Professioni sociali e competenze digitali

Una proposta per adeguare i percorsi formativi


L’uso delle tecnologie nei servizi alla persona

La rivoluzione digitale coinvolge ogni aspetto della nostra vita. Il passaggio dall’analogico al digitale riguarda lavoro, tempo libero, modo in cui viviamo le relazioni, ecc. Le competenze digitali necessarie per partecipare a questo irreversibile processo ce le costruiamo giorno per giorno in modo proporzionale alle possibilità di accesso a strumenti e tecnologie.

C’è un ambito di applicazione che l’Unione Europea sollecita sempre più a frequentare, ed è quello dei servizi sociali e sociosanitari. Oltre alla necessità di adeguare un settore economico allo “spirito del tempo”, indicatori demografici ed epidemiologici richiedono di ottimizzare risorse materiali e immateriali integrando soluzioni hi-tech in attività caratterizzate da un’alta intensità di relazioni umane. Indice di vecchiaia, aspettativa di vita in buona salute, tasso di fecondità, indice di dipendenza, ecc. sono assolutamente chiari. Diviene quindi sempre più urgente compiere scelte adeguate alle necessità di cura della terza età e che favoriscano un invecchiamento sano.

L’emergenza Covid-19 ha altresì portato in primo piano la necessità di individuare soluzioni digitali per favorire il monitoraggio delle condizioni di salute e la comunicazione con le fasce più deboli della popolazione, lezione che gli erogatori hanno dovuto imparare velocemente sul campo. La percezione dell’importanza della tecnologia nei servizi alla persona è cambiata significativamente, come mostra uno studio della scuola superiore Sant’Anna1 condotto attraverso interviste ad operatori sociali svolte prima e durante l’emergenza pandemica. Alla domanda “immagina uno scenario in cui la tecnologia possa essere utile per il tuo lavoro” oltre il 20% delle risposte date durante l’emergenza indicava “la telepresenza”, item che non era stato minimamente preso in considerazione nelle interviste pre-Covid-19. La pandemia ci ha insegnato inoltre che esiste un “minimo vitale tecnologico” che può marcare il confine tra inclusione ed esclusione sociale (pensiamo ai ragazzi che, non dotati di connessione e dispostivi adeguati, sono rimasti esclusi dalla DAD).

 

Cosa stiamo imparando sul campo

Per rispondere a tali sfide sono state sviluppate molte soluzioni innovative di eHealth – telemedicina e tecnologie per la sicurezza e il benessere delle persone. Tuttavia, spesso si scopre che le soluzioni vengono implementate o utilizzate solo in minima parte, non sfruttando il loro potenziale. Per due principali motivi: non sono state sviluppate in stretta collaborazione con il personale sanitario e sociale; mancano le competenze digitali complessive e le competenze specifiche per utilizzarle. A cascata, l’impossibilità di cambiamento nelle pratiche organizzative, nei percorsi e nei modelli di lavoro che integrino realmente l’uso di soluzioni intelligenti.

Molto di quello che si sta imparando sulle tecnologie assistive2 avviene quindi sul campo. L’emergenza Covid-19 ha imposto la comunicazione da remoto e il proliferare di progetti di ricerca e sperimentazione. Diversi profili professionali sociosanitari, con il coinvolgimento diretto dell’utenza, si stanno misurando con dispositivi e piattaforme, apprendendo direttamente potenzialità e criticità. Un percorso tutt’altro che lineare, se si considera che il 58% degli Italiani (popolazione tra 16 e 74 anni) non possiede un livello di competenze digitali almeno di base3, e che per alcuni profili professionali è necessaria una vera e propria alfabetizzazione.

 

Policies non allineate

La strada verso la digitalizzazione è ben rimarcata dal PNRR come chiave per la ripresa del paese. Per quanto riguarda le Missioni inerenti il sociosanitario (la 5 e la 6), pur mettendo l’accento soprattutto sulla telemedicina e le applicazioni per l’ambito sanitario, più volte è citato l’uso di soluzioni tecnologiche anche per interventi di natura sociale e sociosanitaria per non autosufficienze e disabilità4. Stupisce, di conseguenza, che il nuovo Piano Nazionale delle Politiche Sociali 2021-23, pubblicato lo scorso agosto, non faccia nessun accenno alle tecnologie assistive e a relativi percorsi formativi. Anche se non è corretto affermare che non si occupi del tema della digitalizzazione – a più riprese riporta l’attenzione sulla gestione dei flussi informativi sia di sistema che di servizio – di rilievo è il fatto che non siano considerate e approfondite le linee di indirizzo del PNRR sopra richiamate. Più in generale è sottovalutato il fatto che la digitalizzazione produca un nuovo ambiente in cui si ridefiniscono i processi di inclusione ed esclusione e dove è necessario sviluppare nuove strategie per la diagnosi, l’intervento e la valutazione5. Così come l’aggiornamento dei curricula formativi dei professionisti del servizio sociale attraverso cui innescare il cambio di mindset conseguente.

