Il welfare italiano chiede un’immigrazione normale


Ci sono interi comparti del welfare che si reggono su forza lavoro immigrata: la cura a domicilio, con le badanti, l’assistenza sanitaria, soprattutto operatori sociosanitari e ausiliari che vedono una forte presenza straniera. Di queste professioni abbiamo e avremo sempre più bisogno.

Chiusura dei porti e arresto dei flussi stanno distogliendo completamente il nostro sguardo dai meccanismi per favorire una immigrazione “normale”: per esempio quella che riguarda questi lavori. E’ urgente mettere a tema l’attivazione di nuovi flussi di ingresso, senza i quali il welfare dei servizi rischia l’implosione.

 

Sulla non autosufficienza le risposte sono (quasi) ferme

Guardiamo il lavoro domestico. Qui il lavoro regolare conosce una lenta erosione da sei anni a questa parte. Gli ultimi dati Inps la confermano, attestandosi a un totale di 864 mila lavoratori. Ma con importanti differenze tra le colf, in caduta libera dal 2012, e le badanti, che non hanno mai smesso di crescere, seppur lievemente (figura 1).

I dati ufficiali, certo, ci dicono come sempre una parte della verità. Stime caute ci dicono che i numeri reali sono almeno doppi di quelli che registra l’Inps.

 

Allarghiamo ora lo sguardo ad alcuni tra i principali servizi per gli anziani non autosufficienti: l’assistenza domiciliare integrata delle Asl (Adi), i servizi domiciliari dei Comuni (Sad) e i ricoveri in residenze (Rsa). Nessuno di questi servizi, tranne l’Adi, è cresciuto negli ultimi 8 anni.

L’Adi è l’unico servizio che tende a raggiungere un numero crescente di anziani, ma a fronte di un significativo calo di ore annue di assistenza per utente, già di per sé limitate (da 20 ore medie annue del 2007 a 17 del 2013, a conferma della natura temporanea e prestazionale di questo servizio1). Il Sad mostra un andamento inverso: diminuiscono gli ultra 65enni che beneficiano del servizio, ma aumenta l’intensità dell’assistenza (ibidem). L’assistenza residenziale, secondo i dati Istat, riguarda un numero tendenzialmente stabile di anziani non autosufficienti.

La figura 1 riassume questi dati con un confronto temporale tra il 2009 e il 2017.

 

 

Figura 1 – Colf e badanti registrate all’Inps e anziani 65+ utenti di ADI, SAD e RSA, anni vari (valori assoluti)

 

Fonte: Inps, Osservatorio sul lavoro domestico; Istat, Interventi e servizi sociali dei comuni singoli e associati; Istat, Indagine sui presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari; Istat, Indicatori territoriali per le politiche di sviluppo; Ministero della Salute, Annuario Statistico del Servizio Sanitario Nazionale, anno 2016. Per i servizi Sad, Adi e Rsa i valori per gli ultimi due anni sono stimati.

 

 

Un simile scenario farebbe pensare a bisogni stagnanti. Ma non è assolutamente così: nel periodo di tempo considerato nel grafico gli ultra65enni sono passati da 11,9 milioni nel 2009 a 13,5 nel 2017; oltre un milione e mezzo in più. Il tutto con un sistema di risposte dedicate alla non autosufficienza sostanzialmente fermo.

E il futuro, come sappiamo e ha certificato ancora una volta l’Istat, vedrà un ulteriore invecchiamento della popolazione, legato anche al transito delle coorti del baby boom (1961-76) dalla tarda età attiva all’età senile, che raggiungerà l’apice tra vent’anni, quando la quota di ultrasessantacinquenni sarà vicina a un terzo della popolazione totale.

 

Perché le badanti non aumentano?

Intanto perché le possibilità di accedere in modo regolare nel nostro paese si sono drasticamente ridotte: l’ultimo decreto flussi che riservava una quota per colf e badanti risale al 2011, mentre il decreto del 2018 contempla dimensioni numeriche irrisorie, con soli 12.850 posti per lavori non stagionali, di qualsiasi tipo.

Per le famiglie sono tre le possibilità: assumere italiane o comunitarie (in prevalenza romene); rivolgersi a una persona irregolare; oppure accollarsi in proprio gli oneri della cura. Difficile dire quale scelta prevalga, ma ciascuna di esse in realtà lascia le famiglie in balìa di se stesse. Con una scelta, quella di assumersi in proprio gli oneri della cura, che sarà sempre meno sostenibile negli anni, stante la diminuzione sul medio periodo delle risorse di caregiving (leggi: figli e figlie) interna alle famiglie.

E poi abbiamo un’offerta di assistenza che vede diminuire le assistenti familiari disposte alla co-residenza, perché più integrate nella società italiana e autonome dal punto di vista abitativo. Le italiane stesse non lavorano quasi mai nel segmento della convivenza. E tuttavia la domanda di aiuto H24 è tuttora consistente e ciò fa di nuovo ricadere sulle famiglie carichi di cura gravosi.

Come si stanno muovendo le politiche pubbliche di fronte a questi cambiamenti?

 

Una immigrazione necessaria

Nel contratto che lega i due partiti al governo si parla di “agevolare le famiglie” che ricorrono a una badante. Allo stesso tempo si parla di espulsioni di chi è irregolarmente presente sul suolo italiano. Nel caso del lavoro di cura le due affermazioni si contraddicono.

