Povertà estrema e servizi abitativi nella Città di Torino


Massimo De Albertis | 20 Luglio 2023

Torino, come altre città metropolitane, dopo un importante aumento della popolazione residente negli anni Settanta, sta registrando un costante ed inesorabile calo demografico (843.235 unità nel 2021). Per quanto riguarda le persone senza dimora, si registra invece un trend in crescita: l’ultima analisi ISTAT, risalente al 2014, rilevava un totale di 1.729 soggetti. Oggi si stima la presenza in Città di circa 2.500 persone senza dimora ma non ci sono dati scientificamente validati a riguardo: è relativamente utile il conteggio delle persone iscritte nelle residenze fittizie (circa 5.000) poiché questo dato in realtà fotografa una fascia ampia di popolazione, comprendendo anche  coloro che vivono in situazioni “insicure” o “inadeguate” (secondo la tipologia relativa all’esclusione abitativa ETHOS) e non considerando di fatto le persone senza dimora non residenti ma presenti stabilmente sul territorio.

A Torino si è consolidato nel corso di decenni un sistema strutturato di servizi di contrasto alla grave emarginazione adulta. A titolo esemplificativo, alcune date significative:

  • Nel 1981 viene istituito il Servizio Adulti in Difficoltà nell’ambito dei Servizi Sociali della Città con il compito di programmare, promuovere e realizzare interventi e servizi in favore della popolazione homeless;
  • Nel 1996 la Città istituisce l’Unità di Strada denominata Boa urbana Mobile;
  • Il 1998 è l’anno della prima Delibera comunale sulla residenza fittizia (Via della Casa Comunale);
  • Nel 1999 nasce l’Ambulatorio sociosanitario vicino alla stazione ferroviaria di Porta Nuova (nel 2002 vengono attivate le prime sperimentazioni di equipe integrate con il Dipartimento di Salute mentale e nel 2007 con il Servizio Dipendenze) in collaborazione con l’Azienda Sanitaria Locale.

Dal “modello a gradini” verso un ventaglio di opportunità abitative

Il “modello a gradini” torinese si è sviluppato negli anni prioritariamente orientando il massimo sforzo nel garantire un incremento delle forme di tutela di base in risposta ai bisogni primari ed essenziali, non riuscendo tuttavia a garantire in maniera sistematica per tutti gli utenti i necessari interventi rivolti a favorire l’agio, il benessere e il protagonismo. Pur con tutta l’attenzione educativa alla personalizzazione dei percorsi individuali, si è osservato come spesso l’accettazione di procedure e modalità di accesso, permanenza e dimissione dai servizi possano implicare vissuti e favorire comportamenti passivizzanti e assistenzialistici. Inoltre è apparso evidente come lo staircase approach tenda ad escludere una quota, negli anni crescente, di persone che non sono in grado o non hanno i requisiti per poter accedere al sistema di servizi, persone di fatto “bloccate” in strada o nei servizi di bassa soglia.

Si è sviluppata pertanto una critica serrata al circuito previsto dal “modello a gradini”, come unico modello possibile dei servizi per i senza dimora: avere una sola opzione – prendere o lasciare – non stimola processi di autodeterminazione e implica l’accettazione della “carriera morale” di utente dei servizi in senso lato.  Tale riflessione critica ha portato a un processo di ri-orientamento del sistema dei servizi, condotto in partnership con il Politecnico e l’Università degli Studi di Torino: la strategia adottata in questo senso, è stata quella di lavorare sull’ampliamento del ventaglio di opportunità abitative a disposizione del cittadino in condizioni di insicurezza abitativa.

Il sistema dei servizi prevede un hub di primo accesso (Servizio Homeless Torino) a cui rivolgersi per incontrare i Servizi Sociali della Città e ricevere un primo orientamento e un prospetto delle opportunità di accoglienza presenti sul territorio.

Sulla base di caratteristiche, aspettative e capacità del cittadino senza dimora, l’obiettivo è quello di proporre un progetto personalizzato di inclusione sociale. La vera sfida è rendere l’elemento della scelta, e quindi, sostanzialmente, quello dell’autodeterminazione, un diritto.

