Potenzialità e limiti del Pilastro europeo dei diritti sociali


Chiara Crepaldi | 12 Maggio 2019

Cos’è?

Il pilastro stabilisce 20 principi e diritti fondamentali per sostenere il buon funzionamento e l’equità dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale. I principi e diritti presenti nel pilastro sono articolati in tre categorie: pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque e protezione e inclusione sociali.

Il nome, pilastro, evoca qualcosa di solido ed affidabile capace di sostenere l’intera architettura della protezione sociale europea… La sua articolazione definitiva arriva dopo oltre due anni di accese discussioni e una consultazione pubblica che ha raccolto 16.500 suggerimenti provenienti da tutto il continente (15.500 delle quali dai sindacati), alimentando tra gli addetti ai lavori aspettative molto elevate in un contesto socio economico caratterizzato da una crisi che perdura sul continente ormai da un decennio e da forze euroscettiche che spingono per ridurre i poteri delegati all’Europa in ogni campo, con l’obiettivo di scomporre il quadro sociale europeo complessivo.

Negli ultimi mesi, in particolare nel contesto della campagna per la Brexit e in paesi in delicati passaggi elettorali, nel dibattito pubblico l’Europa sociale è stata presentata come un onere gravoso di regole che ostacolano l’innovazione e l’impresa. Obiettivo del Pilastro è al contrario quello di mostrare che l’infrastruttura europea è la soluzione, non il problema.

I contenuti del pilastro sociale

Dei 20 principi che costituiscono il Pilastro, quattro appartengono all’ambito delle pari opportunità e accesso al mercato del lavoro (1. Istruzione, formazione e apprendimento lungo tutto l’arco della vita, 2. Parità di genere 3. Pari opportunità, 4. Sostegno attivo all’occupazione), 6 alle condizioni di lavoro (5. Occupazione sicura e adattabile, 6. Retribuzione, 7. Informazioni sulle condizioni di lavoro e protezione in caso di licenziamenti, 8. Il dialogo sociale e il coinvolgimento dei lavoratori, 9. Equilibrio tra lavoro e vita 10. Ambiente di lavoro sano, sicuro e adeguato) e 10 all’ambito della protezione ed inclusione sociale. Vediamo quali sono i contenuti di questi ultimi, distinguendo, cosa che il documento non fa, l’ambito dell’inclusione dall’ambito della protezione sociale.

 

In tema più strettamente di inclusione sociale il Pilastro declina i seguenti principi:

 

11. Educazione e cura dei bambini: I bambini hanno diritto all’istruzione fin dai primi anni dell’infanzia, a servizi di cura di buona qualità, alla protezione dalla povertà, e se provenienti da contesti svantaggiati, hanno il diritto di poter contare su misure specifiche per migliorare le proprie opportunità di vita.

14. Reddito minimo: Tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti hanno il diritto ad una misura di sostegno al reddito adeguata, capace di garantire una vita dignitosa in tutte le fasi della vita, accompagnata da servizi intesi a promuove l’inclusione dei beneficiari. Per coloro che possono lavorare, il reddito minimo dovrebbe essere combinato con incentivi volti a promuovere il reinserimento nel mercato del lavoro.

17. Inclusione di persone con disabilità: Le persone con disabilità hanno il diritto a misure di sostegno al reddito capaci di assicurare una vita dignitosa e servizi che favoriscano la loro partecipazione al mercato del lavoro e alla società e un ambiente di lavoro adeguato alle loro esigenze.

18. Long term care: Ognuno ha il diritto a servizi di assistenza a lungo termine di buona qualità a prezzi accessibili, sia in termini di assistenza domiciliare che di servizi residenziali/di comunità.

19. Alloggi e assistenza per i senzatetto: Le persone in difficoltà hanno diritto all’accesso all’assistenza sociale o abitativa di buona qualità, oltre che ad un’adeguata assistenza e alla protezione in caso di sfratto forzato. Servizi adeguati devono essere forniti ai senzatetto per promuovere la loro inclusione sociale.

