Minori stranieri non accompagnati e salute psicosociale
Il ruolo del terzo settore in Sicilia e in Calabria*
Alberto MascenaMara Tognetti | 14 Dicembre 2018
All’interno del vasto fenomeno delle migrazioni, la presa in carico psico-sociale dei minori stranieri non accompagnati rappresenta uno degli aspetti più delicati da affrontare. Lontani dalla propria casa, e in un contesto culturale “altro”, possono sperimentare un disorientamento culturale e un malessere psico-sociale che richiedono interventi specifici e volti ad un accompagnamento ed una presa in carico di tipo globale.
Obiettivo di questo contributo è quello di esplorare la realtà del terzo settore nelle Regioni Sicilia e Calabria, regioni che da diversi anni rivestono un ruolo centrale nell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, ponendo attenzione al modo in cui i vari servizi gestiscono il disagio psico-sociale di questi minori.
Il disagio psicosociale degli Minori stranieri non accompagnati: un quadro introduttivo
Secondo la legislazione europea e internazionale, e secondo la Convenzione sui diritti dell’infanzia, i Minori Stranieri Non Accompagnati (spesso definiti con la sigla M.S.N.A) sono quei “cittadini di stati terzi di età inferiore ai 18 anni che facciano ingresso nei territori dell’Unione non accompagnati da un adulto per essi responsabile in base alla legge o alla consuetudine e fino a quando non siano effettivamente presi in custodia da tali soggetti”.
Definizione che appare troppo generale e che non permette di compiere la giusta diversificazione rispetto alle motivazioni che stanno alla base della migrazione. Possiamo infatti distinguere diversi tipi di minori stranieri non accompagnati, dietro cui si celano storie e motivazioni molto diverse. Tra loro possiamo trovare minori in fuga da guerre, persecuzioni o conflitti; minori alla ricerca di lavoro; minori attratti da nuovi modelli di vita e minori che arrivano per ricongiungersi ad altri familiari.
I minori stranieri non accompagnati, anche se arrivati irregolarmente in Italia, sono titolari di tutti i diritti sanciti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo. Tale Convenzione stabilisce che in tutte le decisioni riguardanti i minori deve essere tenuto in conto come considerazione preminente il superiore interesse del minore, e che i principi da essa sanciti devono essere applicati a tutti i minori senza discriminazioni. Oltre al principio del “superiore interesse del minore” e di “non discriminazione”, la convenzione riconosce un’ampia serie di diritti, tra cui il diritto alla protezione, alla salute, all’istruzione, alla tutela dallo sfruttamento, alla partecipazione.
Il rapporto dell’UNICEF (2017) sulla rotta migratoria del Mediterraneo centrale rileva che il 75% dei Minori Stranieri non Accompagnati intervistati ha dichiarato di aver subito violenze, molestie o aggressioni durante il viaggio dall’Africa Sub-sahariana. Essi sono esposti a rischi crescenti di abusi e sfruttamento, legati anche ai debiti che contraggono e alla dipendenza dai trafficanti lungo le rotte migratorie.
C’è poi l’arrivo in Italia. Nonostante gli sviluppi positivi dell’ultimo anno, in primis l’approvazione della Legge 47/2017 (cosiddetta Legge Zampa) tesa ad innalzare gli standard di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati, la protezione e l’accesso sicuro ai servizi essenziali restano ancora delle questioni aperte.
Generalmente, il minore straniero è accolto presso una struttura dove il compito degli operatori è quello di favorire l’attuazione di progetti sociali che dovrebbero favorire il benessere e l’inclusione sociale del minore. Sono differenti le strutture a seconda anche di come sono state progettate:
- Centri di pronta accoglienza per periodi limitati di tempo, che garantiscono una protezione immediata;
- Centri di accoglienza per percorsi più prolungati nel tempo;
- Accoglienza-affidamento temporaneo presso famiglie;
- Gruppi appartamento di semi-autonomia dove adolescenti vivono da soli senza la presenza costante di operatori.
I minori stranieri non accompagnati dovrebbero essere accolti in comunità di pronta accoglienza regolarmente autorizzate che, secondo la Legge, dovrebbero garantire:
- un ambiente accogliente e familiare in cui il minore possa sentirsi accolto e rispettato;
- condizioni di vita dignitose e adeguate a favorire lo sviluppo fisico e psichico di soggetti in età evolutiva (apertura durante le ventiquattro ore, fornitura di cibo qualitativamente e quantitativamente adeguato, condizioni adeguate a garantire l’igiene personale, il vestiario, ecc.);
- il rispetto delle esigenze culturali e religiose del minore (rispetto delle abitudini alimentari, possibilità di praticare la propria religione, possibilità di parlare la propria lingua, ecc.).
