I Servizi centrati sulla persona utente

Il Ser.D.P tra interdisciplinarità, formazione e monitoraggio


Io vedo che, quando allargo le braccia, i muri cadono. Accoglienza vuol dire costruire dei ponti e non dei muri.

Don Andrea Gallo

 

L’accoglienza

Storicamente i Servizi Dipendenze Patologiche della nostra Ausl distinguono varie fasi nell’approccio all’utente: dal primo contatto, alla fase di osservazione-diagnosi fino al trattamento vero e proprio. Per questo percorso è essenziale far riferimento al lavoro di equipe, vera e propria sede del lavoro comune, perché “lavoro comune” devono essere sia la diagnosi che il trattamento, sistematizzando i “pezzi di sé” che spesso l’utente proietta sulle varie figure professionali.

Nella UOC Ser.D.P. a Bologna si è cercato di uniformare le fasi dell’accoglienza per garantire pari diritti in tutti i territori. Nella procedura è chiaro il periodo temporale (60 giorni) a cui si riferisce la valutazione interdisciplinare (colloqui con 2 operatori di diverse professionalità, ossia medico e personale psico-socio-educativo), oltre il rapporto con gli infermieri per un eventuale terapia farmacologica.

Ogni operatore dell’area psico-socio-educativa ha una sua specificità in termini di formazione, esperienza, competenze, che viene messa al servizio delle persone fin dalle prime fasi del trattamento; al tempo stesso quest’area ha competenze trasversali, che permettono una certa elasticità in caso di assenze o necessità di servizio.

Il passaggio alla presa in carico avviene una volta conclusa l’osservazione-diagnosi e si concretizza nella proposta di un progetto terapeutico personalizzato.

 

In quest’ultimo decennio i Ser.D.P. hanno modificato il target di riferimento, storicamente costituito da pazienti eroinomani, con un’utenza più variegata. Abbiamo infatti assistito  a richieste diverse da parte degli organismi ministeriali sui compiti del Ser.D.P. (si veda in particolare il decreto “Balduzzi” n.158 del 2012) e a cambiamenti nel mercato delle droghe sul territorio nazionale ed europeo, come emerge dati Osservatorio Epidemiologico delle Droghe e delle Tossicodipendenze  di Lisbona (OEDT); le Regioni, in proposito, hanno prodotto vari documenti al fine di rendere conto dei cambiamenti del mercato delle sostanze e delle nuove esigenze legate ai consumi con linee guida riguardo ai poliassuntori, ai consumatori di cocaina, ai giovani.

Parallelamente a questo cambio di paradigma, sono emersi nuovi bisogni formativi del personale fino alla costituzione di gruppi di lavoro sulle dipendenze comportamentali e gli approcci terapeutici più idonei per la nuova utenza.

Il lavoro dei Gruppi operativi è sfociato nella definizione un Percorso Diagnostico e Terapeutico Assistenziale (PDTA) per il Gioco d’azzardo Patologico (GAP) e a riflessioni importanti riguardo al ruolo dello psicologo e dell’educatore nell’accoglienza di persone giovani e con dipendenza da cocaina. Tenendo “la porta aperta” e la “soglia bassa”, abbiamo assistito a cambiamenti significativi negli accessi registrati dall’Osservatorio Epidemologico sulle Dipendenze di Bologna e riportati qui in seguito.

 

Figura 1

2017 Pazienti in carico Nuovi accessi
TD 171 24
Alcool 106 18
GAP 19 9
TOT 296 51

 

Figura 1a

2018 Pazienti in carico Nuovi accessi
TD 196 35
Alcool 121 30
GAP 18 10
TOT 335 75

Prese in carico e nuova utenza Ser.D.P, Reno Lavino Samoggia. La foto (Dati Osservatorio Epidemiologico Dipendenze Patologiche Bologna)

 

Il Servizio

Il territorio è compreso tra pianura e montagna, nella parte Sud dell’hinterland bolognese. La popolazione è di 111.000 abitanti; pazienti in carico nel 2019 sono stati 335. L’equipe è formata da 2 medici psichiatri, una psicologa nel periodo 2017-2019 Responsabile di Servizio, una coordinatrice dell’area Assistenziale, un’educatrice professionale, 1 assistente sociale, 4 infermieri. Dal 2015 è operativo un educatore professionale di una Cooperativa a 25 ore settimanali per la ricerca lavoro e i tirocini formativi; nel 2019 a tempo parziale sono stati inseriti un educatore professionale e uno psicologo dedicati al trattamento del GAP. Ogni professione ha compiti specifici, definiti dal Documento di Clinical Competence licenziato dall’Unità Operativa Complessa (UOC), così come altre competenze sono trasversali ossia caratteristiche non della singola professione ma del Servizio.

