Piana di Lucca: buone pratiche di collaborazione tra CpI e Servizi sociali
Dania D'OlivoGiuseppe Fanucchi | 12 Novembre 2021
La multidimensionalità della povertà, ora più che mai, rende necessaria un’integrazione tra politiche, interventi e settori diversi. Vediamo insieme come si è sviluppata e si sta consolidando la rete tra servizi sociali e servizi per l’impiego, per la presa in carico e l’accompagnamento delle famiglie nella Piana di Lucca. L’esperienza, preceduta da quella dell’Ambito di Livorno e a cui ne seguiranno altre sul nostro sito nelle prossime settimane, è stata presentata nell’ambito della Comunità di Pratica sull’inclusione sociale in Regione Toscana, che dal 2020 si propone di stimolare il confronto e lo scambio di pratiche tra territori nel sostegno delle fragilità.
La costituzione della rete
Nel territorio della Piana di Lucca, l’anno di sperimentazione del Sostegno all’Inclusione Attiva (SIA) ha innescato una piccola rivoluzione nel modo di lavorare dei Servizi sociali e dei Centri per l’Impiego (CpI), che hanno sperimentato lo strumento della coprogettazione personalizzata in équipe multidisciplinari con la famiglia beneficiaria e le associazioni del territorio.
Questo è stato possibile grazie ad una precedente fase di coprogrammazione: nel giugno 2016 si è infatti costituito un Tavolo tecnico di cui fanno parte i sette Comuni dell’Ambito territoriale, l’ASL, il CpI e la Caritas. Frutto di tale Tavolo sono state le Linee guida per gli operatori, che hanno previsto il coinvolgimento del terzo settore nella coprogettazione di servizi innovativi tesi a rendere più efficaci i progetti personalizzati.
CpI e Servizi sociali, già abituati alla collaborazione, hanno quindi aderito con naturalezza alla nuova progettualità per il contrasto alla povertà e l’inserimento socio-lavorativo previsti dal SIA, senza la necessità di definire ulteriori protocolli. Negli anni successivi, precisamente nel 2018 con il ReI (Reddito di Inclusione, D. Lgs. 147/2017) e nel 2019 con il RdC (Reddito di Cittadinanza, Legge n.26 del 28 marzo 2019), tale progettualità si è progressivamente consolidata, tanto da portare allo sviluppo dello strumento dell’èquipe, che ha visto la costante partecipazione, oltre che degli operatori sociali già presenti all’interno del percorso d’aiuto nei Servizi sociali dei Comuni, anche degli operatori del CpI e dei soggetti del terzo settore.
La struttura della relazione
Nello specifico, partecipano alle èquipe multidisciplinari due operatori del CpI: uno psicologo/psicoterapeuta che si interfaccia con i servizi sociali dei Comuni di Capannori, Porcari, Montecarlo, Altopascio e Villa Basilica, e un sociologo/counsellor che invece collabora con il Comune di Lucca e di Pescaglia. La presenza di questi due operatori – con il compito di accompagnare le persone che necessitano di un potenziamento di competenze per favorire il proprio inserimento lavorativo – introduce all’interno del progetto di aiuto una visione che permette alla famiglia di lavorare sul miglioramento delle proprie competenze e sull’implementazione delle proprie risorse.
Con i finanziamenti derivanti dal PON Inclusione e dalla Quota Servizi del Fondo Povertà per l’azione di rafforzamento dei Servizi sociali e del segretariato, sono inoltre stati assunti operatori con le qualifiche di assistente sociale (6), educatore (4), psicologo (3) e mediatore linguistico-culturale (1).
Con l’introduzione del RdC, è poi stata inserita la figura del navigator che, nella Piana di Lucca, non si interfaccia direttamente con l’èquipe multidisciplinare ma è coordinata dai due operatori del CpI che si occupano dei soggetti in situazioni di disagio. Il fattivo dialogo costruito dagli operatori del CpI con i navigator ha permesso il trasferimento agevole verso l’èquipe di tutte le informazioni ed i contenuti rilevanti e ha consentito di dare unitarietà e coerenza agli interventi effettuati dai due livelli professionali.
Infine, un ruolo importante è giocato dal terzo settore, che integra i servizi pubblici grazie al suo radicamento nel territorio: la vicinanza del terzo settore ai cittadini, infatti, ne favorisce l’accesso alle informazioni e ai servizi, ne limita la sensazione di smarrimento e permette di intercettarne i bisogni prima della fase acuta (prevenzione). La presenza di soggetti del territorio favorisce inoltre lo sviluppo di un senso di fiducia del cittadino, fiducia che più facilmente può essere estesa all’équipe e infine alla pubblica amministrazione in senso più ampio.
