Reddito di cittadinanza e inserimento lavorativo: apprendimenti dall’Europa


Chiara Crepaldi | 21 Giugno 2018

Il punto 19 del contratto di governo tratta del reddito di cittadinanza, che viene descritto come una misura attiva volta al reinserimento nella vita sociale e lavorativa del Paese. La misura, oltre che strumento di lotta alla povertà e all’esclusione sociale deve, secondo gli intenti espressi nel documento, anche fungere da volano alle potenzialità lavorative del Paese, favorendone la crescita occupazionale ed economica. Per raggiungere tali finalità la proposta è quella di agire su due diverse dimensioni: da un lato l’impegno attivo del beneficiario “che dovrà accettare le offerte di lavoro provenienti dai centri dell’impiego” e dall’altro lo sviluppo della professionalità del lavoratore coerente con la strategia di sviluppo economico del paese.

 

Per quanto attiene alla prima dimensione, quella della condizionalità, il contratto di governo prevede la decadenza dal beneficio in caso di rifiuto allo svolgimento dell’attività lavorativa proposta, come già in qualche modo viene previsto dal REI1 e come avviene nella maggior parte dei paesi europei. Non si tratta dunque di una particolare novità rispetto alla situazione esistente. Come emerge dallo studio realizzato lo scorso anno dall’IRS per il Parlamento Europeo sui redditi minimi in Europa2, in tutti i paesi i beneficiari che siano in grado di lavorare3 devono dimostrare la loro disponibilità ad attivarsi, in qualche caso intraprendendo qualsiasi tipo di lavoro venga loro proposto anche se scarsamente retribuito o non adatto alle competenze della persona (ad esempio in Belgio, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca); in altri casi intraprendendo un lavoro proposto considerato ragionevole’ per il soggetto e le sue competenze (tra gli altri Austria, Germania); in altri ancora dimostrare di aver provato ogni possibile strada per trovare lavoro (ad esempio Danimarca, Finlandia). In Francia, Svezia e Portogallo il beneficiario deve accettare il lavoro proposto e/o partecipare a percorsi formativi, e/o progetti promossi dai servizi sociali. In Svezia in particolare chiunque sia nelle condizioni di salute di poterlo fare è obbligato a trovare il modo di sostenersi, innanzitutto cercando attivamente un lavoro con un salario sufficiente. Nel caso non riesca, può e deve accedere ad una delle molte misure di supporto all’inserimento lavorativo disponibili. Qualora l’ufficio di assistenza sociale non sia riuscito ad individuare un percorso di inserimento lavorativo adeguato per l’individuo, può richiedere al beneficiario di prendere parte ad esperienze lavorative o altre attività di miglioramento delle competenze organizzate dal Comune. In Portogallo per ottenere il sussidio il richiedente deve sottoscrivere gli obblighi derivanti dal contratto di integrazione che compendono: l’accettare qualsiasi lavoro proposto; partecipare ai corsi di formazione/counselling; partecipare a programmi occupazionali o lavori socialmente utili di tipo sociale, di comunità o ambientale; partecipare a programmi di prevenzione, trattamento o riabilitazione della tossicodipendenza; intraprendere iniziative che lo aiutino a sviluppare un’attività lavorativa autonoma. La partecipazione a lavori socialmente utili è prevista in vari paesi tra cui la Francia. In Germania è stata introdotta solo di recente.

 

