Sostenere i progetti individuali di vita: quali garanzie e criteri guida?

Riflessioni dal punto di vista dei diretti beneficiari, a partire dai fondi disponibili a livello nazionale


A cura di Claudio Castegnaro | 3 Ottobre 2017

Focalizzando l’attenzione sul tema dei progetti individuali di vita, l’elemento delle risorse è cruciale. Le risorse pubbliche impiegate per la disabilità sono cospicue: a quelle statali (ad esempio il Fondo Nazionale Politiche sociali, il Fondo per le Non Autosufficienze, le indennità di accompagnamento, ecc.) si sommano le risorse e i servizi erogati da Regioni e Comuni. A queste vanno aggiunte quelle messe in campo dalle famiglie e dalle organizzazioni del terzo settore (segnatamente le Fondazioni).

Ne parliamo con Roberto Speziale, presidente di Anffas Nazionale e coordinatore della Consulta Disabilità e Non autosufficienza in seno al Forum Terzo Settore.

Le risorse disponibili sono sufficienti? Dal punto di vista dei diretti beneficiari, quali garanzie sono necessarie e quali criteri guida è utile adottare da parte del sistema dei servizi per sostenere i progetti individuali?

Premesso che a fronte di una quantità notevole di risorse si debbano erogare servizi, il primo nodo è dato dalla necessità di ricostruire le grandezze in gioco. La posta del bilancio pubblico più rilevante è costituita dalla spesa per il Servizio Sanitario Nazionale. Non è dato sapere, tuttavia, quale sia la quota parte dedicata alla disabilità. Per l’introduzione dei nuovi LEA si stimano maggiori costi per 771,8 milioni di euro (ad esempio per ortesi e altri ausili). I LEA dovrebbero essere il “luogo” dove si fa integrazione sociosanitaria, ma nella tabella riassuntiva troviamo su questo piano valore pari a zero.

Il secondo “pilastro” è dato dal Fondo Nazionale Politiche Sociali, pari per quest’anno a quasi 78 milioni, cui si aggiungono i 212 milioni del Fondo per la Lotta alla Povertà e all’esclusione sociale, finalizzato a garantire i diritti sociali attraverso i Piani di Zona a una platea di persone molto ampia, in parte con disabilità, che è difficilmente identificabile. Il Fondo Nazionale per le non autosufficienze di 450 milioni di euro (che le Regioni si sono impegnate ad implementare con circa 50 milioni di euro), consentono l’erogazione di interventi assistenziali rivolti soprattutto a persone anziane o con gravissime disabilità. Si noti che la Procura generale della Corte dei Conti afferma che oggi dovrebbe essere questa la base per identificare i cosiddetti Liveas. L’importo annuo erogato per le indennità di accompagnamento si aggira sui 13,5 miliari di euro, ma sappiamo che i beneficiari della misura sono in gran parte le persone anziane.

La novità è costituita dal Fondo previsto dalla legge n. 112/2016, in parte nella disponibilità delle regioni: si tratta di una previsione stabile di bilancio, dal 2018, di 56,1 milioni di euro riservata, come noto, a una cerchia di beneficiari con particolare fragilità.

Le disposizioni di legge sui percorsi di vita indipendente e per le persone con disturbo dello spettro autistico fanno aumentare le risorse disponibili. Consideriamo tuttavia che le risorse finanziarie fin qui citate, formate con la fiscalità generale, dovrebbero sostenere dei livelli essenziali di assistenza in tutte le regioni. Sono poca cosa se parametrate alla platea di potenziali beneficiari, il 6-8% della popolazione generale, vale a dire circa 3.600.000 persone, con esigenze molto diverse.

Attualmente abbiamo a disposizione una rete dei servizi che agisce in modo generalistico, facendo molta fatica a tener conto della differenziazione delle situazioni ed esigenze personali. Una domanda che dobbiamo porci è la seguente: le misure economiche e i servizi sono efficaci? Grazie a una ricerca effettuata con una metodologia scientifica su un campione di 1.300 persone con disabilità, è stato possibile mettere in relazione le prestazioni erogate e il miglioramento della qualità di vita: emerge che il 60% dell’intervento attuale non ha rilevanza1.

