Il Reddito di cittadinanza è legge. E adesso?


Maurizio Motta | 15 Aprile 2019

Nella Gazzetta Ufficiale del 29/3/2019, n° 75, è stato pubblicato il testo definitivo della normativa sul Reddito di cittadinanza, ossia del Decreto Legge 28/1/2019 n° 4 come è stato convertito dalla legge 28/3/2019 n° 26. Nel supplemento alla Gazzetta Ufficiale n° 84 del 9 aprile scorso è stato ripubblicato il testo completo coordinato, contenente alcune rettifiche rispetto alla precedente versione e con ampie note. È a quest’ultimo testo che ci si riferisce di seguito.

 

Questo sito ha da tempo presentato diversi articoli sul Reddito di cittadinanza e sui suoi nodi principali, e resta tuttora utile ad essi rinviare il lettore, anche perché la conversione in legge non pare aver affrontato molte delle questioni sulle quali diversi osservatori avevano sollecitato attenzioni1.

Ma in questo articolo più che proporre discussioni sul merito della misura contro la povertà si presenta una breve rassegna dei provvedimenti che la legge di conversione annuncia, e che ancora devono essere approvati. È fisiologico che una riforma complessa come questa preveda successive norme ed atti che completano la messa in opera. Occorre però chiedersi se e quanto i provvedimenti che vengono annunciati siano indispensabili per un corretto ed efficace funzionamento del sistema, pena con la loro mancanza, creare incertezze, dubbi interpretativi, possibili contenziosi. Nel caso specifico del Reddito di Cittadinanza questo interrogativo ha un rilievo particolare, perché questa misura ha vissuto una vicenda inusuale: per l’urgenza da parte del Governo di mettere in opera le prestazioni è stato infatti dato avvio alle richieste dei cittadini quasi un mese prima dell’approvazione finale in Parlamento della legge di conversione.

 

Proviamo dunque a evidenziare i provvedimenti che il decreto convertito in legge prevede nel sistema del Reddito di cittadinanza (o Rdc) , seguendo la numerazione degli articoli:

a) All’articolo 2, comma 1-bis ed 1-ter è stato introdotto il criterio in base al quale le persone che chiedono il Reddito di Cittadinanza e sono cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea devono produrre una apposita certificazione rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero e legalizzata dall’autorità consolare italiana, che comprovi la composizione del nucleo familiare ed inoltre attesti la documentazione per ottenere l’ISEE, inclusi i valori dei patrimoni immobiliari (diversi dalla casa di abitazione, anche all’estero) e mobiliari posseduti dal nucleo. Questo onere non si applica a cittadini non UE che hanno lo status di rifugiati politici, se convenzioni internazionali dispongono diversamente, e se risulti impossibile acquisire le certificazioni. E’ su questo ultimo criterio che l’articolo 2 comma 1-ter prevede entro 3 mesi dalla legge di conversione un decreto interministeriale che esponga l’elenco dei Paesi nei quali non è possibile acquisire la documentazione necessaria per la compilazione della DSU ai fini dell’ISEE.

La rilevanza del tema è evidente: da un lato la versione definitiva del Reddito di Cittadinanza introduce una complessa e onerosa procedura per i richiedenti di paesi non UE (che non era presente nel Decreto Legge iniziale del gennaio 2019), e dall’altro riserva ad un successivo decreto deroghe applicabili. Merita ricordare che su questo criterio connesso alla dichiarazione ISEE per stranieri non UE negli scorsi mesi il Comune di Lodi, che aveva previsto un criterio analogo per accedere a proprie prestazioni, ha dovuto modificarlo in esito ad una sentenza della prima sezione del Tribunale Civile di Milano che ha ritenuto discriminatorie tali disposizioni.

 

b) L’art. 3, comma 7, prevede che con decreto interministeriale da adottarsi entro sei mesi siano stabilite le “modalità di erogazione del Rdc suddiviso per ogni componente del nucleo familiare”. Se l’introduzione di questo meccanismo di per sé può anche non avere decisiva influenza sulla prestazione, ne ha invece molta la previsione esposta all’articolo 5, comma 6-bis, secondo la quale lo stesso decreto dovrà descrivere anche le modalità secondo le quali la Pensione di cittadinanza può essere erogata non con la carta acquisti ma “…con gli strumenti ordinariamente in uso per il pagamento delle pensioni”. Aspetto di grande rilievo, visto che uno dei limiti del Rdc (e peraltro anche del REI) consiste nel fatto che i poveri devono esibire una loro “carta dei poveri” per acquisti in luoghi pubblici.

