Reddito di inclusione: la figura del manutentore di rete e coordinatore di equipe


Dania D'Olivo | 26 Giugno 2018

Con il REI si delinea un modo nuovo di lavorare con la famiglia

Il D.Lgs 147, oltre ad aver istituito il Reddito di Inclusione (REI), ha investito gli Enti locali di nuovi stimoli per ripensare e riorganizzare i Servizi sociali, cui è attribuito il ruolo di regia e di promozione di una comunità protagonista e solidale. Con il “Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà” approvato lo scorso 22 marzo, le prestazioni sociali previste dal REI acquisiscono la natura di Livelli essenziali delle prestazioni: i concetti di valutazione multidimensionale e di corresponsabilità nella presa in carico tra servizi territoriali, terzo settore e famiglia, sperimentati con il programma ministeriale PIPPI e con il SIA, diventano ora un paradigma  per i Servizi sociali. Focus centrale di questo modello di welfare è la famiglia, a cui viene restituita la dignità di scegliere e di autodeterminarsi, ma anche l’onere di riassumersi la responsabilità del proprio percorso di cambiamento.

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha messo a disposizione degli Ambiti Territoriali uno strumento operativo teso ad orientare il lavoro degli operatori: non si tratta di mera modulistica, ma di un modello di lavoro innovativo che implica la predisposizione di un nuovo assetto dei Servizi sociali. Il dispositivo è articolato in tre sezioni:

  1. la scheda per costruire l’analisi preliminare,
  2. la scheda per costruire il quadro di analisi,
  3. la scheda per costruire la progettazione personalizzata.

Lo strumento proposto richiede tempo e attenzione se lo si vuole utilizzare efficacemente, tuttavia sembra non appesantire il lavoro degli operatori ma piuttosto lo ottimizza, tracciando dei binari che permettono di facilitare l’operatività preservando la qualità del servizio.

Le schede operative REI in pratica

Le famiglie riconosciute beneficiarie REI vengono convocate dal Servizio sociale per il pre-assessment: con la scheda per costruire l’analisi preliminare si può declinare una valutazione multidimensionale dei bisogni che riesce a comprendere un insieme di sguardi differenti. Lo strumento, seppur strutturato in maniera semplice e schematica, riesce a contemplare aspetti molto complessi riducendo l’arbitrarietà dell’operatore nella scelta del successivo percorso da attivare.

Qualora in esito all’analisi preliminare emerga un bisogno complesso, il Servizio sociale costituisce un’équipe multidisciplinare che procede alla valutazione approfondita. Particolarmente innovativa e sfidante è l’idea sottesa alla scheda per costruire il quadro di analisi, in quanto identifica la valutazione come un processo trasformativo cui partecipano i componenti del nucleo familiare. Ai fine di evitare che i professionisti cedano alla presunzione di sapere quali sono i bisogni, le risorse e i desideri della famiglia, le ipotesi dei professionisti vengono integrate da quelle dei componenti del nucleo. In pratica sembra che il concetto di “valutazione professionale” venga sostituito con quello di valutazione integrata, intesa come frutto di negoziazione di quanto percepita da operatori, volontari e dalla famiglia stessa.

Una volta che l’équipe e la famiglia sono giunti ad una visione comune della situazione, può essere individuato il percorso di affrancamento dalla condizione di bisogno. La scheda per costruire la progettazione personalizzata è lo strumento necessario a sancire un patto tra la famiglia e l’équipe. Attraverso la scheda, il case manager può sincerarsi che le informazioni e le decisioni siano realmente conosciute e comprese da tutti. Infatti, solo attraverso l’uso di un linguaggio comune e di uno strumento operativo condiviso, si può realizzare un sistema di relazioni simmetriche tra i componenti dell’équipe e del nucleo familiare. Ed è proprio questo rapporto paritario, seppur nel rispetto dei diversi ruoli, a far sì che il patto sia davvero frutto di un dialogo e abbia maggiori possibilità di successo. In questo modo si può superare realmente il concetto di assistenzialismo: il progetto condiviso non solo è divenuto un Livello essenziale delle prestazioni (questo non assicurerebbe l’effettiva attuazione), ma la sua sottoscrizione, da gennaio 2019, diviene prerequisito per beneficiare del REI.

L’équipe si prende cura della famiglia, ma chi si prende cura dell’équipe?

L’équipe può essere considerata come un soggetto a sé: un organismo che presenta complesse dinamiche interpersonali e interprofessionali, i cui componenti sono coinvolti in una relazione di aiuto con la famiglia, sia come gruppo sia come singoli professionisti. Per far fronte a questa molteplicità di fattori può essere utile individuare una figura a cui affidare il compito di prendere in carico l’équipe: un professionista che affianca il gruppo, curando le relazioni, le emozioni, le dinamiche che scaturiscono tra i singoli.

