L’utilizzo delle tecnologie informatiche nel servizio sociale


Annamaria Campanini | 8 Luglio 2022

Questo articolo è stato pubblicato anche nel n.3 – Estate 2022 di Prospettive Sociali e Sanitarie   Il tema dell’utilizzo delle tecnologie informatiche di comunicazione è emerso prepotentemente grazie alla pandemia, ma era già presente nella discussione italiana del servizio sociale, seppur in maniera molto limitata. Nel 2002, infatti, è uscito un primo lavoro Internet per il servizio sociale. Manuale per l’uso della rete, curato da Sabrina Banzato, Ave Battistelli e Paolo Frattone. Un testo che si proponeva di approfondire l’uso professionale della rete e delle nuove tecnologie nell’ambito del servizio sociale. In particolare, al di là di alcuni capitoli introduttivi alla conoscenza di internet, dei suoi strumenti e dei suoi servizi, si evidenziavano, oltre al quadro normativo e alle considerazioni sulla diffusione sociale delle nuove tecnologie, le possibili applicazioni pratiche nella professione dell’assistente sociale con esempi concreti di come utilizzarle. Uno studio di Di Rosa (et al., 2018) rileva come, in Italia, la presenza del servizio sociale on line si possa far risalire a una decina di anni fa grazie ad alcune associazioni di assistenti sociali (Asit, SOS, Servizi Sociali On Line, ecc.).   Nella revisione del codice deontologico dell’assistente sociale, approvato nel 2021, va segnalata la presenza di riferimenti all’uso dei social network e dei social media. Nello specifico, l’art. 21 recita:

“L’assistente sociale agisce in coerenza con i principi etici e i valori della professione, mantenendo un comportamento consono all’integrità al prestigio e alla dignità della professione stessa, anche nell’utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa e, in particolare, dei social network e dei social media”.

All’art. 37 si afferma:

“L’assistente sociale, oltre a ispirarsi a criteri di equilibrio e misura, è tenuto al rispetto della riservatezza e del segreto professionale nei rapporti con la stampa, con gli altri mezzi di diffusione e di comunicazione di massa, e nell’utilizzo dei social network

e, ancora, nell’art. 69, dove si analizza il ruolo dell’assistente sociale, in qualità di consulente tecnico di parte incaricato da una delle parti nell’ambito di un processo civile, si sottolinea al punto e)

“non si serve dei mezzi di stampa, dei social network, dei social media e di ogni altro tipo di mezzi di comunicazione di massa per un uso strumentale della consulenza”.

  È noto che il fenomeno della digitalizzazione sia ormai un aspetto consolidato nella vita individuale e collettiva, ma la diffidenza e le difficoltà ad accostarsi a questo ambito, sotto il profilo professionale, hanno rallentato la riflessione sulle opportunità che poteva offrire il suo utilizzo da parte del servizio sociale. Il Covid-19 ha sicuramente contribuito a sviluppare una riflessione più approfondita sull’uso del digitale nella pratica professionale del servizio sociale e sono stati realizzati numerosi eventi on line su questo tema, sia in relazione all’operatività che alla formazione, in particolare rispetto al tirocinio. Dalla ricerca svolta sulla risposta all’emergenza Covid-19 (Sanfelici et al.2021), sono emerse testimonianze di assistenti sociali che hanno reagito con creatività e flessibilità, reinventando strumenti di lavoro, sperimentando nuove pratiche e nuovi modi di comunicare. Attraverso gli strumenti telematici, gli assistenti sociali hanno fornito ascolto, mantenendo i rapporti con le persone seguite e con i colleghi, ed è stato possibile anche sviluppare il lavoro interprofessionale fra i diversi servizi. L’uso degli strumenti telematici, in qualche modo forzato in questa occasione, ha consentito di superare alcune resistenze e scetticismi. (Allegri, Di Rosa,2021) e sta riscuotendo valutazioni positive da parte degli operatori, in quanto stimola a cogliere opportunità nuove e a percorrere strade inesplorate (Cellini, 2021). Nell’era dei media digitali, è necessario che il servizio sociale rifletta sulle trasformazioni in corso e sviluppi le conoscenze specialistiche necessarie per affrontare le nuove questioni e sfruttare le nuove opportunità tecnologiche per migliorare la qualità del suo intervento (Di Rosa, Sanfelici, in stampa).  