Le sanzioni generalmente consistono nella sospensione temporanea, via via crescente in caso di inadempienze ripetute, del sussidio economico. Solo per fare qualche esempio, in Belgio il sussidio viene sospeso completamente o parzialmente da uno a tre mesi, per arrivare ad un anno in caso di seconda violazione; nella Repubblica Ceca il rifiuto di una offerta lavorativa comporta l’espulsione dal programma; in Germania il rifiuto del lavoro comporta la riduzione fino alla sospensione temporanea dal sussidio, mentre in Olanda in caso di inadempienza all’obbligo di attivazione le sanzioni arrivano fino alla sospensione del sussidio da 1 a 3 mesi. Si tratta di una soluzione che deve essere valutata sia dalla prospettiva dell’efficacia che dell’etica. Nel caso dell’efficacia la sanzione può essere senz’altro utile come stimolo al mantenimento dell’impegno assunto per coloro che sono stati lontani dal mercato del lavoro da tempo, e hanno bisogno di un ‘incentivo’ forte per garantire continuità; la sanzione può essere meno efficace come strumento volto a garantire una riattivazione del soggetto, che deve trovare probabilmente più dentro di sé (con percorsi di counselling e supporto individuale) motivazioni e modalità di riavvicinamento al mondo del lavoro. Per quanto riguarda la dimensione dell’etica la forte perplessità è su come si possano lasciare i figli di nuclei vulnerabili senza un sostegno economico per la mancanza di impegno dei genitori.

 

La seconda dimensione del programma di governo prevede un investimento di 2 miliardi di euro per la “riorganizzazione e il potenziamento dei centri per l’impiego che fungeranno da catalizzatore e riconversione lavorativa dei lavoratori che si trovano momentaneamente in stato di disoccupazione” per promuoverne la presenza, efficienza e qualità. La proposta prevede anche la necessità di procedere con l’identificazione e la definizione di “idonei standard di prestazione dei servizi da erogare” e di adeguare i livelli formativi del personale operante nei centri per l’impiego (Cpi). Già il REI ha previsto questa direzione di sviluppo, con azioni già avviate intese a supportare il rafforzamento dei Cpi e la loro connessione coi servizi sociali dei territori: anche in questo caso dunque la proposta prevista dal contratto di governo non sembra essere particolarmente innovativa.

 

Rispetto a questa parte del programma, e in relazione a recenti affermazioni del neo Ministro del Lavoro Di Maio, la coordinatrice della Commissione Lavoro della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Cristina Grieco, ha espresso una posizione forte, attraverso un comunicato ufficiale in risposta alle affermazioni del Ministro che affermava la necessità di avviare il servizio dei Cpi, come se non fossero realtà già operanti da molti anni. Il comunicato enfatizza il ruolo positivo giocato in questi anni dai Cpi nel nostro paese, sottolineando inoltre che nel  dicembre 2017 è stato varato un corpus organico di provvedimenti e documenti strategici, “un vero e proprio ‘pacchetto lavoro’, che definisce strumenti e regole omogenee per consentire di adeguare il funzionamento dei Cpi secondo standard uniformi di qualità del servizio, attraverso l’individuazione di livelli essenziali delle prestazioni in materia e di modalità per la proficua interazione tra i soggetti pubblici e privati del mercato del lavoro all’interno di un sistema di accreditamento nazionale”4. Il comunicato ricorda inoltre che è stato anche approvato un Piano strategico per il rafforzamento dei Cpi che prevede, tra l’altro, l’immissione di 1600 nuovi operatori.

 

Che il sistema dei Cpi richieda una profonda revisione è tuttavia sotto gli occhi di tutti, e in particolare degli operatori dei servizi sociali che in questi anni di sperimentazione del SIA e successivamente del REI hanno provato ad introdurre dei percorsi di inserimento lavorativo in connessione coi Cpi per i propri utenti. Tale necessità è infatti riconosciuta dalla stessa coordinatrice Grieco che sottolinea che occorre “migliorare concretamente lo stato di erogazione dei servizi al cittadino, con l’obiettivo di adeguare le nostre strutture agli standard in atto negli altri Paesi europei”.

Che cosa contraddistingue dunque l’offerta dei Cdi negli altri paesi e che potrebbe rappresentare un modello di riferimento per un ripensamento del sistema italiano?

 

ANPAL Servizi  (ente in house dell’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro – ANPAL) ha pubblicato una serie di schede paese5 volte ad approfondire le modalità di funzionamento e le riforme introdotte recentemente in alcuni paesi europei (per il momento Francia, Spagna, UK e Germania). Iniziamo dunque con l’analizzare le modalità del funzionamento del sistema tedesco, lasciando ad articoli successivi l’approfondimento degli altri modelli, tenendo tuttavia bene in considerazione le profonde differenza dell’andamento del mercato del lavoro tedesco, particolarmente positivo e in ulteriore crescita, e con un il tasso di disoccupazione dei giovani under 25 pari alla metà di quello dei giovani italiani. Alcuni aspetti invece accomunano i due paesi, ovvero la questione demografica (con l’invecchiamento della popolazione e la contrazione della popolazione attiva) e la rilevante presenza di lavoratori scarsamente qualificati e di lavoratori anziani.

