Welfare: le imprese sociali europee a confronto


Gloria Manzonato | 26 Marzo 2020

Si è concluso il progetto europeo di Mappatura delle imprese sociali e dei loro ecosistemi ed il risultato finale, frutto di un lungo e meticoloso lavoro, è un Comparative Synthesis Report, un rapporto comparativo che racchiude e spiega, mettendoli a confronto, dati, numeri ed esperienze sulle imprese sociali in 35 paesi.

Oltre al rapporto comparativo, sono disponibili i report per i singoli Paesi: Austria, Belgium*, Bulgaria, Croatia, Cyprus, Czech Republic, Denmark, Estonia, France*, Finland, Germany, Greece, Hungary, Ireland*, Italy*, Latvia, Lithuania, Luxembourg, Malta, Poland*, Portugal, Romania, Slovakia*, Slovenia, Spain*, Sweden, The Netherlands, United Kingdom, Albania, Iceland, Montenegro, North Macedonia, Norway, Serbia, Turkey.

 

Commissionato ad Euricse (Istituto Europeo di ricerca sull’impresa cooperativa e sociale) ed EMES (International research network for Social Enterprise) dalla Direzione Generale per l’Occupazione, gli Affari Sociali e l’Inclusione della Commissione Europea, questo progetto ha visto diverse fasi, la prima del 2014, la seconda nel 2016 e l’ultima nel biennio 2018-2019.

A raccogliere ed elaborare i dati più di settanta ricercatori che hanno contribuito anche alla progettazione della metodologia e alla stesura del presente rapporto di sintesi. A fornire le informazioni sono decisori politici, imprenditori sociali, reti, organizzazioni di rappresentanza e di supporto, ed altri ricercatori nazionali dei 28 paesi membri con l’aggiunta di informazioni da altri sette paesi che hanno aderito al Programma per l’Occupazione e l’Innovazione Sociale (EaSI) (Albania, Islanda, Montenegro, Macedonia del Nord, Norvegia, Serbia, e Turchia.

Lo scopo del report è quello di restituire una visione di insieme di tutte quelle realtà che sono riconosciute come imprese sociali, imprese che esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, che può solo contribuire a rinforzare il quadro europeo, riuscendo a descriverne una fotografia complessiva. Dal punto di vista dell’apprendimento reciproco, la diversità è un’opportunità: l’Europa è ricca di esperienza e conoscenza a livello nazionale. La sfida è comunque saper abbinare le esigenze di apprendimento e i casi rilevanti da cui si potrebbe imparare.

Nel rapporto vengono toccati diversi aspetti che nel complesso definiscono la natura di una impresa sociale. Ad esempio si è riusciti a ricostruire il background storico che fa da impalcatura alle realtà attuali di cui riusciamo a scorgere dei punti comunitari, condivisi quindi nelle intenzioni e negli ideali.

Si presentano però anche delle peculiarità nazionali che risultano poi riconducibili all’implementazione di diverse visioni delle politiche sociali. Tra le altre cose è anche interessante notare che determinate tipologie di attività considerate come “sociali” in un paese, non lo sono in altri.

Anche negli investimenti e nelle risorse a disposizione a livello nazionale non c’è una tendenza omogenea, alcuni paesi infatti hanno dei piani di finanziamento per favorire lo sviluppo delle imprese sociali più strutturati, rispetto ad altri che presentano delle criticità. In ogni caso però il trend sembra essere positivo: la situazione è molto promettente nonostante la mancanza di connessione tra molti di questi programmi e attori, che ostacolano l’impresa nel compiere azioni comuni a livello nazionale e strategie educative e all’imprenditorialità in generale. Nel caso dei paesi che hanno aderito all’UE dopo la svolta del millennio, la ricerca e la formazione si sono concentrate all’inizio sullo scambio di buone pratiche con altri paesi membri, trascurando contesti endogeni.