Il dibattito all’estero

All’estero il dibattito sull’utilizzo delle tecnologie nella pratica professionale, nella relazione d’aiuto, che in alcuni Paesi, con il clinical social work acquista una valenza chiaramente terapeutica, è presente da parecchi anni. Se ne discutono le potenzialità, ma anche le criticità e i problemi di carattere etico. La riflessione sul cosiddetto e-social work o digital social work (López Peláez et al., 2018; Diez, 2018) ha portato, recentemente, all’organizzazione di un primo convegno internazionale, i cui contributi più significativi sono in via di pubblicazione (López Peláez, Kirwan, in stampa), con l’obiettivo di porre il servizio sociale di fronte al tema della digitalizzazione. Un’interpretazione ampia del possibile utilizzo delle tecnologie informatiche nel servizio sociale, viene offerta dall’articolo di Riquelme (2019) che ne affronta in maniera esaustiva le diverse possibili applicazioni, individuando una serie di strumenti digitali che servono a indagare il mondo (qualitativamente e quantitativamente), a facilitare una integrazione di successo (individualmente e collettivamente) e a diffondere l’intervento sulla rete (accademicamente e socialmente).   Ciascuno di questi ambiti viene approfondito con esemplificazioni concrete e indicazioni di app, piattaforme o siti presenti nel contesto spagnolo. Un primo aspetto che viene preso in considerazione è la ricerca, elemento fondamentale per la disciplina e la professione, che consente di conoscere i bisogni della popolazione, giustificare e legittimare l’azione sociale, valutare l’impatto degli interventi. In questo ambito gli archivi virtuali e gli strumenti tecnologici possono essere di grande aiuto. Le riviste digitali, ovviamente quelle accreditate dal punto di vista scientifico, consentono di accedere con facilità e immediatezza a ricerche e innovazioni, consentendo di raccogliere informazioni utili sia per lo studio che per la pratica professionale. Altra fonte importante per conoscere la realtà sono le raccolte statistiche, le basi di dati e, più specificamente per l’attività professionale, le cartelle informatizzate che consentono di estrapolare dati sulle caratteristiche dell’utenza, degli interventi e sulla loro efficacia.   Il secondo aspetto che viene analizzato è l’integrazione attraverso le tecnologie. Si progettano e si vendono continuamente numerose applicazioni tecniche e digitali che possono essere utilizzate per migliorare i percorsi di integrazione delle persone in esclusione sociale o a rischio di esclusione sociale. Alcuni esempi concreti riguardano le tecnologie che permettono un miglioramento della comunicazione e della relazione in persone con deficit visivi, uditivi o intellettuali; altri si riferiscono ai mezzi per migliorare la mobilità e l’accessibilità o alla domotica, che consente a persone anziane e disabili di rimanere al proprio domicilio. Applicazioni particolari possono essere rivolte come appoggio alle donne per evitare il rischio di violenza, altre per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro o di orientamento socio-lavorativo. Un’attenzione specifica viene data a tutte le forme di microfinanziamento e crowdfunding, strumenti per sensibilizzare, mobilitare e ottenere finanziamenti di progetti attraverso piattaforme digitali e reti sociali. Queste tecnologie possono costituire uno strumento importante nel campo dell’intervento sociale come sistema di sostegno a iniziative di integrazione sociale.   L’ultima area che viene analizzata è quella della divulgazione attraverso la rete, sia interna all’organizzazione e tra organizzazioni, sia pubblica. Vengono presentate una serie di tecnologie specifiche che consentono di massimizzare l’efficacia del lavoro in gruppo e la diffusione, ma si sottolineano anche le piattaforme che possono raccogliere petizioni collettive, rendere visibili problemi, spingere verso riforme o cambiamenti normativi e di politiche sociali. Quest’ultima parte si presta bene ad essere utilizzata per gli interventi di policy practice.  

La formazione alle Ict

In Italia, la formazione alle ICT (Information and Communication Technologies, Tecnologie dell’informazione e della comunicazione) nei curricula di servizio sociale, sia triennali, sia magistrali, è un tema generalmente assente, in un quadro che si presenta già di per sé molto critico, in relazione agli standard internazionali per la formazione al servizio sociale, approvati dalle due associazioni internazionali, l’International Association of Schools of Social Work e l’International Federation of Social Workers nel 2020. A livello internazionale, può essere interessante analizzare il documento Practice Innovation through Technology in the Digital Age: A Grand Challenge for Social Work. Questo documento fa parte della Grand Challenges for Social Work Initiative, attivata dall’American Academy of Social Work and Social Welfare. Si tratta di un’iniziativa innovativa per sostenere il progresso sociale alimentato dalla scienza, è una chiamata all’azione di tutti: docenti, professionisti, organizzazioni nazionali, per lavorare insieme e affrontare i problemi sociali più urgenti nel contesto nazionale americano. Dodici sono le sfide a cui il servizio sociale è chiamato a rispondere e l’ultima è appunto “Sfruttare la tecnologia per il bene sociale”. Nel documento si evidenzia come la tecnologia dell’informazione e della comunicazione abbia il potenziale per migliorare drasticamente la pratica del servizio sociale nel prossimo decennio. L’integrazione della tecnologia nelle modalità di intervento e la creazione di innovazioni pratiche attraverso l’Ict possono, infatti, portare ad un cambiamento sociale trasformativo.   Altro aspetto da non sottovalutare è il ruolo importante che il servizio sociale può svolgere, non solo nello sfruttare il potere delle Ict per migliorare la pratica, ma nel garantire che queste stesse siano sviluppate in maniera etica e coerente con i principi del servizio sociale. Infatti,

“Sebbene l’innovazione tecnologica alteri continuamente il panorama delle possibilità umane, non garantisce lo slancio verso i valori della giustizia sociale. Il servizio sociale è sia in una posizione unica, sia eticamente obbligato a garantire che la spinta dell’evoluzione tecnologica sia un progetto aperto a tutti, e che non replichi o amplifichi le disuguaglianze esistenti” (Goldkind, Wolf, 2015, p. 85).

