La nuova legge sui minori stranieri non accompagnati


Marco Accorinti | 15 Maggio 2017

Il 6 maggio 2017 è entrata in vigore la Legge n. 47/2017, dal titolo “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati”, che introduce una serie di modifiche alla normativa vigente al fine di rafforzare gli strumenti di tutela garantiti dall’ordinamento in favore dei minori stranieri. Modifiche che hanno una ricaduta in termini di azione sociale.

Definizione di minore straniero, divieto di respingimento, limiti all’espulsione

Anzitutto la Legge sembra porsi come dispositivo quadro che dà indicazioni alle norme che disciplinano la materia tanto da emancipare la normativa relativa ai minori stranieri da quella relativa all’immigrazione in generale e alle politiche del controllo dei flussi in particolare (cui era sinora di fatto ricondotta al raggiungimento della maggiore età). Già nella nozione di minore straniero non accompagnato enunciata all’articolo 2 («si intende il minorenne non avente cittadinanza italiana o dell’Unione europea che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato o che è altrimenti sottoposto alla giurisdizione italiana, privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano») si rivedono alcune definizioni date ad esempio nel DPCM n. 535 del 1999 (che separava quanti avessero presentato o non presentato domanda di asilo), nel d.lgs. n. 85 del 2003 (che richiamava la presenza di un adulto che ne assumesse la custodia) o nel d.lgs. n. 142 del 2015 (che indicava la mancanza di rappresentanza legale). Con la Legge si introduce quindi un concetto più ampio e di maggiore tutela dello Stato rivolto ai minori stranieri. Inoltre la Legge, da un lato, introduce esplicitamente un divieto assoluto di respingimento alla frontiera dei minori stranieri non accompagnati (che non può essere disposto in alcun caso ribadendo quindi il comma 1-bis dell’art. 19 del TU immigrazione d.lgs. 286 del 1998); dall’altro lato, modifica la disciplina relativa al divieto di espulsione che, in base alla normativa vigente, può essere derogato esclusivamente per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato, stabilendo che, in ogni caso, il provvedimento di espulsione può essere adottato a condizione che non comporti «un rischio di danni gravi per il minore».

Cosa cambia rispetto all’accoglienza

Ma gli elementi di novità che preme qui evidenziare sono quelli che riguardano le misure per l’accoglienza dei minori e, più in generale, il rafforzamento dei diritti e delle tutele in loro favore.

 

Rispetto agli interventi sociali, la Legge non introduce di fatto un nuovo sistema di accoglienza, ma modifica le disposizioni previste dal decreto n. 142 del 2015 (in particolare all’articolo 4), con le quali: si riduce da 60 a 30 giorni il termine massimo di trattenimento dei minori nelle strutture di prima accoglienza, si stabilisce un termine massimo di 10 giorni per le operazioni di identificazione (attualmente non è previsto alcun termine) e si introduce in via generale il principio di specificità delle strutture di accoglienza riservate ai minori. Tali indicazioni avranno un peso significativo sul sistema attualmente in vigore che vede una sovrapposizione di strutture differenti gestite o dagli Enti locali (le “storiche”), o dal Sistema di Protezione e Accoglienza per Richiedenti Asilo e Rifugiati – SPRAR (che, con il “Piano nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari adulti, famiglie e minori stranieri non accompagnati”, approvato in Conferenza unificata il 10 luglio 2014, ha avuto mandato dal Ministero di accogliere anche minori che non richiedessero la protezione internazionale), o dal Ministero dell’Interno (attraverso la Struttura di missione specificatamente istituita il 2 febbraio 2015), o dalle Prefetture (anche attraverso i Centri di Accoglienza Straordinaria, definiti “CAS minori”, per la “primissima accoglienza”, assetto confermato dal d.lgs. n. 142 del 2015).

 

La Legge interviene disciplinando alcune procedure e tutelando alcuni diritti, in maniera da creare le condizioni per un quadro omogeneo delle pratiche in uso a livello locale. In particolare è prevista una procedura unica di identificazione del minore, che costituisce il passaggio fondamentale per l’accertamento della minore età, da cui a sua volta dipende la possibilità di applicare le misure di protezione, attraverso un colloquio con personale qualificato, sotto la direzione dei servizi sociali territoriali, con la richiesta di un documento anagrafico in caso di dubbio sull’età ed, eventualmente, di esami socio-sanitari (che prevedono il consenso del minore e modalità il meno invasive possibile) presumendo sempre la minore età anche nel caso di dubbi in seguito all’accertamento (articolo 5). Vengono poi disciplinate le indagini familiari (articolo 6), favorito l’affidamento familiare (articolo 7), l’adozione del rimpatrio assistito e volontario (articolo 8), istituito l’elenco dei tutori volontari (articolo 11), prolungato fino a 21 anni il periodo di sostegno per l’autonomia (articolo 13), confermate le garanzie di tutela del diritto all’istruzione e alla formazione (articolo 14), prevista la cooperazione internazionale in materia (articolo 20) e la tutela ai minori vittime di tratta (articolo 17). Tranne per quest’ultimo articolo, per il quale è prevista una spesa di 154.080 euro annui a decorrere dal 2017, e per l’articolo 16 che garantisce il diritto all’assistenza legale con l’autorizzazione di 771.470 euro annui a decorrere dal 2017, per le altre misure l’articolato riporta il comma che caratterizza molta parte del welfare italiano degli ultimi anni e cioè che «all’attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo, si prevede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

Così pure si dice all’articolo 9 per l’istituzione del “Sistema informativo nazionale dei minori stranieri non accompagnati”, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel quale confluiscono le “cartelle sociali” dei minori, compilate dal personale qualificato che svolge il colloquio con il minore nella fase di prima accoglienza. Sarà quindi interessante verificare l’effettiva capacità di accoglienza e di assistenza a seguito di tali disposizioni di legge.