Occorre quindi cambiare prospettiva ed è ciò che Anffas si propone di fare nella sperimentazione del Budget di Progetto in un territorio della Lombardia con il cofinanziamento di Fondazione Cariplo2.

La qualità del servizio non è infatti solo sugli standard strutturali di un luogo, ma sulle risorse umane, sulla conoscenza, sulle relazioni. Occorre appunto perseguire l’efficacia degli interventi. Anche i servizi di vigilanza dovrebbero ampliare lo sguardo su altre dimensioni rispetto ad aspetti burocratici o parametri.

La legge 112/2016 non si può realizzare se non all’interno di un progetto individuale e in presenza di un responsabile del caso, di natura pubblica, costruendo un budget integrato di progetto. Tale configurazione è portata per la prima volta da un provvedimento legislativo. Considerata di per sé, assieme all’articolo 14 della  legge 328/2000, siamo in presenza di un Liveas, un diritto soggettivo perfetto. Esiste giurisprudenza  consolidata su questo.  Quanto descritto nel progetto individuale non dovrebbe essere limitato perché mancano le risorse. Un discorso analogo a quanto previsto per il Piano Educativo Individualizzato (PEI) nei percorsi di inclusione scolastica.

Occorre partire dai diritti umani invertendo, per così dire, l’onere della prova: ogni persona deve avere garanzia di avere pari opportunità, come prevede la nostra Costituzione e la Convenzione ONU ratificata con la legge 18/2009. In questo momento le risorse pubbliche e l’offerta di servizi sono effettivamente insufficienti. Il resto è a carico delle famiglie.

Le risorse dovrebbero essere riallocate secondo il modello bio-psico-sociale con possibilità di verificare l’efficacia degli interventi.

Con oltre 6 miliardi di euro erogati per l’inclusione scolastica si può dire oggi che c’è garanzia del diritto allo studio, della continuità dei percorsi formativi ed educativi, delle prospettive ipotesi serie di alternanza scuola-lavoro, che miri al futuro dell’alunno? Oggi il PEI è, sulla carta, parte del progetto individuale, ma si sta tentando di fare in modo che tutto ciò si attui concretamente, integrando attività scolastiche con tempi e frequentazioni all’esterno della scuola, affinché vi sia un supporto coordinato allo sviluppo del minore nei vari contesti di vita (come ora chiaramente previsto anche dal nuovo D.lgs. n. 66/2017).

Tutto ciò è volto a far acquisire autonomie, consapevolezza ed emporwerment alla persona con disabilità. Non si può tenere un’enorme fetta della popolazione solo assistita, mentre molte persone con disabilità dimostrano di avere capacità e competenze per essere attive e indipendenti grazie a un lavoro.

In merito alla vita indipendente, molti sono i progetti che le associazioni possono sviluppare: ad esempio Anffas Nazionale ha appena fatto partire il progetto “Capacity: la legge è uguale per tutti – Modelli e strumenti innovativi di sostegni per la presa di decisioni e per la piena inclusione sociale delle persone con disabilità intellettive”3 che si propone di sperimentare modelli innovativi di sostegno al processo decisionale per le persone con disabilità intellettive e del neurosviluppo – e ciò come previsto dall’art. 12 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità – al fine di promuovere la loro piena inclusione sociale e la partecipazione alla cittadinanza attiva attraverso l’azione su due assi strettamente connessi tra di loro: il primo dedicato alla realizzazione di un’analisi del sistema giuridico normativo italiano in relazione alla concreta attuazione dell’art. 12, anche a confronto con i sistemi introdotti a livello europeo ed internazionale, volta all’individuazione di punti critici e possibili assi di intervento mirati a riformare i sistemi di protezione giuridica delle persone con disabilità; il secondo alla sperimentazione di modelli e pratiche innovative di sostegno al processo decisionale.

