In breve, i contenuti
Dopo avere richiamato le potenzialità della scuola – “il primo e purtroppo in alcuni casi l’unico ambito di socialità alla pari per alunni/e con disabilità o bisogni educativi speciali”, oltre 300 mila, pari al 4% degli iscritti, in costante crescita – nell’ambito della comunità educante chiamata supportare progetti di vita inclusivi, vengono evidenziati i ben noti problemi che si verificano in ambito scolastico. Secondo dati Istat, ricorda il report, nell’anno scolastico 2021-2022, il 14% dei docenti per il sostegno è stato assegnato in ritardo e, di frequente, si tratta di una figura che non garantisce continuità di presenza nel corso dell’anno – secondo i dati citati, il 45% di posti di sostegno restano anche meno di un anno prima di passare ad una cattedra “comune” – e ancor meno tra un anno e l’altro, se è vero quanto affermato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito: il 59% degli studenti con disabilità ha cambiato insegnante di sostegno nell’ultimo anno.
In tale situazione, continua il rapporto, assumono un ruolo centrale gli Operatori Educativi Per l’Autonomia e la Comunicazione, spesso assicurati grazie alle cooperative sociali del territorio.
Su questo tipo di intervento si è appunto realizzata la sperimentazione del Comune di Roma, che, a partire dallo scorso anno scolastico (settembre 2022) è passata da un sistema di affidamento in appalto, caratterizzato da problematicità che saranno di seguito discusse, ad un sistema in accreditamento. In sostanza, sono state accreditate con procedura di evidenza pubblica 50 cooperative sociali, che hanno dimostrato di avere specifiche competenze di qualità, consentendo alle famiglie di esercitare quindi una scelta tra i soggetti accreditati, con risultati che il report documenta attraverso interviste ai diversi attori – operatori, famiglie, scuole, ente locale – evidenziando gli effetti positivi di tale sperimentazione.
In sostanza, il sistema precedente era caratterizzato da gare al massimo ribasso, con livelli economici che non permettevano formazione, aggiornamento, coordinamento, che tendevano a dequalificare il lavoro, connotate da una formula rigida, con cambi appalti frequenti, guerra cronica tra cooperative e conseguenti energie a gestire gare e ricorsi che talvolta hanno determinato cambi di gestione anche in corso d’anno, difformità di condizioni, tariffe e convenzioni tra municipi. Il sistema che si è costruito a partire dall’anno scolastico 2022/2023 prevede invece che i genitori degli alunni con disabilità certificata possano individuare, a partire dalla documentazione desumibile dalla Carta dei Servizi e dalle caratteristiche organizzative degli enti che operano nella zona di proprio interesse, la cooperativa che meglio si adatta alle esigenze del proprio figlio; la famiglia quindi comunica al Comune la sua scelta, attivando di conseguenza l’intervento; nel nuovo anno scolastico la famiglia può confermare o cambiare la propria indicazione. Questo significa – se il servizio reso è apprezzato dalla famiglia – che il servizio non è sottoposto alle incertezze degli appalti e le cooperative possono investire in qualità degli interventi, rapporti con la scuola, attività di coordinamento, ecc.
Anche dal punto di vista della qualità, la stabilità del servizio ha consentito una migliore collaborazione tra le diverse figure – educatore della cooperativa, insegnante di sostegno, insegnante – ciascuna delle quali lavora con la propria specificità per il benessere dei ragazzi. Questo avviene nel quadro di un “Documento di coordinamento” redatto congiuntamente dalle scuole e dalle cooperative su come organizzare il supporto e di momenti di confronto a livello di municipalità e di città che coinvolgono cooperative, scuole, sindacati e genitori.
Si tratta di un sistema che offre supporto a circa 9.000 alunni con disabilità certificata – talvolta combinata con altre problematiche scolastiche – e che vede all’opera oltre 3.300 operatori in 300 istituti comprensivi della città.
Rimandando al report1 per ulteriori approfondimenti, è utile sviluppare alcuni ragionamenti che questa vicenda può ispirare. Si tratta infatti di un tentativo, che ad oggi pare evidenziare risultati positivi, di intervenire su un ambito di attività che in questi anni ha fatto emergere un insieme di problematicità che è utile esaminare.
Analisi e commenti
Prima di addentrarsi nelle tematiche più direttamente concernenti il Terzo settore e le sue relazioni con la pubblica amministrazione, vale la pena di richiamare l’anomalia della situazione sopra richiamata relativa agli insegnanti di sostegno, che insieme agli Operatori Educativi per l’Autonomia e la Comunicazione dovrebbero costituire il perno dei progetti di integrazione dei ragazzi con disabilità o con bisogni educativi speciali. È singolare che nel corso dei decenni questa situazione di instabilità non sia stata affrontata in modo efficace. Questo per dire che l’auspicio della valorizzazione dell’apporto delle cooperative non esime dal richiedere con forza un’adeguata organizzazione del sostegno scolastico.