 

c) L’art. 3 al comma 15 prevede che un decreto interministeriale, entro 3 mesi dal decreto sul RdC, stabilisca le modalità con cui si verifica l’utilizzo della Carta Rdc (quella che contiene il beneficio economico) rispetto all’impegno dei beneficiari di utilizzare entro ogni mese gli importi erogati, per evitare penalizzazioni. Il decreto deve anche stabilire possibili eccezioni a questo vincolo, che possono essere molto importanti per coloro che non riescono a spendere con questa frequenza, ad esempio per ricoveri ospedalieri. Importante anche il decreto interministeriale previsto al comma 6 dell’art. 5, che deve individuare eventuali ulteriori esigenze che si possono soddisfare con la Carta Rdc, nonché diversi limiti per il prelievo in contante da questa carta (ora previsto in 100 euro mensili per ogni persona, moltiplicati per la scala di equivalenza che calcola il Rdc da erogare per ogni tipologia di nucleo). Anche questo tema è assai rilevante, per definire se e come i vincoli della Carta Rdc restano l’unica modalità possibile di utilizzo del beneficio economico.

 

d) Dagli obblighi connessi alla fruizione del RdC (previsti nel Patto per il Lavoro o nel Patto per l’Inclusione Sociale, da definire con i servizi del lavoro o i servizi sociali) possono essere esonerati componenti del nucleo con carichi di cura di minori di 3 anni o di disabili e non autosufficienti, nonché lavoratori con bassa retribuzione e chi frequenta corsi di formazione. L’art. 4 comma 3, che espone il principio, prevede che:

  • ulteriori tipologie di persone possono essere esonerate dagli obblighi, da identificare con accordo in sede di Conferenza Stato/città ed autonomie locali unificata con la Conferenza Stato- regioni- province autonome;
  • e che per assicurare omogeneità nel valutare queste condizioni (obiettivo del quale è impossibile non vedere l’importanza) vanno definiti con accordo in sede di Conferenza Unificata i criteri da adottare a cura dei servizi che devono esonerare.

Anche questo decreto dunque è una importante componente per definire un funzionamento corretto della prestazione.

 

e) Quando gli operatori dei Centri per l’Impiego, che hanno convocato i beneficiari del Rdc per costruire il Patto per il lavoro, si accorgono che nel nucleo sono presenti problemi diversi dalla sola mancanza di lavoro, inviano il nucleo ai servizi sociali dei comuni operanti contro la povertà. L’art. 4 comma 5-quater prevede che “al fine di assicurare omogeneità di trattamento” lo stesso accordo sopra citato al punto d) individui principi e criteri di valutazione da adottare nei servizi per il lavoro per identificare le criticità del nucleo che implicano un invio ai Servizi sociali. E’ un passaggio molto importante, considerando che nel sistema del REI l’arrivo ai Centri per l’Impiego o ai Servizi sociali avveniva in esito ad una valutazione preliminare dei problemi del nucleo nei punti di accesso del REI, mentre nel sistema del Rdc il nucleo è convocato dall’uno o dall’altro servizio solo in base a caratteristiche oggettive dei suoi componenti, visto che non esistono più i “punti di accesso unificati”. Resta da capire come si eviteranno rischi di “palleggiamento di competenze” tra Centri per l’impiego e Servizi sociali, oppure meri “invii” del nucleo poco efficaci per i nuclei più fragili.

 

f) L’art. 4 comma 7 prevede che con decreto del Ministero del lavoro e politiche sociali, previa intesa in Conferenza Stato – regioni – province autonome, siano definiti indirizzi e modelli per la redazione del Patto per il Lavoro. Lo stesso articolo 4, al comma 15-quinquies prevede che, in accordo con la Conferenza Stato/città ed autonomie locali unificata con la Conferenza Stato- regioni- province autonome, siano definite le modalità per la convocazione dei beneficiari del RdC da parte dei Centri per l’impiego e dei servizi sociali, per redigere i Patti per il Lavoro o per l’Inclusione sociale.

 

g) I Comuni devono allestire progetti di utilità sociale per l’impiego dei beneficiari del Rdc, che essi (oltre agli impegni del Patto per il Lavoro o per l’inclusione Sociale) devono frequentare per almeno otto ore settimanali, aumentabili a sedici col consenso delle parti. L’art. 4 comma 15 prevede che forme, caratteristiche e modalità attuative di questi progetti siano definiti con decreto del Ministero del Lavoro e Politiche Sociali, da adottare entro sei mesi previa intesa in sede di Conferenza Stato/città ed autonomie locali unificata con la Conferenza Stato regioni – province autonome. Non è dunque chiaro come i comuni possano allestire nel frattempo i loro progetti (che sono obbligatori per i fruitori del Rdc, pena sanzioni) senza tali criteri.