 

 

Per attuare le politiche, vi sono strumenti e risorse organizzative sulle quali i territori sono chiamati a “investire”?

Dobbiamo inventare strumenti sostenibili. Nella stessa legge 112/2016 un pezzo di risorse ce lo mette lo Stato, un pezzo la famiglia, un pezzo la comunità. Su questo tema abbiamo promosso come Anffas un lavoro di approfondimento sull’applicazione delle legge 112/2016 nelle Regioni che sarà pubblicato entro il mese di settembre. Il primo problema emerso appare proprio quello della valutazione per la quale non è sufficiente la metodologia utilizzata per i PAI o per la vita indipendente, ovvero strumenti standardizzati come la scheda SVAMA. Occorre adattare i servizi alle persone, alle attese, al luogo in cui vive o vuole vivere.

Per far funzionare il sistema è imprescindibile la figura strategica del case manager: un professionista a connotazione sociale (può essere ad esempio un assistente sociale) che si deve occupare del benessere della persona. Lo spazio per l’innovazione, anche nei servizi, è molto ampio. Sono fiducioso nel futuro visti i progressi maturati negli ultimi anni.

Il sistema HCP introdotto dall’INPS, da punto di vista del metodo, è un modello interessante dal quale si potrebbero mutuare alcuni elementi4 . Anche INPS, come tutti i soggetti pubblici, dovrebbe fare uno sforzo culturale perché il sistema di valutazione risponda a criteri evoluti, non limitati agli aspetti bio-medici.

 

 

Fra gli attori che possono contribuire a creare opportunità sociali per le persone con disabilità ci sono le organizzazioni del terzo settore. Quali prospettive si aprono con la riforma recentemente approvata, in particolare per i progetti di vita indipendente e il durante/dopo di noi)?

La riforma prevede che gli Enti del terzo settore debbano produrre bene sociale di interesse generale senza scopo di lucro. Le agevolazioni previste fanno riferimento a soggetti con ruoli diversi dipendenti dalla forma giuridica. Le risposte sul piano dei servizi alla persona diventa, con la riforma, campo precipuo per le cooperative sociali, le imprese sociali, le Fondazioni, gli enti filantropici.

Bisogna scoraggiare possibili interpretazioni restrittive del codice, ad esempio ponendo una limitazione nei campi di attività alle cooperative sociali. In tal senso  si lavorerà a un decreto correttivo, che dia fiato a tutte le esperienze ed i valori che potremmo accorgerci siano castrate dalla riforma. Va evidenziato in ogni caso un valore positivo della riforma del terzo settore  sul piano della trasparenza: si fa chiarezza, anche per il cittadino, sulla natura dei soggetti in campo.

Volendo esemplificare la situazione e le prospettive che la riforma apre, poniamo l’esempio di una nostra Associazione locale di promozione sociale che oggi gestisce servizi ed ha quindi un conseguente numero di dipendenti. Le previsioni del nuovo Codice del Terzo Settore che rapportano questo numero a quello degli associati o dei volontari, determinerebbero l’impossibilità per quella Associazione, per il futuro, di rimanere  APS, a meno di modificare i suoi assetti.  Come si potrebbe comportare quell’Associazione Locale? Dovrebbe “spostare” i servizi oggi offerti alle famiglie su altre forme giuridiche?

All’interno della Consulta disabilità e non autosufficienza del Forum Terzo Settore, di cui sono coordinatore, è stato elaborato un Programma di mandato5 nel quale si approfondiscono due linee di intervento strategiche:

  • la prima riguarda i diritti e la loro esigibilità in chiave di diritti umani, in quanto declinati secondo i paradigmi della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, con la necessità di monitorare l’applicazione di questa in Italia e di lavorare in stretto collegamento con l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, in corso di ricostituzione;
  • la seconda è dedicata alla definizione ed emanazione dei Liveas; verrà elaborato un testo che solleciti il Governo a esercitare la delega prevista dalla Costituzione. Anche nel rispetto di quanto già previsto dal Dlgs n. 68/2011 In tale contesto il tema del progetto individuale dovrebbe trovare un adeguato spazio di riflessione, quale livello “zero”, ossia livello essenziale di processo da cui partire.