Invero, all’articolo 12, si afferma come la capienza del sistema di accoglienza dovrà pertanto essere commisurata alle effettive presenze dei minori sul territorio nazionale ed è comunque stabilita nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, anche se, al comma successivo, si dice che le strutture devono rispondere a standard minimi di servizi nonché essere autorizzate e accreditate dalla normativa nazionale e regionale (sulla base, si crede, dell’accordo siglato il 5 maggio 2016 in Conferenza delle Regioni). Purtroppo l’Italia si è caratterizzata in passato per una forte eterogeneità territoriale dei modelli di accoglienza rivolti ai minori stranieri non accompagnati, pur se nel quadro di un iter d’intervento comune che vede nell’accoglienza alloggiativa la principale misura di tutela e protezione del minore, seguita dall’attivazione di politiche volte a favorire l’integrazione, in particolare attraverso le misure per la formazione e l’inserimento nel mondo del lavoro fino al compimento del diciottesimo anno di età (estendibili fino a 21 secondo la nuova Legge se il minore abbia intrapreso un percorso di inserimento sociale e necessiti di un ulteriore sostegno, autorizzato dal Tribunale per i minorenni, con l’affidamento ai Servizi sociali). Già il d.lgs. n. 142 del 2015 puntava a costituire un sistema unico di accoglienza articolato in prima e seconda accoglienza, che la Legge non richiama esplicitamente ma sottende all’articolo 4 e all’articolo 12 in cui si estende pienamente l’accesso ai servizi SPRAR a tutti i minori non accompagnati, a prescindere dai posti disponibili, come attualmente previsto.

Si deve anche far presente che all’articolo 14 viene estesa la piena garanzia dell’assistenza sanitaria prevedendo l’iscrizione dei minori non accompagnati al Servizio sanitario nazionale (che la normativa previgente considerava obbligatoria solo per coloro che avevano un permesso di soggiorno), anche nelle more del rilascio del permesso di soggiorno, dopo il ritrovamento a seguito della segnalazione, coprendo quindi un “buco” temporale legato alle procedure.

Responsabili delle strutture, tutori volontari, sinergie locali

C’è poi un altro aspetto, che torna in molti degli articoli della Legge e che riguarda le strutture di accoglienza dove sono ospitati i minori non accompagnati. La Legge chiama in causa direttamente il responsabile e il personale delle comunità di accoglienza all’articolo 6 (in cui si dice esplicitamente «sino alla nomina di un tutore, i compiti relativi alla richiesta di permesso di soggiorno o di protezione internazionale possono essere svolti dal responsabile della struttura di prima accoglienza»), all’articolo 9 («[…] il personale qualificato della struttura di accoglienza compila un’apposita cartella sociale»), all’articolo 14 («[…] l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale è richiesta dall’esercente, anche in via temporanea, la responsabilità genitoriale o dal responsabile della struttura di accoglienza»), all’articolo 18 (in cui si associa la figura del tutore per la richiesta della protezione internazionale «ovvero» quella del responsabile della struttura di accoglienza). L’impiego del personale delle strutture private anche in attività di responsabilità legale e tutela sembra corrispondere al principio secondo cui, in tutte le ipotesi di ritardo nell’emissione di provvedimenti propedeutici a salvaguardare gli interessi legittimi dei minori, siano predisposti strumenti idonei a evitare che il minore subisca un danno. La pratica dell’intervento sociale ha infatti verificato come gli effetti dell’inerzia dell’Amministrazione nei casi di apertura della tutela, del rilascio del permesso di soggiorno, dell’iscrizione scolastica, della presentazione della domanda di protezione etc., abbiano avuto un peso significativo nei percorsi di autonomia di molti minori stranieri. Anche in questo caso resterà da monitorare da una parte come si procederà nell’organizzazione degli uffici amministrativi e giudiziari per il rispetto dei nuovi tempi di identificazione, di apertura della tutela e di trattenimento nelle strutture di primissima e prima accoglienza, e dall’altra parte l’applicazione del ruolo pubblico/sociale dello Stato nell’assistenza. In questo senso sarebbe auspicabile favorire la formazione non solo di professionalità specificamente preparate sulle problematiche e i diritti dei minori non accompagnati e dei minori non accompagnati richiedenti asilo, da inserire stabilmente in ogni realtà che a vario titolo è coinvolta nella gestione del fenomeno, ma anche di “tutori volontari”, selezionati e formati da parte dei garanti per l’infanzia e l’adolescenza, i cui elenchi devono essere istituiti entro novanta giorni dall’entrata in vigore della Legge.

 

In ultimo la Legge richiama l’esigenza di promuovere una stretta sinergia tra tutte le Autorità e i servizi presenti a livello locale, attraverso, ad esempio, l’istituzione di protocolli, al fine di assicurare una tutela effettiva degli interessi del minore. Anche rispetto agli accordi locali, a una prima lettura potrebbe sembrare che la Legge faccia intendere che lo Stato promuova l’iniziativa specifica dei territori, in forme di auto-organizzazione, per sperimentare un rapporto nuovo fra programmazione statale e soggetti locali, pubblici e privati, in cui sarà certamente possibile garantire il “superiore interesse del minore” previsto dalla Convenzione di New York del 1989 (ratificata dall’Italia con la Legge n. 176 del 1991). Sicuramente la Legge presenta, anche a livello europeo, un esempio della necessità di estendere il quadro giuridico per la protezione dei minori stranieri non accompagnati come sancito anche negli atti giuridici che compongono il Sistema comune europeo dell’asilo (CEAS) e le disposizioni per il contrasto del traffiking.