Casi diagnosticati e casi positivi

Più sono i tamponi e più sono i casi trovati?


Cesare Cislaghi | 6 Ottobre 2020

Spesso sui giornali e alla televisione viene messo in relazione il numero dei positivi diagnosticati con il numero delle diagnosi effettuate mediante tampone orofaringeo, tanto che si dice che “si trova tanto quanto si cerca”.

Una parte di vero ovviamente c’è in quanto sicuramente se dovessimo fare un tampone a tutti gli italiani contemporaneamente troveremmo come positivi un numero superiore ai circa 45.000 che è il numero ufficiale della prevalenza attuale comunicata dal Ministero della Salute.

Per altro all’inizio della pandemia l’uso del tampone orofaringeo veniva utilizzato solo per confermare la diagnosi dei malati che si presentavano in ospedale con una sintomatologia seria e la percentuale di positività, di conseguenza, era assai elevata.

 

Tav. 1 – Tamponi e positivi nel mese di marzo

Tav. 2 – Percentuale giornaliera di positivi al tampone

 

Il 9 marzo la percentuale arrivò addirittura quasi al 50% dei tamponi effettuati e comunque nell’intero mese di marzo vennero fatti 488.307 tamponi e furono trovati positivi 104.664 soggetti.

Si deve però anche considerare che nei dati del mese di marzo non si faceva distinzione tra tamponi e nuovi casi indagati per cui è probabile che per ciascun individuo fossero stati fatti spesso due tamponi e quindi la percentuale di casi testati risultati positivi doveva essere in realtà molto maggiore, probabilmente attorno alla meta dei soggetti indagati.

Se confrontiamo invece questi dati di marzo con quelli del mese di luglio, che è il mese in cui l’epidemia ha raggiunto sinora il suo minimo, osserviamo una situazione molto differente.

 

Tav. 3 – Tamponi e casi indagati

 

Tav. 4 – Percentuale di casi indagati sul totale dei tamponi

 

I tamponi effettuati giornalmente hanno raggiunto la cifra di centomila seppur in alcuni giorni, durante i fine settimana, se ne erano fatti anche solo ventimila. I soggetti indagati sono invece passati da diecimila a poco meno di settantamila. La percentuale di casi indagati sul numero di tamponi effettuati, che sino a ferragosto era poco più del 50%, a fine agosto ha raggiunto l’80%; ciò significa che in presenza di un’allerta della crescita dell’epidemia l’attività diagnostica è cresciuta prevalentemente allo scopo di poter individuare i nuovi contagiati.

Quanto detto spiega perché allo scopo di analizzare l’andamento epidemico non ha molto interesse sapere il numero dei tamponi mentre serve sapere quanti sono stati i nuovi casi indagati. L’andamento dei casi positivi diagnosticati tra casi indagati dal 1° di luglio a metà settembre è rappresentato nel grafico seguente.

 

Tav. 5 – Andamento della frequenza di diagnosi con tampone e di casi positivi

 

Dal 1° luglio al 15 settembre sono stati indagati 2.763.022 soggetti e ne sono stati trovati positivi 47.031, cioè l’1,702 %. Se la percentuale di positivi fosse rimasta sempre costante all’1,702% l’andamento del numero di positivi rispetto ai tamponi sarebbe quello indicato dalla linea gialla tratteggiata. Sino al 13 agosto invece l’incidenza è aumentata seppur lentamente anche se i casi indagati sono diminuiti di poco. Nella seconda settimana di agosto l’incidenza è aumentata molto di più dei casi indagati e questa ancor di più nella prima settimana di settembre allorché i casi indagati sono stati più o meno costanti. I nuovi casi positivi sono rimasti pressoché costanti nella seconda settimana di settembre mentre i casi indagati sono diminuiti.

 

Tutto ciò può significare che non vi sia una relazione stretta tra il numero di positivi individuati e il numero di casi indagati; è chiaro che se non si indaga un numero sufficiente di soggetti non sarà possibile avere un numero di positivi che ci permetta di capire effettivamente cosa sta succedendo nella dinamica epidemica. Ma non è solo il numero dei test, è invece soprattutto la scelta dei casi da indagare che determina poi la percentuale di positività.

 

Tav. 6 – Percentuali di positivi nei casi indagati (e media mobile settimanale)

 

 

La positività dei casi indagati aumenta dall’inizio luglio a metà settembre e questo significa sia che è aumentata l’incidenza ma anche che la scelta dei casi da sottoporre a tampone si concentra maggiormente sui casi più a rischio e questo fa sperare che sia un segno che l’attività di contact tracing sta funzionando e che quindi porti a concentrare i test sui contatti dei casi diagnosticati appunto a maggior rischio di positività.

È forse questa una conclusione paradossale, ma riscontrare una maggior positività nei test eseguiti, anche se comporta rilevare una maggior incidenza, è probabilmente anche un buon segno del funzionamento dell’attività preventiva, almeno speriamo che lo sia, e non invece che sia dovuto al fatto che, tra i sottoposti al tampone, aumenta la percentuale di casi sintomatici che si presentano spontaneamente.

 

Segnaliamo dello stesso autore l’articolo: “Com’è cambiata l’epidemia tra agosto e settembre?” pubblicato il 5 ottobre su Scienzeinrete