ILO, raccomandazioni per le policy e le attività di ricerca sull’impresa sociale


Gianluca Salvatori | 4 Marzo 2020

Sono trenta le raccomandazioni di policy e di ricerca che sono state messe nero su bianco sui temi dell’impresa sociale e sul futuro del lavoro, frutto di “The SSE Momentum”, la conferenza internazionale che si è tenuta a Trento, dal 18 al 20 novembre 2019, dove un centinaio di persone tra ricercatori, policymaker, esperti e operatori da tutto il mondo si sono ritrovati. Un titolo evocativo che gli organizzatori, Euricse con l’International Labour Organization (ILO), hanno voluto dare proprio per comunicare le intenzioni di questo evento: comprendere in che direzione si sta muovendo l’Economia Sociale e Solidale. Ora tali raccomandazioni sono state rilasciate nella loro forma definitiva e tradotte in italiano.

L’Italia però non ha solo ospitato l’evento, ma ha messo a disposizione un bagaglio più importante. C’è molto infatti del contesto e dell’esperienza italiana nel documento.

A cosa servono queste raccomandazioni? La speranza, rivolgendosi agli attori della politica, è innanzitutto quella di mettere in luce la capacità delle organizzazioni dell’Economia Sociale e Solidale di affiancare lo Stato nella risoluzione delle sfide sociali contemporanee, in particolare l’occupazione e il welfare sociale.

 

L’implementazione di valide politiche sociali è complessa e pertanto necessita di un adeguato ambiente di collaborazione. Le organizzazioni dell’ESS devono uscire dal ruolo di meri soggetti erogatori di servizi per essere considerate degli attori impegnati in tutte le fasi della progettazione, al pari delle altre componenti dell’ecosistema. In questo senso, per sottolineare il rimando tra le raccomandazioni ILO e il contesto italiano, il tema del co-progettazione, declinato nell’art. 55 del Codice del Terzo settore, è un riferimento centrale in quanto fa leva sulla constatazione che quando l’economia sociale lavora in concerto con le istituzioni pubbliche l’efficacia delle politiche ne beneficia significativamente. Le partnership infatti, oltre che portare una pluralità di visioni, servono a diffondere modelli positivi in grado di sostenere la crescita, e, nel settore dei servizi sociali alla persona o del welfare, di accrescerne la fruibilità anche in ottica di mercato. La sinergia tra diversi partner porta infatti innovatività metodologica, attraverso l’interazione fra diverse conoscenze e competenze, contribuendo anche a sviluppare il senso di appartenenza ad una realtà sociale.

 

Un altro grande tema è quello finanziario: quali strumenti possono soddisfare i bisogni dell’economia sociale? Sappiamo tutti che l’accesso ai meccanismi finanziari è cruciale, ma altrettanto importante è la gestione delle risorse economiche interne. Per questo si dovrebbero investire maggiori energie nel comprendere e valutare fabbisogni e contesti specifici: le organizzazioni dell’ESS oggi hanno più bisogno di capitali, ma non tutti gli strumenti finanziari sono adatti, soprattutto quando vogliono coniugare l’utile sociale e quello privato. È necessaria una conoscenza dei dati reali in termini di accesso e di uso degli strumenti di credito. Conoscenza che può influire positivamente sulla “percezione di rischio”. Un tale supporto scientifico faciliterebbe l’ente creditore nella valutazione della sostenibilità e del comportamento creditizio; ma sono le realtà sociali stesse che dovrebbero avere come prassi l’implementazione di strumenti di analisi interna.

 

Un’ottica che prenda in considerazioni le esigenze correlate alle singole fasi di crescita, non solo nel momento di avvio delle nuove imprese sociali, porta a considerare con maggiore attenzione l’integrazione di una pluralità di diversi strumenti, ciascuno contraddistinto da uno specifico profilo e da condizioni da contestualizzare. Una strategia finanziaria efficace non può fare a meno di combinare strumenti diversi: dall’apporto in capitale da parte di investitori alle garanzie per l’accesso al credito, dal prestito fornito da soci alle obbligazioni con cui si chiede alla comunità di sostenere un’iniziativa di rilevanza sociale.

