Sperimentazione digitale e bisogni formativi: da dove nasce l’idea


Erika RoviniLara Toccafondi | 4 Luglio 2022

Tutto è iniziato con Pharaon

Si tratta di un progetto, del valore di circa 20 milioni di euro, finanziato dal programma di ricerca ed innovazione europeo Horizon 2020. Il consorzio, costituitosi per la sua attuazione, comprende 40 partner europei – centri di ricerca, provider tecnologici, utilizzatori finali, ecc. – appartenenti a 11 diversi paesi. Sono 6, distribuiti tra Italia, Spagna, Portogallo, Olanda e Slovenia, i siti pilota nei quali si prevede di coinvolgere, a vari livelli di sperimentazione, circa 3400 utenti tra anziani, familiari, caregiver e volontari. Pharaon implementa soluzioni digitali intelligenti e personalizzate su larga scala per la promozione dell’invecchiamento sano ed attivo. L’obiettivo è quello di integrare soluzioni già esistenti (servizi, dispositivi, software) in piattaforme aperte ed interoperabili per fornire servizi a supporto delle persone anziane, promuovendone l’indipendenza, la sicurezza, la socialità, e il mantenimento delle capacità fisiche e cognitive. Con l’obiettivo di fornire servizi di cura, assistenza e supporto ottimizzati e personalizzati, una vasta gamma di soluzioni è utilizzata all’interno del progetto, incluse robotica, dispositivi indossabili, IoT, e intelligenza artificiale. La metodologia usata è la co-creation agile, grazie alla quale tutti gli stakeholder sono coinvolti in un processo interattivo di ideazione, design, sviluppo, validazione e refinement delle soluzioni sperimentate. I servizi definiti in ciascun pilot vengono pre-validati su piccolo campione ed successivamente su larga scala. Per la fase di definizione dei servizi nei diversi siti pilota, nonostante le restrizioni imposte dalla pandemia, ad oggi sono state coinvolte oltre 450 persone tra anziani, familiari, e caregivers. Il monitoraggio della salute e il ricevere informazioni su attività ed eventi di interesse, nell’ottica di promuovere l’inclusione sociale dell’anziano, sono tra i bisogni più sentiti. Per i servizi non soddisfatti dalle tecnologie disponibili nel consorzio sono state cercate soluzioni esterne tramite call. Linee guida per il rispetto delle norme di etica, privacy e sicurezza dei dati, considerando anche le diversità legislative nei vari paesi, sono state definite in modo preciso. Infine, per dimostrare concretamente la bontà dei servizi offerti, è prevista un’analisi dell’impatto sulla società, considerando sia la qualità della vita delle persone, sia l’accettabilità delle soluzioni, sia la loro sostenibilità.   L’Università di Firenze coordina il pilot italiano, il cui obiettivo principale è quello di proporre servizi di cura integrati e personalizzati per anziani. È articolato in due siti, Toscana e Puglia, e coinvolge complessivamente 700 utenti. Nello specifico, si concentra sui servizi domiciliari per il monitoraggio dell’anziano, la sua stimolazione fisica e cognitiva per mantenerlo attivo e la promozione della sua inclusione sociale. Durante il primo periodo Covid-19, in sinergia con altre iniziative locali, Pharaon si è attivato per implementare servizi, definiti «fast pilot», per soddisfare alcuni bisogni legati all’emergenza pandemica con l’obiettivo di: garantire un servizio di alta qualità per i cittadini anziani; evitare l’isolamento e garantire le relazioni sociali; ridurre la trasmissione del virus tramite disinfezione automatizzata. La telepresenza, che ha permesso di monitorare in RSA soggetti in isolamento o di mantenere attiva l’assistenza domiciliare, e la visita virtuale a domicilio sono risultati molto utili. L’esperienza maturata finora consente di dire che c’è un approccio positivo nei confronti della tecnologia, sia da parte degli anziani che dei caregiver. Affinché però questi servizi siano efficienti è necessario promuovere l’alfabetizzazione digitale, partendo dalla formazione dei caregiver chiamati ad utilizzare queste tecnologie per assistere gli anziani.