 

Le nostre domande

La fase dell’accoglienza e osservazione-diagnosi dei pazienti Ser.D.P. è un momento molto delicato. L’accoglienza è l’avvio di un processo e insieme una serie di azioni quali registrare le storie, “validare” le emozioni dell’altro1, in un feedback costante di spiegazioni, informazioni e comprensione.

Nei primi colloqui abbiamo il compito di disegnare una mappa: delle relazioni, degli spazi, dei territori di attraversamento.

In un Ser.D.P., in termini più clinici, si tratta del primo impatto del paziente con gli operatori di quel determinato Servizio. L’operatore che si interfaccia con l’utente rappresenta in quel momento tutto il Servizio. È in quel momento che il paziente farà la “sua diagnosi” su operatore e Servizio (nessuno che lavora in questo ambito può essere convinto di essere il solo a fare la diagnosi), deciderà se è il caso di fidarsi e affidarsi oppure no, di farsi conoscere o di mentire. L’operatore, scevro da pregiudizi, si farà un’idea di quali sono le risorse del paziente, quali sono le emergenze che in quel momento vive e su quali punti di debolezza è disponibile a lavorare.

Come equipe abbiamo deciso di valorizzare questi momenti, analizzarli e vedere insieme quanti pazienti accedono al Servizio, quanti arrivano ad una presa in carico, quali e quanti sono i drop out in questa fase.

In questo modo gli operatori sono interessati a verificare se modifiche organizzative riguardanti l’accoglienza sono funzionali all’aderenza dell’utenza alla prima fase del trattamento, verificando anche l’esito della loro formazione.

Nella figura 2 i dati degli ultimi 3 anni relativi alle registrazioni delle accoglienze nel nostro Servizio.

 

Figura 2

PRIME VISITE
SERDP  RENO – LAVINO – SAMOGGIA
sede Zola Predosa
anno 2019   anno   2018 anno 2017
PROBLEMA TOT   88
ALCOOL 48 28 41
GIOCO 21 15 16
COCAINA 24 17 13
EROINA 9 10 11
CANNABIS 12 16 4
FARMACI 2 1 1
SEX ADDICTION 0 1 0
KETAMINA 0 0 0
BUPRENORFINA 0 0 1
MEFEDRONE 1
TOT 117 TOT   88 TOT  92
POLIABUSATORI
ALCOOL  BENZODIAZ 2 2
GIOCO 2 5
COCAINA 2 4
CANNABIS 1 1
EROINA 0 1
COCA+GAP 1 0
COCAINA CANNABIS 3 1
EROINA-BENZOD 1
GIOCO 0 2
CANNABIS-KETA 0 1
BENZODIAZ 0 1
EROINA 2 0
EROINA+ALCOL 1
0
TOT 14 TOT  19
CONSULENZE ai familiari 5
CSM 3
NPIA 3
TOT  11 12 7
TOTALE 142 119 89
PRESE in CARICO 115 74
DROP-OUT 27 45

 

Premettiamo che l’impegno che si è assunto il Servizio è in via di perfezionamento, per cui dal 2017 al 2019 notiamo differenze nella registrazione di alcuni dati. Ad esempio solo nel 2019 abbiamo analizzato le consulenze, mentre negli anni precedenti il dato indica solo il numero totale.

Gli strumenti perciò si sono affinati nel tempo, i moduli per la registrazione sono diventati via via più precisi e si decide ogni anno quali informazioni riteniamo prioritarie rispetto ad altre nella prima fase dell’accoglienza.