20. Accesso ai servizi essenziali: Ognuno ha il diritto di accedere a servizi essenziali di buona qualità, inclusi acqua, servizi sanitari, energia, trasporti, servizi finanziari e comunicazioni digitali.

 

Nell’ambito della protezione sociale e della assistenza sanitaria i principi declinati sono i seguenti:

 

12. Protezione sociale: Tutti i lavoratori indipendentemente dal tipo e dalla durata del loro rapporto di lavoro hanno diritto ad un’adeguata protezione sociale.

13. Benefici per la disoccupazione: I disoccupati hanno il diritto ad un adeguato sostegno e a percorsi di attivazione e reinserimento lavorativo da parte dei servizi (pubblici) all’occupazione insieme ad un sussidio di disoccupazione che sia adeguato e di durata ragionevole.

15. Pensioni: I lavoratori, compresi quelli autonomi hanno diritto ad una pensione commisurata ai contributi versati e che sia adeguata a garantire un reddito adeguato e una vita dignitosa.

16. Assistenza sanitaria: Ognuno ha il diritto di accedere tempestivamente ad una assistenza sanitaria e preventiva di buona qualità accessibile.

 

Il Pilastro Europeo dei diritti sociali è affiancato da un sistema di indicatori volto a misurare le tendenze in atto in Europa e a valutare i progressi compiuti nella direzione di una crescita della attenzione verso il Sociale in tutta l’UE (nella direzione della “tripla A” sociale uno degli obiettivi del mandato del Presidente Juncker): si tratta del cosiddetto quadro di valutazione della situazione sociale che trova una sua specifica collocazione nell’ambito delle statistiche Eurostat.

 

Temi del dibattito e le criticità sollevate

A seguito dell’emanazione del documento molte organizzazioni europee hanno espresso valutazioni e perplessità che possono essere così riassunte:

 

  • Si tratta di uno strumento troppo distante dal ‘mondo reale’: è stato elaborato a Bruxelles, e seppur sottoposto ad un’ampia discussione, è rimasto poco conosciuto tra gli addetti ai lavori. Non ha visto il coinvolgimento degli operatori delle politiche sociali a livello territoriale, nei servizi sociali, negli enti regionali e locali. Manca in particolare di connessioni con le previsioni normative a livello nazionale e regionale, molto differenziate tra i paesi UE, che hanno fatto si che venisse elaborato un sistema ibrido di ‘diritti medi europei’.
  • La maggior parte dei contenuti sembrano essere molto legati all’occupazione e, per come sono formulati, secondo lo European Social Network1 rischiano di tradursi in diritti sociali intesi come diritti collettivi conferiti in base allo stato di occupazione. “Al contrario, i diritti sociali sono diritti individuali che si applicano alle persone di tutte le età e a chiunque, indipendentemente dallo stato o meno di occupazione”.
  • Il documento non offre un contributo relativamente alle modalità di implementazione dei diritti statuiti né alla relativa distribuzione di competenze ed assunzione di responsabilità tra i diversi livelli di governo (UE, nazionale, regionale, locale) elemento fondamentale perché il Pilastro non rimanga una mera dichiarazione di principi ma si trasformi in un vero e proprio strumento operativo capace di garantire un impatto significativo sulla vita dei cittadini.
  • Le proposte contenute nel documento non sono accompagnate da una previsione di risorse economiche a cui attingere per la loro attuazione, e neppure alla possibilità di attenuare le procedure macroeconomiche che automaticamente la UE attiva in caso di infrazione del deficit, che potrebbero già da sole assicurare la possibilità di promuovere investimenti sociali nei paesi più in difficoltà. L’aver pensato ad uno strumento inteso a promuovere riforme senza una mobilitazione di risorse ed investimenti sembra rappresentare il vero punto debole dello strumento. Come evidenzia Amandine Crespy2 “La promozione degli investimenti sembra essere la nuova parola magica a Bruxelles, ma le azioni per promuovere investimenti sociali a sostegno di proposte di riforma del welfare non sono ancora abbastanza visibili nell’agenda dell’UE. La Commissione e il Consiglio sembrano vittime di una sorta di schizofrenia politica. Da un lato, i governi nazionali sono invitati a continuare a tagliare i loro deficit; dall’altro lato sono chiamati ad ammodernare i loro sistemi di welfare. Di fronte a questo dilemma, non dovrebbe sorprendere che la maggior parte degli Stati membri non disponga delle capacità finanziarie o incentivi politici per impegnarsi seriamente con gli investimenti sociali.”3.
  • Il documento di presentazione del Pilastro infine non chiarisce cosa succede ai paesi membri che non si attivano per promuovere gli orientamenti stabiliti e neppure come possano i cittadini far valere i loro diritti.