Anche per quanto riguarda il welfare, la dimensione comparativa è quella che più risulta interessante analizzando il report, anche se le interpretazioni sono sicuramente condizionate dalle peculiarità nazionali.

Ad esempio, nei paesi dove tradizionalmente non vengono offerti servizi pubblici di welfare, le imprese sociali hanno un ampio spazio di mercato da occupare. In questi paesi però, possiamo anche riconoscere un diffuso impegno civico che solitamente può favorire proprio l’inserimento di realtà imprenditoriali con fini sociali. In questo caso, come scritto sopra, è determinante la programmazione dei servizi, le politiche di sostegno pubblico locali tendono infatti a sostenere l’offerta complementare di servizi di interesse generale da parte delle imprese non-profit.

Oltre a sperimentare e garantire una copertura sempre più ampia di servizi di welfare, compresi percorsi innovativi di integrazione del lavoro, le imprese sociali risalenti a questo gruppo si sono progressivamente espanse in una vasta gamma di campi di interesse per le comunità locali, come la cultura, l’ambiente e l’edilizia abitativa. Con l’avvertenza di semplificare la realtà, questi tipi di dinamiche possono essere osservati in particolare Italia, Grecia, Portogallo e Spagna.

Nei paesi con sistemi di welfare che presentano delle problematicità, sia perché sistemi in fase di riforma o sistemi con vere e proprie lacune (sono Stati anche relativamente “giovani”), le imprese sociali sono emerse sin dall’inizio mostrando una forte propensione ad affrontare le esigenze dei gruppi svantaggiati ed emarginati. Ciò riguarda in particolare l’area dell’Europa centro-orientale e che coinvolge Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia e le repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia e Lituania). In questi paesi, le politiche pubbliche a beneficio delle imprese sociali sono principalmente progettate per migliorare l’inclusione sociale e spesso assumono la forma di sussidi pubblici.

Cambiando prospettiva, in quei paesi europei in cui la fornitura di servizi di welfare è efficiente, l’emergere dell’impresa sociale è stata generalmente intrecciata ad altri fattori che hanno portato alla trasformazione del senso di welfare stesso. I settori chiave di coinvolgimento sono stati quelli nei quali la fornitura di servizi è stata contratta, ovvero quei settori dove è venuta meno la capacità delle amministrazioni pubbliche di sopperire ai bisogni. Ed è qui che le imprese sociali conquistano un ruolo principalmente sostitutivo. Tuttavia è stata seguita da una progressiva espansione in ulteriori campi di interesse alla comunità, spinto da gruppi di cittadini interessati dal basso verso l’alto. In sintesi, pur ricoprendo un mero ruolo esecutivo, le imprese sociali tendono a sostituire le politiche pubbliche in paesi come la Finlandia ed il Regno Unito.

 

Tutto sommato, le imprese sociali sono oggi ampiamente diversificate in termini di tipi di servizi di interesse generale erogati e gruppi di beneficiari serviti. Da una prospettiva comparativa, il campo principale in cui è emersa inizialmente l’impresa sociale è proprio il welfare. Le prime imprese sociali sono riuscite a diventare piuttosto solide in questo settore grazie al supporto pubblico. Bisogna però riconoscere anche l’emergere di nuovi tipi di imprese sociali che nell’ultimo decennio, costituite per affrontare le nuove sfide della società, compresi i cambiamenti climatici, gestione dei rifiuti e i fenomeni migratori.

 

In conclusione il report mostra che le imprese sociali, i servizi di interesse generale che producono e i loro occupati sono in aumento in tutti gli Stati membri UE ma nonostante ciò le imprese sociali non hanno una risposta in termini di visibilità che supporti questi buoni traguardi. Per questo motivo si rende necessario avere a disposizione una migliore conoscenza del mondo dell’imprenditoria sociale, una divulgazione delle belle esperienze che sono presenti, non solo nel nostro circoscritto territorio, ma anche in paesi che consideriamo lontani.