Progettazione sociale e sistemi di valutazione

Un dialogo da costruire


A cura di Francesco Capone | 28 Marzo 2025

Introduzione: il ruolo della progettazione sociale

Una consistente parte dei finanziamenti per il Terzo Settore italiano provengono da contributi pubblici e privati, accessibili tramite bandi e avvisi gestiti da enti pubblici e fondazioni. Questo scritto si pone l’obiettivo di fare alcune riflessioni sulle prassi valutative adottate dai soggetti gestori di tali strumenti, dal punto di vista di chi opera nella progettazione sociale. Occorre precisare che la riflessione è limitata al solo tema della valutazione dei progetti ai fini della concessione di contributi, in questa sede non affronteremo il tema della valutazione di impatto la cui trattazione va oltre le finalità del presente articolo.

Non sono disponibili studi che consentono di quantificare in maniera esatta la mole di risorse disponibili, tuttavia qualche semplice dato ci permette di comprendere che siamo di fronte ad un cospicuo investimento da parte di soggetti pubblici e privati. In particolare:

  • le fondazioni di origine bancaria hanno erogato, nel corso del 2023, 1.047 milioni di euro per sostenere 21.981 attività riconducibili all’ambito di azione del Terzo settore (volontariato, filantropia, educazione, ecc.);
  • la programmazione europea 2021-2027 grazie al FSE+ rende disponibili per il nostro paese oltre 40 miliardi di euro per trasformare in realtà i principi del pilastro europeo dei diritti sociali;
  • il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza comprende, al suo interno, oltre 300 misure. Tra queste 18 sono di interesse per gli ETS, per un valore complessivo di circa 30 miliardi di euro.

Le risorse disponibili rappresentano per la Pubblica Amministrazione e il Terzo Settore un’occasione per dare risposte efficaci ai bisogni delle fasce deboli di cittadinanza. Grande attenzione deve essere dedicata quindi non solo alla quantità ma soprattutto alla qualità della spesa.

Il non profit affronta questa sfida con un forte impegno formativo sul tema progettazione sociale, intesa come un insieme di conoscenze e tecniche in grado di generare cambiamento sociale, cioè una

“trasformazione sistemica relativa a modelli di pensiero, relazioni sociali, istituzioni e strutture sociali che ha luogo attraverso un orizzonte temporale di lungo periodo, attraverso l’uso di metodologie che migliorano le condizioni della società e permettono la fioritura di potenzialità connaturate nel sistema” (Zamagni, Venturi, Rago, 2015).

Possiamo affermare che la progettazione sociale svolge un ruolo di mediazione tra l’offerta di risorse pubbliche e private gestita da fondazioni, ministeri, regioni ecc. e la domanda, rappresentata principalmente dagli ETS che utilizzano i fondi per finanziare le proprie attività progettuali.

In quest’ottica la progettazione sociale quindi non solo è il dispositivo metodologico che il Terzo Settore ha adottato per rispondere in maniera efficace ed innovativa ai bisogni sociali, ma rappresenta anche un insieme di conoscenze diffuse e standardizzate, funzionali ad un’efficace ed efficiente allocazione delle risorse disponibili.

Negli ultimi anni, la progettazione sociale ha attraversato un percorso evolutivo significativo, passando da approcci informali a metodologie più strutturate e standardizzate che privilegiano un approccio partecipativo fondato sul project management. Il definitivo consolidamento della disciplina della progettazione sociale è avvenuto nel 2019 con la pubblicazione della Norma UNI 11746:2019, intitolata “Attività professionali non regolamentate – Progettista Sociale – Requisiti di conoscenza, abilità e competenza” che disciplina:

  • i compiti e le attività specifiche della figura professionale;
  • gli aspetti relativi al percorso formativo e di apprendimento del Progettista Sociale;
  • gli aspetti etici e deontologici.

La valutazione: elementi di criticità

Il terzo settore nel momento in cui si accinge ad ideare, elaborare e  gestire un progetto può, quindi, fare riferimento ad un sistema di conoscenze e saperi ormai sufficientemente coerente, condiviso ed accettato.

Possiamo fare la stessa affermazione per i soggetti valutatori? I criteri che regolano l’accesso alle risorse finanziarie e le modalità di gestione dei progetti fanno riferimento ad una metodologia altrettanto strutturata e condivisa?