Ciò detto, veniamo ai temi più direttamente relativi ai soggetti di terzo settore che rappresentano l’altro tassello fondamentale nell’inclusione dei ragazzi in ambito scolastico, con una importante premessa: sono impegnati dal Comune di Roma su questo intervento circa 90 milioni di euro di bilancio a fronte dei circa 4 milioni di euro garantiti a livello nazionale. L’assoluta sproporzione tra la scarsità di risorse nazionali – quelle che possono garantire la realizzazione del servizio in modo diffuso sul territorio nazionale, con criteri di qualità uniformi – e il pur ammirevole impegno di un singolo comune pone un problema politico che è prioritario sollevare nell’interlocuzione con il Governo.
Gli aspetti economici
Traspare chiaramente dal report la necessità di una considerazione equilibrata nella definizione dei corrispettivi alle cooperative. Il fatto stesso che nel 2023 sia necessario evidenziare – con tanto di conti – che il costo della gestione di un servizio composto essenzialmente di personale non possa coincidere con il costo del personale stesso e tantomeno con il suo stipendio netto, è veramente singolare. Il fatto che sia necessario spiegare che all’operatore sociale vanno pagati i contributi pensionistici, che vanno pagate le tasse, che se opera è perché qualcuno in un ufficio ne organizza il lavoro, ecc. sono aspetti del tutto scontati. Nessuno si sorprende se in un qualsiasi ufficio pubblico o impresa privata vi è una persona che risponde al telefono o che ci accoglie quando entriamo in sede (di cui viene pagato un affitto) e una cui quota di costo va ovviamente ripartita su tutti i beni e servizi che questo ente produce. Ma aleggia ancora, rispetto al mondo cooperativo, una presunzione che tutto ciò rappresenti una indebita moltiplicazione dei costi. Ovviamente, una cosa è discutere su eventuali margini fuori mercato, una cosa è guardare con sospetto alla normalità organizzativa. Così come appare singolare che non venga assunto con serietà il problema di operatori che lavorano 9 mesi su 12, pur quando avrebbe del tutto senso pensare – magari con un concorso di finanziamenti pubblici e privati – ad un loro impegno nei mesi estivi in cui, come ricorda il rapporto, le famiglie di ragazzi con disabilità vanno incontro a problemi non indifferenti per la gestione dei propri figli. Il lavoro sociale delegittimato e il terzo settore guardato con sospetto costituiscono due criticità che è necessario affrontare con forza.
Il rapporto tra imprese sociali e pubbliche amministrazioni
Il rapporto mette in luce, una volta di più, le implicazioni distruttive del sistema degli appalti sulla qualità dei servizi, sull’identità dell’impresa sociale, sulle persone che vi lavorano. Per inciso: l’assistenza scolastica ben si presta alle peggiori espressioni del mercato del welfare: sostanziale intermediazione di manodopera, appalti di breve durata – la vigenza dell’anno scolastico, personale transumante tra una cooperativa e l’altra, senza identità, senza progettualità: senza dignità, né per le imprese sociali, né per i lavoratori che ne sono parte (e spesso che ne sono soci). Per chi volesse leggere una storia di appalti nell’assistenza scolastica (fortunatamente finita bene) si rimanda a questo articolo di Impresa Sociale su una vicenda umbra. Ma un caso finito bene altro che non fa che rimandare ai tanti altri in cui le stesse problematicità esitano in modo meno positivo. C’è poco da fare, questo sistema di relazioni sopravvive solo in un contesto ideologizzato che considera il mercato come unica opzione.
In questo senso, l’accreditamento sperimentato dal comune di Roma rappresenta senza dubbio una strada che è utile perseguire. Invece dei frequenti cambi di gestione e delle corse al ribasso si ha un sistema in cui la qualità è premiata, dal momento che una famiglia soddisfatta difficilmente chiederà di cambiare impresa sociale, importi economici trasparenti e concordati. Insomma, con l’accreditamento si realizza una forma di relazione tra soggetti pubblici e terzo settore più equilibrata e vantaggiosa per tutti.
Tanto più che, ricordiamo, l’accreditamento rappresenta anche uno dei possibili esiti di una coprogettazione, prevedendo quindi che preventivamente al momento in cui la famiglia o i servizi individuano una specifica impresa sociale per realizzare uno intervento per cui essa si è accreditata, vi sia un lavoro collaborativo teso a convenire sui modelli di servizio, sui protocolli operativi, sui criteri di valutazione, ecc., nonché ad assicurare uno sviluppo della rete dei servizi capace di dare risposte adeguate per le diverse fasce di bisogno, nei diversi territori, ecc.
Per concludere
La sperimentazione romana sta ora attraversando un momento complicato. A fronte del successo del servizio, dalle famiglie e dalle municipalità stanno arrivando richieste di attivazione di interventi molto significative che stanno mettendo sotto ulteriore pressione il comune di Roma che, come si è visto, già sopporta l’onere maggiore. Di fronte a ciò si è alla ricerca di soluzioni, volendo evitare, da parte del mondo cooperativo, che si scelga una strada al ribasso, una dequalificazione del servizio per abbassarne i costi per raggiungere più utenti. Questo sarà possibile nella misura in cui sarà riconosciuto il valore di questa importante sperimentazione gestionale che interviene, come si è argomentato, su aspetti particolarmente delicati del nostro welfare. La speranza è che, a partire da questo, si arrivino a mettere in discussione forme di relazione tra enti pubblici e terzo settore tanto diffuse quanto discutibili.
- Una scuola migliore, per tutti, report scaricabile dal sito di Lega Coop Lazio.