Su quest’ultimo aspetto, ossia sul governo del sistema attraverso il progetto individuale, anche nell’ottica di un metodo di individuazione di un livello essenziale esigibile, riprendiamo l’esempio dell’alunno con disabilità. All’interno del suo PEI potrebbe essere riconosciuta, quale parte integrante del progetto individuale di vita di cui all’art. 14 Legge n. 328/00, la sua necessità di fruire del servizio di trasporto scolastico quale elemento coessenziale al percorso di accesso all’educazione e all’istruzione, per essere messo in condizioni di pari opportunità con gli altri compagni. Ugualmente, un normale trasporto a domanda sarebbe esigibile se ritenuto coessenziale allo sviluppo di uno specifico ed essenziale diritto della persona (per esempio perché strumentale alla frequenza del centro diurno), magari condizionato, a seconda dei casi, a una compartecipazione al costo che sia però equa e sostenibile, in base alle chiare norme sull’ISEE.

ll ruolo del Forum Terzo Settore è di trovare esperienze diversificate, e raccogliere e divulgare voci, scientifiche o sociali, nonché confrontarsi per arrivare a costruire qualcosa che abbia un consenso ampio e sufficiente per un successivo passaggio delle istanze e delle proposte a livello politico. Le organizzazioni del terzo settore dovrebbero oggi essere un soggetto coeso e credibile, capace di portare cambiamento, fondando le proposte su evidenze, letteratura scientifica, dati e ricerche.

  1. Risultati dell’indagine avviata nell’ambito del progetto Anffas “Strumenti verso l’inclusione sociale – matrici ecologiche e progetto individuale di vita per adulti con disabilità intellettive e/o evolutive” (iniziativa realizzata con il contributo del Fondo per l’associazionismo, ex lege 383/2000, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali) avviato nel giugno 2014 e durato un anno, volto a favorire l’inclusione sociale e il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità intellettiva e/o relazionale rendendo concreto il diritto, sancito dall’art. 14 della L.n. 328/00 alla predisposizione di un progetto individuale, sperimentando le matrici ecologiche. Di seguito il link alla pagina del progetto https://www.anffas.net/Page.asp/id=622/strumenti-per-l-inclusione-sociale. Da questo progetto è nato in seguito “Matrici 2.0: lo strumento per il progetto individuale”, strumento interattivo che orienta logicamente e documenta, secondo un approccio evidence-based, il piano individualizzato dei sostegni ed il progetto individuale di vita previsto dall’art. 14 della L. 328/00 nella prospettiva del rispetto dei diritti umani e del miglioramento della Qualità della Vita per le persone con disabilità, in particolare intellettive e con disturbi del neurosviluppo (https://www.anffas.net/Page.asp/id=762/progettare-qualit%C3%A0-di-vita-matrici-ecologiche-e-dei-sostegni).
  2. “Inclusione sociale e disabilità: percorsi di sperimentazione del budget di salute” https://www.anffas.net/Page.asp/id=264/N201=9/N101=5914 ; si veda anche “Il budget personalizzato nella proposta del II Programma di Azione nazionale”, A. Tonucci, Isfol, https://www.isfol.it/news/il-punto-sugli-orientamenti-nazionali .
  3. https://www.anffas.net/Page.asp/id=766/capacity-la-legge-è-uguale-per-tutti
  4. https://welforum.it/home-care-premium-bando-inps/
  5. https://www.forumterzosettore.it/files/2017/06/diamo-vita-alle-idee.pdf