Durante e dopo di noi: le fondazioni di partecipazione emiliano-romagnole

Alcuni spunti di analisi


Paolo Pantrini | 12 Giugno 2018

La discussione parlamentare e la successiva approvazione della legge 112/2016 “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, erroneamente nota come “legge sul dopo di noi”, hanno portato il dibattito e l’approfondimento su queste tematiche fuori dalle cerchie di familiari, operatori e volontari che si confrontano quotidianamente con la disabilità. Questo contributo, che è frutto di una ricerca svolta dal laboratorio Percorsi di Secondo Welfare tra aprile e luglio 2016 nella Regione Emilia Romagna (Pantrini 2017; Pantrini, Maino 2017), proprio nel periodo di approvazione della nuova legge, incontrando operatori e dirigenti di sette fondazioni di partecipazione, intende descrivere iniziative e servizi in corso al momento dell’approvazione della norma, quindi preesistenti alla sua entrata in vigore.

 

Che cos’è una fondazione di partecipazione

Una fondazione di partecipazione è un istituto giuridico che presenta caratteristiche tipiche della fondazione e caratteristiche tipiche dell’associazione pur essendo considerato una fondazione (Vivaldi 2012); da un lato infatti deve avere un patrimonio strettamente vincolato ad uno scopo immodificabile, dall’altro questo patrimonio può essere ampliato con atti successivi. In una fondazione di partecipazione secondo modalità determinate dallo statuto può essere poi allargata la cerchia dei fondatori, oltre ai quali sono previste ulteriori figure come i soci benemeriti, i soci partecipanti, ecc.

In similitudine con l’associazione, la fondazione di partecipazione prevede l’elettività delle cariche, elemento che può facilitare la partecipazione delle famiglie al governo dell’organizzazione. Al contrario, in similitudine con la fondazione tradizionale, la fondazione di partecipazione prevede che i fini definiti nello statuto non possano essere modificati. Questo è un importante fattore di tutela che garantisce alle famiglie che la fondazione continuerà a occuparsi del “dopo di noi” dei loro figli anche successivamente alla loro scomparsa. Al riguardo è importante sottolineare come nelle fondazioni di partecipazione è prevista una forte tutela del patrimonio a protezione degli investimenti delle famiglie e della sostenibilità dei progetti.

 

Le caratteristiche organizzative

La fondazione di partecipazione non è un servizio o un ente terzo a cui le famiglie possono inviare i loro figli bensì un’organizzazione promossa e governata dalle stesse famiglie, uno strumento per rinforzare la loro azione di cura ed estenderla ad un futuro in cui non ci saranno più. In diverse fondazioni sono stati costituiti gruppi di lavoro, che coinvolgono familiari, professionisti ed eventualmente persone interessate, per favorire la discussione su diversi temi come la tutela giuridica, l’autonomia o l’accesso ai servizi sanitari.

Le realtà incontrate nel corso di questa ricerca mettono in luce come le fondazioni possano mobilitare risorse di diverso tipo, economiche, immobiliari, professionali, di tempo. Non sono organizzazioni isolate bensì realtà integrate sul territorio e inserite nelle reti formali e informali della comunità e del sistema di welfare locale. Questo è insito sia nella loro natura, sono esse stesse reti formalizzate di famiglie, organizzazioni del terzo settore e altri attori, sia nelle loro finalità in quanto il “durante e dopo di noi” può essere garantito solo nell’integrazione sul territorio.

 

I servizi offerti

Le fondazioni considerate offrono diversi servizi, alcuni specifici per il “durante e dopo di noi”, altri di carattere complementare come le proposte per il tempo libero e le vacanze.  In questa sede si tratteranno però solo i primi che a loro volta si strutturano in consulenze, supporto giuridico-patrimoniale e percorsi verso l’autonomia.

 

Servizi di consulenza e supporto giuridico-patrimoniale

I servizi di consulenza e supporto giuridico-patrimoniale hanno l’obiettivo di  ascoltare i vissuti e i bisogni della persona con disabilità e della sua famiglia, individuare le risorse disponibili e iniziare nel “durante noi” a delineare i diversi sostegni (educativi, psicologici, assistenziali, patrimoniali, giuridici) necessari al “dopo di noi”.

Centrale è il ruolo dello sportello di consulenza giuridica e sociale che generalmente offre la consulenza di professionisti di area giuridica come l’avvocato e professionisti di area sociale come lo psicologo o l’educatore sociale.

Dall’attività dello sportello possono svilupparsi ulteriori servizi come gruppi di discussione, convenzioni con professionisti esterni (avvocati, commercialisti, ecc.) o corsi di formazione per amministratori di sostegno.

 

Percorsi verso l’autonomia

I percorsi verso l’autonomia sono invece progetti, proposte formative, percorsi orientati a supportare la persona con disabilità nella transizione verso l’età adulta e al distacco dalla famiglia d’origine. L’obiettivo è fornire le competenze per una vita autonoma (compatibilmente con le risorse e le necessità della persona) e in seguito renderla possibile.

Tra questi vi sono le palestre per l’autonomia, appartamenti didattici in cui le persone con disabilità a piccoli gruppi vivono per un giorno, un week end, una settimana per sviluppare capacità di problem solving, di cura della propria persona, della casa, di relazione con gli altri.