Purtroppo l’esperienza ci dice che la risposta non può essere sempre positiva. Le metodologie di valutazione dei progetti, pur essendo sufficientemente codificate (Formez, 2013) e coerenti con quelle utilizzate in ambito progettuale, non sono sempre adottate in maniera valida risultando spesso poco coerenti rispetto agli standard e ed ispirate ad un approccio) che non lascia alcuno spazio a al coinvolgimento degli stakeholder e dei destinatari degli interventi.

Possiamo individuare due estremi, da un lato abbiamo casi virtuosi, cioè avvisi che adottano sistemi di valutazione strettamente legati a complesse metodologie di social impact assesment (Moscarola, Demarie 2022) o all’approccio del quadro logico (project management) spesso aperti a logiche partecipative; dall’altro, avvisi automatici che si discostano totalmente da questa metodologia, adottando criteri che prescindono totalmente dal contenuto dei progetti e si basano unicamente su parametri oggettivi come gli anni di esperienza del soggetto proponente, il numero di partner coinvolti, il numero di beneficiari, ecc. Nel mezzo abbiamo una serie di situazioni ibride nelle quali la valutazione prevede criteri riconducibili ad entrambi gli approcci, secondo modalità a volte poco comprensibili.

In ogni caso, ci si interroga spesso sul come valutare, su indicatori da includere o escludere, su tecniche di ponderazione dei diversi fattori, sui procedimenti e solo in modo rituale e approssimativo sul “perché” e sul “cosa” valutare (Marocchi, 2022).

Particolare attenzione merita un elemento comune a tutti i sistemi di valutazione: la scarsa attenzione al processo, la grande maggioranza dei sistemi di valutazione adottati è basata sull’output: il progetto. Il modo in cui si è giunti a tale risultato non è quasi mai preso in considerazione. Tuttavia l’interazione tra gli attori sociali (gli stakeholder) nell’identificazione di strategie, obiettivi ed azioni è un aspetto fondamentale rispetto all’obiettivo di generare cambiamento sociale. A parità di output, un progetto elaborato coinvolgendo attivamente gli attori sociali (scuole, parrocchie, assistenti sociali, enti locali, destinatari, famiglie, ecc.) ha un valore aggiunto maggiore rispetto ad uno scritto a tavolino; un percorso progettuale partecipato genera relazioni tra gli attori, maggiore consapevolezza dei problemi, nuove idee, in poche parole genera capitale e cambiamento sociale.

È opportuno evidenziare che il valore di un intervento è dato dai miglioramenti concreti ottenuti dai beneficiari che non potranno essere capiti prescindendo da elementi legati al processo quali l’interpretazione del significato che i benefici legati alle azioni progettuali vengono ad assumere per i destinatari o il messaggio positivo che il cambiamento potrà mandare all’ambiente circostante (Stame, 2022).

Queste ultime considerazioni assumono grande importanza anche alla luce delle trasformazioni che l’Intelligenza Artificiale Generativa sta portando nel mondo della progettazione sociale; oggi  le piattaforme di IAG sono perfettamente in grado di scrivere autonomamente un progetto valido e completo. Se non spostiamo l’attenzione dal prodotto al processo, rischiamo di allocare  le risorse presso i soggetti che meglio sapranno utilizzare le nuove tecnologie i quali spesso non coincidono con quelli in grado di ideare e realizzare  interventi sociali validi ed efficaci.

Quale approccio alla valutazione?

Le criticità evidenziate in precedenza sono  particolarmente significative in quanto:

  • fanno riferimento a un approccio che privilegia la quantità e la rapidità della spesa a discapito della qualità;
  • privilegiano progetti elaborati in funzione del raggiungimento del punteggio minimo necessario per l’ammissione a finanziamento e non interventi studiati per dare risposte ai fabbisogni dei destinatari;
  • favoriscono l’affermazione di una figura di progettista intesa più come esperto di avvisi e mediatore tra le istanze burocratiche degli enti finanziatori e dei soggetti richiedenti che come facilitatore e accompagnatore di percorsi di crescita e cambiamento sociale;
  • sono espressione di politiche di sviluppo del terzo settore calate dall’alto calate dall’alto e basate unicamente sull’offerta di risorse che difficilmente generano una reale crescita delle comunità di riferimento in termini di miglioramento di un’autonoma capacità di far fronte ai propri fabbisogni creando reti ed attivando risorse endogene. Basterebbe leggere una delle Conversazioni di Danilo Dolci (1962) che descrive una discussione con gli abitanti di Partinico sullo sviluppo del quartiere di Spine Sante, per comprendere l’abissale distanza tra gli interventi calati dall’alto e la cultura, la sensibilità, il sistema di relazioni sociali dei destinatari per capire quale enorme lavoro comporti il cambiamento sociale costruito dal basso.

