Uno psicologo nell’ADI? Lavorare con la relazione


Guglielmo Propersi | 24 Aprile 2025

Dal 1 gennaio 2024 il Reddito di Cittadinanza è stato sostituito dall’Assegno d’Inclusione (ADI). Questa nuova misura ha generato molto dibattito per l’impatto che le novità relative a obblighi e scadenze hanno avuto sui Servizi Sociali (CNOAS, 2024; Tittarelli, 2024). A poco più di un anno dal suo avvio, questo contributo si concentra sul lavoro svolto da uno psicologo che si è occupato della costruzione e del monitoraggio dei Patti d’Inclusione Sociale in un’ottica centrata sulla relazione, quindi non diagnostica o medicalizzante. Lo psicologo, pur non essendo l’operatore centrale in ambito ADI, è una figura rilevante e meritevole di attenzione in considerazione dell’estrema fragilità dei nuclei in carico e della funzione che può svolgere. In questo caso si fa riferimento a uno psicologo che lavora nell’organico dei Servizi Sociali Comunali attraverso un ente del terzo settore, e che si occupa di inclusione sociale e misure di Welfare come l’ADI, ma anche di altri tipi di intervento per persone e famiglie che richiedono accesso ai Servizi Sociali.

Per capire meglio la centralità del lavoro con la relazione in questo ambito è necessario approfondire il contesto di lavoro in cui ci si è mossi, così da capire i problemi incontrati e il modo in cui sono stati affrontati. Nello specifico, il modello psicologico utilizzato è stato quello dell’Analisi della domanda, sviluppato a partire dagli anni ’80 da Renzo Carli (Carli & Paniccia, 2003). L’Analisi della domanda distingue la richiesta esplicita fatta allo psicologo dalla domanda che si ha verso quel rapporto. Non è una fase preliminare del lavoro ma un modo di lavorare che si dipana in tutta la durata dell’intervento, esplorando le simbolizzazioni affettive e la proposta relazionale di chi si rivolge allo psicologo. Questo modello è stato utile ad affrontare due importanti problemi che si incontrano con l’ADI: il primo è che le novità introdotte potrebbero dare al lavoro una sfumatura più di controllo che di sostegno; il secondo riguarda la difficoltà di conciliare alti numeri di appuntamenti, limiti di tempo stringenti e approfondimento della situazione.

Partiamo quindi da alcune novità introdotte dall’ADI: la prima è che il beneficio viene erogato entro determinate soglie ISEE solo a famiglie con componenti che soddisfano questi requisiti: essere in una certificata situazione di svantaggio (MLPS), essere minorenni, over 60, invalidi civili almeno al 67%.
La seconda è che i cittadini, dopo aver fatto richiesta di ADI e pena la sospensione del beneficio, devono sottoscrivere il Patto d’Inclusione Sociale con i Servizi Sociali entro 120 giorni. Questo obbligo, che era già presente nel Reddito di Cittadinanza ma senza il limite dei 120 giorni, ha generato un importante carico di lavoro nei primi mesi del 2024, quando i Servizi Sociali hanno affrontato un grande numero di accessi concentrati in un tempo molto ridotto.
La terza novità riguarda l’obbligo per i cittadini di partecipare ad un incontro di monitoraggio ogni 90 giorni. Inizialmente presente per tutti, questo impegno è stato modificato nel corso del 2024, eliminando l’obbligo di monitoraggio per i componenti over 60 o disabili.
L’ultima novità che qui interessa sottolineare è l’impegno, per i componenti famigliari nella fascia d’età 18 – 29 che non hanno adempiuto l’obbligo scolastico, di iscriversi ad un corso di istruzione per adulti, pena la decadenza del beneficio.

La relazione come strumento d’intervento

Così come succedeva per il RDC, anche nell’ADI il sentimento che si incontra quasi sempre nei cittadini convocati dal Servizio è di essere in un rapporto obbligato. Questo può generare problemi sia per loro che per gli operatori, visto che l’obbligo vincola entrambe le parti. Si pensi a come creare un rapporto di alleanza e trasparenza con un cittadino che sente di essere controllato da chi gli parla. Oppure a come rapportarsi ad un beneficiario di ADI pensando che la funzione del monitoraggio è solo quella di certificare la sua presenza al colloquio. C’è poi il problema di realizzare, a fronte di grandi numeri e in pochissimi incontri, un lavoro accurato composto da fase di conoscenza, valutazione multidimensionale e progettazione di inclusione sociale. Si può incontrare facilmente il sentimento di svolgere azioni meccaniche, con rapporti che si trasformano in formalità e domande che diventano rituali.

Il metodo usato per affrontare questi problemi si è basato sul considerare quale strumento di intervento la relazione cittadino – servizio, quindi i colloqui. Con Renzo Carli e il suo costrutto di collusione, per relazione si intende una dimensione indivisibile, costruita da dinamiche emotive condivise, cioè non individuali. Dinamiche emotive molto spesso agite e molto più raramente pensate (Carli & Paniccia, 2003).
Si potrebbe pensare che lavorare con la relazione sia qualcosa di auspicabile ma difficilmente conciliabile con i grandi numeri, tuttavia usare la relazione come strumento d’intervento non è stato alternativo alla concretezza. Ha avuto anzi un grande valore operativo sull’organizzazione del lavoro, la collaborazione, la creatività, la possibilità che si generasse cambiamento, il rischio di burn-out.

