L’inclusione e le sue implicazioni (II parte)

Dialogo intorno all’inclusione sociale e a ciò che ne consegue


A cura di Claudio Castegnaro | 27 Settembre 2022

Presentiamo qui la seconda parte dell’intervista di Claudio Castegnaro a Riccardo Morelli, referente dell’Unità Zonale Disabilità dell’Ambito Territoriale Sociale di Garbagnate Milanese; Area Fragilità, Servizi e Sviluppo, Azienda Speciale Consortile Comuni Insieme e membro del coordinamento della Rete Immaginabili Risorse1    

Che relazione c’è tra inclusione e coprogettazione?

Inclusione e co-progettazione sono intimamente connesse. Questo è un punto di attenzione. La co-progettazione nel prossimo futuro crescerà di importanza e verrà sempre più utilizzata. Questa è una buona notizia, ma il substrato culturale sul quale si innesta (specialmente in Lombardia) è quello del primato della prestazione sulla relazione e della privatizzazione e individualizzazione della fragilità. Questo ci deve far drizzare le antenne. Dunque, il rischio è che diventi una moda per affidare servizi e che sia solo uno strumento in più per implementare le strategie aziendali, l’ennesimo passo per precarizzare la logica dell’appalto e scaricare responsabilità sul terzo settore. Da questo punto di vista un ulteriore passo indietro dopo quello rappresentato, per molti aspetti, dall’accreditamento. Co-progettazione non è data se non in un discorso sull’inclusione attivo in un territorio. Un discorso nel quale siano coinvolte persone con disabilità, educatori, famigliari e assistenti sociali che co-costruiscono problemi e co-progettano risposte.   Voglio evidenziare che inclusione e co-progettazione rappresentano dal mio punto di vista elementi di discontinuità rispetto alle politiche attuate (soprattutto in Regione Lombardia), in contesti dove è profondamente radicata la logica dell’appalto che, con le sue certezze e, anche, chiarezze, si innesta in modo molto marcato in uno stile di governance caratterizzato dalla competizione. Appalto e accreditamento sono due modalità di affidamento centrate sulla competizione, fattore anche utile e spesso funzionale, ma con molti limiti. Tra questi, lo spingere i soggetti del terzo settore ad agire per conquistare nuove fette di mercato e, specificamente per quanto riguarda l’appalto, l’inibire l’evoluzione e il cambiamento perché le condizioni di lavoro ed operative vengono cristallizzate per una durata predefinita. In presenza di appalto, o accreditamento, il lavoro di rete per i soggetti del terzo settore diviene spesso strumentale, con modalità di cooperazione “con il freno a mano tirato”, condizionate dalla preoccupazione di intestarsi i possibili cambiamenti ed innovazioni che possono derivarne. Aggiungo un ulteriore elemento di discontinuità rappresentato dalla co-progettazione, ovvero il suo determinare cambiamenti negli equilibri relazionali consolidati ed esistenti tra enti pubblici, terzo settore e persone con disabilità. Nella co-progettazione il classico posizionamento per cui le cooperative sociali sono gestori, l’ente pubblico erogatore di risorse e controllore e la persona con disabilità utente salta. Nel rispetto delle sue funzioni di ciascuno, le decisioni si prendono insieme. Siamo veramente pronti a questo passaggio? Inclusione e co-progettazione sono inzuppate nella logica della cooperazione. Perché facendo rete possono emergere sempre nuove risorse, anche economiche. Perché il sapere e le risorse sono nelle comunità. Spesso, invece, iniettando risorse nelle comunità inibiamo la loro capacità di fare emergere ciò che c’è.   Quanto detto deriva dall’esperienza di lavoro con i territori, sia a livello di rete (si vedano le attività realizzate da Immaginabili risorse)  sia con progetti specifici (come con il progetto Tiki Taka o il progetto Terzo Tempo2) dai quali sono derivati interessanti apprendimenti.   All’interno del progetto Terzo Tempo, per esempio, dal  2015 costruiamo dei tavoli partecipati. Questi percorsi prendono avvio solitamente con una call di lancio.  Si costituiscono, poi,  vari tavoli  di lavoro con referenti degli enti locali, operatori dei servizi, referenti degli ETS e delle Associazioni su tematiche di interesse (l’abitare, le persone giovani con disabilità lieve, le persone con disabilità complessa e altro). Ad oggi stiamo elaborando un Patto di Comunità che verrà portato a livello di Ambito territoriale sociale, sul quale si innesteranno le prossime co-progettazioni ispirate alla norma nazionale (si veda l’art. 55 del Codice del Terzo Settore) e alle Linee guida3. Questo è un elemento interessante: al fine di scongiurare la frattura tra inclusione e co-progettazione, abbiamo visto che instaurare con le comunità una logica pattizia, preliminare o che accompagni le co-progettazioni vere e proprie, può essere molto utile. Co-costruire, cioè, un patto di comunità che rappresenti una base comune di partenza, un riferimento ed un accordo, anche sul piano etico e morale. La fiducia costituisce la base per i rapporti di collaborazione in quanto la co-progettazione è, prima di tutto,un processo sociale. Ci sembra utile tracciare percorsi nei quali si possa lavorare nella co-progettazione con cittadini alla pari e questo, soprattutto per le persone con disabilità e le loro famiglie, è molto importante. Ci si riferisce finalmente a questi ultimi primariamente come a cittadini, più che come a utenti. Cerchiamo di considerare primariamente le persone con disabilità e le loro famiglie non tanto come fruitori di servizi quanto come cittadini che contribuiscono a costruire la comunità in cui vivono4.   Mi sembra importante a questo punto dire quanto segue: l’inclusione non può essere imposta per legge. La stessa progressione dei diritti, fatto di civiltà e conquista indiscutibile, non è garanzia a che le persone con disabilità siano grazie ad essi più incluse. Occorre che i servizi agiscano e facilitino la presenza delle persone con disabilità nelle comunità in quanto cittadini. Se le persone con disabilità vengono percepite solo come persone fragili che hanno bisogno di cura, difficilmente il contesto potrà riconoscere e valorizzare le differenze di cui sono portatrici. Per questo è fondamentale che i servizi agiscano come attivatori di dinamiche di reciprocità tra persone con disabilità e contesto.  