All’interno dei gruppi di lavoro accade spesso che un componente si assuma spontaneamente il ruolo di coordinatore, oppure che questo gli venga attribuito in maniera implicita dagli altri. Tuttavia, gli operatori dell’équipe sono coinvolti in una relazione empatica con la famiglia, pertanto la gestione della sfera emotiva personale diventa un elemento poco coniugabile con la necessità di mantenere il proprio focus di attenzione nelle dinamiche di gruppo.

 

Ai fini dell’attuazione del REI, il coordinatore d’équipe può essere coinvolto fin dalla fase iniziale: egli cura l’analisi preliminare allo scopo di individuare, in caso di bisogni complessi, i soggetti necessari per costituire l’équipe. Concluso il pre-assessment, egli convoca l’équipe e la famiglia, funge da facilitatore nei lavori di gruppo, favorendo la più ampia partecipazione possibile di tutti i componenti del nucleo familiare. Si tratta di una funzione strategica che agevola la definizione del Quadro di Analisi e la formulazione del progetto, pertanto richiede capacità manageriali e, al contempo, una particolare sensibilità e attenzione alla sfera emotiva: deve favorire, accogliere e gestire le emozioni dei componenti dell’équipe. Il coordinatore può svolgere più efficacemente queste funzioni perché non fa parte del gruppo di lavoro, non esprime la propria visione in fase valutativa, né partecipa attivamente alla progettazione; egli sta a fianco dell’equipe, se ne prende cura, partecipa alle riunioni come membro esterno per agevolare i lavori.

Una criticità che viene spesso riscontrata nei Servizi sociali, occupati nel gestire continue emergenze, è la tenuta nel tempo degli impegni presi in sede di progettazione; per far fronte a questo problema, il coordinatore può accompagnare l’équipe nello sviluppo del progetto, facilitare lo scambio di informazioni, favorire l’attività di monitoraggio, sollecitare gli operatori a rispettare gli impegni assunti motivandoli a perseverare nel raggiungimento degli obiettivi.

 

Anche le reti sociali hanno bisogno di manutenzione

Affinché il progetto co-costruito con la famiglia abbia maggiori possibilità di successo è auspicabile che il coordinatore d’équipe assuma il ruolo di regia di tutto il sistema di reti che coinvolge la famiglia stessa. Egli è chiamato a mettere in connessione l’équipe con la rete territoriale, fare networking  tra i servizi pubblici e terzo settore, in una logica che superi l’attuale frammentazione.

La normativa REI ribadisce che è compito dei Servizi Sociali promuovere legami con i soggetti del territorio, instaurare rapporti di reciprocità che generino uno scambio, un dialogo, creare una rete di relazioni autentiche, basate sulla fiducia reciproca, che si mantengono nel tempo.

 

Il tema del lavoro di rete, è alla base dei Servizi sociali da molti anni, tuttavia quello che appare evidente con il REI è la necessità di porre particolare attenzione alla manutenzione delle reti: sia che si tratti di reti spontanee che di reti promosse dai Servizi, è necessaria la presenza discreta, rispettosa e continuativa di un operatore che di tanto in tanto ne verifichi il buon funzionamento, oliando le congiunzioni e ricucendo gli strappi dovuti all’usura. Non è raro infatti che le famiglie fragili cadano in questi buchi che si creano nella rete, anche a causa di un’incuria da parte degli Enti locali, e si produca quella spiacevole sensazione di “rimpallo” da un Servizio all’altro.

Un’esperienza Toscana

In Toscana la Cabina di regia regionale sta elaborando delle linee di indirizzo tese ad orientare gli Ambiti zonali nell’attuazione del REI. Durante questo lavoro, svolto da Regione Toscana con il supporto di ANCI Toscana, è emersa l’opportunità di promuovere la figura del coordinatore di équipe – manutentore di rete, come tecnico che possa governare il processo REI. La professionalità che meglio potrebbe ricoprire questo ruolo strategico è l’assistente sociale nella sua dimensione di esperto nel lavoro di comunità.

Si è iniziato a sperimentare questo assetto di Servizio Sociale presso il Comune di Capannori, capofila per l’attuazione del REI nella Piana di Lucca: con le risorse del PON inclusione sono stati assunti due assistenti sociali che ricoprono il ruolo di coordinatore d’équipe e di rete. La sperimentazione, in questa prima fase appare positiva: gli operatori hanno accolto volentieri questo nuovo modo di lavorare, i rappresentanti del terzo settore si sentono più coinvolti e le famiglie sembrano gradire la presenza del coordinatore per la capacità di trasmettere un senso di sicurezza e stabilità. Solo nei prossimi mesi, o più probabilmente anni, potremo appurare se il modello proposto porterà ai risultati sperati ossia a progetti personalizzati più efficaci per affiancare le famiglie fragili e una comunità più solidale che sostenga queste famiglie nei momenti di criticità.

 

Ndr: Sul tema REI e terzo settore l’autrice ha recentemente pubblicato un articolo nel n. 4/18 di Prospettive Sociali e Sanitarie