Le possibili risposte alla precarietà abitativa

Housing First

Il servizio, che propone inserimenti in alloggi autonomi, è dedicato a quelle persone che non possono accedere ai percorsi socioassistenziali previsti dalle risorse del “modello a gradini”, oppure che sono già transitati in tali percorsi senza esito positivo o che semplicemente rifiutano inserimenti in strutture condivise. In una prima fase il servizio era effettuato in collaborazione con la ASL ed era strutturato su due possibili percorsi definiti sul livello di assistenza sanitaria richiesto dal beneficiario (a bassa o alta intensità). Il percorso a bassa intensità sociosanitaria prevedeva l’attivazione di operatori sociali e di un medico SERD; il percorso ad alta intensità prevedeva invece l’attivazione di operatori sociali, medici e infermieri di SERD e CSM.

A fine 2020, a seguito della fine della collaborazione con la ASL su questo tema, è stato necessario rivedere la struttura del servizio, riorientando i percorsi attivabili:

  • Percorsi orientati all’autonomia (ex “a bassa intensità sociosanitaria”), rivolti a cittadini senza dimora, anche eventualmente portatori di problematiche sanitarie, che abbiano sufficienti competenze e capacità (anche potenziali) a perseguire l’obiettivo di una vita autonoma ma siano impossibilitati ad accedere all’ERP e non siano in grado di rivolgersi al mercato immobiliare privato;
  • Percorsi orientati alla recovery (ex “ad alta intensità sociosanitaria”), rivolti a cittadini senza dimora che vivono in strada da molti anni e/o utilizzano anche saltuariamente i servizi di bassa soglia, impossibilitati a proseguire lungo la filiera del “modello a gradini” perché portatori di evidenti problematiche sociosanitarie e lontani, o non conosciuti, dai servizi sociali e sanitari del territorio di riferimento.

Ad oggi sono stati attivati 80 percorsi di housing first; nel prossimo triennio l’obbiettivo è di raggiungere i 100 inserimenti in alloggi autonomi, rendendo tale servizio la modalità prevalente di risposta alla grave emarginazione adulta della Città di Torino.

Case di ospitalità

I dormitori per persone senza dimora costituiscono una forma organizzativa ultracentenaria di trattamento della devianza attraverso l’istituzionalizzazione. Per certi versi è ancora così: c’è un circuito assistenziale che risponde alla logica delle istituzioni totali (a tutela della sicurezza e del “decoro” urbano) di cui la Casa di ospitalità, la mensa, il centro diurno, il centro di ascolto, il servizio di prossimità sono i singoli tasselli che offrono risposte parziali ai bisogni differenziati delle persone in difficoltà e che, attraverso la gestione quotidiana, tendono a stimolare per lo più meccanismi di dipendenza  piuttosto che di emancipazione.

L’obiettivo perseguito dal Comune di Torino è quindi quello di personalizzare il più possibile il servizio, attivandosi su miglioramenti strutturali e operativi, partendo però dalla consapevolezza che si tratta di interventi su qualcosa che non potrà mai essere, per sua natura, completamente adattato ai bisogni della persona. In particolare, per scardinare i modelli di gestione che si rifanno alle istituzioni totali risulta necessario effettuare un passaggio:

  • Dai grandi dormitori alle Casa di ospitalità aperte 24 ore su 24 (gestite dal Comune attraverso il Terzo settore);
  • Dalla permanenza predefinita alla permanenza in base al progetto personalizzato, da definire insieme alla persona;
  • Dalla risposta ai bisogni primari, che comunque rimane prioritaria e fondamentale, al riconoscimento dei diritti di cittadinanza, che comporta un’attivazione complessiva e integrata dei servizi;
  • Da un’enfasi sull’accesso facilitato e fruizione del servizio al focus su privacy e autodeterminazione.

In questo senso, la prospettiva indicata dalle Linee guida ministeriali di trasformazione dei dormitori in “comunità di transito” e “comunità a spazi condivisi” non può che essere interpretata nel senso di implementare proposte di sostegno educativo calibrate in prospettiva evolutiva, tese a realizzare il massimo grado di autonomia possibile e a concordare con la persona in difficoltà percorsi di uscita dalle stesse strutture. Una simile assunzione di responsabilità da parte dei servizi di accoglienza evita la riduzione a luoghi in cui le persone in condizioni di emarginazione sono “collocate” senza prospettiva, impotenti. 

