Simulatori d’impresa negli istituti di pena: strumenti per l’inclusione sociale

Focus sul laboratorio carcerario Banda Biscotti, fatti di un’altra pasta


Eleonora Maglia | 18 Dicembre 2018

Banda Biscotti, fatti di un’altra pasta

“Banda Biscotti, fatti di un’altra pasta” è un laboratorio dolciario, avviato in Piemonte dalla Cooperativa sociale Divieto di Sosta, e ha la particolarità di realizzare prodotti di pasticceria interamente all’interno delle carceri di Verbania e di Saluzzo, grazie al lavoro degli ospiti delle due strutture detentive. L’iniziativa coinvolge persone in situazioni di marginalità e svantaggio, ma altamente motivate, cui vengono offerti l’opportunità e gli spazi dove esprimere e valorizzare il proprio potenziale. In questo modo, facendo leva sull’impegno, sulla determinazione e sulla dedizione per realizzare il proprio riscatto e la propria realizzazione personale, i detenuti sono resi protagonisti attivi di un percorso volto al reinserimento sociale a fine pena.

 

Questo progetto si fonda sull’esperienza d’intervento in contesti penali maturata in oltre 30 anni dalla Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri onlus, nonché sulla collaborazione territoriale tra le Direzioni degli istituti penali e gli Enti locali. E’ inoltre il felice risultato della prima sperimentazione di Simulatori di impresa avviata tra il 2009 e il 2013, per saggiare la possibilità di passare dalle attività di formazione professionale classiche a reali forme di attività di natura lavorativa, economicamente sostenibili e socialmente rilevanti (Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri, 2018).

Il Simulatore di impresa è sostanzialmente un incubatore, dove, dopo aver trasmesso expertise specifiche con un corso di formazione professionale, si coinvolgono gli ex-allievi nella produzione e nella commercializzazione di un bene, secondo le fasi indicate nella successiva tabella.

 

Tavola 1 – Fasi del processo di accompagnamento del simulatore di impresa

Fonte: Modello elaborato sui dati di Fondazione Casa Di Carità Arti e Mestieri onlus

 

 

Dal punto di vista economico, l’avvio dell’attività viene sostenuto all’inizio con finanziamenti specifici, poi tramite l’autonomia finanziaria ed organizzativa dell’incubatore stesso, che diviene, così, una vera e propria impresa. La fase di commercializzazione avviene tramite un ente strumentale, creato ad hoc per consentire lo sviluppo e la realizzazione di attività accessorie (nel caso di “Banda Biscotti”, tramite la cooperativa sociale Divieto di Sosta citata).

La sperimentazione dei Simulatori di impresa di Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri (che, oltre al laboratorio dolciario “Banda Biscotti, fatti di un’altra pasta”, ha concorso a realizzare l’attività di produzione di complementi di arredo “Ferro&Fuoco Jail Design”), nel biennio successivo all’avvio (2014-2016), è evoluta in un’iniziativa di coinvolgimento del territorio circostante (“Progetto Libero”) e, grazie al finanziamento di Compagnia di San Paolo e alla partnership dell’Amministrazione Comunale e delle Associazioni locale, 24 detenuti in misura alternativa hanno partecipato operativamente anche alla commercializzazione dei prodotti, in una struttura esterna, comunale e destinata alle attività culturali.

I progetti di economia carceraria: Il panorama italiano

L’iniziativa descritta non è un unicum nel panorama nazionale dove, oltre a “Banda Biscotti, fatti di un’altra pasta”, sono attivi progetti di stamperia, come “ExtraLiberi” a Torino; sartoriali, come “Sartoria San Vittore” a Milano; agricoli, come “Vale la Pena” a Roma (Raitano, 2011). Per garantire visibilità agli esperimenti di economia carceraria e agevolare gli acquisti degli articoli artigianali, delle creazioni e dei prodotti agricoli realizzati dai detenuti, all’interno del portale del Ministero della Giustizia è stata creata la “Vetrina dei prodotti dal carcere”, con opzioni di query per prodotto e per istituto penitenziario che ha avviato l’impresa.

Inoltre, nel 2018, è stato realizzato il Festival dell’Economia Carceraria, per promuovere l’inclusione e l’aggregazione tra attività intra ed extra murarie, grazie al racconto diretto di storie e vissuti che ne consentano una conoscenza diretta e suggeriscano una riflessione personale e sociale.

In più, per riunire queste e tutte le altre eccellenze dell’economia carceraria italiana e facilitarne la fruizione, è stato anche realizzato a Torino, “Freed-Home Creativi Dentro”, un concept store dedicato, ubicato in uno spazio di proprietà del Comune e sostenuto da Compagnia San Paolo, in cui convergono le produzioni di 45 istituti di pena e che dà offre una localizzazione stabile dopo le esperienze dei temporary store realizzate in occasione di fiere dedicate al consumo critico o delle principali festività.

