Per i prossimi 40 anni

Un libro sulla storia e il futuro del Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia


Aldo Garbarini | 14 Giugno 2021

 Nel maggio del 1980 diverse educatrici di nido, coordinatori pedagogici e tecnici dei servizi sociali, operatori di consorzi sociosanitari, amministratori e funzionari di Comuni, Province, Regioni, collaboratori di riviste specializzate, docenti universitari, ricercatori provenienti da molte città italiane si riunirono a Reggio Emilia per due giornate di studio sugli asili nido, a quasi dieci anni dall’approvazione della legge istitutiva. Nasceva nei fatti quel consesso associativo che ancora oggi chiamiamo Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia.

Siamo partiti da questa esperienza per proporre, attraverso un libro composto da più contributi, non tanto una rivisitazione storica della vita dell’associazione, quanto una riflessione sul futuro del sistema educativo nel nostro Paese. Cercando nello stesso percorso del gruppo nazionale possibili chiavi di lettura.

Ecco perché ricordiamo il maggio del 1980; non tanto per celebrare un evento, quanto per sottolineare la scelta alla base della sua costituzione: aprire un confronto in merito a un fatto concreto cercando anche di rappresentare le possibili evoluzioni di un sistema educativo. Il Gruppo Nazionale nasce in sostanza sull’onda del richiamo malaguzziano al rapporto tra teoria e pratica, impegnato in uno sforzo capace di coniugare il senso prospettico del pensiero educativo e pedagogico con le decisioni politiche e di sistema in grado di renderlo possibile.

Un’ulteriore specificità della nostra Associazione risiede anche nella molteplicità di presenze, interne e esterne allo zerosei, che ha sempre permesso ricchezza e varietà di sguardi, determinando non tanto l’adesione a un indirizzo psicopedagogico predeterminato, quanto la grande apertura a visioni plurime e innovative, senza rinunciare mai alla difesa e alla promozione dei diritti dell’infanzia, degli operatori e delle famiglie. Per questo, tuttora riteniamo necessaria una cultura di promozione e attuazione dei diritti di ogni bambina e bambino nella comunità locale, regionale e nazionale, a partire – oggi – dalla necessaria evoluzione e diffusione del sistema educativo integrato.

 

Una storia articolata

È una storia articolata, intensamente intrecciata alle vicende italiane e alle innovazioni che hanno segnato questi decenni nella vita e nella cultura dei servizi per l’infanzia e in cui hanno sempre convissuto le due anime: quella movimentista e quella più istituzionale. Il Gruppo ha sostenuto molte campagne – dalla prima raccolta di 150mila firme della primavera 1993, alle molte iniziative di legge, alla raccolta di firme consegnata nel 2000 al Presidente della Camera on. Luciano Violante, alle campagne a sostegno della legge 1044/1971 e poi delle successive normative nelle diverse Regioni – così come è sempre stato costante il riferimento alle iniziative che si svolgevano a livello europeo, già dai primi anni ’90, in particolare con la Rete per l’infanzia della Comunità Europea. Peraltro, l’articolazione e il confronto costante tra la dimensione centrale degli organismi del Gruppo, che garantiscono la visione nazionale, e l’articolazione dei Gruppi territoriali, che rappresentano la sensibilità ai problemi locali e danno voce anche alle dimensioni più periferiche, sono anch’esse una delle altre ricchezze dell’associazione.

Ha ancora senso un’associazione di questo tipo? Hanno ancora senso quei corpi sociali intermedi in un momento difficile, complesso, in cui l’incertezza, l’imprevedibile e l’inaspettato, il rischio, la probabilità sempre più caotica sembrano essere elementi costituenti dell’oggi e di quel che potrebbe essere nel domani?  In una società in cui la disintermediazione sembra essere il fenomeno vincente, in cui nell’uno – e non più nel noi – si declina una rete sociale e politica che vorrebbe essere di tipo prettamente orizzontale, come si collocano, se ancora si possono collocare, quelle esperienze di natura più collettiva, in cui gli interessi, i saperi, le competenze e le esperienze specifiche trovano occasione di confronto, di approfondimento, di naturale mediazione per poi divenire pensiero comune e operatività condivisa? Insomma, parlare del Gruppo Nazionale e della sua esistenza vuol dire, più in generale, anche parlare di quell’associazionismo e di quel terzo settore che, agendo nel campo più in generale del welfare e dei sistemi educativi, ha garantito per anni un’articolazione convinta e matura dello stesso sistema democratico.

