Cosa c’è di buono (e cosa no) nel Piano Colao


Gianfranco Marocchi | 9 Giugno 2020

L’8 giugno è stato diffuso l’esito del lavoro della commissione guidata da Vittorio Colao e incaricata dal Governo di tracciare le linee di intervento per il rilancio del Paese1.

L’esito è un documento di 121 pagine articolato in slide e diffuso in sei macrocapitoli, coerenti con il disegno complessivo di costruire “un’Italia più forte, resiliente ed equa” passando per tre aspetti trasversali, la digitalizzazione e l’innovazione, la rivoluzione verde, la parità di genere e l’inclusione.

I sei macrocapitoli – 1) imprese e lavoro; 2)infrastrutture a ambiente; 3) Turismo Arte e Cultura; 4) Pubblica amministrazione; 5) Istruzione, ricerca e competenze 6) Individui e famiglie – sono a loro volta sviluppati ciascuno attraverso una pluralità di proposte, generalmente strutturate su singole slide che contengono una parte di analisi (“Contesto”) e la proposta di una o più azioni che dovrebbero essere intraprese. Ciascuna proposta è poi catalogata a seconda del fatto che richieda o meno finanziamento (e nel caso, se pubblico o privato) e del fatto che sia o meno immediatamente operativa.

 

In premessa va ricordato che, con tutta l’autorevolezza che va riconosciuta al gruppo di lavoro coordinato da Colao, quelle contenute non sono disposizioni operative, ma proposte da verificare nella loro fattibilità e da sottoporre ciascuna alla volontà degli organi politici affinché se ne valuti l’opportunità di attuazione. Non è difficile ipotizzare che un Governo forte e coeso nel gestire l’emergenza, ma disomogeneo nelle culture politiche e connotato da una persistente debolezza possa trovare notevoli difficoltà a lavorare anche solo su una piccola quota delle proposte elencate, con esiti tutti da verificare.

Ma, ciò detto, si tratta comunque di un documento interessante da un punto di vista culturale, che merita qualche riflessione.

 

La prima considerazione è che l’inclusione e altre priorità “sociali” sono parte del progetto di rilancio del Paese. Si può sicuramente eccepire sul merito delle singole proposte in ambito sociale, spesso un po’ naive, ma non era scontato che da un’Italia stretta tra priorità sanitarie virologiche e emergenza economica, il sociale riemergesse in modo così netto come elemento fondante per progettare il futuro comune.

Tale attenzione si vede non solo nel capitolo “Individui e famiglie per una società più inclusiva ed equa”, ma anche in altri passaggi, ad esempio nell’attenzione dedicata alla disabilità nel capitolo sulla formazione e istruzione, o nella scelta di dare spazio e attenzione al Terzo settore e all’impresa sociale nel capitolo iniziale su “Imprese e lavoro motore dell’economia”.

Così come, allargando lo sguardo, il fatto che si parli di ambiente, arte, cultura, formazione rimanda ad un’idea di rilancio attenta ai settori di interesse generale e quindi ad un’idea di costruzione di un benessere che va oltre alla mera crescita economica.

 

D’altra parte, vi sono nel documento alcuni limiti di impostazione.

Il primo è la scelta di elencare un discreto numero di “azioni specifiche” ritenute auspicabili in ciascuna delle 121 pagine, con il risultato quindi diverse centinaia di proposte complessive: se già i propositi di riforma sono difficili in questa fase politica, il disperdere l’attenzione su centinaia di item non aiuta, anche tenendo conto che le azioni più strutturate richiederebbero ciascuna istruttorie tecniche e energie politiche non secondarie.

Le proposte sono inoltre tra loro disorganiche e spesso ingenue: è come se i commissari avessero raccolto un insieme di desiderata da parte di interlocutori che per motivi più o meno casuali sono entrati in contatto con la Commissione e avessero realizzato una aggregazione di ciò che appariva a prima vista allettante. Se si seguono le proposte relative al welfare, da pagina 101 in avanti, si scorrono idee sicuramente animate da buone intenzioni, ma di fatto un po’ “stonate”, evidentemente elaborate e soprattutto aggregate da soggetti con poca confidenza sui temi trattati, prive tra l’altro di quantificazioni economiche che consentano al decisore di operare delle scelte in base a priorità politiche.

Il risultato è un insieme di idee, frutto di filosofie diverse, alcune assolutamente condivisibili, altre molto meno, che probabilmente comunque non entreranno, nella grande maggioranza, in un effettivo dibattito politico (salvo quelle che vi erano già presenti).

 

Da tutto ciò si può ricavare certamente un’eredità positiva, nel senso di consolidare la convinzione che il rilancio del Paese debba passare anche attraverso la dimensione sociale e la valorizzazione di tutti i soggetti, pubblici e di Terzo settore, che vi operano. Al tempo stesso la vicenda ci invita, anche in vista di futuri appuntamenti, a ragionare su come diversamente impostare il rapporto tra un gruppo tecnico e il livello politico: invitare a comporre un collage di idee, quasi il frutto di un cartellone di brain storming in un’aula di formazione, forse non è il modo più utile per valorizzare le competenze esistenti, che potrebbero e dovrebbero essere meglio finalizzate su obiettivi definiti, producendo un output magari più ristretto ma più facilmente operazionalizzabile, laddove condiviso dal decisore politico.

  1. Vedi anche il documento di approfondimento: Schede di lavoro

Commenti

Premmesso che la vita continua e non finisce con l’approvazione della/e legge/i per il rilancio, se i partiti, i sindacati e gli attori politici in senso lato concentrassero gli sforzi sulle soluzioni “sostanzialmente” accettabili, e ponessero per una volta in loro limiti invalicabili e/o strumentali in modo “elastico” forse si potrebbe abbreviare l’iter e dare concretezza alle cose in tempi accettabili. Se invece cominciano i distinguo, l’affermazione dei limiti invalicabili (spesso solo strumentali e tesi al facile consenso o difesa miope di un singolo interesse) e si trascina la cosa per settimane e mesi se ne svilisce l’impatto e se ne rende molto meno utile sia l’impatto economico che il segno culturale del cambiamento.
Lo spirito con il quale è stato scritto il commento è pertanto largamente condivisibile perchè mi sembra rispecchi questa sensibilità. Facciamoci sentire per promuovere questa esigenza. Come spesso si dice il “Meglio” o presunto tale è spesso a discapito del “Bene”. Si può migliorare sulla base dell’esperienza una cosa fatta ma è impossibile da fare su una cosa non sperimentata.