In Spagna dodici settimane di congedo di paternità

Verso l’uguaglianza di genere nel diritto ai congedi retribuiti


Teresa Jurado Guerrero | 20 Gennaio 2020

Traduzione dall’inglese di Marta Cordini   Nel Marzo 2019 il governo spagnolo ha emesso un decreto “rivoluzionario”, con l’obiettivo di raggiungere la parità di genere nel diritto a congedi di paternità e maternità adeguatamente retribuiti entro Gennaio 2021. Un esempio interessante per il dibattito in Italia dove, dopo minime estensioni introdotte anno dopo anno, il congedo di paternità consiste nel 2020 in soli 7 giorni obbligatori (più uno facoltativo, da utilizzare in alternativa alla madre se questa rinuncia a un giorno del congedo obbligatorio di maternità), e dove proprio in questi giorni si discute della proposta del governo di estendere il congedo di maternità a sei mesi, riservandone una quota ai padri.   La normativa spagnola prevede un congedo di maternità di sedici settimane e la sicurezza sociale copre il 100% dello stipendio (con un massimo di 4.070 euro al mese). Dal primo di Aprile 2019 il congedo di paternità ha una durata di 8 settimane ed è pagato al 100%. Da Gennaio 2020 la sua durata è stata estesa a 12 settimane e da Gennaio 2021 aumenterá fino a 16 settimane. Se il decreto diventerà realtà, la Spagna sarà il primo paese al mondo ad avere un congedo di 4 mesi per entrambi i genitori completamente pagato e non trasferibile. Attualmente, l’Islanda e la Svezia prevedono tre mesi di congedo non-trasferibile per genitori pagato rispettivamente all’80% e al 77,65% (con un tetto massimo). La Norvegia prevede 3,4 mesi di congedo per i padri pagati al 100% (sempre con un tetto massimo). Entro il 2021 la Spagna si propone di offrire un congedo più generoso ai padri in termini di durata e di stipendio rispetto a Islanda, Svezia e Norvegia. Inoltre, il congedo di paternità spagnolo avrà la stessa durata di quello delle madri, poiché il congedo di maternità retribuito per le madri in Spagna è molto più corto rispetto a quello di Islanda, Norvegia e Svezia. In Spagna non esiste un congedo parentale retribuito dopo il congedo di maternità: quello esistente (excedencia) non è retribuito. Nei tre paesi nordici il congedo parentale retribuito per le madri (a livello individuale e familiare) va dai 6 mesi in Islanda, agli 8,6 in Norvegia ai 12,8 in Svezia, mentre in Spagna ammonta a 3,7 mesi (16 settimane)1. La parità di genere nel diritto e nell’uso del congedo non esiste nemmeno in questi paesi nordici. Questo è il risultato della congiunzione del disegno del sistema dei congedi e dei modelli di cura differenziati in base al genere. La maggior parte degli uomini usa solo il congedo retribuito e non-trasferibile, mentre la maggior parte delle madri fa un uso cumulativo del congedo loro riservato e dei congedi trasferibili (di cui è titolare la coppia genitoriale nel suo insieme). Come è arrivata la Spagna a questo disegno di congedo individuale, non trasferibile e retribuito che promuoverà un uso uguale delle 16 settimane di congedo da parte di madri e padri?   La prima importante riforma per promuovere l’uso del congedo di paternità è stata proposta dal governo social-democratico nel Marzo 2011 attraverso la Legge Spagnola sulla Parità di Genere. La riforma ha introdotto un congedo di paternità non trasferibile di due settimane retribuito al 100%. La legge prevedeva anche un allungamento della durata del congedo fino a quattro settimane nel 2009, ma diversi governi durante la crisi economica e a fronte delle politiche di austerità hanno posticipato questa misura di otto anni. Finalmente, il governo Conservatore del Partito Popolare (PP) con il sostegno del partito liberale Ciudadanos ha deciso di aumentare a quattro le settimane di congedo di paternità nel Gennaio 2017. Poco dopo, con l’approvazione della legge finanziaria, sono state concesse cinque settimane di congedo a partire da Luglio 2018. È opportuno sottolineare che dal 2005 un’alleanza di movimenti femministi e sociali si stava battendo per politiche di parità di genere che includessero anche gli uomini. Riguardo al congedo di paternità la Piattaforma civica per il Congedo di Nascita e di Adozione non trasferibile (PPiiNA) ha condotto una campagna lunga 14 anni per rendere il congedo di paternità uguale a quello di maternità. Una proposta di legge della PPiiNA per tale riforma è stata registrata per la prima volta in Parlamento nel 2012, ma durante la recessione economica non è stata né presentata né discussa in nessuna plenaria parlamentare. Finalmente nel giugno 2018 il partito di sinistra Unidas Podemos ha presentato una proposta di legge simile e tutti i gruppi parlamentari hanno votato a favore della sua discussione. Tuttavia, la sua approvazione è stata continuamente posticipata. Nel Marzo 2019 il nuovo governo socio-democratico del PSOE ha deciso di forzare una riforma simile attraverso un decreto che ha esteso il congedo di paternità a otto settimane nel 2019 e a 12 settimane nel 2020 come un primo passo verso la parità di genere nel diritto al congedo per nascita. La riforma ha coinciso con la più grande manifestazione femminista dell’8 Marzo mai avvenuta in Spagna ed è stata seguita da due scioperi femministi nel 2018 e 2019. Al momento il movimento femminista spagnolo è diventato un movimento di massa sostenuto da molte persone e da personaggi dell’opinione pubblica.   La riforma approvata nel Marzo 2019 differisce in alcuni punti dalla proposta di legge precedente, soprattutto nello stabilire le tempistiche dell’utilizzo del congedo da parte dei padri e nella possibilità per i datori di lavoro di decidere i tempi e le forme di tale utilizzo (full-time, part-time, settimanale). Il decreto include sei settimane di congedo obbligatorio per i padri (anche le madri hanno il medesimo obbligo), che devono utilizzare in corrispondenza della nascita o dell’adozione del figlio, mentre la proposta di legge prevedeva solo l’obbligo di prendere due settimane per la nascita o adozione del bambino e lasciava ai genitori la scelta di come utilizzare le rimanenti 14 settimane. Inoltre, secondo il decreto i padri devono contrattare con il datore di lavoro quando e come prendere le altre dieci settimane facoltative di congedo, mentre nella proposta di legge questo era un diritto individuale del lavoratore non soggetto a negoziazione.   Che cosa significa questo cambiamento normativo per l’uguaglianza di genere effettiva nel lavoro e tra le mura domestiche? Questo dipende da due fattori legati alle modalità di utilizzo del nuovo congedo per nascita (permiso por nacimiento y cuidado de menor): prima di tutto, dall’uso effettivo di un congedo più lungo da parte dei padri e, secondo, dalla capacità e dalla disponibilità del padre di dividere con la madre la cura del neonato. A causa della mancanza di dati, non possiamo ancora studiare l’utilizzo delle otto settimane di congedo, ma possiamo osservare l’aumento dei tassi di utilizzo dei padri del congedo dal passaggio dalle quattro alle cinque settimane. Come mostra la figura di seguito, durante la crisi e nei primi tre anni di ripresa, i tassi di utilizzo delle due settimane di congedo oscillavano dal 66% al 71% dei padri occupati; con l’estensione a quattro settimane nel 2017 e a cinque settimane nel 2018, stimiamo un tasso di utilizzo dell’80% (Jurado Guerrero and Munoz Comet, 2019). Si tratta di un utilizzo significativo e, se comparato a quello delle madri, il divario di genere risulta annullato. Dunque, l’utilizzo di 30 giorni (in media) di congedo di paternità adeguatamente compensato e non trasferibile nel 2018 rappresenta una storia di successo.  