Ad oggi la rete è formalizzata mediante i seguenti organi:
- Cabina di Regia, costituita dal Responsabile RdC dell’Ambito, 3 responsabili dei Servizi sociali dei Comuni, 1 segretario;
- Tavolo di coordinamento zonale RdC, composto da 1 rappresentante di ogni Comune, 1 rappresentante del terzo settore, 1 rappresentante del CpI, 1 rappresentante dell’Ufficio di Piano, 1 rappresentante per ogni professione coinvolta (educatore, assistente sociale, psicologo), 1 segretario;
- Tavolo di coordinamento zonale-Sportelli sociali, costituito da 1 rappresentante di ogni Comune, 1 segretario.
Nella struttura formale delle relazioni tra Servizi sociale e CpI sopra descritta, i contatti fra gli operatori avvengono principalmente in modalità telefonica, attraverso e-mail e riunioni periodiche del Tavolo operativo costituito per l’attuazione della coprogettazione e per la verifica costante della funzionalità della rete. Dal 2017 ad oggi sono stati organizzati eventi di formazione che hanno visto coinvolti tutti i sette Comuni dell’Ambito, CpI, terzo settore e tutti gli operatori ingaggiati nella presa in carico di famiglie beneficiarie delle misure nazionali di contrasto alla povertà. Nel 2018 e nel 2019 sono inoltre stati organizzati due convegni che hanno visto fra i relatori anche referenti del CpI e del terzo settore e che sono stati incentrati sul lavoro di èquipe e sul ruolo della famiglia al centro della progettualità.
Nel 2019 -2020 è stato realizzato un innovativo percorso di supervisione sul lavoro di èquipe, cui hanno partecipato gli operatori del Servizio sociale e del CpI, finalizzato alla presa di consapevolezza delle dinamiche che si innescano tra i diversi professionisti: il supervisore assisteva come spettatore agli incontri di valutazione e progettazione dell’equipe con la famiglia e successivamente lavorava con gli operatori sulle dinamiche relazionali. Questo percorso è stato interrotto causa Covid-19, infatti, il dover effettuare le èquipe in modalità telematica ha richiesto una riorganizzazione faticosa, ma si sta già predisponendo un nuovo percorso di supervisione per l’èquipe.
La presa in carico dei beneficiari e delle loro famiglie
Nell’ambito del Reddito di Cittadinanza, i beneficiari vengono conosciuti attraverso le analisi preliminari e sulla base degli elementi emersi vengono chiamati in causa i vari operatori disponibili e necessari. Nei percorsi condivisi tra Servizio sociale e CpI, cioè nelle situazioni dove le persone in condizioni di disagio economico hanno anche delle potenziali risorse da implementare per l’inserimento lavorativo, le soluzioni messe a sistema dalla rete inclusiva riguardano l’accompagnamento dei beneficiari in parallelo sull’aspetto lavorativo e su quello sociale, attraverso operatori specializzati e interventi personalizzati.
La problematica principale che il territorio della Piana di Lucca ha riscontrato in merito alla gestione della presa in carico delle famiglie beneficiarie riguarda il funzionamento della piattaforma GePI e la difficoltà di interlocuzione con la piattaforma MyAnpal: questo rappresenta il vero nodo di tutta l’architettura del sistema. Spesso accade che la buona volontà degli operatori, gli sforzi istituzionali, il lavoro di rete e il dialogo intrapreso e cresciuto negli anni sulle modalità di invio crollino miseramente davanti ad un sistema di piattaforme che, non solo non permette gli invii da una all’altra, ma ha anche creato numerosi problemi nelle occasioni in cui è stato fatto il tentativo. Le ricadute colpiscono in primis il cittadino, talvolta del tutto assente in entrambe le banche dati, oppure decaduto dal beneficio, perché inottemperante, ma senza colpe a lui imputabili. Tale criticità non ha peraltro permesso al CpI di trasformare i casi di cittadini con evidenti problematicità sociali in utenti GePI (e viceversa), minando alla base la coerenza degli interventi. Questa difficoltà è ancor più evidente ora in fase di attivazione dei PUC: soltanto la buona collaborazione di base sta permettendo di trovare soluzioni attraverso il confronto fra operatori riguardo ai singoli casi.
Risultati e ostacoli
La costruzione della collaborazione tra Servizi sociali e CpI ha permesso a tutti gli operatori di offrire ai beneficiari una risposta più completa e adeguata: le famiglie vengono seguite e accompagnate sotto ogni punto di vista, in modo da riuscire a sostenere al meglio le loro aspirazioni e raggiungere l’autonomia.