Un possibile esito delle palestre per l’autonomia sono le convivenze di persone con disabilità con il supporto di personale assistenziale ed educativo. Tra queste è doveroso segnalare le soluzioni personalizzate per la vita indipendente e tra queste merita attenzione il sistema di residenzialità diffusa promosso dalla Fondazione Dopo di Noi Bologna.

Si tratta di un sistema integrato che ruota intorno a “Casa fuori Casa” un appartamento utilizzato come palestra per l’autonomia; intorno sono realizzate le soluzioni personalizzate per la vita indipendente di cui la Fondazione si fa garante ma che sono basate su appartamenti di proprietà della famiglia o affittati. Le singole soluzioni sono realizzate in sinergia tra fondazione, famiglie, persone interessate, Ausl, Comune ed eventualmente altri attori coinvolti come il tribunale o le cooperative sociali ove avviene l’inserimento lavorativo. Non sono unità d’offerta ma case in cui persone con disabilità vivono insieme; per tale ragione non è la Fondazione  a stabilire gli ingressi ma i medesimi residenti e le loro famiglie.

L’elemento più interessante è però l’approccio pedagogico adottato, definito decremento della presa in carico, basato sull’acquisizione delle autonomie e la progressiva riduzione della presenza di operatori negli appartamenti, già a partire dai percorsi di “Casa fuori Casa”. In alcune delle soluzioni abitative la presenza di personale assistenziale è minima in favore dell’autonomia dei “padroni di casa” e di un supporto educativo orientato alla gestione delle relazioni e all’empowerment.

 

Servizi delle famiglie alle famiglie

Le fondazioni per il “durante e dopo di noi” conosciute in questa ricerca non nascono come un servizio promosso da un attore terzo a cui le famiglie si rivolgono per ottenere un servizio bensì come un servizio promosso dalle famiglie per le famiglie, anche se non sempre le famiglie promotrici sono le famiglie beneficiarie. non si tratta di servizi terzi a cui affidare i propri congiunti perché ricevano determinate prestazioni ma progettualità che estendono e rinforzano la funzione di cura delle stesse famiglie che li hanno promossi o che si sono aggregate in seguito.

 

Presa in carico globale

I servizi di una fondazione di partecipazione, a partire dallo sportello di consulenza giuridica e sociale, provano a dare uno sguardo completo e globale sulle risorse disponibili alla persona e alla sua famiglia, eventualmente cercando di costruire o individuare sul territorio i sostegni mancanti.

Attraverso una presa in carico globale è possibile valorizzare le competenze della persona con disabilità, le risorse della famiglia e del territorio per costruire soluzioni di vita autonoma al di fuori dalle grandi strutture assistenziali.

È doveroso precisare che in Emilia Romagna la presa in carico delle fondazioni considerate non è alternativa o parallela alla presa in carico da parte del Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali. Da un punto di vista formale i servizi promossi dalle fondazioni in varia forma sono convenzionati con enti locali e Ausl, e in genere la convenzione prevede anche un riconoscimento finanziario. Da un punto di vista operativo la costruzione del progetto personalizzato avviene sempre coinvolgendo tutti gli attori interessati, oltre agli operatori della fondazione e alla famiglia, anche i servizi sociali degli enti locali, sociosanitari dell’Ausl, e le altre organizzazioni del terzo settore.

 

Tutela della famiglia

Non è facile per una famiglia essere consapevole di tutti i propri diritti, delle tutele e dei servizi esistenti, così come valorizzare le soluzioni privatistiche disponibili, tra le quali il trust, l’amministratore di sostegno, le polizze assicurative. Sono tutti strumenti che in taluni casi possono dare vantaggi ma in altri no. La fondazione favorisce lo scambio di esperienze tra famiglie e il contributo di professionisti esperti: la famiglia non è più sola nel prendere decisioni importanti.

Non sempre sono sufficienti lo scambio e il supporto, talvolta è necessario che le fondazioni tutelino le persone con disabilità e le loro famiglie davanti alle istituzioni. Diverse fondazioni negoziano con le istituzioni locali soluzioni per migliorare la vita delle persone con disabilità, per esempio strutturando forme di accesso agevolato ai servizi sanitari o mediando situazioni difficili.

 

Conclusioni

Le fondazioni di partecipazione per il “durante e dopo di noi” coinvolte in questa ricerca sono realtà espressione della cittadinanza attiva delle famiglie di persone con disabilità, famiglie che fanno uscire la funzione di care dalle mura domestiche per costruire una nuova proposta che dia un futuro ai loro figli e ad altre persone con disabilità. La fondazione di partecipazione si pone così non come una tradizionale unità di offerta bensì come la continuazione della funzione genitoriale quando la famiglia non potrà più essere presente.

Nel corso degli anni si sono sviluppate proposte alternative all’offerta esistente dei servizi che sebbene non possano rispondere ai bisogni dell’intera popolazione  con disabilità mostrano come altre modalità siano possibili e diano risultati; questo senza uscire dalla rete territoriale dei servizi ma al contrario nascendo e sviluppandosi internamente ad essa e in piena collaborazione con le istituzioni pubbliche.

Rimangono ovviamente aperti interrogativi sulla possibile diffusione del modello in altri territori con minore capitale umano e sociale, oltre che con minori risorse economiche.

 

Una versione più approfondita del contributo sarà pubblicata nel numero 3 – Estate 2018 di Prospettive Sociali e Sanitarie.