Spesso i minori vengono tenuti per periodi notevolmente lunghi presso i centri di prima accoglienza, in alcuni casi senza informazioni chiare sui propri diritti, sulle opportunità e sulle tutele legali. Quello che si verifica è una situazione di “sospensione” (Sayad, 2004), una dimensione esistenziale che diventa causa di ansia e frustrazione, e che si va a sommare ad una condizione psicologica già provata dalle esperienze passate. Si tratta di minori spesso “in sosta” in una zona di invisibilità, dei quali è per lo più diffusa e stigmatizzata la condizione di mancanza di documenti di soggiorno.
Per questi motivi il supporto psico-sociale riveste un ruolo cruciale. È infatti noto come l’esposizione a violenze, disastri, perdita o separazione dai familiari siano fattori che possono avere conseguenze immediate e a lungo termine sulla salute psico-sociale.
Il lavoro psico-sociale con i M.S.N.A.: il ruolo del terzo settore in Sicilia e in Calabria
La Sicilia e la Calabria rivestono un ruolo centrale nell’’accoglienza dei migranti ormai da diversi anni. I dati aggiornati a Dicembre 2017 stimano che in Sicilia ci siano 6 mila minori stranieri non accompagnati, il 42,8% di quelli presenti in Italia. La Sicilia è seguita dalla Calabria (7,9%), dalla Lombardia (6,6%), dal Lazio (5,7%), dall’Emilia Romagna (5,6%) e dalla Puglia (5%). La Calabria è dunque la seconda regione per arrivi, e Reggio Calabria il quinto porto dopo Augusta, Catania, Pozzallo e Lampedusa, con un totale di 7.950 persone sbarcate nell’arco del 2017.
Al totale dei minori stranieri non accompagnati sbarcati sulle nostre coste si aggiunge una stima di ulteriori 5.509 minori considerati a oggi irreperibili, che hanno abbandonato i centri di prima e seconda accoglienza per continuare il loro viaggio. Alcuni sono diventanti “invisibili”, nel tentativo di attraversare le frontiere dei paesi europei confinanti per raggiungere familiari o conoscenti. Altri ancora si allontanano dai centri di accoglienza per cercare fortuna (Reach, 2017).
Nell’ambito dell’accoglienza e della salute psico-sociale dei minori stranieri non accompagnati, la Sicilia e la Calabria ospitano numerose realtà del privato sociale (associazioni di volontariato, cooperative sociali, O.N.G., ecc..) che, operando all’interno del sistema di accoglienza e ricoprendo un ruolo più o meno istituzionalizzato e formalizzato, si occupano della presa in carico dei minori stranieri, mediando il loro arrivo ed inserimento sociale con i servizi pubblici dislocati nel territorio che si occupano di salute, diritti, educazione. Spesso è proprio al livello dei rapporti tra privato sociale e servizi deputati alla salute psico-sociale e all’assistenza burocratica-legale che si riescono a trovare sinergie funzionali al superamento delle problematiche dell’utenza: situazioni di vulnerabilità in genere complesse trovano infatti delle possibilità di soluzione nel confronto interprofessionale e nell’attivazione delle reti territoriali di riferimento (Polito, Rioli 2018).
Nel campo dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, il rapporto tra privato sociale e servizi pubblici è stretto e continuo. Il sistema SPRAR, in particolare, prevede una continua collaborazione tra pubblico e privato. I Comuni ed i Servizi Sociali comunali (che costituiscono l’ente gestore) e dall’altro il privato sociale (ente attuatore) rappresentano le realtà deputate a gestire l’accoglienza dei minori stranieri. In tal modo, è possibile, soprattutto nei centri di piccole-medie dimensioni, coinvolgere una più ampia rete di risorse territoriali che garantiscono un percorso di accoglienza, di integrazione e di autonomia efficace.
Tuttavia, non mancano le difficoltà, specialmente per ciò che concerne la presa in carico medica e psicologica dei minori stranieri non accompagnati che avviene attraverso la collaborazione tra settore pubblico e privato. Difatti, i servizi sanitari pubblici calabresi e siciliani raramente prevedono la presenza di mediatori interculturali, e raramente è prevista una formazione interculturale dei medici, degli assistenti sociali e degli psicologi presenti nei servizi. Il privato sociale, quindi, si trova spesso a supplire i servizi sanitari pubblici per poter garantire un’adeguata presa in carico.
In sintesi, possiamo affermare che la gestione del disagio psico-sociale dei minori stranieri non accompagnati risulta essere di fondamentale importanza. Al fine di cogliere questa sfida occorre strutturare delle azioni di prevenzione e trattamento finalizzate alla presa in carico globale di questi giovani migranti, andando a creare un lavoro sinergico con autorità e altre associazioni per garantire a questi minori una rete di assistenza composta da tutori legali, psicologi, e da tutte quelle figure utili ad una loro piena inclusione sociale, che vada oltre l’ottica della pura “emergenza”.
*L’articolo è tratto da un contributo presentato in occasione di ESPAnet 2018 a Firenze, scritto insieme ad Alberto Polito (associazione “A tu per tu”) e Gandolfa Cascio (Terres des Hommes).