Questo articolo è tratto dal lavoro sviluppato dalla quarta edizione dell’Osservatorio sulla prossimità in Italia costituito nell’ambito della Biennale della Prossimità. L’indagine è stata elaborata nell’ambito della nuova edizione della Biennale della Prossimità, tenutasi a Napoli dal 3 al 5 ottobre 2024. L’Osservatorio è sostenuto da Fondazione Impresa Sensibile e Fondazione Modena, già impegnate nell’accompagnamento e nello sviluppo del modello prossimità.
Introduzione
Sono qui documentati gli esiti di sintesi della quarta edizione dell’Osservatorio Prossimità, realizzato nell’ambito della Biennale della Prossimità. La nuova indagine ha centrato l’attenzione sugli effetti trasformativi generati dalle iniziative di prossimità, a livello di trasformazione sociale, organizzativa e di impatto sociale.
La ricerca ha previsto due fasi, la prima consistente all’analisi di 16 studi di caso dedicati a pratiche di prossimità attive in diverse aree del paese (fase qualitativa), la seconda in un questionario rivolto ai responsabili delle pratiche stesse, per la verifica della diffusione dei diversi effetti e cambiamenti osservati attraverso l’analisi qualitativa (fase quantitativa)
Preliminarmente, è utile delineare alcuni dei concetti utilizzati nell’indagine.
Con “prossimità” si intende la capacità in grado di innescare e realizzare pratiche finalizzate al raggiungimento di obiettivi condivisi. Si attiva in persone o gruppi o sistemi organizzati che appartengono ad una comunità, definita territorialmente.
Con “pratiche di prossimità” ci si riferisce ad azioni, processi, attività generate da persone e/o gruppi formali e informali che si uniscono consapevolmente e intenzionalmente collaborando per rispondere in modo concreto e condiviso ad un problema, un bisogno un desiderio o un progetto, in un contesto spaziale specifico, attivando reciprocità e beni relazionali che i protagonisti stessi generano. La pratica di prossimità si caratterizza quindi per un contesto territoriale specifico, per la presenza di una condivisione iniziale a partire da una finalità esplicita e condivisa, dal darsi un metodo di lavoro – anche “artigianale” e dall’originare relazioni intorno alla progettualità in costruzione.
Con “ecosistema di prossimità” ci si riferisce a luoghi di dimensioni diverse – può trattarsi di piccole località, parti di città, quartieri, borghi, spazi pubblici, fino ad arrivare a contesti più circoscritti come condomini o luoghi spesso rigenerati anche privati ma ad uso plurale – dove la biodiversità di persone e organizzazioni che li abitano permette la convivenza, la relazione e la collaborazione, e quindi di fatto l’innesco di pratiche di prossimità. Negli ecosistemi di prossimità sono quindi presenti e attive persone che “abitano” questi contesti e che consapevolmente e intenzionalmente alimentano una infrastruttura di socialità, fiducia e collaborazione permanente finalizzata ad affrontare a geometrie variabili bisogni, desideri, progetti in una logica di reciprocità.
Aspetti trasversali alle pratiche di prossimità
Ciò premesso, cosa hanno in comune le 16 pratiche studiate? Dalla ricerca emergono alcuni elementi – atteggiamenti, capacità, posture, in grado di moltiplicare la densità relazionale – di seguito sintetizzati.
Autopromozione di benessere interno. Nel realizzare la pratica di prossimità, accanto ai risultati sugli ambiti oggetto di lavoro comune, i partecipanti intervistati avvertono un miglioramento del proprio benessere professionale, organizzativo e personale. In sostanza, l’essere coinvolti in pratiche di prossimità fa star bene chi la prossimità la agisce.
Pratiche di prossimità come interlocutrici e co-costruttrici con la pubblica amministrazione. Le pratiche di prossimità studiate si attivano – per risolvere un problema o seguire un desiderio, per vivere meglio il proprio territorio, per immaginare e costruire nuove infrastrutture sociali – in ambiti centrali per la qualità della vita e il benessere delle persone e così facendo rappresentano un interlocutore naturale della pubblica amministrazione che tende a riconoscere e valorizzare la capacità delle azioni di prossimità di individuare esigenze, bisogni e desideri in modo anche più diretto rispetto a quello delle istituzioni.