 

Dalla lettura dei dati emerge che:

  • dal 2017 al 2019 si assiste ad un sempre maggiore aumento delle prime visite;
  • vi è una prevalenza negli accessi dei consumatori di alcool;
  • si è avuto un progressivo aumento di persone che chiedono aiuto al Servizio per cocaina e gioco d’azzardo la cui somma supera quella degli accessi per eroina;
  • vi è stato un aumento dei poliassuntori. In proposito va precisato che l’aumento delle poliassunzioni in Europa è registrato ormai da anni (si rimanda ai dati del già citato Oedt). Le poliassunzioni riguardano, nel nostro caso, consumatori con sostanza primaria cocaina o alcool. Il poliassuntore può presentare un uso simultaneo di più sostanze o avere un poliabuso alternante. Riteniamo che in futuro questo dato vada ulteriormente analizzato e studiato anche per riuscire a garantire informazioni fruibili agli utenti riguardo l’interazione tra sostanze diverse;
  • si è avuto un aumento progressivo delle consulenze, soprattutto alle famiglie, intese in senso ampio (partner, fratelli, genitori, figure di riferimento significative). Le consulenze sono state definite a seguito dell’esito di uno o più colloqui (massimo 3), con un invio ad altri Servizi o un orientamento sulle risorse del territorio. Le consulenze si caratterizzano spesso come richieste per soggetti giovani e/o poco motivati al trattamento o come richiesta di aiuto generica che necessita di essere indirizzata;
  • i drop out in fase di accoglienza dal 2017 al 2019 calano drasticamente.

Ipotesi e propositi

Alla luce di questi dati riteniamo il nostro Servizio sufficientemente permeabile alle richieste della cittadinanza. Le prime visite e la richiesta di consulenze in progressivo aumento indicano che l’accesso al Servizio è facilitato non solo per le persone dipendenti da eroina ma anche per consumatori problematici, con uso di varie sostanze, e per giocatori d’azzardo.

Il dato relativo alle consulenze, che abbiamo affinato nel tempo, richiederà approfondimenti e abbiamo ritenuto utile registrare, a partire dal 2019, anche gli invii da parte di altri Servizi del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche.

 

Un bilancio tra punti di forza e aree critiche

Un aspetto fondamentale riguarda i dati sul GAP, che si riferiscono ad azioni specifiche di tutta la UOC Dipendenze Patologiche.

Come conseguenza del Pdta Aziendale, fin dalle prime fasi dell’accoglienza il paziente viene ingaggiato su un percorso definito che fa riferimento a figure professionali diverse (infermiere, educatore, psicologo e medico).  Particolare attenzione è riservata ai Drop out, per i quali segue una valutazione. Si riportano qui i dati GAP degli ultimi 3 anni forniti dall’Osservatorio Epidemiologico sulle Dipendenze Patologiche a dimostrazione che l’aumento di utenza GAP ha caratterizzato tutti i Se.D.P. afferenti alla UOC.

 

Anno In carico Nuovi
2016 183 87
2017 201 104
2018 194 94

 

Per quanto riguarda il nostro Distretto, abbiamo incontrato la sensibilità di Comuni e Ufficio di Piano al fine di una programmazione di varie iniziative di informazione e prevenzione sul territorio.

Rispetto alle azioni del gruppo di Coordinamento e Monitoraggio dell’Asl composto da operatori di diversi Ser.D.P. – tra cui il nostro – e del privato sociale, denominato Gruppo Nuovi Trattamenti, possiamo dire di aver verificato l’importanza di approcci specifici e differenziati fatti diventare “azioni” a seguito della partecipazione attiva a questo gruppo. Un esempio per tutti è l’apertura del Servizio negli orari pomeridiani, facilitante l’accesso dei consumatori più integrati socialmente.

Dal 2003 è presente sul nostro territorio il “Progetto Giovani in Valle”, co- coordinato da SerDP e Servizio Sociale di zona, che insieme all’equipe dell’educativa di strada ha permesso di poter avere un osservatorio sul territorio, tramite gli operatori delle Cooperative impegnate nel progetto. Questo progetto permette al nostro Ser.D.P. di avere un abbassamento della soglia di accesso ed azioni di prossimità.

Il dato relativo alla “ritenzione” nella fase di accoglienza rivela un aumento di persone che dalla fase stessa passano ad una presa in carico, soprattutto nell’ultimo anno. Questo a nostro parere dimostra che non si possono sempre giustificare le fughe e gli abbandoni come una caratteristica della nostra utenza, che si rifugia in meccanismi di evitamento. Consapevoli che tali meccanismi esistono e sono importanti, intraprendere un percorso di miglioramento da parte di tutta l’equipe può portare a nuove riflessioni e cambiamenti positivi.