Occorre infine evidenziare che il venir meno di qualsiasi elemento di discrezionalità nella valutazione di un progetto se da un lato può favorire una formale trasparenza nella valutazioni non porta certamente a scegliere i progetti migliori, ma spesso si traduce in una de-responsabilizzazione dei soggetti erogatori che in un certo senso abdicano al proprio ruolo di indirizzo e selezione degli interventi finanziati.

Le conseguenze del disallineamento

Il disallineamento tra logiche di progettazione e criteri di valutazione ha naturalmente impatti negativi che rischiano di indebolire il potenziale trasformativo del Terzo Settore. I principali effetti di questa discordanza possono essere sintetizzati nei seguenti punti:

  • difficoltà nel ricevere finanziamenti da parte dei soggetti in grado di promuovere reale cambiamento sociale, favorendo invece iniziative che, pur conformi alle griglie valutative, non generano un reale miglioramento nella comunità;
  • perdita di fiducia nei processi di valutazione, vissuti dagli ETS più come un ostacolo burocratico che come uno strumento di miglioramento e trasparenza;
  • burocratizzazione della figura del progettista sociale: viene sminuito il valore professionale e creativo del progettista, non più visto come un catalizzatore di innovazione sociale, ma solo come un tecnico di procedure amministrative;
  • inefficace allocazione di risorse pubbliche e private rispetto agli obiettivi degli avvisi e delle politiche sociali europee e nazionali: le criticità riscontrate nei sistemi di valutazione implicano il rischio che i fondi disponibili vengano allocati in maniera non ottimale. Come è già accaduto in passato, si rischia di spendere ingenti risorse in modo poco efficace, senza incidere in maniera significativa sulle problematiche sociali oggetto di intervento;
  • rischio di penalizzare progetti innovativi e ad alto impatto: i criteri di valutazione “automatici” e non focalizzati sui processi tendono a favorire progetti convenzionali, che replicano modelli già consolidati, penalizzando progetti sperimentali in grado di generare un impatto innovativo.

In generale, la mancata sinergia tra la progettazione e la valutazione produce un corto circuito che indebolisce l’efficacia complessiva del sistema di intervento sociale, disincentivando l’adozione di approcci nuovi e partecipativi.

Verso una maggiore coerenza: soluzioni e proposte

Per superare le attuali distorsioni tra metodologie di progettazione e sistemi di valutazione, è fondamentale avviare un percorso congiunto che coinvolga attivamente tutti gli attori del sistema: dagli enti finanziatori agli ETS (Enti del Terzo Settore), fino ai valutatori.. Un tale processo dovrebbe concentrarsi sulle seguenti attività:

  • formazione congiunta per progettisti e valutatori: un percorso formativo comune è essenziale per ridurre la distanza tra chi progetta e chi valuta;
  • adozione di framework condivisi: sarebbe necessario favorire l’adozione da parte di tutti soggetti erogatori di framework condivisi basati sulle metodologie di project management e di progettazione partecipata;
  • organizzazione di un tavolo tecnico tra terzo settore, enti pubblici e privati in grado di favorire un dialogo costruttivo, lo scambio di best practices, la condivisione delle difficoltà emerse durante la stesura e l’attuazione dei progetti e riflettere sulla definizione di obiettivi e criteri di valutazione.

Conclusioni: la necessità di una sinergia tra progettazione e valutazione

Il superamento delle criticità esposte richiede un cambiamento di paradigma da parte di tutti gli attori coinvolti. Occorre:

  • promuovere sistemi di valutazione in grado di favorire l’affermazione di un’idea di progettazione sociale come strumento in grado di generare cambiamenti reali e non limitata al compito tecnico di stesura di progetti;
  • privilegiare la qualità della spesa rispetto alla quantità, superando criteri di valutazione dell’operato delle pubbliche amministrazioni basati esclusivamente sul volume di risorse europee spese.

In conclusione, riteniamo che la creazione di spazi di dialogo tra tutti gli attori possa rendere l’approccio alla valutazione più attento agli aspetti metodologici e partecipativi, migliorando la qualità della spesa pubblica e privata destinata a rispondere ai fabbisogni sociali.