Le Comunità di transito accolgono, h24, persone adulte in difficoltà dettata dalla mancanza di una dimora e dalla perdita – o dal forte affievolimento – dei legami e delle reti di appartenenza familiari e sociali, che hanno intrapreso o vogliono intraprendere un percorso di reinserimento sociale e lavorativo. Tale condizione, contingente o stabilizzata, può rappresentare una tappa all’interno di un progetto di vita individuale oppure il risultato di una biografia “in discesa”, ma in tutti casi comporta l’emergere di bisogni prioritari, legati alla sussistenza – come il riparo, il cibo, il vestiario, la salute –e la necessità di uno spazio per riappropriarsi della propria autonomia e ridefinire il proprio progetto di vita. […] Le Comunità a spazi condivisi sono invece comunità in cui persone adulte e anziane, per lungo tempo esposte alla strada o comunque non in grado a breve, medio o lungo periodo di mantenere una sistemazione autonoma, possono trovare una accoglienza permanente di tipo comunitario e parzialmente assistita in cui esprimere il maggior grado di autonomia per loro possibile e condurre una vita che permetta loro di mantenere dignità e quanto più benessere possibile.1

Rapid rehousing

In alternativa alle Case di ospitalità, grazie a processi di co-progettazione territoriale, il Comune di Torino ha sviluppato progetti di accoglienza in abitazioni collettive temporanee, definiti di rapid rehousing. Si tratta di percorsi rivolti a persone con un minimo di reddito (ad esempio percettori di Reddito di Cittadinanza) e con un buon livello di autonomia, finalizzati all’avvicinamento ai servizi sociali e sanitari a partire dall’inserimento temporaneo in appartamenti in convivenza. Gli inserimenti sono realizzati per un periodo di tempo non definito a priori ma legato alle caratteristiche del progetto personalizzato che si concorda in itinere con il cittadino, teso a determinare le condizioni per una uscita dalla precarietà abitativa e consentire il massimo grado di emancipazione. A questo fine è prevista una quota di contribuzione da parte del cittadino (una parte per le spese della coabitazione e una quota accantonata e restituita al momento dell’uscita) per un importo tale da non pregiudicare lo sviluppo dei percorsi individuali. Di recente si sta sperimentando il rapid rehousing anche in alternativa all’inserimento in Residenza Anziani per cittadini senza dimora ultra sessantenni. Lo sviluppo dei progetti è monitorato dal Politecnico e dall’Università di Torino con cui la Città di Torino ha da molti anni una convenzione.

Prevenzione terziaria

A tutte le persone in uscita dai percorsi in quanto assegnatarie di alloggio ERP, i Servizi Sociali della Città di Torino offrono la possibilità di usufruire di un accompagnamento educativo leggero finalizzato al sostegno all’ingresso in casa, alla gestione quotidiana e delle pratiche burocratiche, all’accesso ai servizi sociali e sanitari sul territorio, al supporto alla ricostruzione della rete di relazioni sociali, all’inserimento in percorsi formativi, inclusivi, lavorativi. Nell’ultimo anno, inoltre, a ciascun percorso è stato associato un budget di inclusione personalizzato per favorire la permanenza in casa, aumentare il benessere e scongiurare percorsi involutivi. Anche su questi progetti lo sforzo di riflessione è accompagnato dal Politecnico e dall’Università di Torino.

Il Piano integrato di sostegno alle persone senza dimora

Nel maggio 2022 Prefettura di Torino, Regione Piemonte, Azienda Sanitaria Locale Città di Torino, Arcidiocesi di Torino, fio.PSD, Comune di Torino, Città Metropolitana di Torino e Circoscrizioni del Comune di Torino hanno aderito a un Protocollo di intesa finalizzato all’elaborazione di strutture operative integrate, dal titolo “Piano integrato di sostegno alle persone senza dimora”.
L’accordo operativo, in fase di definizione, prevede la costituzione di Equipe Sociosanitarie Multiprofessionali che riprendano l’operatività sociosanitaria interrotta (strada, Case di ospitalità, Housing First); la messa a sistema e sviluppo di accoglienza, in bassa soglia e in servizi abitativi temporanei, co-progettati da ASL, Comune e Terzo settore; lo sviluppo di un servizio di dimissioni protette.

  1. Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta in Italia, pp. 72-73.