Figura 1 – Tasso di Utilizzo del Congedo di Paternità, Tasso di Occupazione Maschile, Divario tra Beneficiari di Congedo di Maternità e Congedo di Paternità, 2007-2018*  Fonte: nostra elaborazione su dati LFS e sulle statistiche ufficiali della sicurezza sociale *Tassi di utilizzo per i padri tra i 20 e i 49 anni occupati.

La prima linea verticale si riferisce all’introduzione delle due settimane di congedo di paternità nel 2007, la seconda all’estensione a 4 settimane nel 2017 e la terza all’estensione a 5 settimane dal 5 Luglio 2018.   In secondo luogo, per quanto riguarda la distribuzione delle settimane di congedo di paternità, l’attuale riforma obbliga i padri a utilizzare simultaneamente con le madri due settimane di congedo nel 2019, quattro nel 2020 e sei nel 2021. Questo obbligo di usare simultaneamente i congedi individuali ha conseguenze importanti. Prima di tutto, l’ammontare totale del tempo che i genitori possono spendere nella cura del neonato a casa è ridotto, poiché il padre non può usufruire della maggior parte del suo congedo una volta che la madre è rientrata a lavoro. In secondo luogo, tale obbligo potrebbe portare i padri ad aiutare le madri nel lavoro di cura, piuttosto che trascorrere la maggior parte del tempo concesso dal congedo da soli con i figli. Ricerche recenti hanno invece mostrato come stare da soli con i figli comporti una differenza consistente per i padri, poiché essere l’unico adulto responsabile della cura porta a svolgere più mansioni organizzative e ad aumentare il senso di responsabilità nei confronti del bambino. Stare da soli incentiva, inoltre, l’apprendimento del lavoro di cura in maniera più autonoma ed è un elemento fondamentale nel percorso di trasformazione da un modello di “mascolinità egemonica” a una “mascolinità di cura”2. Il ruolo di care-giver porta l’uomo a sentirsi co-responsabile nell’accudimento e permette alle donne di ritornare alla propria occupazione senza il bisogno di prendere congedi non retribuiti o di ridurre le ore lavorative. In conclusione, se la riforma spagnola introdurrà la possibilità per i genitori di alternarsi effettivamente nella cura dei propri figli, quando sarà completata la sua implementazione il potenziale trasformativo del nuovo congedo di sedici settimane promette di essere importante relativamente alle relazioni di genere. Inoltre, i bambini potrebbero beneficiare di un legame emotivo più forte con il padre e di un periodo più lungo trascorso in famiglia prima di iniziare a frequentare i servizi di cura per la prima infanzia.

  1. International Review on Leave Policies and Related Research 2019, p. 57
  2. Romero-Balsas et al. 2019