 

h) L’art. 5 al comma 2 dispone che con decreto del Ministero del Lavoro e Politiche Sociali siano definite le modalità per presentare la richiesta per il Rdc anche contestualmente alla presentazione della DSU ai fini ISEE. Meccanismo che potrebbe facilitare molte famiglie.

 

i) Tra gli strumenti di controllo delle condizioni economiche dei richiedenti il Rdc è previsto che l’INPS acquisisca dati dall’Anagrafe tributaria, dal Pubblico registro automobilistico e da altre amministrazioni pubbliche. L’art. 5 al comma 3 prevede che uno specifico provvedimento dell’Inps, sentito il Garante per la privacy, definisca tipologie dei dati e modalità di acquisizione, ove non già regolate. Va ricordato che analogo utilizzo di dati è da tempo vigente nel sistema dell’ISEE. Sempre sul potenziamento dei controlli va richiamata la previsione di cui all’art. 6 comma 6 in base alla quale il Ministero dell’economia e finanze stipula apposite convenzioni con la Guardia di Finanza per le attività di controllo verso i beneficiari del Rdc.

 

l) Spetta ai comuni verificare i requisiti di residenza e di soggiorno dei richiedenti il Rdc. L’art. 5 al comma 4 prevede che ciò avvenga secondo modalità definite in un accordo in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Merita ricordare che un comune attualmente (in attesa di poter utilizzare l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente) non può vedere dai suoi archivi anagrafici se un cittadino ha cumulato 10 anni di residenza (criteri richiesto dal Rdc) in altri precedenti Comuni italiani.

 

m) Il funzionamento dei sistemi informativi, e soprattutto l’interoperabilità di diversi sistemi (del lavoro, dei servizi sociali, delle anagrafi comunali) è un elemento cruciale per il sistema del Rdc. L’articolo 6 al comma 1 prevede che con un decreto ministeriale da emanare entro 60 giorni si predisponga un piano di attivazione ed interoperabilità delle piattaforme coinvolte. Lungi dall’occuparsi solo di “tecniche informatiche”, si tratta di un disegno decisivo per muovere (o meno) verso architetture informative utili. Sul tema, che nel dibattito sul Rdc è sinora decisamente sottovalutato e poco discusso, si rinvia agli articoli proposti in questo sito da Maurizio Motta2

 

n) In base al comma 2 dell’art. 8 indirizzi definiti con accordo in Conferenza Stato – regioni – province autonome devono regolare modalità con le quali gli enti di formazione accreditati possono stipulare presso i servizi del lavoro i “Patti di formazione” come percorso formativo per i beneficiari del Rdc

 

o) Il comma 4 dell’art. 8 prevede che un decreto interministeriale definisca le modalità di richiesta ed erogazione dell’incentivo ai beneficiari del Rdc che avviano attività lavorativa autonoma o di impresa individuale (incentivo che consiste in 6 mensilità del Rdc, entro 780 euro mensili)

 

p) Nella conversione in legge del Rdc è stato introdotto all’articolo 10 un ampio comma, l’1-bis, che descrive metodi e procedure per effettuare il monitoraggio e la valutazione nazionale del Rdc, in base ad un piano di ricerca. Lo stesso comma prevede che con decreto del Ministero del Lavoro e Politiche Sociali si istituisca un Comitato Scientifico per allestire il progetto di ricerca.

 

q) Un Piano straordinario per il potenziamento dei Centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro, deve essere adottato, in base al comma 3 dell’art. 12, con decreto Ministero del Lavoro e Politiche Sociali in accordo con la Conferenza Stato – regioni – province autonome

 

Il comma 9 dell’articolo 12 prevede infine non un atto necessario per completare il sistema, ma eventuali decreti interministeriali da adottare quando e se sono esaurite le risorse necessarie per erogare il Rdc, ristabilendo la compatibilità finanziaria anche rimodulando il beneficio.

  1. ndr: vedi in particolare Il Punto di Welforum: “Welforum.it sul Reddito di cittadinanza
  2. Come costruire il Sistema Informativo Unico dei servizi sociali (SIUSS)”, in 4 successive parti

Commenti

Risponde l’autore:
Per la verità non mi pare sia prevista in norme una scadenza complessiva della normativa sulla prestazione. In ogni caso è davvero impossibile ipotizzare ora cosa accadrà nel 2029, visto che i riordini in tema di welfare e contrasto alla povertà sono frutto delle scelte politiche prevalenti. A me pare in verità più grave che le revisioni inserite nel Reddito/Pensione di Cittadinanza negli ultimi 6 mesi siano mirate solo ad inasprire vincoli e restrizioni per i beneficiari, e non tengano conto né dei limiti rilevanti che la prestazione ha evidenziato, né del “Rapporto” su questi limiti che il gruppo di monitoraggio promosso dal Ministero del Lavoro e Politiche Sociali ha presentato.