Come si fa a costruire reciprocità e garantire sostenibilità a livello progettuale?

L’attivazione di dinamiche di reciprocità si basa sulla valorizzazione dei cosiddetti beni comuni. Interessanti, da questo punto di vista, sono , ad esempio, anche le proposte del Laboratorio per la Sussidiarietà – Labsus, promosso dal prof. Gregorio Arena. In particolare nella rete di Immaginabili Risorse abbiamo visto che i temi di lavoro utili ad innescare dinamiche di reciprocità sono proprio quelli che riguardano tutti:  sport, ambiente, cultura e arte, legalità. Temi  rispetto ai quali anche le persone con disabilità, adeguatamente supportate, possono dare il loro prezioso contributo. Come operatore posso allora aver in mente dei candidati e il contesto dove potrebbero partecipare attivamente alla vita comunitaria , oppure posso farmi promotore io stesso di un progetto per la cura dei beni comuni nel quale le persone con disabilità possono attivarsi come cittadini. In quanto operatore divento così mediatore con il contesto, non ho più solo il mandato di “tenere buono” il disabile e i familiari, compito che comporta una costante emorragia di senso e conduce a livelli di burnout devastanti.   Se l’offerta territoriale  consiste, invece, soltanto in  servizi sostanzialmente separati dalle comunità, alimentiamo dinamiche segreganti e rischiamo anche di dover fronteggiare con grande difficoltà un costante e insostenibile aumento della spesa pubblica. Lavorare nelle comunità libera risorse (sia economiche che umane), le svela. Lavorare per l’inclusione, attraverso la co-progettazione, significa condurre le comunità ad addentrarsi sempre più nella logica della cooperazione e a prendere le distanze da quella della competizione. Purtroppo mi pare che, soprattutto in Lombardia, la tendenza sia ben diversa. Si individualizzala risposta ai bisogni e alle domande delle persone con disabilità per convenienza politica. Si voucherizzano le prestazioni o si erogano buoni/cash. Accreditamento ed appalto hanno nella competizione il loro habitat e la competizione vede vincitori e vinti. Nei progetti portati avanti nel nostro Ambito territoriale sociale cerchiamo di privilegiare la relazione e quindi la cooperazione e la collaborazione tra persone e organizzazioni. La strada, secondo me, dovrebbe essere quella di costruire “patti di comunità” sostenuti da budget di comunità destinati alla co-progettazione. Con un complesso di risorse finalizzato ad alcuni macro-obiettivi affidati all’Ambito, magari facendo confluire e/o mobilizzando ulteriori risorse presenti nei territori, come ad esempio, il contributo così importante dato dalle Fondazioni di Comunità.   Faccio un esempio a questo proposito, per dire che non si tratta di fantascienza. Fondo Sirio5 è ancora operativo sul territorio di Garbagnate e della Fondazione Nord Milano. Si tratta di un fondo patrimoniale costituito con risorse del territorio del garbagnatese (cooperative e famigliari) per sostenere i progetti di vita delle persone con disabilità. Il progetto Terzo Tempo, citato poc’anzi, è sostenuto con un finanziamento da Fondo Sirio e con fondi derivanti da Fondo Nazionale Politiche Sociali, risorse grazie alle quali sono state attivate dal 2015 ben 11 co-progettazioni sul territorio.   Purtroppo, però, la direzione nella quale, specialmente in Lombardia, mi pare stiamo andando è decisamente diversa: il regno del voucher e del cash. Mi chiedo, ad esempio, se l’idea del Fondo Unico per la disabilità pensata da Regione Lombardia si ridurrà ad essere implementato mediante una nuova “dote” individuale. Forse ciò di cui hanno bisogno le nostre comunità è altro, è un supporto, una facilitazione proprio a costruire comunità, a costruire “noi”.

  1. Immaginabili Risorse è una rete informale composta da circa 100 tra cooperative sociali, associazioni, aziende consortili, sanitarie e enti locali del nord Italia. Suo scopo è la promozione della cultura dell’inclusione e la diffusione di buone prassi che sostengano la presenza delle persone con disabilità nelle nostre comunità in quanto cittadini che contribuiscono alla loro costruzione. Si veda www.includendo.net.
  2. Si veda anche qui
  3. Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore, Decreto Ministeriale n. 77, 31 marzo 2021; Linee Guida per la semplificazione amministrativa e la valorizzazione degli enti del terzo settore nell’ambito dei servizi alla persona e alla comunità (Regione Lombardia, DGR IX/1353, 25 febbraio 2011) e le Indicazioni in ordine alla procedura di co-progettazione fra comune e soggetti del terzo settore per attività e interventi innovativi e sperimentali nel settore dei servizi sociali (Regione Lombardia, DGR IX/12884, 28 dicembre 2011).
  4. Si veda l’articolo di Alceste Santuari, Co-progettazione e gare d’appalto: è una contaminazione positiva?, pubblicato su questo sito.
  5. Si veda qui.

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Molto interessante e di utilità per noi genitori che cerchiamo contatti e relazioni con altre famiglie che vivono la disabilità dei propri figli