavoro, in Sicilia a quella dell’istruzione), una, infine, ove gli assessorati interessati sono tre (Campania). Nei casi in cui vi sono più assessorati, a volte le attribuzioni delle direzioni generali o dipartimenti combaciano con gli assessorati di riferimento (Sicilia), a volte no (Calabria); nel caso della Campania la direzione generale è unitaria, unendo istruzione, formazione e lavoro. In linea generale, non è facile individuare in seno agli enti regionali, un/a referente dedicata all’orientamento scolastico.
Assessorati e direzioni regionali afferenti all’orientamento
In più di una regione analizzata sono stati creati i Nuclei di supporto all’orientamento in seno agli USR (Campania, Lombardia, Sicilia). Solo in Lombardia è stato creato un Coordinamento regionale per l’orientamento che comprende una rappresentanza della Regione, dell’USR, due associazioni di enti locali, il coordinamento delle università e una fondazione. Non è inclusa una rappresentanza del Terzo settore. Il nucleo di coordinamento lombardo ha prodotto un documento di sintesi delle iniziative, delle risorse e dei materiali sull’orientamento a livello regionale, che dovrebbe essere aggiornato ogni anno. La Regione Calabria intende, a partire dall’anno scolastico 2024/25, di intesa con l’USR e il sistema universitario, varare un sistema regionale di orientamento, che opererà a diretto contatto con docenti e studenti.
Non abbiamo riscontrato in nessuna regione un sistema di valutazione degli esiti dell’orientamento.
Uno dei focus della ricerca è stato quello di intercettare lo status quo delle politiche del diritto allo studio concernenti gli studenti delle secondarie di secondo grado. Gli stanziamenti per il diritto allo studio a livello nazionale sono inclusi nel bilancio del Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM), ma le regioni sono coinvolte sia nella definizione dell’importo – in un range definito nazionalmente – sia nella predisposizione delle liste dei beneficiari. Oltre a ciò, ogni regione può avere proprie normative e politiche relative al diritto allo studio, che possono integrare e implementare le disposizioni nazionali. Come immaginabile, il panorama ricostruito presenta una grande variabilità tra regione e regione, sia in termini di quantità di fondi stanziati, che di destinazione – siano esse erogazioni monetarie non condizionali, sussidi per l’iscrizione a scuole private, per l’acquisto dei libri di testo, per i trasporti, ecc. Dal punto di vista qualitativo, la ricerca ha indagato, ove possibile, l’esistenza di interesse e consapevolezza dell’l’impatto che il design delle azioni di diritto allo studio di responsabilità regionale ha sulle scelte scolastiche e lavorative dei e delle ragazze: più o meno esplicitamente, la consapevolezza di tale rapporto è emersa in diversi contesti, ma non abbiamo individuato specifiche iniziative volte a ridurre, mediante erogazioni monetarie o in servizi, l’influenza che ha la dotazione di reddito e di ricchezza della famiglia di origine nelle scelte dei e delle figlie.
Tre ambiti di intervento prioritari
È indubbio che negli ultimi anni l’orientamento scolastico abbia ricevuto attenzione in termini di politiche nazionali: basti pensare all’inserimento della sua riforma nel PNRR, che ha portato all’emanazione delle Linee guida del 2022, al ruolo che esso ha nell’investimento 1.4, sempre del PNRR, dove sono previsti percorsi di mentoring e orientamento per studenti e famiglie e, infine, l’investimento a valere sul bilancio ordinario del Ministero dell’Istruzione e del Merito per docenti tutor e orientatori5. Tali politiche sono state varate dal governo centrale, avendo come unico punto di caduta le singole scuole, che spesso hanno serie difficoltà nell’implementazione: la dimensione della governance multilivello è del tutto assente. Non a caso ciò che la ricerca ha riscontrato è una difficoltà, da parte delle regioni analizzate, ad intervenire in termini di indirizzo e programmazione nell’ambito dell’orientamento scolastico, al fine di integrarlo con le politiche della formazione e del lavoro, in un quadro di orientamento lungo tutto il corso della vita. Integrazione, questa che, pur essendo evocata come irrinunciabile, fatica a diventare operativa. Integrazione che, seppur può essere sperimentata a livello locale, si gioverebbe grandemente di un coordinamento interistituzionale a livello nazionale. Vale qui la pena ricordare il percorso socio-istituzionale che si avviò nel 2011 in seno alla Conferenza Unificata e che portò all’approvazione di atti sull’orientamento permanente, che costituiscono ancora oggi una premessa importante per la costituzione di un sistema nazionale di orientamento integrato6. Ancora, il Piano Nazionale Orientamento del 2011, sin dal suo avvio, rivolse particolare attenzione al collegamento e al confronto con il piano regionale al fine di favorire la comunicazione e lo sviluppo delle azioni ai vari livelli, con garanzia di assunzione di responsabilità specifica7. Il quadro allora delineato, sebbene ancora attualissimo negli intenti, richiede un aggiornamento, visto il lungo tempo intercorso. Aggiungiamo che una revisione e rivitalizzazione di tali istituti non può non tenere conto della vitalità di soggetti privati a vocazione pubblica attivi nell’ambito dell’orientamento. È sulla base di tali considerazioni che ActionAid ritiene utile, per quanto non sufficiente, avviare nelle regioni una co-programmazione sull’orientamento (ex art. 55 CTS), finalizzata a condividere obiettivi, unire forze, definire indirizzi, anche nell’ottica della programmazione europea 2028-35; tale azione, auspicabilmente promossa a livello istituzionale dall’ente regionale, di concerto con l’Ufficio Scolastico Regionale, può certamente aumentare la coerenza delle politiche e delle azioni a livello di singola regione, ma anche essere propedeutica a un processo di livello nazionale.