 

Le raccomandazioni includono poi un capitolo dedicato alla necessità del monitoraggio e dell’analisi statistica condotta sulle organizzazioni di livello locale e nazionale, nonché l’importanza di promuovere l’educazione e la formazione per fronteggiare i cambiamenti del mondo del lavoro. A questo si intreccia l’altro grande tema della dimensione internazionale degli ecosistemi dell’ESS, che implica la necessitò di una conoscenza ampia, in grado di confrontarsi con una varietà di situazioni e ambienti diversi. L’apporto conoscitivo che deriva dalla cooperazione internazionale ha un grande potenziale per sostenere la crescita e l’innovazione delle organizzazioni di economia sociale e solidale. Un potenziale che ha grandi spazi di sviluppo, a condizione di mettere in campo un’adeguata e costante attività di ricerca e comparazione internazionale, per confrontare idee e modelli diversi.

L’approccio all’internazionalizzazione qui evocato non si configura quindi come semplice commercio internazionale, bensì insiste sul coinvolgimento attivo degli ecosistemi locali come originale elemento di forza.

 

Infine, le raccomandazioni dedicano un’attenzione particolare – e non potrebbe essere diversamente trattandosi di un documento dell’Organizzazione internazionale del lavoro – alla discussione sul tema del futuro del lavoro, e in specie del lavoro dignitoso, in quanto ambito d’elezione per un approccio alla economia sociale e solidale che abbia l’ambizione di porsi come risposta alle criticità che affliggono l’economia informale. Il rapporto ILO mostra che l’ESS, attraverso forme collettive di organizzazione e di imprenditorialità innovativa, riesce a facilitare la nascita e il rafforzamento di attività economiche che consentono l’accesso a sistemi di protezione sociale, contribuendo alla transizione dall’economia informale a quella formale. Per tornare nuovamente al caso italiano, ad esempio, il settore cooperativo ha conosciuto il 17,7% di incremento dell’occupazione nel periodo 2007-2015, quando la recessione economica ha raggiunto il suo apice, mentre le imprese convenzionali assistevano ad una riduzione dei di posti di lavoro pari al 6.3% (fonte: Istat – Euricse 2019). Da qui la considerazione che le politiche pubbliche dovrebbero indirizzare il proprio impegno nella creazione e nella difesa dei posti di lavoro ispirandosi al modello dell’ESS, anziché considerarlo marginale e poco efficiente. Anche attraverso un diverso utilizzo della domanda pubblica e tramite una regolamentazione di appalti e procurement capace di passare da una logica di competizione a una logica di co-progettazione e partenariato, in linea con la natura ecosistemica delle organizzazioni dell’ESS e con la loro predisposizione al lavoro di rete.

 

Un’ultima raccomandazione riguarda infine il ruolo della ricerca, e in particolare la diffusione di un’informazione sistematica e accurata sulle caratteristiche quantitative e qualitative dell’economia sociale e solidale, pensata in funzione tanto delle necessità dei policy maker quanto degli operatori economici. Tale ruolo riguarda altresì la necessità di studi e ricerche sull’efficacia delle strategie e delle competenze dell’ESS, contestualizzate rispetto ai diversi ambienti operativi.

 

Aver scelto di delineare delle linee guida a sostegno dell’economia sociale e solidale è il punto focale del rapporto ILO e delle raccomandazioni che ne derivano. Non è una scelta casuale: nella conferenza di Trento si è infatti voluto sfruttare al massimo la presenza di un gruppo ampio e autorevole di esperti per costruire un documento pensato per andare oltre la solita autoreferenzialità, con l’intento di far comprendere ai decisori politici quanto sia necessario ripensare ad un modello di mercato in grado di riflettere i valori di cui i soggetti dell’economia sociale e solidale sono portatori.