La stima degli stranieri che si trovano in condizione di irregolarità sul nostro territorio è di 500 mila persone, tra questi almeno 100 mila sono colf e badanti (Qualificare.info). Cioè chi quotidianamente si prende cura degli anziani e delle persone non autosufficienti. Cosa farà il nuovo esecutivo? Deciderà di espellere anche loro o, riproponendo un noto refrain, sta già pensando a una nuova sanatoria?

 

Negli anni il numero di lavoratori domestici irregolari, cioè senza permesso di soggiorno, è diminuito, ma rimane una parte consistente del fenomeno. Se è ragionevole calcolare in almeno 850.000 gli assistenti familiari in Italia, di questi cautamente stimiamo che almeno 70-80mila siano senza permesso soggiorno. Ad essi possiamo aggiungere come minimo 20.000 colf nella medesima condizione.

 

Oggi l’attenzione è ossessivamente concentrata sui flussi nel Mediterraneo, ma il tema immigrazione è molto più ampio. Nessuno parla più di quanto sia totalmente inadeguata la legge Bossi-Fini per regolare i flussi di ingresso nel nostro paese. In un contesto come quello del lavoro di cura, dove il datore di lavoro dovrebbe chiamare a distanza un lavoratore che non conosce. Di immigrati abbiamo bisogno come risorsa strutturale, e alle badanti continueremo a rivolgerci per cercare di rispondere a un bisogno di assistenza che non trova risposte nei servizi pubblici. I quali, come abbiamo visto, non stanno crescendo.

  1. Barbabella et al., La bussola di NNA, in NNA (a cura di), L’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia. 6° Rapporto. 2017/2018. Il tempo delle risposte, Maggioli Editore.

Commenti

2° Riflessione sulla fragilità del Welfare
“Per una nuova politica del lavoro a favore delle persone non autosufficienti , senza dover ricorrere al mercato delle Badanti”.
“E’ ignobile, sapere che nei Paesi dell’Est ci sono 500.000 bambini (figli di badanti) a
rischio, perché, stanno crescendo, senza l’affetto delle loro mamme; consiglio, di andare
a leggere quanto discusso in Parlamento Europeo ad aprile 2013 (500.000 bambini figli di
badanti, sono a rischio di devianza, in aumento i suicidi dei minori).
E’ veramente ignobile, umiliante pensare, che il nostro Welfare, non ci permetta di
garantire un’assistenza domiciliare adeguata, alle persone non autosufficienti; si ha
bisogno delle badanti per far star bene i nostri anziani, i nostri disabili e poi si sta
causando dei danni irreparabili ai loro figli.
Mi chiedo, vista la carenza di lavoro, non sarebbe opportuno, iniziare a pensare ad un
diverso Welfare!!!! Nuove strategie!!!!!
Una riorganizzazione e potenziamento dell’assistenza domiciliare, darebbe alle persone
non autosufficienti una migliore qualità della vita, è forse ciò, inciderebbe positivamente,
sul grave problema della disoccupazione.
Perché non pensare, a dei progetti di assistenza domiciliare, dove si possa garantire il
supporto alle famiglie, con turni giornalieri in base alla reali necessità.
Mi chiedo e vi chiedo, cosa possiamo e dobbiamo fare……….

Al momento lo scenario è questo:
Alle persone con invalidità => del 74%, lo Stato eroga la pensione di euro
279,19 mensili, con la quale dovrebbero alimentarsi, vestirsi, pagare l’affitto e
provvedere alle loro altre esigenze vitali.
Alle persone con invalidità civile al 100% + Indennità di accompagnamento lo
Stato eroga l’assegno di euro 516,43.
Riporto qui di seguito :
Contratti assistente familiare C
Super per persone Non Autosufficienti
aggiornati 2015
COSTI PER IL DATORE DI LAVORO
C SUPER (20 h sett.) (87 h mensili) Stipendio 543 + Accantonare 265 = €
808,00
C SUPER (25 h sett.) (108 h mensili) Stipendio 690 + Accantonare 290 = €
980,00
C SUPER (30 h sett.) (130 h mensili) Stipendio 828 + Accantonare 348 = €
1.176,00
C SUPER (40 h sett.) (173 h mensili) Stipendio 1105 + Accantonare 464 = €
1.569,00
C SUPER (40 Ass. Nott.) (173 h mensili) Stipendio 1057 + Accantonare 475 = €
1.532,00
C SUPER (Badante 54 h) (173 h mensili) Stipendio 897 + Accantonare 515 = €
1.412,00
Si parla tanto di lavoro sommerso, ma penso, che tutto questo, sia inevitabile,
visto che una famiglia, per avere un supporto di sole 2 ore al giorno, deve
spendere € 808,00 al mese. Mi chiedo, come può lo Stato, riconoscere
un’Indennità di Accompagnamento pari a € 512,34 e poi avere un costo del
lavoro così alto?
Sono sempre più convinta, che bisogna pensare a nuove strategie di lavoro, nel
Settore Sociale , Educativo e Assistenziale.
Mi chiedo e vi chiedo, cosa possiamo e dobbiamo fare………..