Il vero valore aggiunto secondo alcuni  (ETUC4 in primis) sembrerebbe quello di poter mettere nelle mani delle confederazioni sindacali uno strumento utile per promuovere le negoziazioni a livello nazionale nella direzione della promozione di un avvicinamento tra i sistemi di protezione ed inclusione sociale a livello europeo: “Il Pilastro potrebbe essere utile per stabilire gli obiettivi strategici a lungo termine, per promuovere una maggiore coerenza tra le misure politiche nei vari Stati membri e per arrivare a una definizione di norme sociali consensuali in tutti gli stati sociali a livello europeo” (European Social Network).

 

E’ anche vero che il Pilastro può essere inteso come un quadro di riferimento teorico a cui agganciare le successive iniziative europee in materia sociale: che questo possa essere il futuro percorso che la UE intende seguire è dimostrato dal fatto che subito dopo la sua pubblicazione ha avviato le procedure per l’emanazione di una serie di iniziative, legislative e non, volte a promuovere l’attuazione dei diritti: la proposta per una Direttiva sulla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, congedo paterno e per condizioni di salute dei familiari, sull’accesso alle prestazioni sociali da parte dei lavoratori atipici e sugli orari di lavoro.

Il Pilastro è accompagnato da un social scoreboard, ovvero un quadro di valutazione della situazione sociale che misurerà le tendenze e le prestazioni degli Stati membri in 12 aree e valuterà i progressi compiuti in direzione di una “tripla A” sociale in tutta l’Unione. È possibile consultare gli indicatori messi a punto da Eurostat e periodicamente aggiornati sulla pagina del sito specificamente dedicata agli indicatori sociali ‘EU policy indicators‘. I risultati confluiranno nel semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche. Secondo l’European Social Network la Commissione avrebbe però anche potuto spingersi un po’ oltre, prevedendo per esempio un monitoraggio più preciso di come tali indicazioni vengano via via recepite dagli stati membri.

 

Le prospettive

In un contesto europeo  caratterizzato da 17 paesi su 27/(28) governati da partiti conservatori e spesso euroscettici, che sembrano avere poco interesse ad estendere la gamma dei diritti da assicurare uniformemente alle popolazioni europee, le possibilità di una effettiva implementazione del Pilastro sembrano molto scarse. Le competenze assegnate alla UE in materia sociale sono e rimangono molto contenute. Oggi possono essere esercitate attraverso i metodi della soft coordination (la diffusione di buone pratiche, di linee di indirizzo non vincolanti, il monitoraggio indiretto degli esiti delle politiche attraverso la messa a disposizione di indicatori socio economici comparativi) e attraverso la ‘redistribuzione’ delle risorse dei Fondi Europei, che vengono però implementati dai governi nazionali e regionali a seconda delle proprie priorità e capacità. Per il futuro non sembrano aprirsi spazi per un maggior peso europeo in tale ambito.

Si tratta comunque di una iniziativa di alto valore simbolico, intesa a rendere più visibile e comprensibile il concetto di ‘cittadinanza europea’, così come è avvenuto con la firma della Carta Europea dei Diritti Fondamentali. Certo è che in assenza di obblighi giuridici, il pilastro rischia di rimanere un mero “riconfezionamento” di principi esistenti, incapace di produrre alcun impatto significativo.

  1. ESN (2016), Il pilastro europeo dei diritti sociali: una visione di Europa centrata sulla persona?
  2. Amandine Crespy (16 May 2017) European Pillar Of Social Rights Mirrors EU, Good Intentions and contradictions
  3. socialeurope.eu
  4. European Trade Union Confederation