La figura dell’operatore sociosanitario

Tra esigenze di cambiamento e crescita professionale


Giovanni Cellini | 10 Gennaio 2023

Questo articolo vuole essere, per l’area professioni sociali di Welforum.it, un primo (breve) contributo, che possa sollecitare ulteriori approfondimenti e riflessioni sull’operatore socio sanitario, una figura che ha acquisito progressivamente particolare rilievo, non solo nell’ambito sanitario ma nel sistema di welfare nel suo complesso, e che oggi appare coinvolta in interessanti processi di cambiamento. Ci soffermiamo in particolare su una recente iniziativa delle rappresentanze degli operatori sociosanitari – già oggetto di una nostra segnalazione – che ha l’obiettivo di un chiaro riconoscimento del ruolo della professione, nell’ambito del sistema sociosanitario nazionale (pubblico e privato). Si tratta degli “Stati Generali” dell’OSS, promossi dalla Federazione delle Professioni sanitarie e sociosanitarie Migep e dal Sindacato SHC, illustrati in un articolato documento, che ha trovato recentemente spazio in riviste di settore1. Il documento rappresenta in modo evidente alcune esigenze di cambiamento, alle quali rispondere mediante processi innovativi, che riguardano diverse caratteristiche della figura dell’OSS.

Un primo aspetto che emerge è l’esigenza di un chiaro riconoscimento di ruolo nell’ambito del rapporto con altre figure operanti nel sistema sanitario. Si fa riferimento esplicito al “profilo professionale” dell’OSS ed alla necessità di un maggiore e più chiaro riconoscimento all’interno delle organizzazioni: “i processi organizzativi e di lavoro all’interno delle strutture non hanno subito adeguamenti a fronte dell’introduzione della figura dell’OSS, è stata in alcuni casi semplicemente ricalibrata la divisione del lavoro interno, in relazione alle competenze sanitarie che l’OSS possiede”. Per poter sostenere tale riconoscimento appaiono essenziali, in particolare, due necessità, enfatizzate nel documento e tra loro collegate: quella, più di carattere politico e sindacale, del riconoscimento delle competenze dell’OSS nei contratti collettivi nazionali e quella della ridefinizione dei percorsi formativi. Rispetto alla prima necessità, si esplicita l’esigenza di attribuire maggiore importanza alle competenze dell’OSS nei contratti collettivi nazionali di lavoro, nell’ambito sanitario e socio sanitario; al tempo stesso, occorre andare oltre un riconoscimento economico di natura corporativa, per perseguire l’obiettivo del riconoscimento formalizzato del titolo di OSS, che serva a definire la specificità di tale figura ed a delineare i “confini”2 con altre professioni. In proposito si osserva che “la creazione dell’OSS, è stata per lo più percepita come un’evoluzione verso una figura di mini infermieri, che non ha riscontro con l’effettiva necessità di utilizzo” nelle strutture organizzative; in tal senso, l’OSS non va connotata come una figura di supporto ed occorrono norme – oggi assenti secondo le osservazioni degli Stati Generali – per un adeguato e chiaro riconoscimento del ruolo dell’OSS, che “deve differenziarsi per responsabilità, competenze e percorsi formativi”. Rispetto a questi ultimi viene evidenziata l’esigenza di riempire un vuoto normativo. In particolare, occorrerebbe una  legislazione nazionale che serva a dare uniformità; ad oggi, infatti, tra le regioni si registra, un’ “estrema variabilità territoriale di competenze e formazione”.

Dunque, vi è la necessità di una legislazione nazionale che delinei in modo chiaro i percorsi formativi, oggi disomogenei sul territorio nazionale, e la conseguente specificità del profilo professionale che viene formato. Nel documento, in cui si richiama l’esperienza di altri paesi europei, viene proposto un percorso formativo attraverso scuole professionali specializzate (Istituti socio sanitari); al tempo stesso, si propone l’istituzione di una figura intermedia tra infermiere ed OSS, cioè l “assistente per la salute”, che dovrebbe rafforzare le competenze dell’operatore, anche nella collaborazione interprofessionale: una figura “proiettata in un’equipe assistenziale nelle cure e bisogni del cittadino fragile, dove (gli operatori) acquisiscono maggior competenze, che dovranno essere riconosciute, anche attraverso indicatori per la qualità sull’assistenza”. Federazione MIGEP e Sindacato SHC OSS avevano già prospettato di inserire tale proposta in un Disegno di Legge da presentare in Parlamento3.  

In sintesi: andrebbe istituita la figura Assistente per la Salute, con un percorso formativo nuovo, omogeneo a livello nazionale, all’interno della scuola secondaria superiore, attraverso un Istituto socio sanitario che rilascia un diploma; inoltre, si istituirebbe un’ulteriore unica figura, l’operatore socio sanitario, con una formazione definita a livello nazionale, in possesso di licenza di scuola media, a cui viene facilitata la frequenza all’Istituto socio sanitario; gli OSS e gli operatori socio sanitari specializzati (OSSFC) -i due attuali livelli formativi- avrebbero diritto a facilitazioni per poter frequentare l’Istituto socio sanitario ed accedere al diploma di Assistente per la Salute. In prospettiva futura, l’obiettivo pare quello di unificare le diverse figure di operatori esistenti in un’unica figura, l’Assistente per la Salute, più qualificata e in possesso del medesimo diploma previsto da una normativa nazionale. L’Istituto socio sanitario, comunque, sarebbe strettamente connesso con le regioni per la frequenza di stage e tirocini.   Un ulteriore aspetto di particolare rilievo degli Stati Generali è la necessità di prevedere un “Registro Nazionale obbligatorio” degli OSS presenti in tutte gli ambiti lavorativi. Si tratta di “uno strumento di anagrafica dinamica dei qualificati; (…) per la definizione del fabbisogno formativo della qualifica; (…) per la verifica dei dati sia a livello nazionale che regionale; (…) per studi osservazionali sull’evoluzione della qualifica; (…) per l’accertamento di garanzia del titolo di qualifica”.   Segnaliamo infine l’attenzione del documento (e del succitato Disegno di Legge) alla formazione continua, come diritto-dovere per tutti gli operatori, “certificata uniformemente su tutto il territorio nazionale (…) sotto la responsabilità dei servizi sanitari regionali, in sinergia con i servizi sociali e (…) a carico dei datori di lavoro”.

  1. Si veda in particolare quotidianosanità.it del 13 dicembre 2022.
  2. Come evidenziato nella letteratura scientifica di matrice sociologica, vi è sempre stata una mobilità dei confini interprofessionali e al tempo stesso l’esigenza di una fissazione degli stessi, che è sempre stata l’esito di un processo di negoziazione tra due o più occupazioni confinanti, storicamente operata dalle professioni più “forti” su quelle più “deboli”; in ambito sanitario, non solo dai medici, ma anche dagli infermieri nei confronti degli OSS. Si rimanda in proposito all’articolo Tousijn, W. e Dimonte, V. (2016). “I confini mobili delle professioni sanitarie”. Assistenza infermieristica e ricerca35, 163-167. Si segnala anche, per un approfondimento: Tousijn, W. (2000). Il sistema delle occupazioni sanitarie. Bologna: Il Mulino.
  3. Presentata in anteprima nel settembre scorso da MIGEP e SHC OSS alla Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI); l’iniziativa ha trovato spazio su siti internet di settore, come assocarenews.it. La proposta di legge è reperibile a questo link; in essa sono dettagliate anche le funzioni e le attività che svolgerebbe la nuova figura (art.1 e art.5 dell’allegato B).