  Nel documento, vengono poi evidenziati alcuni limiti che si presentano nella situazione americana e che, sicuramente, si possono attribuire anche al contesto italiano:

  • istruzione e formazione limitate impediscono a molti operatori di sapere come incorporare la tecnologia in modo efficace;
  • l’esposizione limitata alle applicazioni innovative della tecnologia al servizio sociale può creare percezioni errate sul loro uso;
  • le prove limitate relative agli usi della tecnologia ne impediscono anche l’adozione diffusa, con la conseguenza che vi sono scarse informazioni empiriche sul ruolo che la tecnologia gioca nell’intervento;
  • risorse finanziarie limitate ostacolano l’adozione e la sperimentazione delle tecnologie sul campo.

  L’invito è quindi a sviluppare una riflessione e degli interventi, sia nella formazione di base sia in quella permanente, che consentano un utilizzo più diffuso e mirato di queste tecnologie. Il CSWE, che ha la funzione di accreditare i corsi di servizio sociale in America, ha costituito un gruppo specifico, il Technology Advisory Group (TAG), che aiuta le scuole a sviluppare percorsi di insegnamento con l’utilizzo della tecnologia e l’uso della tecnologia nella pratica del lavoro sociale.   In Inghilterra il Social Care Institute for Excellence ha svolto una ricerca sulle competenze digitali per gli assistenti sociali. Tra i vari risultati emerge la considerazione che la formazione universitaria non prepara all’utilizzo di competenze digitali per la pratica e si propone che le skills, ma anche l’etica e la politica, vengano insegnati nei percorsi formativi. In Spagna, l’esperienza portata avanti da Regalado si qualifica come offerta sul libero mercato. La Inmersión TIC Academy infatti, organizza corsi di formazione permanente, sotto lo slogan “Desarrolla tus competencias digitales. Que la tecnología no limite la calidad de tu intervención social” (“Sviluppa le tue competenze digitali. Che la tecnologia non limiti la qualità del tuo intervento sociale”). Sono corsi a pagamento che affrontano diverse tematiche: da quali cambiamenti può portare nella pratica l’uso delle competenze digitali, al contributo che può offrire nel lavoro a distanza, nella gestione efficiente delle informazioni che si trovano in internet, fino a tematiche specifiche, quali l’uso e l’abuso dei mezzi digitali nell’infanzia e nell’adolescenza. Tre dimensioni in particolare vengono ritenute importanti: l’utilizzo delle Ict nella gestione quotidiana dell’attività professionale, favorendo una gestione collaborativa e abbattendo le barriere spaziali e temporali; l’uso delle tecnologie nella comunicazione sociale; e l’utilizzo delle Ict come strumento metodologico del servizio sociale. Un elemento chiave è saper mettere in relazione queste tre linee d’azione complementari per  fornire più opportunità alle persone con cui il servizio sociale opera.   Nel contesto italiano, quello che si potrebbe organizzare è qualcosa di simile. Un’offerta di formazione permanente, da parte dell’Ordine o di altre agenzie per iniziare ad affrontare il tema in maniera organica. Un’altra possibilità praticabile è di inserire moduli o seminari di approfondimento nella formazione universitaria, in modo da sperimentare percorsi che possano un domani entrare a pieno titolo nei curricula. Infatti, il servizio sociale e, più in generale, i servizi sociali non solo devono conoscere queste applicazioni, ma devono sapere come usarle correttamente ed eticamente nell’attività quotidiana. È auspicabile che si strutturino sinergie tra il mondo accademico e quello professionale, orientate a sviluppare ricerca e individuare fattori di innovazione, in campo sia teorico sia pratico, ponendo attenzione alle potenzialità delle tecnologie come strumenti di inclusione, e alle criticità laddove queste possono creare barriere che impediscono a certi utenti e gruppi di partecipare pienamente alla vita della comunità.


Commenti

Grazie per questo articolo. Nella pratica quotidiana sto cercando di implementare l’uso del digitale per favorire relazioni e processi, ad esempio sto insegnando ad una signora disabile e analfabeta a fare le foto dei documenti tramite il cellulare per inviarmeli, senza dover venire ogni volta in ufficio a piedi. Questo non significa che la relazione in presenza non sia più necessaria, anzi: credo che l’attuale tecnologia possa solo permetterci di aumentare la qualità della relazione. Spero venga organizzato a breve un corso sul tema, ne abbiamo bisogno.