Si tratta di un interessante risultato, ottenuto in logica collaborativa multi-stakeholder da una rete di istituzioni, cooperative, professionisti, manager, agenti di polizia penitenziaria, detenuti e volontari, che attesta anche come percorsi opposti e contrari possono incontrarsi e convergere felicemente. Qui, si trovano i prodotti di “Fine Pane Mai”, il panificio della Casa circondariale di Rebibbia e di “Sprigioniamo Sapori”, il laboratorio dolciario della Casa circondariale di Ragusa, e molti altri articoli, ottime idee per regali natalizi etici e di alta fattura.

L’obiettivo di questo pionieristico progetto è fornire un modello che sia esportabile in altre città per realizzare una rete nazionale, secondo il coordinatore Gian Luca Boggia, infatti, l’auspicio è che “Freed-Home Creativi Dentro” non sia solo uno spazio per commercializzare prodotti, ma un luogo attivo dove sviluppare idee, oggetti e servizi partendo dal lavoro in carcere come possibilità di creare un ponte con il futuro per chi è attualmente recluso (Vespa, 2016).

 

Motivi e modalità per sostenere l’economia carceraria

Tutte le iniziative citate corroborano le rilevazioni empiriche per le quali, per un verso, punizioni più severe non implicano una sensibilità maggiore alla minaccia di una sanzione futura ma, piuttosto, la reazione opposta e, per un altro verso, l’esperienza della punizione tende a neutralizzare la risposta comportamentale alla deterrenza generale (Drago et al., 2007), inoltre dimostrano la forza riabilitativa del lavoro come strumento di dignità. Scorrendo tra i progetti più recentemente mappati poi, si riscontra anche un’attenzione particolare ad aspetti solidali e rigenerativi (Iannone, 2018).

 

Conoscere l’esistenza e gli effetti positivi dei progetti di economia carceraria è particolarmente opportuno posto che, culturalmente, permane una certa convinzione diffusa secondo cui la detenzione è l’unica e la sola possibilità, anche se ciò aumenta il rischio di recidiva, quando, invece, le misure alternative migliorano la possibilità di reinserimento, soprattutto ove si riesca ad attivare reti sociali (Saracino, 2018). L’attività lavorativa svolta in carcere, infatti, previene l’esasperazione di equilibri mentali e relazionali e contrasta la restrizione delle capacità fisiche, inoltre la scansione tra momenti di lavoro e di riposo, avvicinando il mondo dei liberi a quello dei reclusi, normalizza (Lunghi, 2012). La necessità di interventi per migliorare la qualità della vita negli istituti di pena è evidenziata dai dati sul sovrappopolamento carcerario – giudicato sistemico e strutturale (Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, 2013) – e sulla diffusione di forme di protesta. Secondo le rilevazioni Istat, risultano detenute 62.536 persone, quando la capienza regolamentare è pari invece a 47.709 posti; si registrano 7.851 casi all’anno di rifiuto ad alimentarsi e 6.902 episodi annui di atti di autolesionismo, che sfociano in suicidio in 1.067 casi (Istat, 2015).

 

All’interno di queste dinamiche, l’Amministrazione penitenziaria si attiva fattivamente affinché tutte le persone detenute possano acquisire adeguata professionalità, capacità e competenze specifiche per inserirsi nel mercato del lavoro, da un lato, assegnando fondi assegnati crescenti (49.664.207 euro nel 2013 e 60.381.793 euro nel 2015) e, da un altro lato, stipulando intese ed accordi con le associazioni cooperative (Senato, 2015). Inoltre, vi sono interventi normativi agevolativi (come la legge n. 193 del 2000, nota come Smuraglia), che prevedono sgravi contributivi e fiscali per le imprese e le cooperative che assumono detenuti. Così, grazie a questo orientamento, 12.345 detenuti lavorano alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria stessa e 2.225 presso soggetti terzi, come imprese private o cooperative, (Santagata, 2016), con effetti positivi sull’acquisizione di professionalità spendibili sul mercato del lavoro al termine dell’esecuzione della pena (Istat, op. cit.).

 

Oltre agli interventi statali citati, per sostenere i progetti di lavoro nei carceri affinché il carcere non sia meramente un luogo di espiazione della pena, ma effettivamente il luogo dove si riacquista dignità e nuove competenze per una seconda chance (Magliaro, 2015), anche i singoli consumatori hanno un potere di intervento, infatti, chi compra questi prodotti sa che aiuterà a realizzare un lavoro dignitoso, capace di alleviare uno stato di disagio, ridando fiducia e speranza per il futuro, in una parola, a riscattarsi.