 

Il gap formativo

Che ci sia un gap formativo nei curricula dei percorsi universitari delle professioni sociali ce lo dicono i piani didattici, che contemplano solo (e nemmeno sempre) l’acquisizione di una manciata di crediti per le generiche competenze informatiche.

Ce lo dicono anche i professionisti stessi. Durante un workshop organizzato da Umanapersone6 nell’ambito del progetto Pharaon tenutosi a maggio 2021, un gruppo di 23 operatori/trici composto da diverse professionalità (assistenti sociali, educatori, psicologi, fisioterapisti, ecc.) ha assistito alla presentazione di soluzioni tecnologiche per la cura e l’assistenza della popolazione anziana proposte dal progetto stesso. Quasi la metà dei partecipanti ha dichiarato di non aver mai visto prima tali dispositivi, e il 90% di non aver mai incontrato nel proprio percorso di studi, o solo marginalmente, le tecnologie assistive (vedi grafici 1 e 2).

 

Grafico 1

 

Nonostante questo gap di conoscenza, il 95% dei partecipanti ha affermato che le soluzioni proposte rappresentano utili strumenti per il proprio lavoro.

 

Grafico 2

 

Le esperienze in vari progetti di ricerca e innovazione relativi all’uso di soluzioni hi-tech  dicono che l’operatore sociale non solo ha bisogno di acquisire competenze e know-how per un corretto e proficuo utilizzo degli strumenti, ma perché è chiamato ad assumere il ruolo di mediatore tecnologico nei confronti dell’utenza con cui si rapporta. È il tramite attraverso cui si trasferiscono le informazioni e le competenze digitali di base necessarie per una corretta interazione. Ed è facile dedurre che quanto maggiore sarà la fiducia e la sicurezza con cui integra le tecnologie nella propria attività, tanto migliore sarà la compliance dell’utente, e quindi l’efficacia dell’intervento che si appoggia su uno strumento digitale.

Una proposta possibile

Da quanto detto, formuliamo una prima ipotesi, oggetto di un prossimo approfondimento nell’ambito del progetto Pharaon, di arricchimento dei percorsi accademici con l’introduzione di un modulo specifico dedicato alla digitalizzazione e alle tecnologie assistive. I contenuti abbracciano aspetti salienti quali:

  • le tecnologie assistive e caratteristiche; tra le altre, robotica, sistemi di comunicazione e/o monitoraggio, sensoristica, piattaforme di gestione ed elaborazione dei dati;
  • l’innovazione dei processi/servizi; digitalizzazione e l’utilizzo di strumenti hi-tech nel ridisegno dell’intervento, nell’efficientamento delle risorse e nella personalizzazione, ecc.;
  • l’ambiente normativo della digitalizzazione; evoluzione continua degli aspetti etici, di privacy e di sicurezza; definizione delle migliori soluzioni possibili in termini di bilanciamento tra usabilità di un prodotto, sostenibilità economica ed organizzativa, e compliance;
  • la valutazione d’impatto; misurazione dell’efficacia degli interventi con parametri appropriati per la valutazione degli outcomes attesi, ecc.

 

Percorsi formativi così articolati richiedono interdisciplinarietà e ibridazione delle competenze professionali. È indispensabile che sguardi complementari affrontino congiuntamente le stesse sfide: competenze tecniche altamente specializzate devono lavorare a stretto contatto con i professionisti sociali e sanitari. La digitalizzazione, con tutte le potenzialità e le criticità che si porta dietro, chiede che questa collaborazione si attui già nella fase di acquisizione delle competenze e conoscenze di base.

  1. L. Fiorini et al. (2021), “Technology, a support to social services during covid-19 emergency: barriers and opportunity”, Journal of Interactive Design and Manufactoring.
  2. Su ausili e tecnologie assistive si veda l’articolo pubblicato su questo sito “Ausili tecnici: potenti, necessari, sostenibili
  3. Riportiamo ad esempio i contenuti dell’investimento 1.1 della Missione 5 Componente 2: “Elementi di domotica, telemedicina e monitoraggio a distanza permetteranno di aumentare l’efficacia dell’intervento, affiancato da servizi di presa in carico e rafforzamento della domiciliarità, nell’ottica multidisciplinare, in particolare con riferimento all’integrazione sociosanitaria e di attenzione alle esigenze della singola persona”.
  4. Antonio López Peláez & Chaime Marcuello-Servós (2018), “e-Social work and digital society: re-conceptualizing approaches, practices and technologies”, European Journal of Social Work.
  5. Impresa sociale di R&S www.umanapersone.it. Quale articolazione organizzativa opera il Cantiere Digitalizzazione e Tecnologie Assistive la cui attività è garantita da una Cabina di Regia composta da referenti di ogni impresa sociale socia. Nello specifico da: Valentina Bonucci, Elisa Brigiolini, Paola Ceccherini, Alessio D’Aniello, Carmine Di Palma, Cristina Dragonetti, Antonella Garganese, Francesco Monaci, Luisa Morelli, Francesca Sottani, Valentino Receputi, Antonio Russo, Francesco Zarro, Carolina Faini.