Una pluralità di dimensioni e di forme organizzative. Le forme organizzative che gestiscono e animano le pratiche sono tra loro diverse per area geografica, forma, entità e periodo di sviluppo, competenze, storie, anche se tutte hanno elementi che le associano a significati simbolici per la comunità in cui nascono. Vi sono pratiche piccole, semplici, destrutturate ed altre di dimensioni medio grandi, con architetture complesse e articolate. Vi sono esperienze situate in piccoli centri e aree interne, ma anche pratiche di prossimità in grandi aree urbane. La spinta iniziale in alcuni casi proviene da iniziative autonome del tessuto sociale (enti di Terzo settore, ma talvolta anche imprese for profit) e in altri che hanno visto un ruolo significativo del soggetto pubblico in alleanza con espressioni della società civile. Hanno forme organizzative diverse: cooperative sociali, cooperative di comunità, associazioni di promozione sociale, associazioni di volontariato, imprese for profit, gruppi non formali.
Prossimità come cura del tempo. L’ingrediente fondamentale della prossimità è la relazione sociale, contraddistinta dalla presenza di un orientamento reciproco che porta all’agire comune. E questo processo ha come elemento fondamentale nelle pratiche studiate il dedicare tempo all’ascolto attivo, alla conversazione, al dialogo: ci si relaziona reciprocamente, si forma una squadra di persone che partecipano attivamente e che al tempo stesso costruiscono nella relazione la connessione tra singoli in un sistema di gruppo.
La prossimità come gesto politico. Le pratiche di prossimità studiate avvertono di intervenire su dimensioni fondamentali dell’agire politico: sull’etica della cura dell’altro, qualunque sia la sua condizione economica, sociale, culturale, sull’ etica pubblica, sulla costruzione di civiltà e di benessere collettivo, sul superamento di situazioni di sofferenza, di isolamento, di separazione, di anaffettività civica, di rinuncia. Questo è realizzato dalle pratiche di prossimità studiate in modo consapevole come un atto politico, costruendo processi virtuosi che fanno nascere risposte in grado di riconoscersi dentro una stessa cornice politico-valoriale.
Prossimità è welfare di comunità. Le pratiche di prossimità costituiscono un modello di intervento basato sull’attivazione delle persone, centrato sulla dimensione locale partecipata, creativa e sostenibile, dove persone e soggetti formali – pubblici e frutto dell’attivazione del tessuto locale – e informali condividono le proprie idee, danno la loro disponibilità, le loro competenze e le loro esperienze per implementare, in forme spesso innovative, le risposte sociali già esistenti o generare nuove risposte a bisogni insoddisfatti. Le pratiche di prossimità partono dalla convinzione che ciascuno abbia la possibilità di contribuire al benessere collettivo, trasformando il proprio network relazionale in una rete attiva di promozione sociale e sviluppo. E questo è quello che succede nelle pratiche osservate.
Prossimità come innovazione. Le pratiche di prossimità studiate presentano tre aspetti connessi con l’innovazione. Il primo è la presenza di un approccio valoriale, sempre ridefinito e in movimento accogliendo gli stimoli delle persone coinvolte nella relazione, che rappresenta da una parte una dimensione identitaria, dall’altra un motore di cambiamento. Il secondo è uno stile di lavoro che comprende forme di ritualità che rinforzano la collaborazione e narrazioni che contribuiscono a prendere coscienza degli obiettivi trasformativi. Il terzo, coerente con i precedenti, è uno sguardo all’orizzonte, una “visione del mondo che vorremmo”, del futuro desiderato.
Pratiche di prossimità come catalizzatrici dell’attivismo “di transito”. Le esperienze studiate riescono ad attrarre e valorizzare energie e risorse che non si collocano facilmente in esperienze fortemente identitarie e che invece trovano nelle pratiche di prossimità una situazione più confortevole e adattabile. Le pratiche di prossimità riescono ad ingaggiare forme di disponibilità all’attivismo diverse da quelle – in declino – tradizionali.
Prossimità e cambiamento
Uno degli approfondimenti dell’indagine ha riguardato la capacità delle pratiche di prossimità di generare cambiamento. A partire dai cambiamenti emersi durante la fase qualitativa attraverso confronti con i responsabili delle organizzazioni gli operatori e i cittadini coinvolti nelle pratiche oggetto dello studio, si è proceduto ad intervistare i responsabili di tali pratiche per la verifica della diffusione dei diversi effetti e cambiamenti osservati attraverso l’analisi qualitativa. La percezione degli intervistati è che l’intervento di prossimità sia stato rilevante nel generare cambiamenti nei seguenti ambiti.
