Il contratto di governo M5S/Lega prevede un capitolo dedicato alle politiche per la famiglia e la natalità e un’altra parte dedicata alla modificazione del diritto di famiglia. Dopo il primo anno di governo, che si è concluso il 31 maggio 2019, che cosa è stato fatto di quel programma?
Il contratto di governo
Le politiche per la famiglia occupano uno spazio significativo nel Contratto di governo della maggioranza M5S/Lega. Sono ben 10 gli obiettivi che vengono posti per l’intera legislatura alcuni dei quali ambiziosi seppur quasi tutti espressi in una forma abbastanza generica. Gli obiettivi e le relative realizzazioni di questo primo anno di governo (1/6/2018-31/5/2019) sono illustrati nelle tabelle 1 e 2.
Tab. 1 – Gli obiettivi del Contratto di governo M5S/Lega relativi alle politiche per la famiglia
Un capitolo del Contratto di governo è dedicato anche alla riforma del Diritto di famiglia che necessariamente non può non far parte del più ampio capitolo delle politiche per la famiglia.
Tab. 2 – Gli obiettivi del Contratto di governo M5S/Lega relativi al Diritto di famiglia
Obiettivo | Realizzazioni |
Divorzio: rivisitazione dell’istituto dell’affidamento condiviso dei figli per assicurare la permanenza del figlio con tempi paritari tra i genitori. | Non ci sono proposte del Governo o della maggioranza parlamentare. La Lega ha presentato un disegno di legge – il contestato DDL Pillon – che secondo il M5S è “archiviato”. |
Divorzio: rivedere la disciplina del mantenimento del coniuge; rivalutare il mantenimento in forma diretta senza alcun automatismo circa la corresponsione di un assegno di sostentamento e valutando l’introduzione di norme volte al contrasto del grave fenomeno dell’alienazione parentale. | La normativa in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell’unione civile sta per cambiare ma per iniziativa della deputata Morani del Gruppo parlamentare PD. |
Semplificare adozioni nazionali ed internazionali. Riorganizzare e semplificare il sistema delle adozioni. | Non ci sono proposte del Governo o della maggioranza parlamentare. Nel mese di aprile del 2019, la Lega ha presentato un disegno di legge per la semplificazione delle adozioni (dai contenuti assai modesti). |
Quello che non c’è nel Contratto di governo ma è previsto nella Legge di bilancio 2019: il Fondo per le politiche per la famiglia
Il fondo nazionale per le politiche per la famiglia sembrava volesse finanziare una amplissima serie di servizi per le famiglie ed invece, in grandissima parte, finanzia le aziende private per la promozione del welfare familiare aziendale. Alle regioni è stato ripartito solo il 15,8% del Fondo. Una spiacevole sorpresa.
La legge di bilancio 2019 ha portato il fondo per le politiche pe la famiglia a 94.682.826 euro. Un bel passo avanti rispetto all’anno precedente quando il finanziamento era di 4,5 milioni di euro. La cosa che invece funziona meno è la finalizzazione del Fondo. Troppe cose, tanto da apparire velleitario. Il Fondo, infatti, è destinato a finanziare interventi in tutti i campi (per il dettaglio si veda l’articolo a questo link).
Nel testo del decreto di riparto la spiacevole sorpresa. La maggior parte dei finanziamenti e cioè 79 milioni di euro sono trattenuti dal Ministero per la Famiglia e le Disabilità che li utilizzerà per iniziative di conciliazione del tempo di vita e di lavoro, per la promozione del welfare familiare aziendale e per la promozione della Carta della Famiglia (da cui nel frattempo sono stati esclusi gli stranieri extra UE).
Fino ad un massimo di 790.000 euro sono però riservati a consulenze che il ministero potrà affidare a soggetti esterni qualora lo stesso non abbia le competenze necessarie per distribuire con bando le risorse stanziate. Uno stanziamento davvero sorprendente!
Solo 15 milioni sono ripartiti alle regioni italiane che potranno a loro volta redistribuire ai comuni per interventi volti al supporto delle attività dei Centri per le famiglie e nell’ambito delle competenze sociali dei consultori familiari, a sostegno della natalità e a supporto della genitorialità. Rimane da comprendere se il supporto delle competenze sociali dei consultori familiari significhi erogare risorse alle ASL per l’acquisizione di assistenti sociali per i Consultori o se invece lo stesso intervento può essere realizzato con il personale dei comuni che si integra con il personale dei Consultori.