 

Per quanto ci riguarda, abbiamo risposto certamente si, perchè ci sono ancora tanti motivi che ne giustificano la presenza. Non solo perchè una recente ricerca dell’Istituto Ipsos ha evidenziato che ancora molti italiani identificano nel volontariato uno dei modi per sentirsi parte di una comunità e utili agli altri, ma anche perché non sembra venuto meno il fatto che il terzo settore sia comunque ritenuto indispensabile al buon funzionamento dello Stato sociale e dei servizi a esso correlati, grazie alla capacità di farsi portavoce di bisogni e esigenze dei cittadini che altrimenti rimarrebbero inascoltate e per la capacità di integrare e qualificare l’azione delle istituzioni amministrative pubbliche o di supplire alle loro carenze, anche per una mediazione tra autorità di governo e cittadini. Proprio in relazione al terzo settore, vi è stata quest’anno una significativa sentenza della Corte Costituzionale (n. 131/2020) che ribadisce alcuni di questi concetti. E ancora, perché come ci dice Vittoria (5 anni) ≪Il gruppo è una cosa che vale. Dentro ci sono tutte le idee e tutti i pensieri e tutto si abbraccia≫. È una grande, bella, efficace descrizione che già basterebbe a spiegare perché stare in gruppo, lavorare insieme, pensare e progettare collettivamente abbia un senso.

Per questo oggi diventa importante segnare una appartenenza: in un sistema che tende a elogiare la disintermediazione, a considerare superflui corpi intermedi, associazioni e enti del terzo settore, a pensare che siano da evitare percorsi collettivi di coerenza, perchè inutili e dispendiosi, noi rivendichiamo il diritto di essere una comunità, di potere elaborare reti di pensiero, di suggestioni, di azioni, di essere promozione e azione politica per l’infanzia. Per mantenere ferma e convinta quella nostalgia del futuro che Loris Malaguzzi ci ha lasciato come impronta indelebile.

Peraltro, proprio ricostruendo la storia dei sistemi educativi di questi quarant’anni e l’intreccio con la vita del Gruppo Nazionale, si evidenziano con forza alcune questioni che rimangono ancora oggi dirimenti per la costruzione di un sistema integrato a tutela dei diritti delle bambine e dei bambini.

 

I temi educativi

Un primo tema è senz’altro quello collegato alla qualità dell’offerta educativa zerosei, che dipende soprattutto dalla formazione iniziale delle educatrici e delle insegnanti e dalla formazione in servizio che consolidi e affini una professionalità che si costruisce, poco a poco, nel confronto, nello studio, nella capacità di ascolto e di riflessione. Rispettosa dei bambini, delle loro idee e ipotesi, attenta alle relazioni con le colleghe del gruppo-collettivo, con i genitori e il territorio circostante, tesa a dare qualità al proprio intervento educativo. In questo contesto, una condizione favorevole a creare curricoli verticali non contraddittori può essere offerta dalla formazione in comune, dalla contiguità di servizi educativi e di scuole dell’infanzia, come nei Poli previsti dalla normativa attuale.

Abbiamo però anche bisogno di coordinamenti territoriali per garantire un sistema territoriale competente e coordinatori pedagogici con professionalità mature, dati i compiti non facili a livello interistituzionale per avviare e consolidare il sistema integrato.

Lo zerosei comprende servizi educativi di alto valore per il futuro del Paese: qui vengono messe le basi per ogni apprendimento futuro, si prevengono fallimenti educativi, si iniziano a curare ferite sociali e a sostenere ogni bambino nel suo sviluppo, soprattutto quelli che vivono nelle situazioni socialmente più fragili. L’obbligo di dare conto dell’azione educativa e della sua capacità di rispondere a questi obiettivi è un aspetto sovente sottovalutato da chi pensa l’autonomia scolastica come un’oasi avulsa dalla società circostante. Per questo, l’autovalutazione, l’etero-valutazione e il RAV (rapporto di auto-valutazione) non sono solo strumenti interni ai servizi e alle scuole per migliorare gradualmente la propria offerta educativa, ma sono una necessità che risponde al principio democratico di rendere conto della propria attività alla comunità.

