Coprogettazione e non solo. L’intervento del Comune di Lecco


Riccardo Mariani | 29 Novembre 2018

Per Lecco la coprogettazione non è un mero strumento, è innanzitutto una scelta politica.

Nel territorio di Lecco già nel 2006, quando poi si è scelto di adottare la coprogettazione, la capacità di condivisione con il mondo associativo del Terzo settore era molto ampia. È stato questo ad indurci a consolidare l’alleanza strategica con il terzo settore attraverso lo strumento della coprogettazione per costruire un assetto di welfare comunitario.

Di fronte alla dicotomia tra welfare lib – cioè un welfare che mira a mercantilizzare i servizi, dove però la concorrenza spietata tra i soggetti desertifica la società civile e, in ultima analisi, nega l’efficienza  che pur vorrebbe perseguire – e welfare lab – dove lo Stato e gli enti pubblici non hanno risorse sufficienti per traguardare gli obiettivi di tutela sociale e pertanto riducono la protezione sociale a dispositivi di garanzia collegati con la condizione occupazionale – abbiamo pensato a una terza via che, da un lato, fosse resistenziale rispetto alle derive mercantilistiche e, dall’altro, rilanciasse un’idea di welfare di comunità. Con questo termine non si intende evocare una cessazione di potere pubblico – coprogettazione non significa infatti cedere quote di potere pubblico al privato sociale – ma chiamare il privato sociale a condividere pezzi di responsabilità pubblica e ad allargarne il perimetro di interesse. Se così non fosse, gli strumenti normativi di coprogettazione rischierebbero derive meramente procedimentali senza riuscire quindi né a comprendere né a orientare le trasformazioni territoriali.

 

L’esperienza di coprogettazione è stata portata avanti a Lecco attraverso tre bandi (l’ultimo scadrà nel 2018). Il primo bando aveva l’obiettivo di tradurre operativamente l’alleanza strategica con il terzo settore e consolidarla; il secondo di allargare la rete e il portafoglio delle risorse dal primo soggetto coprogettante nel precedente bando (il locale consorzio di cooperative sociali) a tutti gli altri soggetti del mondo associativo; il terzo di coinvolgere ancor più la comunità attraverso la coprogrammazione, coprogettazione e coproduzione dei servizi. Si tratta di coinvolgere la comunità, le famiglie e i soggetti destinatari dei servizi sociali attraverso le loro competenze, facendo sì che siano non più destinatari passivi di un servizio, ma soggetti chiamati a mettere in gioco anche la loro responsabilità.

E questo ha significato, nel territorio di Lecco, degli esiti tangibili anche dal punto di vista delle risorse. In dieci anni di coprogettazione il Terzo settore ha portato al Comune di Lecco 9 milioni di euro in più rispetto alle risorse pubbliche in termini di risorse economiche, progettuali, organizzative e professionali; di questi 9 milioni 6 derivano da finanziamenti di interventi coprogettati grazie a bandi di Fondazioni e altri 3 da fonti proprie del Terzo settore, aumentando il budget pubblico di circa il 22%. Questo ha generato un effetto moltiplicatore degli investimenti pubblici: il pubblico non si ritrae se il privato sociale porta risorse, anzi moltiplica le proprie.

 

Oggi siamo impegnati in una nuova fase di questa avventura, che costituisce un progetto pilota a livello nazionale, ovvero il passaggio da un partenariato pubblico-privato contrattualizzato, che ha sempre costituito l’ossatura centrale della coprogettazione, ad un partenariato pubblico-privato istituzionalizzato, che vede dentro la stessa composizione giuridico societaria il pubblico e il privato sociale insieme.

In sostanza, è in corso la selezione di un partner di terzo settore per costituire insieme al Comune di Lecco un’impresa sociale che avrà il compito di dare risposta ai bisogni di welfare dei cittadini.

Siamo consapevoli che uno sviluppo così avanzato è in parte frutto della peculiarità del territorio lecchese e che non si tratta quindi di un modello facilmente esportabile ovunque; però, al di là della traduzione operativa e delle fondamenta normative che ciascuno sceglierà, alcuni intenti che fondano l’esperienza di Lecco possono essere riproducibili e diffondibili: si tratta di cercare di riallineare il codice della cura con quello dell’operosità, quello della solidarietà con quello dell’efficienza, quello del welfare comunitario con quello dell’economia inclusiva.

Questi ragionamenti avvengono in un contesto in cui è divenuto impraticabile il meccanismo che per anni aveva garantito lo sviluppo del nostro welfare, basato sul fatto che la produzione economica produca la ricchezza che il welfare poi redistribuisce. Oggi la domanda di servizi sociali è in crescita sopra tutte le altre e, siccome il pubblico da solo non riesce a rispondere a questa sfida, bisogna individuare nel privato sociale il vero alleato strategico per una declinazione nuova dell’interesse pubblico. Una cosa è certa: non possiamo stare fermi altrimenti rischiamo di venire risucchiati dal gorgo, da un lato, di procedure competitive che non producono gli effetti di efficienza e ottimizzazione dichiarati, dall’altro, dei big player di mercato che planano sui territori e che producono effetti sociali negativi. Proprio il riferimento ai territori potrebbe invece essere il punto di partenza per ridisegnare un sistema di tenuta della coesione sociale che allarghi il perimetro pubblico, mantenendo saldamente nelle mani delle Istituzioni il profilo strategico, così da mantenere saldo il principio della coesione sociale e l’omogeneità dei servizi ai cittadini.