In Germania I’Agenzia Federale per il Lavoro (BA) è responsabile della gestione delle politiche attive e passive del lavoro, la cui programmazione è in capo al Governo Federale. Il sistema attualmente si compone di due misure, una assicurativa, l’ALG I, destinata a disoccupati con un periodo minimo di contribuzione precedente. I percettori della misura ALG II sono invece persone che non hanno diritto o hanno esaurito il diritto all’ALG I o che, pur lavorando, non sono in grado di sostenersi. I beneficiari sono persone “abili al lavoro in condizioni di bisogno” e i loro familiari: sono considerati “abili al lavoro” tutti coloro che sono in grado di lavorare almeno 3 ore al giorno. La maggior parte dei disoccupati di lunga durata (DLD) è percettore di ALG II.

I servizi di politica attiva vengono offerti ai percettori di ALG II dai Jobcentres: si tratta di una gamma completa dei servizi che comprendono il counselling individuale e di orientamento, la segnalazione di job vacancies e la stesura di un piano di azione individuale basato sulla valutazione del potenziale occupazionale della persona (profiling).  I beneficiari di ALG II hanno accesso anche ad altre misure attive specifiche, denominate PAL, quali i cosiddetti “1€ – jobs” (ovvero posti di lavoro ‘protetti’ a breve o a medio termine retribuiti 1 euro all’ora, oltre al sussidio economico) e sussidi ad integrazione del salario. Essi hanno inoltre accesso a servizi sociali complementari promossi dai Comuni, tra i quali il Counselling finanziario in caso di debiti, il Counselling nel caso di abuso di sostanze (alcool, droghe, ecc.), la Consulenza familiare, la Consulenza psico-sociale e il Supporto per la cura di familiari. Le persone abili al lavoro in stato di necessità entrano dunque in un circuito nell’ambito del quale viene realizzata la diagnosi, la pianificazione dell’intervento e la sua implementazione ed infine il monitoraggio periodico dei progressi compiuti. Il Piano di Azione Individuale deve essere aggiornato almeno ogni 6 mesi e il mancato rispetto degli obblighi ivi inclusi prevede una sanzione che varia dal 30% al 100% del sussidio.

Le valutazioni di impatto effettuate periodicamente riportate dallo studio ANPAL Servizi offrono una serie di interessanti riflessioni:

  • Gli “1€ jobs”, che devono essere attività sovvenzionate da enti pubblici e non in competizione con il mercato del lavoro primario e che devono essere attivati “nel pubblico interesse” (tipo dunque i lavori socialmente utili), sono destinati ad un target di percettori di sussidi particolarmente difficile da collocare sul MdL primario perché particolarmente svantaggiati. Il loro obiettivo è quello di migliorarne l’occupabilità nel MdL primario e favorire un percorso di avvicinamento al lavoro e al rispetto delle regole e dei tempi (la partecipazione non è infatti volontaria). Gli studi di valutazione di impatto hanno tuttavia mostrato un loro effetto “non-positivo” sulle prospettive di occupazione nel MdL primario e sulla fuoriuscita dal sistema dei sussidi, eccetto per alcuni sottogruppi con minori problematiche.
  • Esito analogo ha dato la valutazione del programma finanziato dal FSE “Kommunal- Kombi” che ha promosso interventi per l’occupazione sul mercato protetto presso organizzazioni non-profit. Il limite è stato quello di non prevedere per i partecipanti un supporto esterno e servizi di coaching e counselling.
  • L’azione risultata più efficace per il target di beneficiari più lontano dal lavoro è il counselling intensivo, che ha aumentato significativamente la probabilità di occupazione nel MdL primario come pure la probabilità di uscire dal sistema dei sussidi.
  • Un’ultima osservazione interessante emersa dai percorsi di valutazione effettuati è che anche in Germania la cooperazione tra i servizi per il lavoro e gli altri servizi risulta ancora faticosa e richiede di essere migliorata.

