Diversamente abili, normalmente speciali

In Lombardia si punta alla piena inclusione, a partire dal superamento delle barriere


I PEBA, ovvero i Piani di Eliminazione delle Barriere Architettoniche, sono strumenti per monitorare, progettare e pianificare interventi finalizzati al raggiungimento di una soglia ottimale di accessibilità e fruibilità degli edifici per tutti i cittadini. Sono stati introdotti nel 1986, con l’articolo 32, comma 21, della legge n. 41, e integrati con l’articolo 24, comma 9, della legge 104 del 1992, che ne ha esteso l’ambito agli spazi urbani. Ogni Comune dovrebbe dotarsi di un piano teso a rilevare e classificare tutte le barriere architettoniche presenti in un’area definita che possono riguardare edifici pubblici e privati aperti al pubblico o porzioni di spazi pubblici urbani (strade, piazze, parchi, giardini, elementi di arredo urbano). I singoli piani dovrebbero individuare anche le proposte progettuali di massima per l’eliminazione delle barriere presenti, comprendendo il tipo di soluzione da apportare per ciascuna barriera rilevata, i relativi costi, la priorità di intervento.

La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità prevede la piena inclusione ad ogni livello di vita sociale. Risulta evidente che le barriere architettoniche possono rappresentare degli ostacoli insormontabili per una persona con disabilità e per un eventuale accompagnatore. Per questa ragione i Comuni, con alterne fortune e impegno discontinuo, stanno combattendo una battaglia trentennale per la mappatura e l’abbattimento delle barriere, facendo i conti con una cronica mancanza di risorse che mette a rischio tali interventi. Secondo i dati ANCI, al 2018, solo l’8% dei comuni in Lombardia ha adottato un PEBA.

 

Il gruppo +Europa/Radicali (all’epoca +Europa con Emma Bonino), sin dall’ingresso in Consiglio regionale, ha considerato le politiche di inclusione delle persone con disabilità come un tema di impegno politico prioritario. Tra i primi atti della legislatura, a pochi mesi dall’insediamento, ha presentato un progetto di legge per l’istituzione del Registro regionale dei PEBA. Il progetto di legge, approvato all’unanimità nel maggio 2020 (unico testo proveniente dalle opposizioni accolto in questa legislatura), ha l’obiettivo di centralizzare presso la Giunta le informazioni sulla mappatura e di sostenere, a vario titolo, i comuni, le province e la Città metropolitana di Milano nella redazione dei piani. La Legge regionale 9 giugno 2020, n. 14 apporta modifiche sostanziali alla Legge regionale 20 febbraio 1989, n. 6 “Norme sull’eliminazione delle barriere architettoniche e prescrizioni tecniche di attuazione”.

Sono attesi enormi vantaggi soprattutto per quei comuni che, a causa di un organico ridotto, faticano a elaborare un piano di eliminazione delle barriere architettoniche. Nel corso delle audizioni che hanno preceduto l’approvazione del progetto di legge, sono emerse estreme difficoltà che i comuni incontrano nell’elaborare una piattaforma per rispondere a tutti i requisiti richiesti. Il lavoro deve, tra l’altro, essere gestito da una squadra eterogenea che conosca le difficoltà dei territori, abbia confidenza con la tecnologia informatica e conosca soprattutto le modalità per riempire di contenuti gli strumenti telematici.

Nello sviluppare la proposta e una volta approfondito l’argomento, ci si è resi conto che l’approvazione del Registro regionale rappresenta solo un primo importante passo. La vera svolta potrà arrivare solo con l’istituzione di un registro telematico nazionale in grado di mettere in contatto professionalità da varie regioni italiane, singoli cittadini, associazioni e società civile, per un lavoro maggiormente coordinato e che metta al primo posto lo spirito di cooperazione. La tutela delle diversità è un valore per tutta la società ma il lavoro del “militante” e l’impegno civile deve essere compreso in un progetto più grande.

 

La legge sul Registro PEBA stato il primo grande progetto portato avanti in Regione Lombardia (qui la pagina web per accedere al registro telematico) al quale abbiamo fatto seguire altre iniziative, figlie dello stesso spirito. Quello che, secondo Costituzione, mette ai primi posti la salute e il raggiungimento di una piena e felice vita indipendente.

Per queste ragioni siamo stati al fianco delle associazioni e degli enti del terzo settore che si sono battuti contro i tagli operati dalla Giunta regionale al Fondo per la non autosufficienza e che, in piena pandemia, hanno rischiato di vedere aggravate le procedure burocratiche per l’attivazione delle misure di sostegno previste dalla Regione. Mentre la politica regionale gestiva l’emergenza Covid, a farne le spese sono stati in particolare i cittadini con disabilità o non autosufficienti, a cominciare dagli anziani, esposti al contagio nelle RSA. Per questo, abbiamo più volte richiesto la presenza in commissione degli Assessori compententi, incalzandoli sugli errori commessi e costringendoli, in alcuni casi al fare dietro front.