È possibile individuare in queste indicazioni dei protagonisti alcuni assi principali di cambiamento percepito:
- nuove modalità di apprendimento e aumento di competenze condivise, con aumento della capacità degli operatori di identificare i reali bisogni dei beneficiari, aumento delle competenze trasversali dei beneficiari, aumento del numero di soluzioni sperimentate per risolvere problemi sono alcuni degli esempi che rientrano in questa area;
- crescita dell’autostima in tutti gli attori coinvolti, che genera la convinzione che il cambiamento sia effettivamente possibile e questo porta a sua volta capace di far fiorire l’ideazione di nuove risposte e azioni: vi è un maggiore impegno di tutti nel cercare soluzioni, grazie a un aumento di fiducia verso la possibilità di cambiamento, più disponibilità dei cittadini ad aiutarsi reciprocamente in modo gratuito e disinteressato, beneficiari più corresponsabili nel trovare soluzioni, ecc.
- una nuova interconnessione tra individuo e collettività con il superamento di approcci egoistici, poiché tutti gli attori sono coinvolti nel perseguimento dello scopo che porta vantaggio alla comunità, con stile collaborativo e partecipativo con una valorizzazione dei luoghi in cui le pratiche avvengono; le soluzioni trovate sono percepite come più efficaci grazie al rapporto paritario tra i portatori di interesse, vi sono più spazi in cui condividere bisogni e soluzioni, la rete degli enti in collaborazione è più diversificata, ecc.
Secondo la percezione dei responsabili degli interventi stessi, nell’80% dei casi le trasformazioni sopra indicate sarebbero stati impossibili senza la presenza delle pratiche di prossimità.
Valorizzando economicamente le ore messe a disposizione dai cittadini a seguito del loro coinvolgimento nelle pratiche di prossimità – un indicatore sicuramente approssimativo rispetto al complesso del valore generato – si ottiene un valore pari a 1,27 degli investimenti complessivi destinati a sostenere le pratiche di prossimità. Il calcolo è stato realizzato con tecnica SROI che misura la capacità di trasformare le risorse investite in valore economico per la società: ciò significa che per ogni euro investito nelle pratiche di prossimità si è generato un valore di 1,27 euro per la comunità.
Il dato conferma la rilevanza di uno stile di intervento che propone nuove modalità di risposta ai bisogni e nuovi stili di vita, rese possibili da una nuova percezione di sé e delle proprie capacità all’interno dei contesti comunitari.
Le pratiche di prossimità sono coerenti con una concezione che si distanzia da altre fondate sulla distanza tra erogatore e fruitore e sulla delega passiva (del pubblico rispetto al privato sociale, dell’utente rispetto all’erogatore). Gli esiti trasformativi evidenziano la necessità di valorizzare la spinta propulsiva ad un approccio collaborativo e fondato sulla relazione come tratto distintivo e che sviluppa cura della comunità, autostima, percezione della possibilità di incidere sui contesti nei quali si vive.
Indicazioni
Le pratiche di prossimità studiate fanno emergere anche alcune indicazioni sia per il Terzo settore, sia per la pubblica amministrazione, che sono di seguito richiamate.
Rispetto agli Enti di Terzo settore, va acquisita la consapevolezza che la prossimità rappresenta una possibilità di dare forza e prospettiva al proprio ruolo. Per interpretare questo ruolo è necessario far sì che progettare e agire relazione diventi un tratto distintivo del proprio operato. Si tratta di agire sulla densità relazionale dei contesti in cui si opera e che facilitano naturalmente il link tra domanda, bisogno, desideri e attivazione di una possibile risposta, di una presa in carico, di un coinvolgimento a geometrie variabili tra le persone. Le pratiche di prossimità sono sostanzialmente densità relazionale agita. Lavorare per creare densità relazionale richiede tempo e competenze, la capacità di creare spazi in cui le persone mettono in comune visioni e creano relazioni di reciprocità, percependo come agire per il bene comune sia al tempo stesso, in ottica di reciprocità, una fonte di benessere personale.
Rispetto alla pubblica amministrazione, va acquisita la consapevolezza che le pratiche di prossimità, oltre a contribuire in modo decisivo alle finalità che la stessa pubblica amministrazione ha l’obiettivo di perseguire, può costituire una fonte di legittimazione del proprio ruolo a fianco dei cittadini.
Attivazione in ottica di reciprocità del tessuto sociale, nelle sue diverse componenti – formali e informali, gratuite e imprenditoriali – un Terzo settore che assume la densità relazionale come elemento fondante della propria azione e una pubblica amministrazione che include la promozione della prossimità nelle proprie strategie sono gli elementi che portano alla creazione di un ecosistema della prossimità. Questa è la sfida impegnativa che si ha di fronte: passare dall’attuale narrazione, stimolante e accattivante e da pratiche eccellenti, alla costruzione consapevole di un ecosistema di prossimità.