 

Sulle competenze digitali degli operatori

L’investimento in progetti di ricerca di questo tipo da parte della Commissione Europea è legato ai rischi derivanti dagli attuali trend demografici. Il progressivo invecchiamento della popolazione aumenta la domanda di servizi sanitari e di assistenza sociale integrati, mentre la forza lavoro assistenziale si sta riducendo e sono disponibili minori finanziamenti pubblici per soddisfare tali esigenze. Per rispondere a questa sfida, negli ultimi anni sono state sviluppate molte soluzioni innovative di eHealth. Tuttavia, spesso si scopre che esse non sono implementate o vengono utilizzate solo in parte, quindi non viene sfruttato tutto il potenziale di innovazione di cui sono portatrici. Ciò avviene soprattutto perché:

  • le soluzioni non sono state sviluppate in stretta collaborazione con il personale sanitario e sociale;
  • mancano competenze digitali complessive e competenze specifiche;
  • esistono ostacoli al cambiamento delle pratiche organizzative, dei percorsi e dei modelli di lavoro che consentono di implementare soluzioni intelligenti.

  Il pilot Italiano di Pharaon in questi primi mesi di attuazione ha maturato la convinzione che una delle aree su cui concentrarsi per riuscire ad applicare e implementare soluzioni eHealth sia lo sviluppo delle competenze digitali. Il personale sociosanitario deve disporre di strumenti, capacità e conoscenze adeguati per affrontare questo scenario in rapida evoluzione, essendo quindi pienamente consapevole e preparato per sfruttare le possibilità offerte dalla trasformazione digitale in sanità e assistenza. I percorsi universitari delle professioni sociali ad oggi non offrono moduli specifici e strutturati relativi all’uso delle tecnologie e alla loro integrazione nei servizi; pertanto, i professionisti si trovano spesso impreparati e diffidenti rispetto ai benefici che l’uso della tecnologia può portare nell’organizzazione del lavoro e della presa in carico. Che ci sia un gap formativo nei curricula dei percorsi universitari delle professioni sociali ce lo dicono i piani didattici, che contemplano solo l’acquisizione di una manciata di crediti per le generiche competenze informatiche. Ce lo dicono anche i professionisti stessi. Durante un workshop organizzato da UP Umanapersone a maggio 2021, sempre nell’ambito del progetto Pharaon, un gruppo di 23 operatori/trici composto da diverse professionalità (assistenti sociali, educatori, psicologi, fisioterapisti, ecc.) ha assistito alla presentazione di soluzioni tecnologiche per la cura e l’assistenza della popolazione anziana proposte dal progetto stesso. Quasi la metà dei partecipanti ha dichiarato di non aver mai visto prima tali dispositivi, e il 90% di non aver mai incontrato nel proprio percorso di studi, o solo marginalmente, le tecnologie assistive.  

Ipotesi di lavoro

Dalla discussione emersa è stata formulata una prima ipotesi, da approfondire nel prosieguo di Pharaon, di arricchimento dei percorsi accademici con l’introduzione di un modulo specifico dedicato alla digitalizzazione e alle tecnologie assistive. I contenuti abbracciano aspetti salienti quali:

  • le tecnologie assistive e loro caratteristiche; tra le altre: robotica, sistemi di comunicazione e/o monitoraggio, sensoristica, piattaforme di gestione ed elaborazione dei dati;
  • l’innovazione dei processi/servizi; digitalizzazione e l’utilizzo di strumenti hi-tech nel ridisegno dell’intervento, nell’ efficientamento delle risorse e nella personalizzazione, ecc.;
  • l’ambiente normativo della digitalizzazione; evoluzione continua degli aspetti etici, di privacy e di sicurezza; definizione delle migliori soluzioni possibili in termini di bilanciamento tra usabilità di un prodotto, sostenibilità economica ed organizzativa, e compliance;
  • la valutazione d’impatto; misurazione dell’efficacia degli interventi con parametri appropriati per la valutazione degli outcomes attesi, ecc.

  Percorsi formativi così articolati richiedono interdisciplinarità e ibridazione delle competenze professionali. È indispensabile che sguardi complementari affrontino congiuntamente le stesse sfide: competenze tecniche altamente specializzate devono lavorare a stretto contatto con i professionisti sociali e sanitari. La digitalizzazione, con tutte le potenzialità e le criticità che si porta dietro, chiede che questa collaborazione si attui già nella fase di acquisizione delle competenze e conoscenze di base.