In occasione della votazione sul bilancio 2021 abbiamo voluto approfondire ed ampliare ulteriormente il ragionamento sulla tutela della vita delle persone con disabilità, ponendoci innanzitutto alcune questioni di fondo: può la scuola essere centro di formazione pratica in cui si imparano trasversalmente le tabelline, l’educazione civica e sentimentale, la storia e la sostenibilità delle fragilità della nostra società? Può la scuola calarsi nel territorio e renderlo “open source” agevole e sostenibile per piedi e rotelle? Perché non progettare la città senza barriere assieme agli studenti?

Poiché sappiamo per esperienza che tutto ciò è possibile, abbiamo voluto presentare due ordini del giorno, entrambi approvati all’unanimità dal Consiglio. Il primo partiva dall’idea che attraverso una buona alternanza scuola-lavoro si possano offrire agli studenti degli istituti professionali le competenze e la possibilità di cimentarsi in progetti concreti e imparare un mestiere e, al contempo, permettere ai comuni di redigere i PEBA in tempi rapidi e a costo zero, generando scambio e opportunità.

Il secondo ordine del giorno è incentrato sul tema dello sport a scuola. Molte scuole non sono dotate di ausili che consentano ai disabili di praticare l’ora di educazione fisica insieme agli altri compagni e alle altre compagne, questione evidentemente inaccettabile. L’ora di ginnastica, infatti, non è un vuoto didattico, ma aiuta a prendere coscienza del proprio corpo e a dialogare con quello degli altri; aiuta l’inclusione e la socializzazione. Le scuole devono mettere a disposizione ausili adeguati e insegnanti qualificati in grado di adattare i giochi sportivi ai bambini e alle bambine portatori e portatrici di disabilità, e per questo abbiamo impegnato la Giunta alla realizzazione di bandi per sostenere tali obiettivi.

 

In prospettiva

Se queste sono, a grandi linee, le principali iniziative messe in campo, siamo consapevoli che molto è ancora da fare, in particolare su alcuni temi che, pur riguardando l’argomento “disabilità”, fanno fatica a mettere tutti d’accordo, ma che, a maggior ragione, ci vedranno impegnati in futuro. I temi su cui siamo intenzionati a lavorare e sui quali vogliamo continuare a costruire una sana e libera comunicazione riguardano le pensioni di invalidità e l’autonomia del disabile nella sessualità.

Anche se le pensioni di invalidità non sono un tema si stretta competenza regionale, siamo convinti che il nostro ruolo di legislatori debba portarci ad occuparci della necessità di rendere maggiormente efficaci tali misure, magari prevedendo integrazioni da parte dell’istituzione regionale. Le pensioni di invalidità spesso non sono sufficienti a permettere una vita autonoma e indipendente ai disabili e per questo i più fragili rimangono a vita a carico dei genitori che non possono smettere di preoccuparsi per il durante e il “dopo di noi”. Nonostante l’approvazione, pochi anni fa, di una legge nazionale (la Legge 22 giugno 2016, n. 112), è necessario comunque prevedere maggiori investimenti ed entrare sempre più nella logica della “vita indipendente”, quella che consente ai figli di rendersi autonomi dai genitori, anche nei casi di disabilità più gravi.

Rispetto al tema della sessualità dei disabili, sappiamo che per molti si tratta ancora di un argomento tabù. Il corpo di un disabile spesso provoca fastidio e paura perché non siamo abituati a rapportarci con qualcosa che è diverso da noi. La sessualità è parte integrante del nostro essere, è un fatto istintivo della razza umana così come di quella animale, insito in ogni corpo. I desideri sono parte integrante della vita e ognuno ha il diritto di sperimentare, senza pudore, la propria sessualità. Per il disabile questo processo è ostacolato dalla mancanza di autonomia e tocca ancora una volta ai genitori venire incontro alle esigenze, causando spesso danni alla possibile emancipazione dei figli. Per questo, convinti della necessità di avere una visione più aperta e meno moralista sull’argomento, stiamo lavorando a un progetto di legge che istituisca la figura dell’assistente sessuale per i disabili, sulla scorta di un analogo testo presentato da altri nella scorsa legislatura che prende ispirazione da quanto già avviene in altri paesi europei. Il confronto con le associazioni e i cittadini impegnati sul tema è iniziato: abbiamo già partecipato a due incontri, a Parma e a Milano, nei quali abbiamo esposto le nostre idee e iniziato a gettare le basi per questa nuova battaglia che intendiamo continuare con coraggio e determinazione, per avere un mondo alla portata di tutti e tutte e una vita piena e soddisfacente per ognuno di noi.


Commenti

Personalmente non mi convince il tema della assistenza sessuale. Ma dato che è una di quelle tematiche divisive e su cui si corre il rischio di semplificare e banalizzare, magari senza avere nemmeno particolari strumenti esperenziali o di studio, preferisco fornire materiali per il dibattito.
Questo è un mio lavoro di alcuni anni fa, pubblicato sempre da IRS, ma nel blog della rivista Prospettive sociali e sanitarie, che pubblica una antologia dei contributi a sostegno della assistenza sessuale o, al contrario, a sostegno di una prospettiva diversa. A chi ha pazienza e vuole evitare di essere etichettato bacchettone, da un lato, o “radical chich”, dall’altro…buona lettura:
https://scambi.prospettivesocialiesanitarie.it/disabilita-sessualita-dibattito-assistenza-sessuale/