Non siamo ad una svolta positiva. Ci sono risorse in più rispetto agli ultimi anni ma queste vengono messe quasi tutte a disposizione delle aziende private per interventi settoriali a favore di un segmento di popolazione, peraltro un po’ più garantito di altri, che lavora nelle grandi imprese italiane. In un paese che non ha una vera e propria politica organica di sostegno delle famiglie, in un paese che spende meno degli altri paesi europei nelle politiche familiari si decide di promuovere l’intervento dei privati nelle politiche familiari. Sembra sinceramente una azione molto contraddittoria.
Quello che non c’è nel Contratto di governo
Nel contratto di governo sono presenti ben 10 obiettivi (seppur generici ed in parte sovrapposti) che fanno capo alle politiche familiari. Un numero elevato per un settore politico di intervento; ma ciò che manca è un disegno organico di riforma delle politiche familiari che sia in grado di sostenere le famiglie e di promuovere un risveglio della natalità. O, in subordine, un disegno che tenga insieme tutte queste necessità.
L’Italia oggi è fra i paesi europei che spendono meno per le politiche familiari e la maggior parte delle risorse (comprese le detrazioni fiscali) sono distribuite alle famiglie sulla base di criteri non universalistici e non sempre rapportati alla presenza dei figli. Sul fatto che siano inefficaci è sotto gli occhi di tutti dato che la natalità italiana continua a scendere. Occorre pertanto una grande riforma delle politiche di settore che sviluppi l’intervento riorganizzando radicalmente le misure attuali. Un’idea di questo tipo, per la verità, è nelle intenzioni del Ministro per la Famiglia Fontana che al Sole 24 Ore del 10 giugno 2019 ha anticipato l’intenzione di una ampia riforma che riassegni le risorse esistenti dando vita a un assegno unico di 200-300 mensili fino al diciottesimo anno di età dei figli. Ma il Disegno di legge governativo, per ora, non è stato presentato. Mentre è stato presentato quello del PD (primo firmatario Del Rio) che, sulla scorta del disegno di legge già presentato nella passata legislatura a prima firma del Senatore PD Lepri, propone un assegno unico per i figli a carico, riassorbendo tutte le misure attuali ed aggiungendo risorse. La proposta prevede, fra l’altro, un assegno unico di 240 euro mensili per i figli fino a 18 anni (contributo che aumenta per i figli fino a tre anni di età che fruiscono dei servizi come gli asili nido).
Conclusioni
Si fa un gran parlare di bassa natalità e di sostegno alla famiglia. Negli ultimi mesi i partiti di Governo ne hanno parlato più volte prospettando un grande piano di rilancio delle nascite aumentando i sostegni per le famiglie. Ma che cosa è accaduto davvero in questo primo anno di governo? La manovra conferma le misure esistenti (ad eccezione del bonus babysitter e asilo nido che viene abolito), ma le novità previste per il 2019 sono minime:
- l’importo del “bonus bebè” viene aumentato del 20 per cento a partire dal secondo figlio;
- il “bonus asilo nido” sale da 1.000 a 1.500 euro annui;
- il congedo obbligatorio di paternità passa da 4 a 5 giorni, mentre quello di maternità può essere posticipato fino al giorno del parto in presenza di una apposita autorizzazione del medico.
È difficile pensare che piccole variazioni di misure già in vigore possano avere un effetto significativo sui livelli di natalità.
Criticità si rilevano anche negli altri settori di intervento. L’intervento di sostegno delle famiglie è caratterizzato da un approccio categoriale a favore dello sviluppo del welfare aziendale mentre nessun passo avanti è stato realizzato per gli obiettivi relativi alla modifica del diritto di famiglia.
Non ci sono gli interventi per le badanti ma in compenso si registra un aumento del fondo destinato alle regioni e poi ai comuni per l’assistenza agli anziani non autosufficienti.
Nel complesso, il primo anno di governo evidenzia una attività nei vari settori di intervento ma la caratterizzazione degli interventi sembra troppo influenzata dalla necessità di apparire piuttosto che da quella di essere. Gli interventi, nella grande maggioranza dei casi, sono migliorativi ma dall’impianto modesto e quindi non in grado di influenzare le traiettorie delle famiglie. E soprattutto manca un grande disegno riformatore che riorganizzi le prestazioni attuali e le potenzi al fine di sostenere nel tempo ed in modo efficace le famiglie con figli e ne rilanci la natalità.
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