Nel momento dell’attivazione di un percorso specifico su un cittadino, è da segnalare lo sforzo degli operatori del CpI nel mantenere vivo un interscambio costante con i Servizi sociali, e le relative professionalità, con il terzo settore e le aziende private del territorio. Si tratta di un lavoro estremamente complesso ma in grado di generare, nel lungo termine, risultati strategici nel lavoro con i soggetti svantaggiati. Prima della collaborazione instaurata tra enti e servizi, la principale criticità riscontrata nel territorio della Piana di Lucca era infatti la cecità sul percorso dell’utente a cui ogni operatore era in parte sottoposto: nessuno sapeva fino in fondo come effettivamente agisse l’utente al CpI, dall’assistente sociale o al centro di ascolto della Caritas. Spesso purtroppo questo si traduceva in una mancanza di feedback che portava a fare investimenti sbagliati o a non farne di validi. Il beneficiario era, nel bene e nel male, il regista che gestiva autonomamente il suo rapporto coi servizi. Ora invece, passando da una logica di segmento a una logica di processo, il cittadino è un anello della catena e tutti i soggetti coinvolti hanno cognizione del percorso.
Le iniziative attivate hanno avuto una risposta positiva, sia in termini di costruzione della rete degli operatori con le aziende e le agenzie formative, sia in termini di conoscenza delle reali attitudini e possibilità dei cittadini coinvolti. Mediante tale modus operandi, il mercato del lavoro (e il mondo della formazione professionale) ha instaurato un prezioso dialogo con le istituzioni, con l’augurio che nel medio e lungo termine possa portare ad una facilitazione nei passaggi della presentazione dei progetti.
L’obiettivo principale è ora quello di continuare a migliorare le sinergie tra gli operatori al fine di strutturare un percorso di aiuto attento anche alla dimensione relazionale ed all’ascolto, in modo da rendere sempre più naturale il contatto con le persone, che si sentiranno quindi maggiormente libere di esprimere i propri desideri ed aspettative.
Le maggiori difficoltà si sono infatti realizzate nel fattivo coinvolgimento delle famiglie all’interno delle équipe. Inizialmente, essendo la partecipazione di così tante figure professionali una novità, le famiglie non si sentivano del tutto a loro agio, non riuscivano ad esprimere appieno le proprie necessità e non percepivano le potenzialità di tale contesto allargato. Superato lo scoglio e migliorata sempre di più la collaborazione tra gli operatori, l’èquipe ha manifestato il suo valore aggiunto nel percorso d’aiuto ponendo la “famiglia al centro”.
Rispetto al CpI, la criticità principale è legata soprattutto all’esigua quantità di ore di lavoro disponibili, che pone limiti ad una presa in carico più continuativa e ad un monitoraggio più puntuale delle diverse situazioni. L’attuale campagna assunzioni di ARTI, che vede incrementare notevolmente il personale di ruolo dei CpI, dovrebbe in qualche modo rimediare a questo limite nel giro di alcuni mesi.
Ancora, tra i principali punti di debolezza si riscontra anche la consistente difficoltà di inserimento lavorativo dei soggetti più svantaggiati: le fragilità di certi utenti necessitano di una lettura del contesto di tipo multidimensionale e di percorsi progressivi di crescita e sviluppo delle competenze, mentre a volte le aziende (già spesso stremate dal punto di vista delle fatiche economiche) presentano un bisogno di ritorno immediato di utilità, rispetto all’investimento sulla persona. Per ovviare a tale problema, occorrerebbe sviluppare una cultura del lavoro in termini di cittadinanza e di appartenenza al tessuto economico sociale del territorio, che non faccia sentire nessuno degli attori coinvolti “appesantito” ma, al contrario, parte di un processo virtuoso attraverso il quale tutti, alla lunga, possono trarre benefici.
Infine, l’emergenza sanitaria Covid-19 ha portato con sé una serie di difficoltà organizzative e di ingaggio dei beneficiari. La strutturazione degli incontri in modalità telematica non è stata facile, sia a livello di èquipe nelle occasioni di riunione tra gli operatori, sia negli incontri con le famiglie che hanno faticato ad adattarsi alle nuove esigenze. La situazione pandemica ha inoltre incrementato le richieste di aiuto in tutti i territori comunali che, sommate alle difficoltà sopracitate, hanno decisamente rallentato i percorsi di presa in carico e di attivazione.
Conclusioni
La collaborazione tra Servizi sociali e CpI è stata facilitata dalla figura del “manutentore di rete”, un assistente sociale cui è stato attribuito il compito di curare i rapporti tra tutti gli enti pubblici e del terzo settore coinvolti nelle politiche a contrasto della povertà nella Piana di Lucca. I punti di forza di questa collaborazione sono l’aver predisposto un’organizzazione ben strutturata e, al contempo, aver favorito l’istaurarsi di relazioni di fiducia fra gli operatori, nella convinzione che i servizi resi ai cittadini sono migliori quando si scopre il piacere di lavorare insieme.