Sulla base delle criticità e dei punti di forza emersi con la New Policy Initiative è stato varato un programma articolato in base alle esigenze dei diversi target di utenti. Il progetto prevede la creazione di un Network per l‘attivazione, il counselling, le opportunità creando dei “centri di attivazione” che offrono un’ampia gamma di servizi personalizzati, secondo un modello one-stop-shop, con percorsi di specifici per i diversi target di utenti.

  • I beneficiari abili al lavoro di età superiore a 35 anni difficili da collocare ma motivati, senza una qualifica professionale spendibile, disoccupati di lunga durata e con uno svantaggio aggiuntivo che ne ostacola l’inserimento nel MdL, ricevono un supporto molto consistente in termini di coaching, formazione, accompagnamento anche da parte di job hunters, sussidi sia al beneficiario che alle imprese;
  • I percettori di lunga durata di sussidi economici di età superiore ai 35 anni, con massima distanza dal MdL e senza alcuna prospettiva immediata di inserimento lavorativo e che presentano condizioni di svantaggio multiplo vengono inseriti in un programma che promuove un’occupazione sussidiata fino al 100% del salario in iniziative di ’interesse pubblico’, assimilabili dunque a lavori socialmente utili. Entro la fine del 2018 si prevede di attivare circa 20.000 posti con un budget complessivo di 750 milioni di euro. Il processo di attivazione prevede misure di supporto specificatamente pensate per questo target, ovvero attività di preparazione al lavoro, un’integrazione lavorativa graduale e flessibile con un orario ridotto progressivamente incrementabile, e il sostegno on-the-job, insieme ad un accompagnamento sociale importante.

 

Elementi chiave del modello tedesco sono:

  • La forte personalizzazione nella gestione dell’intero processo di inserimento della persona disoccupata;
  • La promozione di servizi specifici per le imprese in termini di assistenza nella selezione e reclutamento del personale necessario alla copertura delle professionalità necessarie e dei posti vacanti, e la forte attenzione alla soddisfazione dei datori di lavori per i servizi ricevuti.
  • La cooperazione tra le reti delle associazioni datoriali e le agenzie.

 

Un’ultima riflessione è relativa alle modalità di monitoraggio e valutazione degli esiti degli interventi, prevista anche dalla proposta di reddito di cittadinanza (che parla di definizione di stardard di prestazione): in Germania è stato introdotto un  modello di misurazione delle performance delle agenzie BA e dei loro jobcentres attraverso un sistema di indicatori predefinito fissato per legge per la comparazione delle performance. Per migliorare la produttività delle agenzie locali è stato poi introdotto un elemento di competizione andando a misurare gli esiti in rapporto ai costi dei percorsi di reinserimento lavorativo prevedendo un sistema di clusterizzazione dei territori che li renda comparabili rispetto alle caratteristiche socio-economiche e lavorative.

 

L’aspetto più stimolante ma allo stesso più lontano dalla applicabilità alla realtà italiana è che i dati sugli indicatori di ciascun Jobcentre sono disponibili al pubblico su base mensile e possono essere scaricati dal web. I Jobcentres che non raggiungono gli obiettivi sono chiamati a giustificare la propria performance e i managers delle BA possono ricevere sanzioni in termini di riduzione dei benefit connessi alla loro retribuzione.

  1. “In caso di sanzioni legate alla violazione del progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di povertà, sono previste ipotesi di revoca e decadenza” Sito Inps.
  2. Chiara Crepaldi, Barbara da Roit, Claudio Castegnaro, Mimimum Income Policies in EU Member States, European Parliament, 2017.
  3. Che non ne siano cioè impediti per motivi di salute e spesso anche di onere di cura dei familiari.
  4. Regioni.it 3396 – 08/06/2018
  5. Fonte: https://bancadati.anpalservizi.it/bdds/Prodotti.action?name=DOCUMENTA