Risorse invisibili

In questa cornice un aiuto importante è stato valorizzare quelle che si potrebbero chiamare risorse invisibili. Invisibili perché non esistenti a priori ma create dal modo in cui sono state trattate e pensate. Un aspetto del metodo utilizzato consiste infatti nel considerare che le risorse non sono unicamente quelle concrete e già esistenti ma sono in maggior parte quelle che vengono costruite simbolicamente come tali. Qualche esempio: la prima risorsa è stata valorizzare il lavoro svolto con il Reddito di Cittadinanza (Propersi, 2023). Chi si è occupato di questa misura può aver sviluppato una competenza specifica che, tuttavia, può essere riconosciuta e usata o sminuita e inutilizzata.
Un’altra è stata il rapporto con i colleghi e le colleghe del Servizio Sociale, con cui quotidianamente confrontarsi nel primo periodo, capendo come poter lavorare al meglio. Anche i momenti formativi organizzati da Comune ed enti del Terzo Settore hanno permesso di condividere problemi, aggiornamenti e modalità di lavoro con l’ADI.
Un’altra risorsa è stata valorizzare la funzione sociale del lavoro svolto. Anche se può sembrare scontato, nella difficoltà di conciliare molti colloqui in poco tempo, avendo a che fare con diversi obblighi e adempimenti, chiedersi quale senso ha il proprio lavoro può passare in secondo piano. Meno spazio occupa questo aspetto, più aumenta il vissuto di adempiere ad obblighi e scadenze senza capirne il senso o la funzione.
Un altro aspetto che ha aiutato a lavorare con queste relazioni è stato rispettare un setting chiaro, per esempio tenere sempre la stessa durata degli incontri, sia per i primi colloqui che per quelli di monitoraggio. Questo ha permesso di organizzare molti colloqui in una giornata senza tempi di attesa, dedicando due o tre incontri alle fasi di valutazione multidimensionale e costruzione del Patto d’Inclusione Sociale. Ha soprattutto permesso di mettere la relazione dentro limiti e risorse chiari, dando al colloquio la funzione di un incontro in cui costruire senso e conoscenza. In questo caso si è lavorato con circa 150 casi assegnati nel corso del 2024.
Connesso a questo punto, un’altra risorsa invisibile è stata considerare il colloquio non solo come raccolta di informazioni ma come strumento di intervento. I colloqui di monitoraggio sono esemplificativi in questo senso: possono essere intesi come impegni che servono solo all’adempimento di un obbligo, oppure, in un contesto con poco tempo e molti accessi, possono essere sfruttati come una risorsa per l’intervento. Come detto, se inizialmente il monitoraggio ogni tre mesi era obbligatorio per tutti, nel corso del tempo persone over 60, con Invalidità Civile superiore al 67%, e componenti che potevano fare domanda di Supporto Formazione Lavoro, non sono più stati obbligati al monitoraggio. Questo è stato un cambiamento molto significativo perché quando viene meno l’obbligo emerge contemporaneamente una domanda (Carli & Paniccia, 2003), un possibile sviluppo per quel rapporto, mentre quando l’obbligo è l’unico organizzatore della relazione lo sviluppo è molto difficile.

Una possibilità per intervenire

Chiedere alle persone non obbligate al monitoraggio se volevano comunque continuare con incontri ogni tre mesi ha significato immettere in quei rapporti quote di desiderio, non solo obbligo o bisogno. Con le persone che hanno scelto di tornare sono stati ripresi i punti più significativi emersi nei colloqui di valutazione multidimensionale. Alcune volte erano piccole frasi a condensare una serie di emozioni molto impattanti per il tema dell’inclusione sociale in cui ci si muoveva. Come nel caso di mamme che dicono “la mia vita è noiosa”, di anziani che dicono “mi sento inutile”, o di un giovane il cui desiderio è “diventare calciatore” ma che sembra cercare un posto nella vita e nella società. Valorizzare la soggettività di queste persone è molto importante soprattutto se si considera che i giovani e gli anziani condividono un basso potere sociale e, anche se per motivi diversi, vengono raramente ascoltati con attenzione (WHO, 2021; SPS, 2024). Un rapporto che valorizza la soggettività, dando la possibilità di elaborare un pensiero sul momento che si vive, può avere dei prodotti diretti e facilmente riconoscibili, come nel caso di quello stesso giovane che deciderà, dopo i quattro incontri del 2024, di iscriversi nel 2025 a laboratori di inserimento lavorativo. Altre volte quella relazione ha una funzione diversa ma non per questo meno importante, come nel caso di un anziano che, quasi al termine dei 18 mesi dell’ADI, dice di sentirsi meno inutile ultimamente, grazie al confronto con amici e parenti, alle domande che si è posto personalmente e agli incontri svolti per l’ADI. Come è normale che sia, il suo cambiamento non è dovuto unicamente ai colloqui avuti nei Servizi Sociali, ma monitorare il suo percorso, quindi far esistere il suo cambiamento e le sue parole, è una funzione fondamentale degli incontri di monitoraggio ADI.