 

Aspetti critici

I dati che qui riportiamo non sono completi per tutti gli anni e gli strumenti andranno messi a punto per raccogliere più dati sui poliassuntori e per provare ad analizzare le variabili relative all’età e al sesso della nostra utenza

La prevalenza del consumo di alcool come sostanza primaria richiede al Servizio un lavoro interno di formazione e costruzione di offerte terapeutiche. Su questo punto la carenza di personale dell’area psico-socio-educativa riteniamo sia un fattore da prendere in considerazione e su cui lavorare, al fine di cercare strategie per sopperire ad un’offerta terapeutica che ha i limiti suddetti.

Sulla base di questa riflessione abbiamo optato a favore di un maggiore investimento sulla formazione degli operatori e su un aumento degli operatori impegnati in quest’area, con una partecipazione maggiore al Gruppo Alcool Aziendale.

Siamo consapevoli che altre variabili, da noi non controllabili, possano aver influenzato comportamenti e decisioni dei cittadini nel chiedere aiuto al Servizio.

 

Prospettive

Riteniamo utile proseguire in questo percorso, che ci ha restituito feedback importanti per:

  • avere una metodologia che ci unisca nel compito e dia una direzione a tutto il Servizio;
  • pensare a cambiamenti organizzativi, come differenziare gli spazi di accesso o modificare gli orari;
  • verificare l’andamento degli accessi per alcool e collegarli al trattamento;
  • pensare ad altre forme di monitoraggio e ricerca, ad esempio rispetto all’accesso dei giovani al Servizio o dell’utenza con doppia diagnosi.

 

Conclusioni

In questo contributo abbiamo presentato strumenti e lavoro di monitoraggio, essendo consapevoli dei limiti; abbiamo valorizzato una progettualità condivisa, centrata sugli accessi dell’utenza nel nostro Ser.D.P.

I Servizi per le Dipendenze Patologiche rischiano di vedere spesso vanificati i propri sforzi o, nella quotidianità, di perdere di vista l’obiettivo di formazioni e fatiche relazionali.

In questo scenario, obiettivo delle professioni sociali è costruire un Servizio che faciliti: l’accoglienza di tutti gli utenti, dai casi più complessi a quelli maggiormente integrati; il rapporto con le risorse del territorio; il sostegno alle famiglie; la possibilità di un trattamento puntuale ed integrato tra diverse professionalità, per “pensare insieme” al paziente, dividersi i compiti a seconda delle necessità e delle professionalità, condividere i punti di vista.

 

Un gruppo di lavoro che pensa in base agli obiettivi che si prefigge per i pazienti, che è in grado di riflettere sul proprio lavoro, di sperimentare nuove forme di trattamento e sottoporle a verifica. Questo il compito dei Servizi per le Dipendenze Patologiche, che non si vogliono appiattire sulle emergenze e sulla routine dello stretto necessario, che vogliono ancora pensare.

Nel contesto di tagli, nuovi compiti, invecchiamento del personale, mancanza di ricambio generazionale e forse alcune forme di burn out, mantenere questa prospettiva comporta uno sforzo maggiore da parte di tutti e la necessità di dotarsi di strumenti. Questo sforzo è controbilanciato dalla sensazione di dare maggior senso alle nostre azioni e al nostro lavoro, convinti che è proprio la perdita di senso il fattore determinante per l’affaticamento e la demotivazione nei Servizi.

La percezione dell’andamento del Servizio da parte degli operatori può essere soggettiva e relativa ai propri compiti e al proprio osservatorio quotidiano; oppure si può coltivare una “visione di Servizio”, dove le diverse professionalità cercano e ricercano un confronto ed un’integrazione attraverso strumenti che riescano ad “osservare” il presente in termini di valutazione.

Consapevoli degli ampi margini di miglioramento, ad oggi questo lavoro si configura come uno stimolo progettuale per il miglioramento dell’offerta.

Aggiungiamo infine una nota per quello che riguarda il 2020, che si sta caratterizzando come anno critico, che ha portato e porterà a modifiche organizzative atte a fronteggiare l’emergenza Covid-19. Sarà interessante, in proposito, monitorare gli accessi nelle varie fasi della pandemia e la nostra risposta terapeutica conseguente.

  1. Per un approfondimento sulle strategie di tale validazione si rimanda qui