 

Un secondo tema riguarda la relazione tra i servizi educativi e le famiglie. La riflessione della nostra associazione è stata sempre accompagnata dalla consapevolezza che i servizi educativi per l’infanzia si rivolgono principalmente ai bambini ma che al tempo stesso si guarda ai loro genitori nella doppia posizione di partner del processo educativo del bambino e di diretti fruitori dell’offerta del servizio. Attraverso riflessioni e interventi, da un lato, si sono via via precisate le modalità che hanno assicurato il coinvolgimento dei genitori dei bambini utenti nella decisioni relative alla gestione dei servizi, interpretando quella che era un’esigenza sempre più diffusamente espressa dalle famiglie; dall’altro lato, si è sviluppata la sempre maggiore presa di coscienza da parte di educatori e insegnanti che la costruzione del rapporto con i genitori è una dimensione fondamentale della qualità dell’offerta educativa.

In Italia come in molti altri paesi sono quindi stati creati e hanno richiesto nuova attenzione diverse tipologie di servizio educativo, come gli Spazi bambini e i Centri per bambini e famiglie o altri come i servizi in contesto domiciliare, che sono tradizionali in altri paesi ma poco diffusi nel nostro.

 

Terza riflessione: le principali problematiche connesse con la costruzione del sistema integrato zerosei. I molti anni di discussione a livello europeo, discussioni cui hanno partecipato anche molti esponenti del mondo dei servizi italiani, hanno portato a delineare un quadro di azioni politiche e educative per realizzare la qualità dell’offerta educativa all’infanzia. Questo quadro ha ricevuto anche una validazione da un atto formale del Consiglio Europeo, che nel 2019 lo ha assunto in una specifica Raccomandazione, con precisi richiami: l’importanza di condizioni di accessibilità ai servizi educativi improntate all’universalismo, l’inscindibilità delle dimensioni di cura e di educazione nel percorso educativo, l’unitarietà di tale percorso nel periodo evolutivo dalla nascita all’ingresso nella scolarità obbligatoria, l’insistenza sulla professionalità di educatori e insegnanti come condizione necessaria per realizzare un’offerta educativa di qualità, la responsabilità di tutti, dagli educatori e i coordinatori pedagogici agli amministratori dei diversi livelli di governance nel monitorarla e valutarla. Ma soprattutto il Quadro Europeo ribadisce ciò che meglio esprime la cifra delle nostre discussioni: la definizione della qualità dell’offerta educativa non deriva da una scelta ideologica, che precede e interpreta il processo della sua realizzazione, ma si costruisce nella discussione e nella partecipazione democratica che deve accompagnare tale realizzazione.

 

Questo approccio alla qualità dei servizi educativi ha trovato riscontro anche nel dibattito che ha promosso e poi accompagnato l’elaborazione della Legge 107/2015 e del successivo D.lgs. 65/2017 e in cui la nostra associazione è stata parte attiva durante un percorso pluriennale di impegno e proposte.

Il sistema integrato zerosei nel nostro paese vede la compresenza di una iniziativa pubblica, più importante nel secondo segmento del percorso educativo, e di una variegata iniziativa privata, che ha svolto e svolge un ruolo sussidiario importante nell’offerta dei servizi. Come realizzare un rapporto di scambio virtuoso tra queste iniziative a livello territoriale è oggi un tema centrale se si vuole preservare la possibilità di un accesso universalistico e democratico al percorso educativo ancor prima dell’obbligo scolare e insieme garantire la qualità dell’offerta.

L’articolarsi delle politiche per l’infanzia nei diversi territori (potremmo forse dire nelle diverse Italie, tanto grandi sono le differenze e i divari all’interno della nostra nazione) trova infine voce nella quarta parte del volume. Alcune Regioni presentano l’impegno e il lavoro attivato per la realizzazione del sistema zerosei alla luce della nuova normativa, altre la vita e il lavoro dei Gruppi territoriali che partecipano attivamente all’elaborazione dei progetti e delle norme in forme più o meno riconosciute. Analogo il processo di dialogo, confronto e partecipazione che si sviluppa a livello comunale.

 

Infine, è certo utile richiamare come il GNNI non sia una monade che vive in solitudine la sua presenza nella società e nella politica. I valori della comunità e della rete vissuti all’interno del GNNI hanno sviluppato la consapevolezza che debba essere questa una dimensione che coinvolge anche l’essere stesso del Gruppo al suo esterno. Da questa convinzione nasce la decisione di aderire in maniera forte e convinta alle reti che si sono sviluppate negli ultimi anni in Italia, come il Tavolo Saltamuri e Alleanza per l’infanzia. Così come un rapporto speciale è quello che lega la nostra associazione al Gruppo CRC: da anni il GNNI è parte attiva della sezione dedicata ai servizi educativi per i bambini in età zerosei anni nel Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia pubblicato ogni anno da questa rete. Anche questo è un modo per fare e condividere cultura dalla parte dell’infanzia.