Qualunque tipo di politica e di azione, nel campo dell’orientamento, come altrove, non può prescindere da un sistema di monitoraggio e di valutazione degli esiti, come base di una discussione aperta ed informata. Dalla ricerca emerge una forte debolezza in tal senso: mancano procedure e riferimenti per differenziare e monitorare l’offerta di servizi in relazione alle esigenze dei diversi gruppi target dell’orientamento; manca un impianto di valutazione per politiche in essere da qualche anno, come i Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento e per quelle recentemente introdotte, come i moduli delle 30 ore curriculari di orientamento o i percorsi di mentoring e orientamento a valere su fondi PNRR. Altrettanto critica è la fragilità strutturale con cui si utilizzano e incrociano i dati in materia di istruzione, formazione, lavoro e orientamento; costruire un sistema di monitoraggio e valutazione degli interventi di orientamento è di fatto rimasto un obiettivo relegato alla rendicontazione economica dei fondi o, al più, al monitoraggio del singolo programma o progetto.
La debolezza in questo ambito rende davvero difficile un’evoluzione delle politiche e delle azioni di orientamento basata sulle evidenze; impedisce inoltre la garanzia di un’equità tra i diversi territori, questione sempre critica nel nostro paese, che potrebbe acuirsi nel nuovo quadro dell’autonomia differenziata. Sebbene non si possa prescindere da azioni in questo campo a livello nazionale, riteniamo che le regioni possano svolgere un ruolo fondamentale in tal senso, sia definendo buone pratiche, sia promuovendo azioni congiunte nell’intero paese.
Infine, un terzo ambito nel quale le regioni possono svolgere un ruolo chiave è quello del diritto allo studio, inteso sia come possibilità di frequentare un determinato tipo di scuola, ma anche come opportunità di aspirare a percorsi di istruzione che altrimenti sarebbero preclusi. Il rapporto tra reddito e ricchezza della famiglia di provenienza e scelta del percorso di studi, sebbene sia ampiamente trattato nella letteratura, in particolare sociologica, è ancora poco indagato a livello micro e soprattutto sono sporadiche le evidenze di strumenti finalizzati a ampliare le opportunità. Un’analisi di questo tipo è sicuramente utile per disegnare al meglio le politiche. Preliminare a questo è però una maggiore presenza nel dibattito del rapporto tra diseguaglianze economiche e orientamento e la volontà di concepire in modo unitario il diritto allo studio, l’orientamento, la prevenzione e il contrasto alla dispersione scolastica, in un quadro di coerenza tra filiere istituzionali molto differenti, quali l’istruzione, il sociale, il lavoro e la sanità.
- EUROSTAT, Early leavers from education and training by sex and NUTS 2 regions, 2023 (consultata il 4/6/2024)
- EUROSTAT, Young people neither in employment nor in education and training by sex and NUTS 2 regions (NEET rates), 2023 (consultata il 17/06/2024)
- Dati estratti dai Rapporti di Autovalutazione delle scuole disponibili qui (consultato il 17/06/2024)
- Il rapporto di ricerca, sul quale si basa questo articolo, è stato elaborato da ActionAid Italia, sulla base di contenuti sviluppati da Alessia Rossi e Alessandra Sacchi; la ricerca è stata coordinata da Luca Fanelli, con contributi di Rebecca Rotondi e la supervisione di Maria Sole Piccioli.
- Cfr. Ministero dell’Istruzione e del Merito, Decreto 328/2022, di adozione delle Linee guida per l’orientamento, relative alla riforma 1.4 “Riforma del sistema di orientamento”, nell’ambito della Missione 4 – Componente 1 – del Piano nazionale di ripresa e resilienza, finanziato dall’Unione europea – Next Generation EU; l’investimento 1.4 “Intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nel I e II ciclo della scuola secondaria e alla lotta alla dispersione scolastica”, nell’ambito della medesima Missione; Legge 197/2022 (legge di bilancio), Art. 1, comma 561.
- Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Linee guida nazionali per l’orientamento permanente, prot. 4232/2014; Conferenza unificata, Definizione delle linee guida del sistema nazionale sull’orientamento permanente”, n.136/CU/2013; Conferenza unificata, Definizione di standard minimi dei servizi e delle competenze professionali degli operatori con riferimento alle funzioni e ai servizi di orientamento attualmente in essere nei diversi contesti territoriali e nei sistemi dell’Istruzione, della Formazione e del Lavoro, n.138/CU/2014
- Piano nazionale orientamento. Risorsa per l’innovazione e per il governo della complessità, in «Studi e documenti degli annali della pubblica istruzione», 134–135, 2011.