Istituzione e governance. A che punto siamo


Maurizio Motta | 7 Gennaio 2019

I gradi dell’autonomia regionale

Dibattiti e riflessioni promossi in occasione dei 40 anni del SSN hanno tra l’altro messo in luce l’esigenza di approfondire le richieste avanzate da molte Regioni per una loro maggiore autonomia. Il nodo è naturalmente un equilibrio tra:

  • l’esigenza di un buon grado di uniformità in tutto il paese dei sistemi di welfare (sanitari incluso), come condizione per garantire diritti omogenei e sistemi di offerta non immotivatamente differenti;
  • una maggior autonomia nella misura in cui è strumento utile per adattare le politiche alle specificità locali

Il Governo in carica ha preannunciato l’adozione a breve di criteri e meccanismi sul tema.

Le governance locali del welfare

La messa in opera del REI ha generato anche la costruzione di governance locali per agevolare l’interazione di più politiche, in primis quelle socioassistenziali e del lavoro, che hanno assunto forme molto diverse nei diversi territori, incluse in taluni casi la messa in opera di robuste intese istituzionali tra enti gestori dei servizi sociali e dei servizi per il lavoro (con il supporto di atti regionali o meno), e l’adozione di atti locali di programmazione integrata. C’è da sperare che queste reti possano operare anche se la misura contro la povertà diventerà il Reddito di Cittadinanza. Il contrasto alla povertà ed all’emarginazione deve tuttavia includere anche le politiche abitative, ed è il raccordo di queste politiche con le altre che mostra più limiti, anche nelle strutture locali di governance

Le risorse economiche contro la povertà

Con la fine del 2018 si consolida la scelta del Governo in carica di prevedere un importante aumento delle risorse economiche dedicate al contrasto della povertà, tramite il reddito di cittadinanza, sebbene la natura ed i meccanismi di questa misura debbano ancora essere precisati. Merita ricordare, riprendendo un tema sul quale più volte questo sito è tornato, che sarebbe opportuno inserire nell’agenda politica anche un riordino di tutte le altre prestazioni nazionali a sostegno del reddito (e delle relative risorse), almeno verso due obiettivi: evitare che risorse dedicate ai poveri siano poi in realtà fruite in gran parte anche da nuclei “non poveri” (come accade ad esempio con gli assegni sociali INPS), ricomporre il caotico mix di prestazioni contro la povertà, la cui frantumazione attuale non consente ai poveri di conoscerle e di arrivarci, ed ai servizi di informarne i possibili fruitori. Due obiettivi sui quali né l’attuale governo né il precedente hanno assunto impegni.